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Capitolo 5 - Agguato nella nebbia.
- Scritto da Jack Warren
- Categoria: Eord
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Escol si svegliò alle prime luci dell’alba, anche se era difficile rendersi conto di quanto fosse realmente avanti la giornata rispetto alla luce del sole nascente. La nebbia infatti era diventata talmente fitta e compatta da assomigliare ad un denso fumo, come quando un’intera foresta prendeva fuoco. Inoltre, l’odore intenso di zolfo era esploso talmente tanto, da farsi quasi insopportabile adesso anche per l’olfatto degli esseri umani. Inutile sottolineare come stessero gli elfi ed i mezzelfi, visto che i loro sensi erano molto più acuti di quelli degli uomini. Gli occhi lacrimavano e le narici gocciolavano per il disagio. Dopo una frugale colazione, il gruppo riprese a salire la montagna, finché Slanter non fu costretto a fermarsi definitivamente e a commentare affranto che non sarebbe stato più saggio procedere oltre. Egli infatti sarebbe forse riuscito a seguire il sentiero nonostante la scarsa visibilità (del resto conosceva molto bene quel territorio essendoci nato e cresciuto), ma dubitava fortemente che il gruppo sarebbe riuscito a seguirlo senza perdersi o, peggio, senza cadere in un dirupo. Escol ci pensò un pò su, poi ordinò di legarsi l’uno all’altro con delle corde, in maniera da rimanere ancorati al nano, senza rischiare di essere inghiottiti dalla nebbia e magari finire in un burrone. Detto fatto, la compagnia si assicurò così di restare compatta e il più possibile in fila indiana: il resto del viaggio non sarebbe stato comodissimo, ma almeno si sarebbero limitati i danni collaterali al minimo. Il vero problema era che mancava ancora più di un giorno alla fine di questa erta salita attraverso il bosco e, ciechi com’erano, sarebbero stati esposti ad eventuali agguati senza nemmeno potersene rendere conto. Ad un certo punto il comandante Krispin sospirò. Operò un piccolo incantesimo di rivelazione e spronò tutti a rimanere guardinghi e attenti. Quella nebbia infatti, che ormai era arrivata ad impedire completamente la visuale, era chiaramente di natura mistica! Qualcuno l’aveva evocata dunque e qualcosa suggeriva al figlio del Duca che questo forte puzzo di zolfo che l’accompagnava era strettamente collegato a questo qualcuno. DIrettamente o indirettamente. Poco prima di sera infatti, quasi a fare da eco ai suoi cupi pensieri, accadde qualcosa che scosse la situazione, rivelando il vero volto di coloro che Slanter tanto temeva. Delle ombre scure iniziarono a sciamare intorno a loro: all’inizio guardinghe, come se stessero studiando la loro pericolosità, poi sempre più aggressive, iniziando ad attaccarli da ogni lato. Come facevano le fiere. Erano alte e scure, ma Escol non riuscì a vederle bene a causa della nebbia e si limitò a fronteggiarle con la sua lama elfica e a tenere un orecchio sui suoi compagni più vicini in caso di necessità. Purtroppo, quegli esseri scuri erano davvero avversari terribili da affrontare, in più si muovevano nel loro ambiente naturale e alla fine, dopo aver abbattuto molti di loro, Escol dovette arrendersi alla loro forza e a cadere sul campo di battaglia. La mancanza di un’armatura all’altezza della sua spada si fece sentire e quando riaprì gli occhi, stanco e ferito come poche volte ricordava di essere stato, fu consapevole di quanto vicino fosse stato alla morte questa volta. Il comandante Krispin era chino su di lui e lo aveva curato quel tanto che bastava per rimetterlo in piedi, il resto lo fece la pozione di guarigione che il figlio del Duca assunse per guarire completamente dai postumi della feroce battaglia appena conclusa. La nebbia si era leggermente dissipata, così come il fortissimo odore di zolfo, che ora avevano avuto conferma provenisse dalle creature stesse. I cadaveri erano stati tolti dal terreno dello scontro e, dettaglio sconcertante, anche Alarien ed Eofaulf erano scomparsi! Il resto della compagnia era ferito, ma non gravemente e Stee ne era uscito addirittura illeso. Escol distribuì ai suoi compagni delle pozioni d’ambra per aiutarli a riprendersi, poi incalzò Slanter nel seguire le tracce di quelle creature immediatamente. Il nano pareva un pò restio a mettersi sulla loro scia: secondo il suo parere quelle terribili e feroci creature avevano probabilmente già ucciso Alarien ed Eofaulf, ma si guardò bene dall’aggiungere il perchè si fossero prodigati nel portar via i loro cadaveri. Evitò di rivelare le voci che giravano tra i nani, riguardo le sparizioni di donne e bambini nani nella sua comunità. Ciò che si vociferava capitasse loro dopo esser rapiti. Abbassando tristemente lo sguardo, si limitò a provare a convincere il figlio del Duca che era molto probabilmente inutile seguire quei mostri fin dentro alla loro tana.Tuttavia Escol si mostrò intransigente su questo punto: finché non l’avesse visto con i suoi occhi, i suoi amici erano ancora vivi e lui avrebbe fatto tutto il possibile per salvarli da un destino dannato! Alla fine Slanter sospirò e riprese il cammino, adesso leggermente più agevole, attraverso la foresta. Dopo un giorno di marcia forzata, praticamente senza tappe, la compagnia arrivò alla fine della loro ascesa lungo la montagna e finalmente fuori dalle continue macchie verdi della foresta. Essa infatti apriva su una grande vallata, dove evidentemente viveva questa comunità di esseri strani e feroci. Le tracce portavano giù ovviamente e non dovevano avere più di un paio d’ore di vantaggio su di loro. Era giorno pieno e questo ovviamente avrebbe creato degli impedimenti in più ad Escol ed i suoi amici, che avrebbero dovuto tentare il salvataggio con il sole che splendeva alto in cielo. Soprattutto perché i loro nemici non sembravano essere “creature notturne”. Probabilmente cacciavano di notte per praticità, ma da quel che vedevano dalla loro posizione rialzata, la loro comunità brulicava di vita e di movimento lì sotto! Escol sospirò, poi disse chiaramente a tutti che entrare senza una copertura sarebbe stato impossibile, quindi avrebbero dovuto attendere per forza la notte Krispin scosse la testa poco convinto. Secondo il suo parere, quelle creature vedevano molto bene anche di notte, pertanto avrebbero rischiato le vite di Eofaulf ed Alarien inutilmente. Dovevano agire subito e lui sapeva cosa fare per creare una copertura sufficiente: tra i suoi incantesimi infatti disponeva di una magia di invisibilità, che avrebbe potuto mantenere per una mezz'ora e avrebbe potuto estendere fino a quattro persone. Escol batté una mano sull’altra soddisfatto, ed esclamò che avrebbero fatto così dunque: si sarebbero resi invisibili e sarebbero calati fino alla “tendopoli” di questa strana comunità. Poi avrebbero sfruttato ogni secondo per trovare i loro amici e li avrebbero riportati indietro con l’aiuto del silenzio e dell’invisibilità. Stee voleva seguire il figlio del Duca in questa impresa, così come Slanter invece lo pregò di non essere coinvolto in questa ennesima follia, ma Escol aveva già deciso: sarebbe andato con Krispin da solo. Era l’unica scelta sensata per salvare l’elfa e lo scout. Quindi l’elfo mago fece il suo incantesimo e, una volta invisibili, i due compagni si avvicinarono velocemente al campo nemico. Incontrarono subito un posto di guardia e poterono finalmente osservare meglio quelle creature quasi surreali. Esse parevano dei veri diavoli! La loro pelle era nera come la pece, ed avevano gli occhi rossi e i canini pronunciati. Inoltre possedevano una coda flessuosa e pronunciata ed un naso molto simile a quello dei felini. Erano alti quasi due metri e i loro corpi erano fasci di muscoli intrecciati. Armati di lancia e vestiti di pelli, rappresentavano una specie mai vista prima da entrambi. Come Krispin ed Escol si avvicinarono per aggirarli, essi si tirarono in piedi annusando l’aria e agitando le loro lance. Il giovane guerriero si fermò, capendo che l’olfatto di queste due sentinelle sarebbe stato infallibile per individuarli tanto quanto la loro acuta vista. Pian piano i due compagni arretrarono e l’elfo decise che bisognava improvvisare qualcosa per riuscire a passare oltre. Deviò pertanto nella foresta e raccolse dell’humus con il quale cercò di sopraffare il suo odore e quello di Escol. L’escamotage funzionò, anche se solo in parte. I due dovettero trovare un punto un po' più distante per penetrare nell’accampamento di questi strani e temibili segugi. Fortunatamente ci riuscirono, anche se furono costretti a perdere un pò di tempo per evitare di incrociare gli adulti della comunità, in maniera da tenere lontani i guai più seri per quanto possibile. Notarono quasi subito un grande falò al centro del villaggio e un grande clamore crescente, ed ebbero l’illuminante intuizione che laggiù avrebbero potuto trovare i loro amici. In effetti fu così, ma insieme a loro scoprirono altre cose e nessuna di esse si rivelò piacevole.
Capitolo 5 - La via tra le montagne.
- Scritto da Jack Warren
- Categoria: Eord
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Tutti conoscevano l’argomento e tutti erano al corrente delle ansie del nano. Attorno al fuoco bisognava prendere una decisione che, a dire il vero, Escol aveva già stabilito prima di partire. Era solo per cortesia nei confronti di Slanter che stava offrendo di nuovo quella possibilità: ridiscutere per la seconda volta le loro opzioni, giunti a questo punto del cammino. Purtroppo, nonostante il bieco cipiglio e il terrore all’apparenza immotivato dello scout, l’alternativa al sentiero tra le montagne, cioè la via a sud, non poteva realmente essere ritenuta una soluzione valida. L’intera squadra di Escol ci provò davvero a riconsiderarla, ma era davvero impensabile passare oltre quattrocento ottanta uomini, tra legionari e mercenari, oltrepassare un’intera vallata gremita di nemici, sgusciare tra le loro fila non visti e accedere alle miniere senza dare nell’occhio. Sembrava impossibile persino avendo con loro un guerriero forte e abile come Stee. Eppure il nano biascicò che qualcosa di addirittura peggiore poteva annidarsi lassù, tra la nebbia e le vette più insondabili della catena montuosa sopra le loro teste. Il suo popolo lo sapeva molto bene: molte donne e bambini erano spariti a causa di una minaccia invisibile che aleggiava da quelle parti e chiunque era andato ad indagare, negli anni, non era mai tornato indietro per raccontare cosa fosse successo a quelle persone. Escol fece pazientemente sfogare il nano per la seconda volta, poi cercò di rassicurarlo: il gruppo in cui si trovava aveva affrontato Arios in persona. C’erano dunque poche cose su Eord che avrebbero potuto spaventarlo davvero. Pertanto sarebbe stato meglio che si fosse calmato e che avesse fatto il possibile per guidarli fino all’estremo nord della vallata, dove poi, calando verso est, si sarebbero trovati a poche centinaia di metri dall'entrata delle miniere. Mestamente il nano annuì, arrendendosi alla volontà di tutto il gruppo unito. L’indomani mattina dunque Slanter fece un bel respiro e iniziò a inerpicarsi per le montagne, seguendo un sentiero che solo lui probabilmente riusciva a vedere. A dire il vero c’era un inesplicabile, ineffabile senso d’ansia crescente che afferrava i loro cuori, via via si procedeva oltre, ma quando il gruppo trovò un punto per formare un campo, nessuno poteva affermare di aver notato qualcosa di anomalo o pericoloso lungo il tragitto. Solo il nano sembrava scosso. Scuro in volto e nervoso persino oltre il livello cui ormai si erano abituati i suoi compagni. Il gruppo abbandonò il sottobosco di prima mattina, sfruttando la luce del sole già alla tiepida aurora. Dopo qualche ora accadde un fatto strano: gli elfi della compagnia iniziarono ad arricciare il naso e a tossire. Più e più volte, di continuo. Incuriosito, Escol domandò a dama Alarien cosa le stesse accadendo e l’elfa rispose, scegliendo bene le parole, che un timido odore di zolfo iniziava a sentirsi tutt’intorno alla zona e questa cosa pareva assai strana, oltre ad essere rivoltante. Il figlio del Duca chiese dunque a Slanter se ci fossero depositi di zolfo o piccoli laghetti di acque sulfuree da quelle parti, ma il nano scosse la testa, più che sicuro che non ce ne fosse nessuno. Allorché il figlio del Duca pregò il nano di “sentire” la roccia con le mani (alla maniera del popolo basso), per poter capire se questo odore, che gli elfi percepivano, potesse provenire dal basso, ma ancora una volta Slanter negò con fermezza questa possibilità. Sotto di loro c’erano solo migliaia di tonnellate di roccia piena. Non c’erano gallerie o sentieri sotterranei. Non qui perlomeno. Lui era nato e cresciuto in quella zona, per cui le probabilità che potesse sbagliarsi erano davvero esigue. Grattandosi il sottile strato di barba che gli era ricresciuta, Escol allora ordinò a tutti di rimanere vigili, con un occhio puntato verso l’alto. Collegando quasi per istinto le sparizioni dei nani di cui parlava Slanter a questo odore di zolfo, che lui ancora non percepiva ma che infastidiva invece gli elfi, il giovane Berge si era convinto che la minaccia potesse venire dall’alto e che fosse più che concreta. Una viverna? Un drago forse? Lui aveva solo sentito parlare di queste bestie leggendarie e si augurava vivamente di sbagliare e di non trovarsele di fronte, né adesso e né mai. Alla fine del secondo giorno di viaggio, l’odore di zolfo poteva esser percepito distintamente anche da umani e mezzelfi. Dopo un’altra mezza giornata di cammino, tra sottoboschi, piccole macchie e sentieri di montagna, l’odore era diventato per tutti quasi insopportabile. Inoltre una fitta nebbia aveva cominciato a calare dall’alto, iniziando a rendere la visibilità più difficile per i nostri eroi. Durante il suo solito primo turno di guardia, in attesa di poter finalmente andare a dormire e sognare i soliti scenari, ultimamente padroni della sua attività onirica, Escol udì un rumore dietro di lui. In un lampo si alzò in piedi, sguainò la spada sfrigolante e intimò l’alt a chiunque stesse sopraggiungendo dall'altra parte. Si trattava di un vecchio uomo, vestito con abiti da cerimonia. Sembrava una specie di sacerdote laico o forse di un alchimista, Escol non riuscì a capirlo bene. Si presentò con il nome di Riltar e disse al figlio del Duca di essere un membro dell’Ordine. Ci mancava poco che Escol sputasse di lato tutto il suo disgusto! Dopo il tradimento di Andor infatti era meglio che l’Ordine si tenesse a debita distanza da lui. Stringendo ancor più forte Enwel, il giovane Berge domandò a Riltar che cosa ci facesse qui e che cosa volesse mai da lui. L’anziano uomo spiegò che l’aveva seguito addirittura da fuori l’enclave elfica, quindi da diversi giorni. Lo scopo era solo uno: farlo desistere dal continuare su questa strada, secondo lui troppo pericolosa e difficile. L’Ordine l’aveva inviato affinché egli fosse preservato da una più che probabile morte prematura, che non sarebbe servita a nessuno. Ritenere che Escol fosse indispettito dall’atteggiamento del vecchio, sarebbe stato solo un giudizio parziale ed edulcorato. Non solo il figlio del Duca non credeva alle parole di quell’uomo (avrebbe trovato mille modi e situazioni diverse e meno pericolose di quella per avvicinarlo, visto che lo seguiva da giorni), ma iniziava ad innervosirlo parecchio la tracotanza della setta che rappresentava, stranamente adesso così preoccupata della sua sorte e di quella dei suoi amici. Escol lo fece parlare, ma quando non ne poté più di tutti i suoi argomenti quantomeno sospetti, lo invitò ad andarsene finché fosse stato in tempo. Egli infatti non aveva ancora avvertito i suoi amici, che ancora riposavano accanto ad un tiepido fuoco, ma l’avrebbe fatto molto presto e avrebbe scommesso la sua spada che sarebbero stati molto meno diplomatici di lui. Riltar provò ancora una volta a convincere Escol a desistere dal continuare su quella via, ma vedendo il suo sguardo truce e la mano che si avvicinava inquietantemente alla spada, scelse saggiamente di inchinarsi leggermente e sparire nel sottobosco. Il figlio del Duca rimase qualche altro minuto oltre il suo turno da sentinella per riflettere meglio su quella situazione quantomeno dubbia. Al di là delle intenzioni di quell’uomo, tutta la faccenda pareva un’immensa menzogna. Se infatti egli avesse voluto scongiurare che la compagnia prendesse quel sentiero, perché non intercettarla prima? Se era così pericoloso stare qui, perché dire a un vecchio di venire fin quassù e aspettare tre giorni prima di farsi vedere? No, c’era qualcosa che non quadrava e lui ne avrebbe parlato quanto prima con i suoi amici.
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