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Capitolo 13 - Verità o tradimento?
- Scritto da Jack Warren
- Categoria: Eord
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La “Explorer” navigò in assoluta tranquillità per due giorni interi e i nostri eroi poterono finalmente rilassarsi un pò. La missione ad Arches era stata parecchio stressante, non tanto per la sua difficoltà, incidente con gli spettri a parte, quanto per l’importanza che aveva nell’economia del risultato finale. Se infatti non avessero ottenuto il “Pugnale di Cardras”, tutto il loro viaggio, i loro sforzi per arrivare fin lì, sarebbero stati vani. La morte di Vala sarebbe stata vana. Tutti erano curiosi quindi di poter vedere anche solo per un attimo quella meraviglia, ma Escol aveva dato ordini precisi a Kail di non toccare quel coltello finché non fosse stato davvero necessario. Ancora scioccato per la visione che aveva avuto e che riguardava il giovane Mohdi e l’Imperatore Maledetto, il figlio del Duca aveva stabilito così e a Kail non restò che obbedire ai suoi ordini. La notte del terzo giorno però qualcosa cambiò e il cuore di Escol si strinse in una morsa terribile. Manuel aveva bussato alla sua cabina, riferendogli che Remis voleva vederlo. Il giovane guerriero si mise qualcosa addosso e lo seguì immediatamente. Giunto di coffa, il capitano gli andò incontro. Aveva un lungo cannocchiale in mano, il che non era un buon segno, ma non il bieco cipiglio dell’ultima volta. Remis gli passò lo strumento e lo invitò a guardare verso nord - est. Escol deglutì per il nervoso: una nave pirata degli Okar era chiaramente visibile tra la foschia notturna! Inoltre, le insegne che portava mostravano che apparteneva proprio a quella stessa fazione che avevano combattuto durante il viaggio d’andata. Escol sospirò affranto, poi guardò Remis e gli domandò quale strategia avesse in mente questa volta per farli uscire vivi da quel pasticcio. Il capitano invece gli fece segno con la mano di guardare meglio. Il giovane guerriero allora tornò a posare l’occhio nel cannocchiale e in effetti scorse un dettaglio strano, che prima non aveva notato: la nave pirata sembrava allontanarsi da loro piuttosto che avvicinarsi! Remis gli sorrise astuto. Vedendo il volto corrucciato del giovane, che evidentemente non riusciva ancora a capire cosa stesse succedendo, gli spiegò che questo era l’effetto della pesante sconfitta che i pirati avevano subito per mano della “Explorer”! Grazie infatti al loro aiuto e alle voci che aveva messo a Duruchta, su “un gruppo di nuovi marinai dai grandi poteri”, era quasi sicuro che questa fazione di pirati non avrebbe mai più dato problemi a lui e al suo equipaggio. Lo ringraziò dal profondo del cuore per questo. Escol sospirò di sollievo: non solo dunque la compagnia non avrebbe dovuto combattere gli Okar, ma probabilmente quella nave non avrebbe mai più avuto problemi da essi. Grazie a loro. A Hilda principalmente. Remis gli offrì la mano, ed il giovane guerriero la strinse con forza. RInfrancato, tornò a dormire. Il giorno dopo Escol decise di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Di tempo ce n’era ancora in abbondanza e non credeva che avrebbe avuto una seconda occasione come quella per mettere luce su alcune questioni che aveva a cuore. Domandando ai suoi amici di essere lasciato da solo per qualche ora, recuperò la pietra nera di Wizimir dalla tasca e chiamò a sé lo stregone. Wizimir rispose alla chiamata quasi istantaneamente, inviando la sua forma eterea a comunicare con il suo giovane amico Nordhmenn. Per quanto riuscisse a manifestarlo (egli era una creatura davvero inquietante), sembrava sinceramente contento di vederlo vivo e vegeto. Ovviamente, morso dalla curiosità, domandò subito come fosse andata la sua missione, visto che l’occhio di Atreus non riusciva a penetrare le barriere dell’isola. Escol, a sua volta curioso di scoprirne il motivo, chiese al tempo stesso lumi all’amico stregone. Wizimir si limitò a bisbigliare che attorno al castello dell’Ordine aleggiava ancora un potentissimo incantesimo, che rendeva impossibile a qualunque occhio magico di guardare in quella direzione. Escol annuì finalmente soddisfatto, certo che Atreus non avesse potuto vedere ciò che era davvero successo laggiù. Il giovane guerriero ammise comunque che erano riusciti a recuperare il pugnale di Cardras, ma che aveva però necessità di conferire con il suo signore. Purtroppo Wizimir dovette negargli questa possibilità, poiché spiegò che Atreus non era ancora tornato dal posto in cui si era recato. Immaginando di chi si stava parlando, Escol sospettò subito che l’Asur stava visitando posti e esseri ben al di fuori della sfera umana. Wizimir non negò affatto quella possibilità, ma si astenne dall’offrire ulteriori dettagli sull’argomento. Quando si parlava del suo padrone, diventava molto difficile per lui sapersi districare tra quello che era opportuno e quello che invece sarebbe stato per lui letale riferire agli altri. Anche ai suoi alleati. Quindi Escol non ci provò nemmeno ad approfondire il discorso. Piuttosto decise di parlare con il mago riguardo il messaggio che aveva trovato sotto il pugnale Asur, che aveva trafitto la schiena di Edric. Secondo il parere di Wizimir esso era autentico! Aveva sentito più volte infatti Atreus vantarsi del fatto che era stato lui a cancellare l’Ordine dalla faccia di Eord, ma onestamente non ne sapeva molto di più. Escol corrucciò la fronte. Se era stato davvero l’Asur a commettere quell’omicidio di massa, doveva assolutamente capire come ci fosse riuscito. Non per un sentimento di vendetta o di rivalsa nei suoi confronti, ma per fare luce su una vicenda che era costata cara alla sua famiglia e ad un “Ordine” a cui, volente o nolente, apparteneva di diritto. Comunque Wizimir lo rassicurò sul fatto che quando Atreus sarebbe tornato disponibile, lo avrebbe avvertito circa le sue necessità di conferire con lui. Non aveva dubbi che “Egli” gli avrebbe offerto tutte le risposte con la massima franchezza come di consueto. Escol come al solito lo ringraziò per la sua disponibilità e cortesia. Sapeva bene che Wizimir faceva quanto Atreus gli aveva detto di fare, ma era convinto che lo stregone, al di là dei suoi obblighi verso l’Asur, fosse sinceramente interessato a lui e alle sue vicende. I due si salutarono con rispetto, ed Escol quella notte fece sogni irrequieti e turbolenti. Il viaggio continuava a procedere tranquillo e le sponde del continente iniziarono a vedersi all’orizzonte. Della minaccia dei pirati non c’era stata nemmeno l’ombra e la “'Explorer” veleggiava sicura e veloce su acque che conosceva molto bene. La notte prima dell’approdo, Escol ricevette finalmente la visita che tanto attendeva. Atreus infatti lo contattò durante il sonno, chiedendogli subito come fosse andato il viaggio sull’isola di Arches. Il figlio del Duca sorrise, ghignando di questa sua frustrazione e rispose che tutto era andato secondo i piani. Il pugnale era stato recuperato e loro stavano adesso recandosi nella capitale, per attivare la fase due del piano. Atreus annuì soddisfatto e sollevato. Aggiunse che Andor aveva svolto egregiamente il suo compito di “preparazione del terreno” e che, grazie al suo lavoro, Escol avrebbe potuto muoversi senza troppe difficoltà nel raggiungere Arios. Atreus restava dunque molto fiducioso. Quando fu il turno del giovane guerriero di fare le domande, l’Asur rispose con sincerità, come al solito. Egli aveva visitato i suoi “progenitori” (!), per scopi che il figlio del Duca non volle approfondire in quel momento. Tuttavia, il fatto stesso che l’avesse fatto, apriva scenari inquietanti per il “dopo Arios”. Probabilmente avrebbe dovuto correre ai ripari molto presto: se le parole di Atreus erano vere e non aveva molti dubbi su questo, gli “Antichi senza nome”, parlando con lui, avevano appena rotto un patto, stipulato millenni prima con i Paradine e i Vanir, che avrebbe fatto sprofondare di nuovo Eord nel “Caos” e nella “distruzione assoluti”! Escol cercò di dissimulare la tensione e la preoccupazione, cambiando discorso. Gli raccontò di ciò che aveva trovato nel maniero e chiese ad Atreus innanzi tutto se era stato lui a compiere quel massacro. Atreus ammise di aver distrutto l’Ordine e di aver assassinato il Gran Maestro, ma che non aveva affatto ucciso tutti i membri dell’Ordine. Quella era stata una deduzione che aveva fatto lui. Perciò la storia era vera solo in parte: l’Asur aveva di fatto mandato in rovina l’Ordine stesso, ma non aveva però ucciso nessuno, a parte Edric. Quindi chi era stato l’artefice di tutte quelle morti? Adesso fu il turno di Atreus di ghignare sinistramente. Egli non ebbe problemi ad ammettere che fu Arios a commissionargli quel genocidio, ma in maniera più subdola di quello che le leggende narravano. Fu un oggetto magico di grandissimo potere, appartenente alla sesta scuola, di cui lui non sapeva assolutamente nulla, a sbaragliare le difese mistiche del castello e a portare la “follia nella rocca”! Questo oggetto infatti, ebbe la capacità singolare e terribile, di spingere i membri dell’Ordine ad uccidersi a vicenda, coinvolgendoli tutti in una furia omicida feroce e senza freni! Eppure Atreus dubitava nel suo profondo che questo fosse tutto. Sospettava infatti che qualcuno di loro avesse tradito l’Ordine! Non era stato facile per lui infiltrarsi segretamente nel maniero, camuffandosi in maniera adeguata, utilizzando la sua potente magia, ma se doveva proprio esprimersi con la massima sincerità, non era stato nemmeno così difficile come aveva immaginato. Ecco perché si era fatto quell’idea. Escol non ebbe problemi a rispondergli che non era tanto il fatto che lui si fosse alleato con Arios per distruggere l’Ordine che lo stupiva, quanto che anche questa spiegazione, “l’oggetto magico che aveva creato una follia generale”, non lo convinceva affatto. Dalla posizione dei corpi infatti, non c’erano affatto segni evidenti che i membri dell’Ordine si fossero combattuti l’un l’altro. La maggior parte dei cadaveri, se non tutti, erano sparpagliati, distanti gli uni dagli altri, tanto che aveva pensato che gli assalitori avessero portato via i loro morti. Se due guerrieri si affrontavano a singolar tenzone, lui poteva dirlo perché era un soldato, e uno dei due cadeva, avrebbe potuto dedurre l’intero esito del combattimento solo guardando la posizione di quel corpo. Lì le persone erano state assassinate! Velocemente, in maniera scientifica e calcolata. Poteva garantirglielo. Atreus sembrò incuriosito da questo parere “tecnico” e ammise che Arios avrebbe potuto nascondergli tranquillamente la verità, anzi, che era molto probabile che l’avesse fatto. Al posto suo, egli avrebbe perfino cercato il modo di eliminarlo dalla circolazione, dopo che avesse svolto il suo compito. Ecco perché pensava ad un tradimento interno. Escol nuovamente annuì, poi lo salutò, con l’augurio di non incontrarsi da nemici la prossima volta. Stranamente, anche l’Asur se lo augurò. In qualche assurdo e strano modo, tra i due si era creato una sorta di “legame” che Escol non seppe spiegare in futuro. Ora però c’era pensare al presente: lui e i suoi amici avrebbero preso la strada più diretta per la capitale: dieci giorni, forse quindici, di difficile cammino, che li avrebbe portati nelle braccia di un vero e proprio diavolo. Si augurò vivamente di avere la forza di affrontare quell’ultima sfida con la giusta intensità e motivazione o sarebbe stata la fine. Per tutti. Per tutto.
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