Kail era rientrato nelle sue stanze già da una buona mezzora e ne aveva approfittato per rinfrescarsi un po’. Selena, Adele e Quirinna, le tre governanti personali di Lord Astarte, gli avevano portato delle caraffe di acqua calda con cui potersi lavare e degli abiti puliti per potersi cambiare. Ormai era quasi ora di cena e il mezzelfo aveva ancora in mente alcune cose da fare prima di raggiungere Astarte nella sala da pranzo. In particolare voleva vederci più chiaro sulle circostanze del ritrovamento della bambina. Victor gli aveva raccontato che erano stati due cavalieri di sentinella a trovarla nel Tempio di Paladine, attratti dalle urla affamate della piccola. Sicuramente doveva già averli interrogati a fondo a riguardo, ma magari potevano aver tralasciato alcuni dettagli utili, qualcosa che lì per lì era sfuggito alla loro attenzione, vista la concitazione del momento. Quando uscì dalla porta della sua camera, determinato ad approfondire la questione, incrociò Selena nel corridoio principale. La giovane governante si trovava lì non per caso, ma proprio per scortarlo dal suo signore: la cena infatti stava per essere servita e non era buona educazione far aspettare il padrone di casa. Kail optò dunque per seguirla, ma non cercò di nascondere le sue intenzioni: “Selena, tu sai chi, tra i cavalieri, ha fisicamente ritrovato la bimba nel tempio di Paladine? Vorrei scambiare due parole con loro, se fosse possibile.” Selena si irrigidì: era chiaro che l’argomento la turbasse molto. Abbassando di un poco il tono della voce, bisbigliò: “Mio signore, Lord Astarte non desidera che si parli di questo argomento. Né tra le mura del suo maniero, né per le strade o tra i vicoli del villaggio sotto la sua protezione. E’ pericoloso … anche le pareti e le ombre stesse hanno occhi ed orecchi ben aperti di questi tempi …” Kail la guardò con intensità. Era chiaro che, dalla scelta delle parole della ragazza, lei si fosse affezionata parecchio alla bambina e temesse davvero per la sua incolumità. Eppure traspariva anche tutta la severità, che egli ricordava bene, degli ordini e delle precise indicazioni da seguire, che Astarte lasciava sempre ai suoi sottoposti. Selena sembrava quasi spaventata dalle possibili conseguenze delle sue eventuali negligenze e lui la capiva perfettamente. Tornò dunque a fissare il corridoio facendo spallucce. “Non preoccuparti, lo chiederò direttamente a lui, non voglio causarti problemi.” Selena abbozzò un sincero sorriso: spostando la testa verso il basso fece un lieve inchino e lo ringraziò per questa sua premura. Arrivati innanzi alla sala di pranzo, la giovanissima governante bussò alla porta e Victor, dall’altra parte, la invitò ad entrare. Kail non attese di essere presentato: irruppe a passo deciso all’interno senza aggiungere una parola, né dare il tempo di pronunciarla. Astarte reagì a questa sua leggerezza nell’applicazione della Misura non come una mancanza di rispetto, ma come un’usanza che, evidentemente, non era la prima volta che aveva visto praticare dal suo protetto. Si alzò, come invece imponeva il galateo, portò la mano sul petto, come facevano i cavalieri quando accoglievano parenti o persone che stavano particolarmente a cuore, ed indicò alla sua destra: il posto che aveva scelto per lui. Congedò poi Selena con un cenno del capo. La ragazza si ritirò con un inchino veloce. La sala da pranzo era molto ampia, con grossi finestroni sulla sinistra incorniciati da drappi rossi e neri, delle comode poltrone e dei tavolini per conversare e degustare un buon liquore dopo il pasto e un camino in fondo, sulla parete nord, acceso e pieno di braci scoppiettanti per riscaldare l’ambiente. Un lungo tavolo di legno di quercia tagliava in due il centro della stanza. Ovviamente Astarte sedeva a capotavola. “Prego, Kail. Accomodati pure.” Kail si avvicinò e sedette vicino a lui. Victor aveva un bicchiere di vino e un piatto vuoto davanti, ma l’occhio attento del mezzelfo aveva notato anche qualche altra cosa alla sua sinistra, vicino le posate. Una pergamena e cos’altro? Non riusciva a vedere bene: il suo tutore sembrava volesse intenzionalmente tenerle nascoste. “Vino?” Disse con tono cordiale. Kail annuì, ma un’ombra iniziava ad allungarsi sul suo volto perplesso. Prese il bicchiere, lo portò alla bocca e ne assaggiò un generoso sorso: era squisito! Astarte aveva scelto un’annata particolarmente preziosa, segno che quella doveva essere davvero un’occasione importante. “Allora, hai pensato un po’ meglio a cosa ti aspetterà se deciderai di accettare di svolgere per me le missioni che ti ho proposto? Puoi ancora tirarti indietro o magari concludere di volerne portare a compimento soltanto una, se non ti senti sicuro.” Kail fece schioccare le labbra e posò lentamente il bicchiere. “Ho forse scelta, mio signore?” Astarte abbozzò un sorriso, abbassando per un momento gli occhi verso il tavolo. “Esiste sempre una scelta, Kail. Anche se capisco quello che vuoi dire. Se rinunciassi ad accompagnare la bimba al maniero Uth Breannar, causeresti un bel problema a me e se ti rifiutassi di andare a sud… beh, lo faresti ad Anteus.” Victor approfittò di quella pausa intensa per degustare ancora un po’ di vino, poi continuò: “Eppure non devi sentirti in difetto, qualora facessi un passo indietro… né per una cosa e né per l’altra. Non sono situazioni che hai concorso tu a creare e dunque per le quali dovresti sentirti responsabile.” Il mezzelfo lo fissò e i due rimasero a guardarsi negli occhi per qualche interminabile secondo. “Se hai ragione, mio signore… e non portassi quella bimba a Lord Gerald, sarei responsabile eccome se le capitasse qualcosa. Non solo per lei, non solo per te, ma per tutto Krynn probabilmente. Sarebbe un disastro se Erstellen cadesse nelle mani sbagliate.” Kail si concesse un altro momento silenzioso e carico di energia. “Tuttavia, vorrei ugualmente porre delle domande ai cavalieri che l’hanno trovata, se tu sei d’accordo. Potrebbe esserci sfuggito un dettaglio, magari riguardo qualcosa… qualcosa di meno … “mistico” … e più … “umano”, ecco.” Una smorfia di disappunto si dipinse sul volto di Astarte. “I cavalieri sono già stati interrogati, Kail. Per ore. Sai che il “Codice e La Misura” impongono loro di non mentire mai. Non ho ragione di dubitare di quanto mi hanno detto e non dovresti farlo nemmeno tu, perché anch’io sono un cavaliere… e loro sono sotto la mia protezione e responsabilità.” Il mezzelfo non rispose, limitandosi a giocherellare con il bicchiere ormai vuoto. Victor sospirò. Poi continuò. “Tu ancora non mi credi, vero? Non fino in fondo, almeno…” Kail abbassò lo sguardo. Poi lo rialzò fieramente. “Ho qualche… qualche dubbio, mio signore, si. Questa faccenda ruota tutto intorno ad una neonata affamata ed urlante, fin troppo umana quindi, che è stata trovata in un luogo mistico abbandonato da secoli. Dici che la chiave non è stata trafugata e che non ci sono passaggi segreti e io ci credo ovviamente, ma… ma le persone possono essere ingannate. Possono essere raggirate. Inoltre, la ragione per cui vuoi che accompagni la piccola dagli Uth Breannar, poggia su una… “visione”… che hai avuto la sera a cena e su alcuni nastrini colorati, che chi l’ha trovata o magari chi l’ha portata lì, avrebbe potuto benissimo metterle al polso per inscenare la storia del “dono di Paladine”.” Astarte lo ascoltò attentamente, senza interromperlo mai. “Tuttavia… terrò le mie perplessità per me, mio signore. Perché la bimba è innocente, ed è in pericolo adesso. Inoltre, se esiste solo una possibilità su cento che sia davvero chi dici che è veramente, vale ancor di più la pena non rischiare e portarla via di qui il prima possibile.” Victor abbozzò un sorriso amaro. “Ti ringrazio per aver aperto il tuo cuore, per avermi detto la verità, ciò che pensi davvero riguardo le circostanze della sua apparizione. Hai dei dubbi legittimi e io lo capisco… se lei durante il viaggio riuscirà alla fine a fugarteli, vorrà dire che questa missione avrà avuto successo completamente. Altrimenti, avrai fatto solo quello che ritenevi giusto: metterla in salvo e al sicuro dai fanatici e dai pazzi!” Lo sguardo del grande condottiero si fece duro, sottolineando quanto gli stesse a cuore questo argomento. Poi continuò, la voce rotta, spezzata dal fervore, che solo un “Cavaliere della Spada”, un antico paladino degli dei poteva avere.“Qui non si tratta semplicemente di accompagnare qualcuno di importante da una maniero all’altro, Kail. Si tratta di compiere un cammino verso la luce. Se poi non ti riuscirà, avrò stima di te lo stesso. L’importante è che tu rimanga aperto alla fede.” Kail annuì, ma non commentò. Astarte liberò la sinistra da sopra gli oggetti che nascondeva e prelevò una lettera indirizzata a Lord Gerald. “Tieni…” Disse piano. “Nella lettera viene spiegata ogni cosa sulla venuta di Erstellen su questo mondo e alcuni consigli utili su come allevarla e a chi affidarla… anche se credo che Gerald sia molto più strutturato di me sull’argomento. Il suo maniero è pieno di donne… di tutte le età… e tutte parecchio… come dire… determinate a perseguire la cosa giusta da fare. Soprattutto in questi casi. Non credo avrai problemi a convincerlo, se ti farai simili alleate.” Il mezzelfo allungò una mano, afferrò la lettera con il sigillo e la appoggiò sul tavolo. Al che, Victor si girò ancora verso la sua sinistra, prese una pergamena, completamente vergata dall’inizio alla fine e gliela consegnò. “Riguardo Anteus, invece… ho pensato che potessero esserti utili questi appunti. Sono degli estratti con le sue note personali riguardo tutti i luoghi che ha visitato nell’Abanasinia prima del suo silenzio. Sono ormai più di tre mesi che aspettiamo la sua relazione semestrale e non ti nascondo una certa preoccupazione sulla sua sorte.” Kail iniziò a leggere le note. Victor le aveva riordinate, in maniera da avere una cronologia riguardo i luoghi, i tempi e i percorsi fatti. Astarte gli diede il tempo di esaminare le carte velocemente. Poi domandò: “Come intendi procedere?” Kail non scollò nemmeno per un attimo gli occhi dalla pergamena, ma rispose senza esitare. “Appena avrò finito dagli Uth Breannar, taglierò verso sud e il porto e troverò una nave che mi porti laggiù il prima possibile. Sono già parecchi mesi che di Anteus non si sa più nulla e non voglio perdere altro tempo prezioso…” Victor annuì, si alzò, andò nei pressi di un piccolo scrigno di legno custodito sopra il camino, lo aprì, ed afferrò un sacchetto tintinnante. Poi tornò al tavolo e disse: “Prendi queste monete d’oro. Metti pure tutte le spese che avrai a nome mio, finché ti concederanno di avere credito. Non sprecare soldi inutilmente, potrebbero servirti più avanti. E nel caso avessi problemi seri, nelle grandi città troverai sicuramente delle banche. Potrai usare questo sigillo come garanzia per avere un prestito.” Astarte si sfilò l’anello dal dito e glielo diede. Kail non riusciva a credere ai suoi occhi: Victor gli stava dando il proprio anello di famiglia, la cosa forse più preziosa che aveva dopo la sua spada! Imbarazzato, Kail lo ringraziò balbettando, garantendogli che avrebbe fatto del suo meglio per non deludere le sue aspettative. Poi il Lord del maniero suonò un piccolo campanello d’argento e finalmente la servitù iniziò a portare la cena. Kail ascoltò con attenzione i consigli del cavaliere veterano: Anteus si era fatto degli alleati laggiù, amici, compagni d’arme, informatori, che l’avevano aiutato con la sua missione. Ripercorrere i suoi tragitti, parlare con quelle persone, poteva fare la differenza. Sarebbe stato molto difficile riuscire a farcela contando solo sulle proprie forze. Da quel che Anteus aveva scoperto, soprattutto negli ultimi mesi, non si faceva fatica ad immaginare che laggiù si articolasse una trama piuttosto complessa, oscura e pericolosa, di qualcuno che non andava assolutamente sottovalutato. Meglio andare preparati. Finita la cena, i due si diedero appuntamento nelle stalle la mattina seguente, prima dell’alba. La notte passò veloce e tranquilla e quando arrivò il momento, il mezzelfo si mosse prontamente. Fortunatamente conosceva quel maniero come le sue tasche, ed utilizzò vie alternative per impedire ad occhi indiscreti di notarlo neanche per sbaglio. Arrivò alle stalle quando era ancora abbastanza  buio per strada. Notò che il suo cavallo era stato strigliato e nutrito e gli zoccoli ferrati a dovere. Tuttavia le bisacce, ai fianchi dell’animale, erano state riempite di oggetti strani e particolari, che lì per lì non riuscì a riconoscere, ma che tosto, le due persone che lo stavano aspettando, non tardarono ad illustrargli. Insieme a loro, dentro un piccolo cesto di vimini, dormiva placidamente una bimba che non arrivava nemmeno a una settimana di vita. Selena abbozzò un sorriso divertito quando notò il panico negli occhi di Kail. “Avete dimestichezza con i bambini?” Domandò, conoscendo molto bene la risposta. Kail inarcò un sopracciglio. “Potrei andare ad uccidere un drago invece di fare questo?” Astarte mise le mani sul volto, scuotendo la testa preoccupato. “Dovete prenderla in questo modo e quando vi accamperete e dovrete allattarla, spostarla di lato. Quando la bimba ha mangiato, sistematela pure nella culla. Se vi doveste muovere con lei, conviene che la leghiate a voi, con queste…” Continuò Selena, mostrando al mezzelfo delle fasce.  “A – allattarla?” Balbettò nel frattempo Kail, terrorizzato. La ragazza annuì, poi gli mostrò come dover usare le fasce, scegliendo saggiamente di fissare su di lui un’imbragatura stabile, che poi avrebbe solo dovuto stringere, in caso col movimento si fosse allentata. “Ecco qui… ah, in queste bisacce troverete: il biberon per la bimba, due litri di latte e uno d’acqua per nutrirla… poi ci sono anche  una spugna per pulirla e dei panni puliti per cambiarla.” “P - pulirla?” Ormai Kail era completamente sopraffatto: questa missione rischiava di diventare troppo difficile per lui. “Ricordate che ogni due ore dovrete darle da mangiare e ogni quattro… dovrete cambiarla. Certo, un fiume con acqua corrente sarebbe la cosa migliore per la sua igiene, ma andrà bene anche se sceglierete  la via della foresta. Avete acqua a sufficienza per fare tutto ciò che le serve.” Vedendolo in seria, serissima difficoltà, Astarte decise di intervenire con un consiglio prezioso. “Quando cavalchi, non puoi certo lasciare la bimba nella culla. Dovrai legartela addosso, mettendola nell’imbragatura da trasporto come ti ha fatto vedere Selena. A meno che tu voglia andare a piedi…” “Non ci penso nemmeno…” Rispose Kail, del tutto vinto dagli eventi. Vedendolo un po’ troppo assente, Astarte decise di riportarlo su Krynn. Da sotto il mantello gli porse una spada lunga: “Tieni … questa è la spada di tuo padre Anteus. E’ un’arma speciale: apparteneva al suo maestro d’armi. Nessuno sa chi sia, ma visto il livello del suo allievo, doveva essere davvero un grande guerriero. Sono decenni che non viene usata, per cui sarà più utile a te che alla sua casa vuota.” Kail afferrò la spada con mani tremanti, ma non la sguainò. Avrebbe avuto tempo per farlo in un altro momento. La legò al cavallo, poi mise un piede in una staffa e montò in groppa al suo destriero. Astarte si avvicinò di qualche passo. “Questo invece… è un dono per Erstellen da parte mia. Apparteneva alla mia ava: Gerardina Astarte. Dì a Gerald di custodirlo e di fargliene dono quando i tempi saranno maturi.” All’interno di un panno era nascosto un oggetto di metallo, che però il mezzelfo non scoprì per una questione di etichetta. Selena prese in braccio Erstellen e gliela passò. Kail la infilò dentro l’imbragatura e si sbrigò a coprirla col mantello. Ora la segretezza diventava essenziale! La ragazza afferrò poi la cesta di vimini e la ripose nelle bisacce. Kail fece una smorfia strana e disse. “Sembri piuttosto intraprendente per essere una semplice governante…” Lei ammiccò. “Sono la nipote di Sir Anteus, che altro potevate aspettarvi da me?” Il mezzelfo sgranò gli occhi, poi storse un angolo della bocca a formare un mezzo sorriso. Qualora fosse tornato vivo aveva intenzione di farsi una lunga chiacchierata con quella giovane donna piena di sorprese.“Allora buona fortuna. Aggiornami almeno ogni sei mesi, se riesci. E che Paladine guidi i tuoi passi, figlio mio!” Sentenziò Astarte. Kail ebbe un brivido: era la prima volta che Victor lo chiamava in quel modo. Con decisione girò il cavallo, strinse ancor di più il pesante mantello attorno al fragile corpo di Erstellen, ed uscì al trotto dal maniero.