La serata scivolò via tra chiacchiere, ansia e trepidazione.
I nostri eroi cercarono di tirare avanti il più possibile, cenando insieme e sfruttando anche quel tempo per chiarire eventuali, ultimi dubbi, ma poi decisero che era l’ora di andare a dormire e si salutarono dandosi appuntamento al giorno dopo. Tutti presero sonno quasi subito, vista la stanchezza accumulata nei giorni precedenti, ma, poco prima delle dieci, un acquazzone terribile si abbatté sulla tenuta Uth Wistan, con tanto di tuoni, fulmini e saette.
Forse fu a causa del chiasso roboante che lasciava strascichi di strani echi nel corridoio o delle luci abbacinanti che ad intermittenza illuminavano a giorno l’androne permettendo alla luce di filtrare sotto le scure porte falsificando così le percezioni o forse fu solo per un banale presentimento, ma Kail sembrò sentire delle flebili voci distorte fuori dalla sua camera. Quando si tirò su, ragionò meglio su ciò che gli parve di aver sentito. Le sue appuntite e sensibili orecchie elfiche, abituate da sempre a filtrare i suoni che captavano per puro istinto di sopravvivenza e che gli avevano salvato la vita in più di un’occasione, avevano udito due uomini che parlottavano a bassa voce vicino le sue stanze e questo per lui bastava per rimanere all’erta. Inoltre ciò era assai strano: questa zona era interdetta a tutti fino all’indomani, il giorno del processo.
Morso dalla curiosità, Kail si destò, ed andò a controllare tosto il corridoio. In effetti aveva proprio fatto bene a fidarsi dei sui istinti e dei suoi sensi: due figure imbacuccate, una più alta e l’altra più bassa ed esile, avevano appena svoltato l’angolo del corridoio, con aria furtiva e parlottando a voce bassissima. La cosa si faceva sempre più strana e sospetta.
Estellen era andata alla porta per motivi diversi da quelli di Kail: una sensazione di angoscia l’aveva colpita, tra tuono e fulmine e la successiva sequenza.
Percepiva qualcosa di sbagliato nell’aria.
Era come se i flebili sussurri che sentiva salire dalla stanza di Flint fossero saliti di tono. Come se essi cercassero di richiamare qualcuno a liberarli, come avevano fatto con lei la sera prima. Si affacciò dunque timidamente e vide il mezzelfo, chino su qualcosa al centro del corridoio, una ventina di metri più avanti. La giovane guardò prima a destra e poi a sinistra e si affrettò a raggiungerlo.
Stuard non riusciva a prendere sonno, un po’ perché era preoccupato per il processo e le enormi contraddizioni cui sarebbe stato sollecitato pur di non essere condannato a morte e un po’ perché fuori dal maniero sembrava essersi scatenato il putiferio e questo non conciliava molto il sonno. Una vera bomba d’acqua aveva investito infatti l’edificio e certo non provava alcuna invidia per quei poveri soldati che erano di guardia al passaggio che dava alla “pietra bianca”. Il cavaliere si tirò su e decise di versarsi un po’ d’acqua dalla brocca, tanto per rimanere in tema. Tuttavia mentre stava per lasciare il tavolo e tornare a letto, udì dei passi di piedi nudi che correvano lungo l’androne. Posò dunque il bicchiere e andò immediatamente a controllare.
Il mezzelfo notò che al centro del corridoio c’erano delle tracce evidenti d’acqua, segno inequivocabile che quelle due persone venivano da fuori il maniero. Tuttavia la cosa strana era che sembravano apparse dal nulla! Infatti la scia d’acqua iniziava in un punto preciso, tra il casato Uth Breannar e quello degli Astarte e sembrava partire proprio da lì, come per magia. Inoltre, insieme all’acqua, c’erano un altro paio di dettagli che aggredirono il suo olfatto e riuscirono a confonderlo: uno era un forte odore d’erba e l’altro uno strano puzzo di bruciato, che assomigliava al carbone. Sempre più perplesso, Kail si tirò su e mostrò le tracce d’acqua ai suoi amici, nel frattempo sopraggiunti.
Estellen gli domandò cosa stava succedendo un’altra volta in quel dannato corridoio, ma il mezzelfo le disse di tacere e le fece segno che c’erano due persone oltre la curva dell’androne.
Sbirciando dall’altra parte i nostri eroi notarono che la persona più alta, che sembrava quello che dava gli ordini, incombeva su quella più piccola, che era inginocchiata davanti alla porta degli avventurieri di Solace e stava smanettando con la serratura! Consapevole del pericolo se si fossero fatti scoprire fuori dalle loro stanze, il mezzelfo volle vedere come si sarebbe svolta la situazione prima di buttarsi in un’improbabile rissa che avrebbe peggiorato e di molto le loro giù precarie condizioni legali. Tuttavia quando notò che l’uomo accovacciato aveva aperto la porta ed ora stava entrando dentro la stanza, fece segno ai suoi amici che bisognava agire e subito: lui avrebbe inseguito quello più alto, mentre loro si sarebbero dovuti occupare di placcare quello più piccolo!
Come mise un piede nel corridoio oltre la svolta però, un vero colpo di sfortuna portò l’uomo alto ed incappucciato a girarsi nella sua direzione e a notarlo. Quindi lo stesso imbacuccato figuro, senza avvertirlo, abbandonò il suo complice da solo a rovistare dentro la stanza, fuggendo alla chetichella dalla parte opposta.
Il mezzelfo iniziò a rincorrerlo, così come Stuard ed Estellen, però giunti alle stanze del nano lo scenario cambiò improvvisamente. L’altro uomo, probabilmente non vedendo più il suo losco socio, uscì dalla stanza confuso, trovandosi Kail a due metri di distanza. Il mezzelfo cambiò quindi strategia: si tuffò sul tipo più piccolo e fece segno ai suoi due amici di inseguire l’altro più corpulento. Kail non ci mise molto a immobilizzarlo, anche se l’esile incappucciato aveva pronunciato una singola parola a bassa voce: “Milord?”, che l’aveva confuso per un paio di secondi. Questo leggero ritardo l’aveva lievemente sbilanciato, ma il mezzelfo si rese conto subito di non avere a che fare con un guerriero esperto o con un ladro professionista perché egli non ne aveva approfittato e riuscì a riprendere quasi subito il controllo sulla zuffa, immobilizzando il malcapitato a terra. In mezzo al parapiglia della colluttazione, quando il cappuccio dell’uomo si tirò indietro, il mezzelfo rimase del tutto sbalordito da chi riconobbe sotto di esso!
Nel frattempo Stuard ed Estellen corsero a perdifiato oltre la seconda svolta del corridoio, per appurare che l’uomo sembrava invero svanito nel nulla.
Quell’area era relativamente sgombra da casate di cavalieri: ce n’era una sola, ma in fondo all’androne, ed era impossibile che l’uomo avesse potuto raggiungerla prima di sottrarsi al loro sguardo. Infatti, oltre al problema della distanza, c’era anche il fatto che l’uomo sembrava ciondolasse un po’, come se avesse un problema a camminare bene, dettaglio che Stuard notò da subito. Il cavaliere si rammaricò parecchio per non esser infine riuscito a stanarlo, ma l’uomo era letteralmente scomparso! Insieme ad Estellen controllò se c’erano eventuali botole o improbabili passaggi sul soffitto: avevano pensato addirittura all’utilizzo della magia, ma Stuard sospettava che la soluzione dell’enigma fosse più semplice.
Cercò dunque una torcia accesa lungo il corridoio, l’afferrò e si accinse a fare un esperimento che potesse confermare o smentire la sua tesi. Intanto raggiunse il punto del corridoio dove le gocce d’acqua, scivolate per terra dalle scarpe e dal mantello del fuggiasco, avevano finito la loro corsa. Poi, alzando in alto la torcia, controllò meglio il lato della parete opposto alle finestre, attendendo il momento propizio in cui i fulmini non rendessero ancor più difficile notare alcuni particolari che erano indispensabili per realizzare il suo test. Quando trovò quel che cercava, chiese ad Estellen di assisterlo, mentre anche la dama bianca cominciò a capire dove volesse arrivare l’amico e cosa diavolo fosse successo in quel maledetto corridoio in cui la gente appariva e spariva senza lasciare alcun segno di passaggio.