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Kail era rientrato nelle sue stanze già da una buona mezzora e ne aveva approfittato per rinfrescarsi un po’. Selena, Adele e Quirinna, le tre governanti personali di Lord Astarte, gli avevano portato delle caraffe di acqua calda con cui potersi lavare e degli abiti puliti per potersi cambiare. Ormai era quasi ora di cena e il mezzelfo aveva ancora in mente alcune cose da fare prima di raggiungere Astarte nella sala da pranzo. In particolare voleva vederci più chiaro sulle circostanze del ritrovamento della bambina. Victor gli aveva raccontato che erano stati due cavalieri di sentinella a trovarla nel Tempio di Paladine, attratti dalle urla affamate della piccola. Sicuramente doveva già averli interrogati a fondo a riguardo, ma magari potevano aver tralasciato alcuni dettagli utili, qualcosa che lì per lì era sfuggito alla loro attenzione, vista la concitazione del momento. Quando uscì dalla porta della sua camera, determinato ad approfondire la questione, incrociò Selena nel corridoio principale. La giovane governante si trovava lì non per caso, ma proprio per scortarlo dal suo signore: la cena infatti stava per essere servita e non era buona educazione far aspettare il padrone di casa. Kail optò dunque per seguirla, ma non cercò di nascondere le sue intenzioni: “Selena, tu sai chi, tra i cavalieri, ha fisicamente ritrovato la bimba nel tempio di Paladine? Vorrei scambiare due parole con loro, se fosse possibile.” Selena si irrigidì: era chiaro che l’argomento la turbasse molto. Abbassando di un poco il tono della voce, bisbigliò: “Mio signore, Lord Astarte non desidera che si parli di questo argomento. Né tra le mura del suo maniero, né per le strade o tra i vicoli del villaggio sotto la sua protezione. E’ pericoloso … anche le pareti e le ombre stesse hanno occhi ed orecchi ben aperti di questi tempi …” Kail la guardò con intensità. Era chiaro che, dalla scelta delle parole della ragazza, lei si fosse affezionata parecchio alla bambina e temesse davvero per la sua incolumità. Eppure traspariva anche tutta la severità, che egli ricordava bene, degli ordini e delle precise indicazioni da seguire, che Astarte lasciava sempre ai suoi sottoposti. Selena sembrava quasi spaventata dalle possibili conseguenze delle sue eventuali negligenze e lui la capiva perfettamente. Tornò dunque a fissare il corridoio facendo spallucce. “Non preoccuparti, lo chiederò direttamente a lui, non voglio causarti problemi.” Selena abbozzò un sincero sorriso: spostando la testa verso il basso fece un lieve inchino e lo ringraziò per questa sua premura. Arrivati innanzi alla sala di pranzo, la giovanissima governante bussò alla porta e Victor, dall’altra parte, la invitò ad entrare. Kail non attese di essere presentato: irruppe a passo deciso all’interno senza aggiungere una parola, né dare il tempo di pronunciarla. Astarte reagì a questa sua leggerezza nell’applicazione della Misura non come una mancanza di rispetto, ma come un’usanza che, evidentemente, non era la prima volta che aveva visto praticare dal suo protetto. Si alzò, come invece imponeva il galateo, portò la mano sul petto, come facevano i cavalieri quando accoglievano parenti o persone che stavano particolarmente a cuore, ed indicò alla sua destra: il posto che aveva scelto per lui. Congedò poi Selena con un cenno del capo. La ragazza si ritirò con un inchino veloce. La sala da pranzo era molto ampia, con grossi finestroni sulla sinistra incorniciati da drappi rossi e neri, delle comode poltrone e dei tavolini per conversare e degustare un buon liquore dopo il pasto e un camino in fondo, sulla parete nord, acceso e pieno di braci scoppiettanti per riscaldare l’ambiente. Un lungo tavolo di legno di quercia tagliava in due il centro della stanza. Ovviamente Astarte sedeva a capotavola. “Prego, Kail. Accomodati pure.” Kail si avvicinò e sedette vicino a lui. Victor aveva un bicchiere di vino e un piatto vuoto davanti, ma l’occhio attento del mezzelfo aveva notato anche qualche altra cosa alla sua sinistra, vicino le posate. Una pergamena e cos’altro? Non riusciva a vedere bene: il suo tutore sembrava volesse intenzionalmente tenerle nascoste. “Vino?” Disse con tono cordiale. Kail annuì, ma un’ombra iniziava ad allungarsi sul suo volto perplesso. Prese il bicchiere, lo portò alla bocca e ne assaggiò un generoso sorso: era squisito! Astarte aveva scelto un’annata particolarmente preziosa, segno che quella doveva essere davvero un’occasione importante. “Allora, hai pensato un po’ meglio a cosa ti aspetterà se deciderai di accettare di svolgere per me le missioni che ti ho proposto? Puoi ancora tirarti indietro o magari concludere di volerne portare a compimento soltanto una, se non ti senti sicuro.” Kail fece schioccare le labbra e posò lentamente il bicchiere. “Ho forse scelta, mio signore?” Astarte abbozzò un sorriso, abbassando per un momento gli occhi verso il tavolo. “Esiste sempre una scelta, Kail. Anche se capisco quello che vuoi dire. Se rinunciassi ad accompagnare la bimba al maniero Uth Breannar, causeresti un bel problema a me e se ti rifiutassi di andare a sud… beh, lo faresti ad Anteus.” Victor approfittò di quella pausa intensa per degustare ancora un po’ di vino, poi continuò: “Eppure non devi sentirti in difetto, qualora facessi un passo indietro… né per una cosa e né per l’altra. Non sono situazioni che hai concorso tu a creare e dunque per le quali dovresti sentirti responsabile.” Il mezzelfo lo fissò e i due rimasero a guardarsi negli occhi per qualche interminabile secondo. “Se hai ragione, mio signore… e non portassi quella bimba a Lord Gerald, sarei responsabile eccome se le capitasse qualcosa. Non solo per lei, non solo per te, ma per tutto Krynn probabilmente. Sarebbe un disastro se Erstellen cadesse nelle mani sbagliate.” Kail si concesse un altro momento silenzioso e carico di energia. “Tuttavia, vorrei ugualmente porre delle domande ai cavalieri che l’hanno trovata, se tu sei d’accordo. Potrebbe esserci sfuggito un dettaglio, magari riguardo qualcosa… qualcosa di meno … “mistico” … e più … “umano”, ecco.” Una smorfia di disappunto si dipinse sul volto di Astarte. “I cavalieri sono già stati interrogati, Kail. Per ore. Sai che il “Codice e La Misura” impongono loro di non mentire mai. Non ho ragione di dubitare di quanto mi hanno detto e non dovresti farlo nemmeno tu, perché anch’io sono un cavaliere… e loro sono sotto la mia protezione e responsabilità.” Il mezzelfo non rispose, limitandosi a giocherellare con il bicchiere ormai vuoto. Victor sospirò. Poi continuò. “Tu ancora non mi credi, vero? Non fino in fondo, almeno…” Kail abbassò lo sguardo. Poi lo rialzò fieramente. “Ho qualche… qualche dubbio, mio signore, si. Questa faccenda ruota tutto intorno ad una neonata affamata ed urlante, fin troppo umana quindi, che è stata trovata in un luogo mistico abbandonato da secoli. Dici che la chiave non è stata trafugata e che non ci sono passaggi segreti e io ci credo ovviamente, ma… ma le persone possono essere ingannate. Possono essere raggirate. Inoltre, la ragione per cui vuoi che accompagni la piccola dagli Uth Breannar, poggia su una… “visione”… che hai avuto la sera a cena e su alcuni nastrini colorati, che chi l’ha trovata o magari chi l’ha portata lì, avrebbe potuto benissimo metterle al polso per inscenare la storia del “dono di Paladine”.” Astarte lo ascoltò attentamente, senza interromperlo mai. “Tuttavia… terrò le mie perplessità per me, mio signore. Perché la bimba è innocente, ed è in pericolo adesso. Inoltre, se esiste solo una possibilità su cento che sia davvero chi dici che è veramente, vale ancor di più la pena non rischiare e portarla via di qui il prima possibile.” Victor abbozzò un sorriso amaro. “Ti ringrazio per aver aperto il tuo cuore, per avermi detto la verità, ciò che pensi davvero riguardo le circostanze della sua apparizione. Hai dei dubbi legittimi e io lo capisco… se lei durante il viaggio riuscirà alla fine a fugarteli, vorrà dire che questa missione avrà avuto successo completamente. Altrimenti, avrai fatto solo quello che ritenevi giusto: metterla in salvo e al sicuro dai fanatici e dai pazzi!” Lo sguardo del grande condottiero si fece duro, sottolineando quanto gli stesse a cuore questo argomento. Poi continuò, la voce rotta, spezzata dal fervore, che solo un “Cavaliere della Spada”, un antico paladino degli dei poteva avere.“Qui non si tratta semplicemente di accompagnare qualcuno di importante da una maniero all’altro, Kail. Si tratta di compiere un cammino verso la luce. Se poi non ti riuscirà, avrò stima di te lo stesso. L’importante è che tu rimanga aperto alla fede.” Kail annuì, ma non commentò. Astarte liberò la sinistra da sopra gli oggetti che nascondeva e prelevò una lettera indirizzata a Lord Gerald. “Tieni…” Disse piano. “Nella lettera viene spiegata ogni cosa sulla venuta di Erstellen su questo mondo e alcuni consigli utili su come allevarla e a chi affidarla… anche se credo che Gerald sia molto più strutturato di me sull’argomento. Il suo maniero è pieno di donne… di tutte le età… e tutte parecchio… come dire… determinate a perseguire la cosa giusta da fare. Soprattutto in questi casi. Non credo avrai problemi a convincerlo, se ti farai simili alleate.” Il mezzelfo allungò una mano, afferrò la lettera con il sigillo e la appoggiò sul tavolo. Al che, Victor si girò ancora verso la sua sinistra, prese una pergamena, completamente vergata dall’inizio alla fine e gliela consegnò. “Riguardo Anteus, invece… ho pensato che potessero esserti utili questi appunti. Sono degli estratti con le sue note personali riguardo tutti i luoghi che ha visitato nell’Abanasinia prima del suo silenzio. Sono ormai più di tre mesi che aspettiamo la sua relazione semestrale e non ti nascondo una certa preoccupazione sulla sua sorte.” Kail iniziò a leggere le note. Victor le aveva riordinate, in maniera da avere una cronologia riguardo i luoghi, i tempi e i percorsi fatti. Astarte gli diede il tempo di esaminare le carte velocemente. Poi domandò: “Come intendi procedere?” Kail non scollò nemmeno per un attimo gli occhi dalla pergamena, ma rispose senza esitare. “Appena avrò finito dagli Uth Breannar, taglierò verso sud e il porto e troverò una nave che mi porti laggiù il prima possibile. Sono già parecchi mesi che di Anteus non si sa più nulla e non voglio perdere altro tempo prezioso…” Victor annuì, si alzò, andò nei pressi di un piccolo scrigno di legno custodito sopra il camino, lo aprì, ed afferrò un sacchetto tintinnante. Poi tornò al tavolo e disse: “Prendi queste monete d’oro. Metti pure tutte le spese che avrai a nome mio, finché ti concederanno di avere credito. Non sprecare soldi inutilmente, potrebbero servirti più avanti. E nel caso avessi problemi seri, nelle grandi città troverai sicuramente delle banche. Potrai usare questo sigillo come garanzia per avere un prestito.” Astarte si sfilò l’anello dal dito e glielo diede. Kail non riusciva a credere ai suoi occhi: Victor gli stava dando il proprio anello di famiglia, la cosa forse più preziosa che aveva dopo la sua spada! Imbarazzato, Kail lo ringraziò balbettando, garantendogli che avrebbe fatto del suo meglio per non deludere le sue aspettative. Poi il Lord del maniero suonò un piccolo campanello d’argento e finalmente la servitù iniziò a portare la cena. Kail ascoltò con attenzione i consigli del cavaliere veterano: Anteus si era fatto degli alleati laggiù, amici, compagni d’arme, informatori, che l’avevano aiutato con la sua missione. Ripercorrere i suoi tragitti, parlare con quelle persone, poteva fare la differenza. Sarebbe stato molto difficile riuscire a farcela contando solo sulle proprie forze. Da quel che Anteus aveva scoperto, soprattutto negli ultimi mesi, non si faceva fatica ad immaginare che laggiù si articolasse una trama piuttosto complessa, oscura e pericolosa, di qualcuno che non andava assolutamente sottovalutato. Meglio andare preparati. Finita la cena, i due si diedero appuntamento nelle stalle la mattina seguente, prima dell’alba. La notte passò veloce e tranquilla e quando arrivò il momento, il mezzelfo si mosse prontamente. Fortunatamente conosceva quel maniero come le sue tasche, ed utilizzò vie alternative per impedire ad occhi indiscreti di notarlo neanche per sbaglio. Arrivò alle stalle quando era ancora abbastanza buio per strada. Notò che il suo cavallo era stato strigliato e nutrito e gli zoccoli ferrati a dovere. Tuttavia le bisacce, ai fianchi dell’animale, erano state riempite di oggetti strani e particolari, che lì per lì non riuscì a riconoscere, ma che tosto, le due persone che lo stavano aspettando, non tardarono ad illustrargli. Insieme a loro, dentro un piccolo cesto di vimini, dormiva placidamente una bimba che non arrivava nemmeno a una settimana di vita. Selena abbozzò un sorriso divertito quando notò il panico negli occhi di Kail. “Avete dimestichezza con i bambini?” Domandò, conoscendo molto bene la risposta. Kail inarcò un sopracciglio. “Potrei andare ad uccidere un drago invece di fare questo?” Astarte mise le mani sul volto, scuotendo la testa preoccupato. “Dovete prenderla in questo modo e quando vi accamperete e dovrete allattarla, spostarla di lato. Quando la bimba ha mangiato, sistematela pure nella culla. Se vi doveste muovere con lei, conviene che la leghiate a voi, con queste…” Continuò Selena, mostrando al mezzelfo delle fasce. “A – allattarla?” Balbettò nel frattempo Kail, terrorizzato. La ragazza annuì, poi gli mostrò come dover usare le fasce, scegliendo saggiamente di fissare su di lui un’imbragatura stabile, che poi avrebbe solo dovuto stringere, in caso col movimento si fosse allentata. “Ecco qui… ah, in queste bisacce troverete: il biberon per la bimba, due litri di latte e uno d’acqua per nutrirla… poi ci sono anche una spugna per pulirla e dei panni puliti per cambiarla.” “P - pulirla?” Ormai Kail era completamente sopraffatto: questa missione rischiava di diventare troppo difficile per lui. “Ricordate che ogni due ore dovrete darle da mangiare e ogni quattro… dovrete cambiarla. Certo, un fiume con acqua corrente sarebbe la cosa migliore per la sua igiene, ma andrà bene anche se sceglierete la via della foresta. Avete acqua a sufficienza per fare tutto ciò che le serve.” Vedendolo in seria, serissima difficoltà, Astarte decise di intervenire con un consiglio prezioso. “Quando cavalchi, non puoi certo lasciare la bimba nella culla. Dovrai legartela addosso, mettendola nell’imbragatura da trasporto come ti ha fatto vedere Selena. A meno che tu voglia andare a piedi…” “Non ci penso nemmeno…” Rispose Kail, del tutto vinto dagli eventi. Vedendolo un po’ troppo assente, Astarte decise di riportarlo su Krynn. Da sotto il mantello gli porse una spada lunga: “Tieni … questa è la spada di tuo padre Anteus. E’ un’arma speciale: apparteneva al suo maestro d’armi. Nessuno sa chi sia, ma visto il livello del suo allievo, doveva essere davvero un grande guerriero. Sono decenni che non viene usata, per cui sarà più utile a te che alla sua casa vuota.” Kail afferrò la spada con mani tremanti, ma non la sguainò. Avrebbe avuto tempo per farlo in un altro momento. La legò al cavallo, poi mise un piede in una staffa e montò in groppa al suo destriero. Astarte si avvicinò di qualche passo. “Questo invece… è un dono per Erstellen da parte mia. Apparteneva alla mia ava: Gerardina Astarte. Dì a Gerald di custodirlo e di fargliene dono quando i tempi saranno maturi.” All’interno di un panno era nascosto un oggetto di metallo, che però il mezzelfo non scoprì per una questione di etichetta. Selena prese in braccio Erstellen e gliela passò. Kail la infilò dentro l’imbragatura e si sbrigò a coprirla col mantello. Ora la segretezza diventava essenziale! La ragazza afferrò poi la cesta di vimini e la ripose nelle bisacce. Kail fece una smorfia strana e disse. “Sembri piuttosto intraprendente per essere una semplice governante…” Lei ammiccò. “Sono la nipote di Sir Anteus, che altro potevate aspettarvi da me?” Il mezzelfo sgranò gli occhi, poi storse un angolo della bocca a formare un mezzo sorriso. Qualora fosse tornato vivo aveva intenzione di farsi una lunga chiacchierata con quella giovane donna piena di sorprese.“Allora buona fortuna. Aggiornami almeno ogni sei mesi, se riesci. E che Paladine guidi i tuoi passi, figlio mio!” Sentenziò Astarte. Kail ebbe un brivido: era la prima volta che Victor lo chiamava in quel modo. Con decisione girò il cavallo, strinse ancor di più il pesante mantello attorno al fragile corpo di Erstellen, ed uscì al trotto dal maniero.
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Kail arrivò piuttosto stanco dal viaggio che l’aveva riportato dopo tanti anni nel maniero di Lord Astarte. Non era stato un viaggio lungo. Quando se n’era andato, circa quattordici anni prima, aveva deciso di non spostarsi troppo lontano dalle sue radici. Il vecchio maniero di suo padre Lucas e quello del cavaliere della spada che l’aveva adottato, il suo amico Victor Astarte, erano entrambi vicino Lemish e lui non se l’era sentita di tagliare del tutto i ponti con il passato. Se si era allontanato non era certo per colpa di Astarte o dei sui cavalieri. Tantomeno per colpa di suo padre, che l’aveva dato in affido solo per proteggerlo dagli intenti oscuri della madre. Eppure si sentiva stremato, segno che emotivamente era stato davvero difficile ritornare a casa.
Il mezzelfo intrecciò le dita dietro la nuca, mentre si sistemava meglio sul comodo letto. La sua stanza era rimasta com’era, ma dall’odore di pulito e freschezza che sentiva sulle coperte, grazie a i suoi affilati sensi elfici, veniva risistemata ogni giorno o quasi. Abbozzò un sorriso amaro ripensando a quanto gli era costato andarsene. Aveva scelto di costruirsi una piccola baita sopra Chisel, a meno di mezza giornata di viaggio a cavallo da qui e per guadagnarsi il pane faceva quello che sapeva fare meglio: combattere, scortare carovane di mercanti lungo la foresta e talvolta anche liberare il passo da animali pericolosi. Alcuni villaggi l’avevano ingaggiato talvolta per togliere di mezzo anche alcune piccole bande di goblin, che si dicevano avessero preso molto più coraggio negli ultimi anni nell’infastidire gli umani, ma dal suo punto di vista restavano casi isolati.
Eppure alcuni suoi colleghi, che spesso incontrava nelle fiere di città o nei villaggi, avevano raccontato che lungo alcuni punti delle catene montuose dei monti Dargaard, le scorrerie di orchi e goblin erano aumentate sensibilmente col passare degli anni. Addirittura descrivevano creature ancor più terribili e oscure che si accompagnavano ad essi e davano sibilanti ordini nella loro lingua oscura. “Ombre alate”, le avevano definite. Ombre alate, che mettevano i brividi quando qualcuno di loro li aveva intravisti nell’oscurità.
“Fantasticherie romanzesche”, aveva sempre pensato a proposito il mezzelfo. Tuttavia, quando la sera prima di partire aveva incontrato l’ambulante che gli aveva proposto quella strana zampa artigliata riposta all’interno della teca, non era più sicuro che quei suoi colleghi fossero così fuori di testa. Stranamente se n’era sentito attratto, tanto da volerla acquistare. Il motivo? Non lo sapeva.
Kail non era mai contento quando doveva affrontare nemici oscuri, a causa del suo terribile passato. Eppure se ne sentiva affine. Rammentava bene il villaggio sterminato da orchi e goblin, vicino al maniero di Astarte: un massacro orribile! Ricordava perfettamente l’aspra battaglia scoppiata tra i figli del male e i cavalieri di Solamnia. Aveva impressi a fuoco nella memoria gli sguardi inorriditi dei suoi compagni, quando si era trasformato in una bestia sanguinaria davanti ai loro occhi. Si era strappato parti dell’armatura come fossero di carta e aveva trucidato ognuna di quelle creature malevole senza sosta, rincorrendoli e sgozzandoli uno per uno nella foresta. Fu un episodio isolato il suo, ma bastò per terrorizzarlo. Ricordava perfettamente l’oscurità che in quel momento stava divorando il suo cuore, ecco perché non temeva tanto per sé, quanto per i suoi amici. Cos’era diventato? Chi era davvero? Ne aveva parlato subito dopo con Anteus, suo padre adottivo, ed Astarte, suo tutore, ed insieme a loro aveva optato per una separazione momentanea. Per far calmare le acque, si dissero, anche se tutti sapevano che difficilmente quella ferita sarebbe potuta guarire se non dopo tanto tempo. I cavalieri infatti non l’avrebbero mai più visto come un loro pari. Già avevano faticato ad accettarlo a causa della sua natura mezzosangue, adesso sarebbe stato impossibile, visto che si era trasformato in una specie di demone senz’anima. Vedendolo smarrito e perplesso riguardo chi fosse veramente, prima di accomiatarsi, Astarte gli aveva raccontato la sua storia. O almeno la storia che di lui conosceva. Di suo padre cavaliere e di sua madre chierico oscuro, che aveva tentato di sacrificarlo neonato a chissà quale divinità malvagia. Un passato tragico ed oscuro il suo, che presagiva un futuro altrettanto buio e sofferto.
Kail Sospirò tristemente. “Avrò fatto la scelta giusta a tornare?” Si domandò, tra sé.
“Toc – Toc.”
Kail si tirò immediatamente su con la schiena. “Chi è?”
“Sono Selena… una delle governanti. Se lo desiderate, vi scorterò da Astarte. Il signore del maniero vi sta aspettando.”
“Certamente.” Rispose lapidario Kail, mentre si riprendeva in spalla lo zaino. Poi aprì la porta. Davanti a lui stava una giovane ragazza dai capelli ricci e biondi. Vestita con un semplice e comodo abito, fece un inchino quando i loro sguardi si incrociarono. Kail abbozzò un sorriso, sforzandosi di capire se poteva conoscerla, ma realizzò che era troppo giovane per riuscire a ricordarsi di lei. Magari era la figlia di un suo amico, ma erano passati quattordici anni. Troppi.
“Prego, fammi strada.” Selena gli sorrise, si voltò, ed iniziò a scortarlo per i corridoi di pietra del maniero. Ovviamente Kail conosceva benissimo dove fossero le stanze di Victor, ma le lasciò fare il suo lavoro. “Mio padre, Anteus, presiederà all’incontro?” Azzardò il mezzelfo, per intavolare una breve conversazione con lei. La giovane governante abbassò gli occhi e si intristì. “Sir Anteus purtroppo è scomparso mesi fa, milord. E’ tutto ciò che so, ma confido che Lord Astarte saprà darvi molte più informazioni di me in merito.” Anteus sparito? Perché Astarte non era venuto a dirglielo di persona? Kail serrò i pugni, ma non disse altro, trattenendo a stento la rabbia.
Arrivati alle scale che conducevano al piano superiore, fece segno a Selena di rimanere. “Da qui in poi vado da solo. Grazie per il tuo aiuto, milady.” Selena fece un inchino e sparì in un corridoio vicino. Kail salì le scale, ignorando gli sguardi degli altri cavalieri, scudieri, paggi ed inservienti, che gli passavano accanto guardandolo con curiosità. Erano tutti troppo giovani per sapere chi fosse, anche se lui non era cambiato granché. Arrivò dunque innanzi alla porta delle stanze di Astarte e bussò. “Avanti.” Replicò una bassa voce baritonale, che lui ben conosceva. Lord Victor era un uomo sulla sessantina, alto, massiccio e fiero. Indossava una semplice camicia bianca, una paio di pantaloni di cuoio e degli stivali da caccia piuttosto rovinati. Tuttavia non era disarmato. La sua armatura, con lo stemma della spada e del martin pescatore, giaceva montata su una gruccia di legno poco distante. La sua spada e il suo scudo invece erano appesi al muro, ma sistemati per essere presi facilmente in qualunque momento fosse stato necessario. Astarte si tirò con entusiasmo fuori dalla scrivania dove era infilato, posò la piuma d’oca nel calamaio e andò ad abbracciarlo. “Kail! Che piacere vederti. Sono contento tu abbia accolto la mia chiamata. Non ero affatto sicuro che avresti accettato la mia richiesta d’aiuto.” Kail abbozzò un sorriso forzato. “Beh, i cavalieri che hai mandato hanno saputo essere parecchio convincenti. Cos’è che non va, mio signore? Come posso servirti?” Il sorriso sul volto di Victor scemò pian piano. Il grande guerriero iniziò a passeggiare nervosamente per la stanza, le mani intrecciate dietro la schiena.
“Quelle che erano solamente brutte sensazioni, riguardo una guerra imminente che si stava affacciando da sud, oggi si sono trasformate in più che ansie o angosce prive di fondamento. Nel corso degli ultimi tre lustri, ognuno dei Lord della Solamnia del sud, ha inviato uomini fidati nell’Abanasinia e anche più giù, per scoprire se queste voci fossero vere o meno. Più di cento tra i nostri migliori combattenti e scout sono partiti, Kail, ma solo in otto sono tornati… e quasi tutti loro sembrano aver perso il senno, purtroppo. Solo due fonti restano piuttosto attendibili… ma sembra si siano nascosti bene. Una paura terribile pare abbia afferrato i loro cuori.” Kail aggrottò le sopracciglia, poi domandò: “Anteus… era… era tra questi?” Astarte abbassò lo sguardo, incupendosi all’istante. “Si, Kail. E’ partito due anni fa. Doveva mandare un rapporto su ciò che aveva scoperto, riguardo un’area che aveva definito “promettente”, circa sei mesi fa, ma tale resoconto non è mai arrivato. E’anche per questo che ti ho chiamato qui.” Kail lo guardava perplesso. Non era certo di riuscire a seguirlo davvero.
Fu un’intuizione, un gesto istintivo: il mezzelfo frugò nello zaino e tirò fuori la teca con la zampa artigliata. Astarte sgranò gli occhi. “Dove… dove l’hai presa?” Riuscì solo a balbettare. “L’ho acquistata a Lemish da un ambulante, che mi ha detto di averla comprata a sua volta da dei trapper elfici nell’Abanasinia inferiore.” Victor annuì, si avvicinò e domandò: “Posso vederla da più vicino?” Il mezzelfo annuì a sua volta, cedendogli la teca. Astarte la aprì e la osservò tra l’ammaliato e il disgustato. Apparteneva chiaramente ad una creatura oscura e mai vista: sembrava la zampa di un drago nero, ma cento volte più piccola. La girò e rigirò tra le dita. Poi assottigliò gli occhi e indicò un punto. “Vedi qui?” Kail si avvicinò. “Questa ferita non è causata da una trappola per orsi. Qui c’è un taglio netto…” I due si guardarono increduli. Poi Kail bisbigliò piano: “Questa è una ferita di un’arma da taglio. Segno che il suo possessore se l’è amputata di proposito piuttosto che farsi trovare o catturare.” Astarte annuì. “Un gesto volontario e razionale, di qualcuno che utilizza armi d’acciaio e non artigli e morsi per sopravvivere. Questa è l’ennesima conferma che un grande male sta tornando in vita, Kail. E nessuno più di te, dovrebbe averne sentito l’influenza. La presenza . Grandi sono le ansie e i dubbi che hanno afferrato il mio cuore in questi anni. Tuo padre Lucas me lo aveva detto quando mi ha affidato il tuo destino. Mi perdonerai se allora non te lo dissi, ma l’ho fatto per proteggerti: tua madre ti ha forgiato nell’oscurità e ha messo il suo tenebroso sigillo a cinque teste su di te. Il sigillo che porti ancora al collo. Non pronuncerò qui il suo nome, ma tu sai di chi sto parlando, vero?”
“Takhisis”, pensò tra sé Kail, impietrendo ed annuendo lentamente. Dunque il medaglione che aveva al collo rappresentava l’effige della dea oscura! Aveva senso: sua madre era un’adoratrice delle tenebre e Takhisis era la sua regina indiscussa! Fece per sfilarselo, inorridito, ma poi rammentò cosa gli era accaduto l’ultima volta che ci aveva provato durante un momento di sconforto. Era quasi morto soffocato, come se qualcuno lo stesse strangolando. Si limitò dunque a coprirlo e a farlo sparire sotto il corpetto di pelle.
“Tuttavia, insieme all’ombra convive sempre la luce, mio protetto. Anche dagli ambienti più oscuri può sbocciare la speranza. Ed è proprio qui, in questo maniero che ha deciso di farlo..”
Astarte gli sorrise, smorzando così quei toni cupi che si erano creati lungo la loro conversazione. Tornò alla scrivania, aprì un cassetto e tirò fuori una rozza chiave di ferro arrugginita. “Vieni con me… “Disse poi lapidario. Kail lo seguì da presso. Victor sembrava colto da un’euforia pazzesca: camminava con una tale determinazione e tenacia, che Kail riusciva a stento ad eguagliarne il passo. Arrivarono dopo pochi minuti nei pressi di scale che portavano ad un sotterraneo. Il mezzelfo non aveva memoria di un simile ambiente, poiché qui si trovava l’antico tempio di Paladine della famiglia Astarte.
Appena varcò l’arcata di pietra e notò gli inginocchiatoi, si ricordò della leggenda di Gerardina Astarte e della sua famosa profezia. “Oggi, alla fine dei tempi, all’alba della caduta della montagna di fuoco e dell’ira degli dei, Paladine mi ha fatto dono di una visione: un giorno tornerà, e il suo arrivo porterà di nuovo gioia nei cuori dei buoni e dei giusti.” Perlomeno questo era più o meno il contenuto della filastrocca che gli avevano raccontato da piccolo le nutrici per farlo addormentare.
Astrate gli mostrò l’altare e dietro di esso il simbolo di Paladine: un triangolo di platino su uno sfondo d’argento. In quel momento Kail fu afferrato da un senso di soffocamento e angoscia inspiegabili. Mentre Astarte sembrava radioso e raggiante, più si avvicinava all’altare, Kail, pareva invece soffrire e sudare freddo. Ad un certo punto fu costretto a fare alcuni passi indietro, prima che non riuscisse più a sopportare quella sensazione straziante. Non sapeva bene spiegare come, ma percepiva che il suo disagio dipendeva dal ciondolo oscuro che aveva al collo. C’era qualcosa in quel tempio, un’aura strana, una forza primordiale benevola, oltre ogni immaginazione. Ma che a lui non faceva bene.
“E’ qui… è qui che è apparsa Kail.” Il mezzelfo lo fissò interdetto, lottando per rifiatare. “Cosa?” Sussurrò angosciato. “Non cosa, mio protetto… chi… un dono inatteso: la… speranza. Seguimi.” Ancor più perplesso di prima, ma felice di lasciare quell’antico e dimenticato tempio, Kail lo seguì. Fecero alcuni corridoi, poi delle scale, fino a fermarsi innanzi ad una piccola porta: a dire la verità, in un’ala del maniero poco vissuta da quel che ricordava. Kail udì distintamente dei rumori e delle voci dietro la porta. Astarte annunciò il suo nome ed entrò.
Era una stanza estremamente pulita ed ordinata, con un mucchio di lenzuola e cuscini profumati e tre nutrici che si stavano prendendo cura di un neonato che non doveva avere nemmeno una settimana di vita! Non c’era altro lì dentro: né armi benedette, né armature incantate indossate da chissà quale avatar di Paladine. C’era solo un bimbo appena nato e tre badanti, di cui una, la più giovane tra loro, era proprio Selena.
“Lei è Erstellen, Kail. La creazione. Il dono di Paladine!” Esclamò Astarte, indicando con la mano la neonata. “E’ apparsa due giorni fa nel tempio, giù nei sotterranei. Ce ne siamo accorti solo perché la bimba piangeva per la fame e i cavalieri di guardia sono stati attirati dalle sue grida disperate!” Kail inarcò un sopracciglio. Non che non credesse al soprannaturale: aveva un oggetto al collo che dimostrava il contrario. Lui stesso era stato posseduto da una specie di mostro senza raziocinio che l’aveva costretto a fare cose indicibili. Tuttavia, la storia “dell’apparizione divina” non sembrava reggere molto. Perlomeno esistevano spiegazioni molto meno mistiche, che potevano giustificare quell’evento molto meglio che non un intervento diretto di Paladine. Astarte, che ben lo conosceva, perché aveva il suo stesso cinico e pragmatico modo di pensare, lesse lo scetticismo nei suoi occhi e si apprestò ad aggiungere: “Nessuno poteva entrare od uscire dal tempio, Kail… è sigillato da anni e solo io ho la chiave. Non ci sono passaggi segreti, abbiamo controllato per scrupolo ogni singola pietra, ed è impossibile che qualcuno possa aver fatto una copia della chiave, visto che solo in pochissimi conoscono cosa si cela in quel sottoscala.” In effetti la sensazione che aveva provato laggiù faceva pensare a qualcosa di soprannaturale, ma guardando meglio quella bimba, Kail non percepiva nulla, nessuna fonte di potere simile a quella che quasi l’aveva soffocato nel tempio. La cosa era piuttosto strana. “Sai bene che i cavalieri un tempo servivano Kiri – Jolith e che oggi questa è un tradizione che in pochi seguono ancora. Immaginati per Paladine! No, credimi, è stato il “Drago di Platino” stesso che ce l’ha mandata. Insieme a questo…” Astarte mostrò a Kail un semplice nastrino giallo e nero. “La bimba lo aveva legato al polso…” Kail si avvicinò e prese i due fili sottili in mano. Poi alzò la testa verso Victor e chiese: “Supponiamo che tutto quello che dici sia vero. Cosa c’entro io?” Astarte salutò le nutrici e fece segno al suo protetto di uscire dalla stanza e fare quattro passi insieme a lui.
“La mia intenzione era quella di chiederti se avessi voluto aiutarmi a recuperare informazioni utili a sud, Kail. Scoprire la sorte capitata ad Anteus, ripercorrere la sua pista e portare le prove di focolai di creature malvagie che si stessero preparando alla guerra. Poi però è arrivata lei… e volevo sapere se potessi fare prima qualcos’altro per me.” Il mezzelfo lo guardò, restituendogli il nastrino. “Vorrei che tu accompagnassi la piccola al maniero degli Uth Breannar. Gerald è un mio caro amico, nonché alleato in questa missione di ricognizione a sud. Anche gli Uth Monnar e il giovane Lord Gunthar, degli Uth Wistan, stanno seguendo con interesse la questione. Ovviamente non ti manderò allo sbaraglio: ti darò una lettera di presentazione, dove ogni dettaglio gli sarà spiegato. Ma prima devi accettare l’incarico: te la senti di fare anche questo per me?” Kail schioccò le labbra, perplesso. “Mio signore, perdonami, ma non ho capito il nesso tra la bimba e gli Uth Breannar …” Astarte si passò una mano callosa sul viso, come se avesse dimenticato di dire qualcosa d’importante, ed annuì. “Te lo spiego subito.” Disse. “Due giorni fa, la sera prima dell’arrivo di Erstellen, ho avuto una visione mentre ero a cena, da solo, innanzi al fuoco del camino. Tra le fiamme, ho scorto un drago di bronzo che mi osservava. Non parlava, ma il suo sguardo, severo ma benevolo, mi stava avvisando che presto sarebbe successo qualcosa d’importante… qualcosa che mi avrebbe condotto a prendere una decisione fondamentale per il destino della Solamnia. Forse per il destino di tutto Krynn.” Kail rovistò nella sua mente nel tentativo di trovare un collegamento logico tra il drago di bronzo, quel neonato e gli Uth Breannar, ma non ci riuscì. Ma quando il suo sguardo attento cadde sul nastrino giallo e nero in mano ad Astarte, finalmente capì. Lo stemma degli Uth Breannar ritraeva proprio un drago di bronzo in uno sfondo giallo e nero! “Quindi ritieni che quella neonata… sia destinata agli Uth Breannar… per via della tua visione e di quel nastrino nero e giallo?” Il cavaliere della spada annuì. “Ragazzo, la questione è molto più grande di quello che credi. Dovresti sapere che gli esponenti della mia famiglia sono storicamente molto “percettivi”. Inoltre, se la bimba rimane qui, sarà in pericolo. Presto la notizia del dono di Paladine si spargerà per tutta l’area e parecchi malintenzionati vorranno mettere le loro sudice mani su di lei. Per venderla a chissà quale falso chierico pazzoide o mago oscuro… mentre se la diamo in affidamento ai nostri amici, potrò chiudere la questione dicendo che si trattava solo di un macabro scherzo. Che qualcuno aveva rubato la chiave del tempio di Paladine, ed aveva inscenato tutta la vicenda per coprire che so, uno scandalo… mi inventerò qualcosa a riguardo.” Kail spostò lo sguardo da Victor al corridoio. Poi disse: “Questo ha senso. Indipendentemente se quella bimba sia davvero quello che dici, con tutti i matti che girano di questi tempi, qui sarebbe davvero in pericolo. D’accordo, la scorterò, ma quando tornerò parleremo di questioni meno mistiche e più pratiche. Va bene?” Astarte annuì. “Non ho perso le speranze di trovare mio padre e voglio sapere ogni cosa sulla sua missione…” Aggiunse Kail a denti stretti. “Figliolo, anche io rivorrei indietro il mio maestro d’armi. I nostri obiettivi non sono così distanti.” Così, i due tornarono nelle loro stanze e si prepararono per la cena. Kail era tornato a casa per aiutare il suo tutore, ma non si sarebbe certo aspettato compiti così strani e particolari. Lui era un guerriero, non una spia e di certo nemmeno un babysitter.