Il chierico oscuro, bardato in armatura nera, camminava nervosamente per la radura, ogni tanto mandando un grido di rimprovero verso gli hobgoblin, che non ne volevano proprio sapere di starsene fermi e zitti per almeno un minuto intero.
Il cavaliere nero infatti era preoccupato per la reazione della sua cavalcatura alla conferma ricevuta da quel vecchio vagabondo, che il Tempio ed il libro erano andati veramente distrutti attraverso il suo soffio acido. “Soffionero” infatti non ne era stato affatto convinto, malgrado l’evidenza dei fatti, ed era stata una vera e propria fortuna che fosse stato richiamato via per qualche ora o la sua ira si sarebbe certamente abbattuta su tutti loro. Eppure le parole di quel barba bianca sembravano accompagnate da verità: i detriti del tempio erano lì, dietro di loro e per sua esperienza diretta, niente poteva sopravvivere all’acido vomitato dal suo drago!
Cornelius, esasperato dal baccano che gli hobgoblin stavano producendo, aveva messo mano alla terribile mazza che aveva sempre vicino come un'amica fedele, quando però un evento inaspettato lo colse di sorpresa.
Una sibilante freccia infatti uscì saettando dai cespugli, colpendo con violenza un hobgoblin ad una spalla. Il mostriciattolo squittì come un topo in trappola e cadde riverso ai suoi piedi. Nemmeno il tempo di realizzare cosa fosse successo, che una seconda freccia centrò in pieno un altro hobgoblin, questa volta ad una gamba.
Incredibilmente ed inaspettatamente, si trovavano sotto attacco!
Fece dunque segno a Zhorat di andare a stanare chiunque avesse osato aggredirli e invocò su di sé il potere della sua dea per erigere un invisibile scudo che lo proteggesse dai colpi dei suoi nemici.
Gli hobgoblin, nel frattempo, avevano finalmente capito che qualcosa non andava e stavano cercando di studiare una contromisura che non fosse rimanere in quel punto inebetiti e con lo sguardo allibito. Quando un’altra freccia aveva trafitto al tronco un terzo di loro, scagliandolo violentemente all’interno del grande falò che avevano acceso per riscaldarsi dal gelo della notte, compresero che sarebbe stato meglio muoversi di lì ed attaccare! Purtroppo per loro un altro non precisissimo dardo fece in tempo a ferire di striscio un altro del gruppo, ma ormai il resto aveva deciso di reagire. Urlando un improbabile grido di battaglia, si gettarono furiosamente sulla direzione dei loro nemici. I loro occhietti malefici e giallastri garantivano al branco una vista notturna perfetta.
Contemporaneamente, il comandante Zhorat aveva spiccato un poderoso balzo verso l’alto e poi, dispiegando le ali, era arrivato ben oltre i cespugli dove i nemici si erano rintanati, deciso a stanare e ad uccidere chiunque si trovasse dall’altra parte. Identificò subito le sue prede: un uomo e una donna, ben nascosti dietro una macchia di alberi.
Codardi! Sarebbero stati i primi a morire!
Planando verso il basso come facevano i falchi o le aquile, dispiegò gli artigli che aveva ai piedi, pronto a ghermire le sue prede come facevano quei magnifici rapaci! Zhorat arrivò su di loro silenzioso come un cacciatore navigato e quando l’umano lo notò fu troppo tardi. Egli riuscì solo ad alzare lo scudo per proteggersi, ma il suo peso era imponente e i suoi artigli troppo affilati: fu un vero miracolo che quell'uomo riuscì a perdere solo il suo clipeo e non la vita.
Doveva essere un guerriero addestrato. Bene, almeno si sarebbe divertito un po’. In pochi infatti conoscevano quanto fosse pericoloso combattere un Bozak!
La donna non sembrava un pericolo: stava ancora cercando di capire cosa fosse successo: quindi poteva concentrarsi sul guerriero e poi ucciderla con tutta calma. Tuttavia, già dai primi colpi, Zhorat capì molto bene che quell’umano era un ottimo spadaccino e quando era stato ferito di striscio e il suo sangue acido avrebbe dovuto friggerlo, dimostrò che conosceva il suo segreto, perché aveva reagito buttandosi subito da un lato.
Nel frattempo gli hobgoblin, furibondi, riuscirono finalmente a stanare i loro nemici, scoprendo che si trattava di due odiosi elfi: le loro lingue cominciarono a guizzare tra le fauci spalancate, pregustando il delizioso sapore della loro carne. Tuttavia il primo della fila, Gluck il temerario, non fece una bella fine: la lama di quell’odiosa elfa gli si conficcò nella gola prima che potesse emettere un rantolo d’agonia. Al secondo non andò certo meglio, venne prima gambizzato e poi decapitato dalle due affilate spade del maschio. Gli altri due però arrivarono di gran carriera: uno ingaggiò un feroce combattimento con la femmina, mentre l’altro continuò la sua folle corsa, finendo in un altro campo di battaglia: quello condiviso dall’odiato Bozak, che spesso si divertiva a torturarlo, e un giovane guerriero umano. L’elfo che Zut aveva puntato era sparito troppo rapidamente, probabilmente attratto da qualcosa che stava accadendo da un’altra parte a pochi metri da lui, dove una giovane umana ferita stava ansando a terra, nella vana speranza di rimettersi in piedi. Non perdendosi d’animo, Zut aggredì il cavaliere umano che però lo schivò con facilità.
Digrignando i denti, Zhorat capì che doveva ricorrere alla magia o quel guerriero avrebbe avuto più di una possibilità di spuntarla. Stava già per lanciare su di lui un oscuro sortilegio che l’avrebbe indebolito, quando una luce accecante si accese improvvisa davanti ai suoi occhi, rendendolo cieco ed ansante. La donna! Maledetta, doveva capire che doveva essere quella Estellen che cercavano, ma era così giovane, praticamente una ragazzina. Come poteva immaginarlo? Zhorat cercò di scuotersi, di riprendersi, ma quando la spada del guerriero gli trapassò la carotide, riuscì solo ad imprecare contro sé stesso e contro la sua stupidità per aver sottovalutato quella femmina umana. Sperava solo che la sua morte trascinasse con sé anche quel disgustoso cavaliere.
Nel frattempo Cornelius si assicurò che quella donna nascosta tra i cespugli fosse proprio la sacerdotessa di Paladine che cercava, rendendosene davvero conto quando vide gli hobgoblin, che aveva curato per permettergli di tornare a combattere, cadere uno dopo l’altro nel tentativo di eliminare i due elfi che continuavano ad opporre strenua resistenza! Chissà quali fulgidi onori gli sarebbero spettati se l’avesse uccisa! Richiamò dunque su di sé un’oscurità magica e si nascose nelle tenebre, diventando invisibile a qualunque sguardo fosse posto su di lui. Aggirando il più possibile il campo per prendere la donna di sorpresa, assistette ad un nuovo miracolo: alcuni hobgoblin, di quelli che aveva guarito dalla frecce degli elfi, vennero accecati da una luce divina improvvisa, che perfino lui a malapena riuscì a sopportare. Barcollando per alcuni secondi, Cornelius capì che non doveva assolutamente sottovalutare quella ragazzina: aveva solo le sembianze di un’adolescente, ma in realtà era il pericolo più grande per lui in quello scontro! Impugnando meglio la mazza ferrata benedetta da Takhisis, si appropinquò per prendere quella maledetta seguace di Paladine da tergo! Doveva eliminarla in fretta: senza di lei gli altri sarebbero certamente caduti.