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Capitolo 9 - La foresta maledetta.

Scritto da Jack Warren
Categoria: Eord
Pubblicato: 12 Agosto 2025
Visite: 93

La compagnia, guidata da Slanter, viaggiò in assoluta tranquillità per quasi due settimane verso est, verso le Terre Misteriose. Grazie alla perizia del nano, il cammino non fu aspro o complicato, né si trovarono faccia a faccia con pattuglie imperiali, ma mano a mano che ci si avvicinava al confine, lo scout diventava sempre più prudente, tanto da ordinare di abbandonare il carro poiché avrebbe dato più problemi che benefici. Escol cercò di capire il perché di tanta accortezza e quando Slanter gli mostrò quanto, da quel punto in poi, la via maestra iniziasse ad essere battuta ferocemente dagli uomini di Arios, condivise completamente le sue ansie. Slanter iniziò a zigzagare per le colline, senza dare punti di riferimento ai legionari di pattuglia, entrando ed uscendo dalle macchie alberate e riducendo al minimo i percorsi aperti, finché, al calar della sera del sedicesimo giorno, disse a tutti che finalmente erano prossimi al loro obiettivo. Si erano accampati su un piccolo colle, dalla cui cima avrebbero potuto vedere il perimetro delle Terre Misteriose. Cosa si celasse oltre, beh, nessuno lo sapeva. Quando il gruppo si affacciò oltre il crinale, non vide una distesa brulla e desolata, né un’erta zona montagnosa piena di baratri e burroni senza fondo. C’era solo una foresta. Una semplice macchia alberata, che si estendeva per miglia e miglia in tutte le direzioni. Tuttavia quella vista afferrò ugualmente il cuore di Aelion e Valyn in una morsa soffocante. Escol era rimasto di certo molto perplesso riguardo quel bosco sconfinato che si apriva davanti ai suoi occhi, ma si era aspettato molto peggio che attraversare una foresta, anche se smisurata come quella. Eppure, sia l'elfo che l’asur lo invitarono alla cautela: lì dentro c’era un male senza sonno, uno di quelli che avrebbe spezzato la loro volontà ancor prima di entrare e far valere le proprie ragioni. Il giovane guerriero annuì: non aveva intenzione di sottovalutare niente, il prezzo in ballo era troppo alto. Bisognava rimanere freddi e razionali. Avevano bisogno di un piano. E per fare un piano, avevano necessità di organizzarsi bene. Intanto, all’interno avrebbero dovuto riuscire ad orientarsi e Slanter non si disse affatto sicuro di saper raggiungere il centro della foresta, senza le stelle ad indicargli la direzione. Pertanto serviva qualcuno che potesse fornire perlomeno un tragitto, un verso da seguire, nel momento in cui si fosse superato il confine del bosco. Il resto l’avrebbe fatto l’esperto scout. Il figlio del Duca domandò dunque a Valyn se poteva rintracciare magicamente dove si trovasse adesso l'Elementale del fuoco. Questo avrebbe fornito perlomeno una coordinata utile sul cammino da intraprendere. L’asur scrollò le spalle e disse che ci avrebbe provato, ma che non garantiva nulla sul risultato. Quindi Escol passò al secondo problema che dovevano capire: chi diavolo c’era lì dentro di così pericoloso che nessuno voleva nemmeno avvicinarsi a quella dannata foresta? Stee ammise che quando era venuto qui per trovare la sua nemesi, circa ottanta anni prima, aveva affrontato e sconfitto a stento un essere fatto di pura oscurità. Tuttavia non ricordava ci fosse una foresta tanto estesa qui. Forse aveva rimosso qualcosa nei suoi ricordi, tuttavia rammentava fin troppo bene la sua ferocia e il suo potere. Era sopravvissuto per miracolo! La buona notizia quindi era che costoro non erano creature senza raziocinio o prive di discernimento, poiché il mezzelfo, quando era entrato nel loro territorio, bosco atro o meno, aveva chiesto lui di combattere, aveva lanciato lui la sfida. Ed era stato accontentato. Aveva ucciso il suo avversario, ma ne era uscito davvero malconcio. Era quindi probabile che quegli esseri, così potenti e così oscuri, fossero forze primordiali, soprannaturali, o non avrebbero rappresentato una sfida così alta per il generale Stee. Siccome Escol conosceva la vera storia antica, aveva forse intuito chi si celasse davvero dietro costoro. E la cosa non gli piacque affatto. Riflettendo meglio sulle parole del Fondatore, che gli aveva raccontato che i Vanyr e i Valoarian vivevano ad ovest, anche se non si conoscevano bene i loro rapporti, era molto probabile che gli Asura e i Wraith si fossero sistemati ad est. Dopo l’Editto dei Paradine, che aveva cessato le ostilità tra gli Antichi, e la creazione delle razze ibride, che avrebbero continuato la guerra per loro, i Vanyr e i Wraith si erano ritirati dalle terre delle razze inferiori. Presenti ma quasi invisibili agli occhi mortali. Poteva essere possibile dunque che quella foresta non fosse una vera foresta. Forse aveva solo la veste fisica che assomigliava ad un bosco maledetto, ma in realtà era un luogo soprannaturale legato alla terribile natura di esseri così alieni, crudeli e malvagi. Infatti, se si osservavano bene i confini di quella selva oscura, essi erano squadrati, geometricamente perfetti, come se ogni singolo albero fosse stato allineato all’altro da un agricoltore divino, meticoloso e pignolo. Insomma, niente che potesse fare madre natura con le sue sole forze. Aelion annuì e sconsigliò vivamente il figlio del Duca dal piantare il seme di Melloton in quel luogo così orribile e maligno. Ciò che sarebbe nato e cresciuto lì, avrebbe superato di gran lunga in malvagità l’albero corrotto che avevano trovato sotto le miniere dei nani. Escol annuì, trovando stringente la logica del compagno. Aelion si scusò con il giovane guerriero per non esser riuscito a realizzare lo scudo che egli gli aveva chiesto, ma i suoi pensieri si erano rivolti fin dalla partenza a questo momento, ed ora che si trovavano qui, aveva paura e riconobbe di sentirsi inadeguato. Soprattutto se tra loro e il salvataggio di Hilda si celavano nemici tanto forti e terribili. Inoltre Slanter, di ritorno da una ricognizione, sottopose alla loro attenzione un altro problema: al di sotto del colle, sul versante est, si trovava un vero e proprio avamposto imperiale! Un’intera coorte, circa cinquecento uomini, si trovavano a protezione del passo, con infinite ronde che controllavano tutto il perimetro delle Terre Misteriose. Escol iniziò a maledirli e a maledire Arios di essere sempre un passo avanti a lui! Eppure il nano non parve convinto che quel distaccamento imperiale fosse stato messo lì per loro. Da quel che aveva visto, si trovava sul posto da troppo tempo, mesi, anni forse, ed era stato montato con le tende rivolte verso la foresta e non verso l’entrata del passo. Sembrava dunque più attento a controllare che nessuno uscisse dal bosco, piuttosto che qualcuno entrasse. “Meglio così…”, pensò tra sé il figlio del Duca. Rimase poi a guardare uno sconsolato Aelion per qualche secondo, ma non gli venne in mente niente per rincuorarlo. Quando Valyn si riprese, confermò che all’interno di quel luogo si trovava in effetti una creatura molto potente. Era riuscita a vederla solo perché essa era andata da lei, altrimenti non sarebbe ma riuscita ad avvicinarsi oltre una certa distanza. Wizimir dunque aveva ragione: lì dentro c’era una bolla di “nullomagia” che avrebbe quasi azzerato le capacità magiche degli incantatori della compagnia. “Ottimo: senza magia e con avversari quasi invincibili nel corpo a corpo… le cose si mettono davvero bene per noi.” Pensò Escol, amaro. Tuttavia tutte queste difficoltà non dovevano frenare i loro intenti. Hilda andava salvata ad ogni costo! Slanter avrebbe trovato il modo di farli entrare, Valyn avrebbe detto al nano la direzione da prendere una volta dentro e poi dovevano sperare di trovare nella foresta creature disposte ad ascoltare le loro ragioni. Non c’era altro che si potesse fare. D’altronde, se avevano accolto un Elementale del fuoco nel loro territorio, c’era da sperare che li avrebbero perlomeno ascoltati. I Wraith tra l’altro nutrivano una sorta di atavico rispetto nei confronti di queste creature primordiali, così come di conseguenza l’avevano conservato gli asura. Escol ripensò ad Atreus, quando l’aveva spedito sul piano degli Elementali e trovò conferme in questa sua riflessione. Ciò che davvero suonava strano era la storia che i Wraith cacciavano gli asura, i loro stessi figli! Per Valyn questa cosa era impossibile da credere! Tuttavia non c’era più tempo: l’alba si stava avvicinando e loro dovevano agire. Quando il sole iniziò a levarsi, Slanter guidò i suoi compagni attraverso un percorso che aveva studiato il giorno prima, ma a poche centinaia di metri dal confine, una voce perentoria esplose alle loro spalle: “Altolà, chi va la?” C’era da aspettarselo che qualche ronda alla fine li avrebbe visti! Anzi che erano giunti fin lì, illesi. Escol si caricò il nano sulle spalle e iniziò a correre verso la foresta. I legionari li inseguirono, ma quando i cinque compagni varcarono il limitare del bosco, si fermarono, gridando di tornare indietro finché fossero stati in tempo. Escol urlò al legionario il perché un’intera coorte imperiale si trovasse proprio qui, ai confini delle Terre Misteriose e dalla risposta che gli tornò, pareva che lo scopo fosse proprio controllare che niente uscisse, ma anche che nessun folle entrasse. Conoscendo Arios, gli parve strano, ma si fece bastare quella risposta e non replicò oltre. Soprattutto perché le cose per Valyn ed Aelion stavano peggiorando di secondo in secondo. Per motivi diversi probabilmente, ma i due sembravano come si fossero ammalati. Ciondolanti, affaticati e deboli, si trascinavano per la foresta, appoggiandosi ad Escol e Stee. L’oscurità presto avvolse ogni cosa e un sinistro bisbiglio, come un malefico sussurro di sottofondo, riempì come un fiume in piena tutto l’ambiente, rimbalzando sugli alberi e aggredendo i loro orecchi e le loro menti con furiosa, parossistica insistenza. Era chiaro che qualcuno li stava osservando, bisbigliando, dibattendo sommessamente su quello che sarebbe stato il loro destino. Escol ordinò di non toccare le armi e di andare avanti: alla fine erano loro gli estranei, gli ospiti. Tuttavia, molto presto, né l’elfo e né l’asur erano più in condizione di proseguire oltre. Allora il figlio del Duca accese una torcia, seguendo il consiglio del generale Stee, che aveva detto che quegli esseri non temevano né odiavano la luce, e si accampò con i suoi compagni vicino a un albero mozzo. Escol, Stee e Slanter, decisero di fare loro i turni di guardia e lasciar così riposare Valyn ed Aelion. Il giovane guerriero fece il primo, appoggiando la schiena ad un tronco cavo. Il brusio era terribile: penetrava nella mente, come un canto ipnotico, finché Escol si trovò sospeso tra veglia e sonno. Con uno sforzo ciclopico si costrinse a rimanere sveglio, ma quando notò che nell’oscurità, due occhi fessurati giallastri lo stavano osservando minacciosi, si alzò in piedi lentamente. Non toccò le armi, ma anzi, alzò le mani, spiegando che non si trovavano lì per offendere o provocare nessuno, ma soltanto perché dovevano raggiungere una loro amica, protetta da un Elementale del fuoco. La creatura si avvicinò ancora, mostrando dei contorni fatti di pura oscurità. “Non so per quanto ancora riuscirò a trattenerli…” Sussurrò con voce roca e sussurrante. Escol si guardò intorno: era evidente che fossero circondati. “Siete Wraith?” Azzardò il giovane guerriero, misurando le parole. “Un tempo lo siamo stati. Prima di questa prigione dalla quale non possiamo uscire. Dopo aver varcato il Nexus, nessuno di noi è più stato ciò che un tempo era.” Escol sgranò gli occhi: stava parlando con uno degli esseri più potenti, crudeli, malvagi e misteriosi di tutto Eord! "Perché cacciate gli Asura? Non sono i vostri figli?” Aggiunse il figlio del Duca, cambiando volutamente discorso. “Non lo sono più! Essi hanno osato perdere la nostra sacra guerra. La guerra con i Vanyr, che gli odiosi Paradine hanno concluso per noi, avrebbe dovuto continuare attraverso i nostri figli! Loro ci dovevano vendicare, condurre alla vittoria, ma sono stati sconfitti. I Valoarian li hanno battuti e quest’onta non rimarrà impunita!" Escol annuì, ora tutto si faceva più chiaro. Per i Wraith la sconfitta era evidentemente impensabile. L’unico motivo perché crearono gli Asura, unendosi con gli umani, era stato proprio poter continuare la guerra con i Vanyr, che i Paradine avevano concluso con la forza. Purtroppo gli Asura erano stati sconfitti dall’alleanza Valoarian/Nordhmenn, ed ora i Wraith erano accecati dall’ira, tanto da cacciare e sterminare i loro stessi figli. Escol fece un passo avanti. Alzando una mano verso di lui, disse: “Molte cose sono cambiate da allora. Gli Asura non sanno di avervi recato vergogna, non immaginano affatto che siate proprio voi a cacciarli. La mia compagna, qui, ha rifiutato l’idea stessa che potevate esserci voi dietro i massacri della loro gente. Vi prego di riconsiderare tutta questa vicenda. Potreste ancora trovare una soluzione, insieme. Voi e loro.” Gli occhi giallastri, sinistri e crudeli, si fecero più vicini, l’oscurità che formava il corpo del Wright lentamente si disfece, liberando, come da un bozzolo fatto di pece, fattezze umanoidi simili ad un asur adulto, ma molto più alto e possente. La creatura mise subito a tacere con un ringhio il forte bisbiglio che evidentemente lo stava spronando ad agire in maniera più aggressiva nei confronti degli invasori. Ora che si era rivelato alla sua vista, Escol comprese che quella forma fisica, era solo una proiezione mentale di ciò che il Wright voleva che egli immaginasse di lui. Nonostante fosse intimorito, Escol sussurrò: “Non sono gli Asura i vostri nemici, ma Arios, l’imperatore maledetto! Ad ogni modo, ci aiuterai a raggiungere la nostra amica e il suo protettore?” La creatura lo fissò con i suoi inquietanti occhi gialli. Poi disse: “Non so chi sia questo Arios, ma Sire Fuoco si trova più avanti, nel centro di questa prigione. Tuttavia, non riuscirete mai a raggiungerlo senza il mio aiuto. E per avere il mio aiuto, dovrai consegnarmi l’asur. E’ l’unica alternativa che avete, se non volete morire tutti qui, oggi!” Escol si appoggiò al tronco in preda ad una vertigine. Come poteva fare a Valyn una cosa del genere? Consegnarla a coloro che l’avrebbero certamente uccisa. Senza combattere, solo per salvarsi la vita? Mestamente la andò a svegliare. Tuttavia, prima che le potesse spiegare la situazione, quando l’asur notò il Wraith fermo, dietro di loro, si prostrò ai suoi piedi, accettando di buon grado qualunque destino egli avesse scelto per lei. Escol cercò di intervenire, ma sia Valyn che il Wright scomparvero dalla vista, così come il fastidioso brusio che permeava ogni cosa. Quando Escol si riunì ai suoi compagni e raccontò loro il triste destino toccato a Valyn, tutti rimasero in silenzio. Perfino Aelion sembrava contrito. Cercando di nascondere la rabbia, il giovane guerriero domandò all’oscurità che lo circondava di fare la propria parte adesso. Di indicargli la via per uscire dalla foresta. Tosto, una flebile luce illuminò il cammino nei due giorni successivi, finché il bosco sfumò in un’ampia vallata. Furono comunque due giorni terribili, pieni di rimorsi e angosce. Soprattutto per l’elfo, che sembrava terrorizzato da una situazione che era andata ben oltre ogni sua immaginazione. Aelion voleva tornare indietro, non per viltà, ma per manchevolezza. La vallata però tolse molte di queste ansie nei cuori dei quattro. Finalmente si vedeva il sole e il cielo aperto, si sentiva la soffice erba sotto i piedi. E lì, in quell’oasi di luce, tutti scorsero una dimora. Una dimora che pareva più un tempio a dire il vero, raggiungibile attraverso un’erta scalinata, che passava sotto tre snodi coperti, come tre minuscoli rifugi anch’essi dalla vaga forma di piccoli templi. Escol smontò da cavallo, raccolse solo armi, provviste ed equipaggiamento, e poi ordinò ai suoi amici di lasciare i loro destrieri liberi di pascolare nella valle. Il fatto che gli animali non avevano risentito di tutta l’oscurità presente nella foresta, faceva sempre più pensare che il potere dei Wright risiedesse principalmente nella Quarta casa della magia, quella della mente. La compagnia, orfana di Valyn, iniziò a salire la ripida scalinata per più di mezza giornata e quando tutti arrivarono a destinazione nel primo rifugio, il figlio del Duca e gli altri si abbandonarono sul pavimento, vinti dalla stanchezza. Finché Aelion notò qualcosa. Un altare in mezzo alla marmorea stanza. Come estasiato, si trascinò verso di esso ed iniziò a pregare. Escol si alzò e andò da lui, cercando di capire cosa avesse visto o percepito. “Non riesci a vederlo?” Bisbigliò Aelion, sopraffatto dall’emozione. Tuttavia, il giovane guerriero, così come Stee e Slanter, non riusciva a scorgere nulla. Notò solo che Aelion sorrideva, felice. “La gloria dei Paradine è qui, Escol! Accoglila con gioia!” Il figlio del Duca si inginocchiò e si unì all’elfo in preghiera. Poi, quando riaprì gli occhi, lo vide lentamente scomparire, mentre uno scudo sacro appariva contemporaneamente sul bianco altare. Il giovane guerriero gli urlò di non farlo, di rimanere con lui, ma Aelion gli sorrise ancora e disse: “Finalmente posso aiutarti davvero, Duca di Berge. I Paradine hanno esaudito la mia richiesta. Ora sarò con te, al tuo fianco per salvare il mondo, senza sentirmi inadeguato. Grazie per questa occasione che mi hai offerto, amico mio.” E fu così che Aelion svanì, mentre uno scudo sacro, benedetto dai Paradine, prese corpo definitivamente! Escol crollò a terra, disperato. Un altro compagno se n’era andato, aveva sacrificato sé stesso per permettergli di andare avanti. Di diventare più forte. Come Valyn. Come tutti i morti che si era lasciato alle spalle. Certo, il futuro di Eord veniva prima di qualunque cosa, ma non si aspettava di perdere due compagni in pochi giorni. Sospirò, accettò la mano di Stee e si tirò su. Poi andò a guardare lo scudo. Marchiate a fuoco, egli lesse delle lettere sull’acciaio sacro: “Aelion”. Faticò per trattenere le lacrime.

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