L’aria gelida del mattino non ancora nato si intrufolava lo stesso all’interno dello spesso mantello del mezzelfo. Faceva davvero molto freddo. Il cavallo nitriva infastidito, faticando anch’esso a scaldarsi, mentre veri e propri getti di vapore fuoriuscivano dalle sue narici aperte e stressate. Inoltre il cielo era scuro e prometteva pioggia da un momento all’altro. “Condizioni perfette per viaggiare con una neonata, non c’è che dire…” Pensò tra sé Kail preoccupato. Lo scout percorse il sentiero principale con saggia premura, calando pian piano dal maniero Astarte fino al villaggio sottostante. Doveva star attento che Erstellen non solo fosse ben coperta, ma che evitasse di prendere troppi scossoni: non era certo un esperto in materia, ma che gli improvvisi sobbalzi non le facessero bene ci arrivava anche da solo. Procedeva dunque al passo, cercando di rimanere più nell’ombra possibile. Il rumore lento di zoccoli a malapena era percepibile in quel tratto di brughiera, mentre una fitta nebbia, che sembrava evocata da un vero stregone, uno di quelli che si diceva fossero rintanati nella foresta di Wayreth, riduceva quasi a zero la visibilità oltre qualche metro. “Ancora rammento bene come funzionano le cose da queste parti…” Si disse tra sé, abbozzando un ghigno di autocompiacimento. Di lì a poco, iniziò a intravedere le prime case e le prime staccionate: ombre biancastre nella fitta bruma mattutina. Kail serrò il cavallo. Doveva riconoscere che Astarte gli aveva messo addosso un’ansia terribile. Indipendentemente se la bimba fosse davvero un “dono di Paladine”, cosa alquanto improbabile dal suo punto di vista, il fatto che fosse in pericolo era una cosa che con lui condivideva. Se fosse rimasta al maniero, prima o poi avrebbe attirato, come una luce le falene, un mare di gentaglia prezzolata e disposta a tutto. Entro qualche mese o al massimo qualche anno, la voce si sarebbe sparsa come un tam tam degli orchi, e quella marmaglia senza valori morali avrebbe cercato di rapirla e venderla a qualche stregone rinnegato o falso chierico in cerca di notorietà. Altri miserabili, che infestavano come la gramigna sia la Solamnia che l’Abanasinia. Pertanto si era preso sulle spalle una gigantesca responsabilità e doveva agire con estrema cautela. Se avesse deciso di tagliare in due il feudo avrebbe raggiunto la foresta in minor tempo, ma forse era meglio affidarsi a sentieri meno battuti, fare il giro largo, eludendo gli edifici e tagliando per la campagna aperta. Avrebbe così evitato incontri rischiosi, a cominciare dai contadini che stavano andando negli orti a lavorare. La nebbia sarebbe stata il suo scudo, mentre passava vicino ai terreni coltivati. Anche perché aveva una strana sensazione sotto pelle. Come se qualcuno lo stesse segretamente spiando e quindi seguendo. Kail scosse la testa e spronò il cavallo verso i campi: non doveva cedere alla paranoia. La bimba doveva arrivare sana e salva a destinazione rischiando il meno possibile, ma chi poteva minacciarla a pochi giorni dalla sua nascita? Chi poteva già sapere chi si ventilava che fosse e della sua miracolosa venuta su questo mondo? Kail la osservò per un secondo. La bimba dormiva, placida, serena. Non piangeva. Non si agitava. Tuttavia, più si inoltrava in aperta campagna e più sembrava avere dei sussulti. Dei tremori. “Sarà pure un “dono di Paladine”, ma sta morendo di freddo…” Si disse tra sé il mezzelfo. Doveva azzardare ad andare un po’ più veloce: qui si gelava davvero, essendo tutto spazio aperto e doveva trovare un posto sicuro il prima possibile per accendere un fuoco, darle da mangiare e riscaldarla, prima che le labbra le diventassero viola. Kail diede una botta d’anca al cavallo per comunicare la sua scelta e Aghnes obbedì, nitrendo leggermente. Lo scout sorrise e accarezzò la sua puledra, ma quando tirò su la testa ciò che vide gli gelò il sangue nelle vene. Due occhi rossi, più avanti ed in basso alla sua sinistra, lo fissavano immobili. Due grezzi cristalli cremisi, che si stagliavano sopra la nebbia come un inquietante e surreale bassorilievo! Kail mise istintivamente una mano sulla spada e l’altra sopra la testa della bimba. Lo sguardo rossastro scomparve, ma il suo medaglione si era scaldato fino a quasi bruciargli il petto! Incredibilmente, dopo tanto tempo, il ciondolo di sua madre, che sembrava essersi spento negli ultimi quindici anni, adesso pareva infuocato. E per un attimo, al mezzelfo venne un dubbio tremendo: era solo per il freddo che la neonata stava tremando o aveva reagito in qualche modo al tocco malefico del pendente sacro di un chierico della dea oscura? Aveva senso, se fosse stata davvero una figlia del drago di Platino. L’idea gli passò nella mente, ma poteva ancora trattarsi di suggestione: meglio non scendere a conclusioni affrettate. Tuttavia il calore era stato più che reale. Kail ebbe paura per Erstellen, ma la bimba dormiva ancora seraficamente e non sembrava né scossa, né accaldata per quel terribile sbalzo di temperatura che aveva provato. Decise comunque di girare il ciondolo dietro la schiena, così da non rischiare di coinvolgere la bambina in altre esperienze similari nemmeno per sbaglio. Assottigliando gli occhi, infagottò di nuovo la piccola nel mantello, tenne alta la spada e spronò il cavallo verso la direzione in cui aveva visto quei due piccoli occhi di fuoco. “Meglio andare a controllare... non mi piace lasciare nemici alle spalle.” Pensò lo scout tra sé. Percepì appena un movimento sotto il cavallo che gli fermò il cuore! Trattenne il respiro e levò alta la spada. Un cane si alzò infastidito dai campi arati, scomparendo oltre la sua vista con un unico abbaio seccato. Il mezzelfo sospirò, abbassando lentamente la lama. “Possibile che me li sia sognati? Eppure il calore del medaglione è stato forte e vivido. Uhm… qualcosa non va, meglio stare pronti.” Concluse Kail, mentre riprendeva la via. Percorse qualche altro centinaio di metri e di nuovo sopraggiunse il bruciore, questa volta sulla schiena. Preparato al peggio, il mezzelfo si guardò intorno e ancora una volta scorse gli occhi rossastri nella fitta bruma, poco distante. Adesso riusciva, seppur a malapena, ad intravedere una sagoma attorno ad essi. Sembrava una figura umanoide, alta circa due metri, con gli occhi di brace che lo fissavano torvi. Kail valutò l’opzione di spingere il cavallo al galoppo, ma sarebbe stato troppo pericoloso per la piccola. Il rischio di farsi male o peggio di cadere, era troppo elevato. Tuttavia, doveva capire cosa diavolo stava succedendo. Chi lo stesse minacciando, se si trattava davvero di una minaccia. Il fatto poi che il suo medaglione si scaldasse in quel modo non lo rassicurava affatto. Pensava, e non a torto, che se quei “due cosi rossi brillanti” avevano risvegliato l’artefatto di sua madre, beh, di certo non poteva trattarsi di una cosa benevola o positiva per lui. Era logico supporre che perlomeno fossero di natura affine. Kail si avvicinò nuovamente e questa volta fu fortunato, poiché proprio in quel momento la nebbia si diradò di qualche metro, permettendogli di vedere meglio. Si trattava di uno spaventapasseri, sul quale però era appollaiato un uccello. Un corvo per la precisione. Un corvo dagli occhi rossi! Il ciondolo prese anche a vibrare, qualsiasi cosa questo dettaglio significasse. Poi il corvo iniziò beccarsi le ali e le zampe, gracchiò un paio di volte annoiato e volò via. Ora però il mezzelfo ne era sicuro: qualcuno lo stava osservando grazie ad esso e quel corvo non poteva essere un normale famiglio. Era di più. Lui non amava cercare spiegazioni soprannaturali a ciò che gli capitava, ma uccelli dagli occhi cremisi, che innescavano il suo oscuro e mistico pendente, non ne aveva mai incontrati. Lo guardò sparire nella nebbia, poi riprese a cavalcare preparandosi mentalmente al round successivo. Sapeva che la cosa non sarebbe certo finita lì. Lo scout intravide alcuni contadini nei campi, ma poteva solo udire il rumore delle vanghe e dei loro aratri. Né loro, né lui, sarebbero mai riusciti a scorgersi attraverso la fitta foschia biancastra che avvolgeva ogni cosa. Poi il villaggio fu finalmente alle sue spalle, ma Kail decise di entrare nella foresta prima di fermarsi per un bivacco. Inizialmente aveva optato per aggirare il bosco ed andare verso il fiume per via di Erstellen, percorso più lungo ma per lei più agevole, ma dopo quanto gli era capitato si era convinto che sarebbe stato meglio passare per la macchia. Conosceva meglio il territorio e lì dentro sarebbe stato meno esposto ad eventuali agguati. Annuendo gravemente tra sé, si infilò senza ripensamenti tra gli alberi. Kail aveva passato gli ultimi quattordici anni nei pressi della foresta di Lemish, per cui affermare che la conoscesse come le sue tasche non era affatto un’esagerazione. Infatti ci mise davvero poco a trovare un posto adatto per accamparsi. Entro poche ore avrebbe preso a piovere e le fronde degli alberi, più fitte in quel punto, avrebbero protetto la bimba dalle intemperie. Per prima cosa tolse Erstellen dalle fasce porta bebè e la mise delicatamente nella cesta di vimini. La coprì per bene e poi accese un fuoco. Dalle bisacce recuperò acqua e latte, per poi mescolarli nel biberon di legno coi giusti dosaggi che gli erano stati suggeriti da Selena. Una volta pronto, lo mise a scaldare su dei sassi sopra il fuoco. Quando ritenne che fosse sufficientemente caldo, prese in braccio la bimba ed iniziò a farla mangiare. Mentre le dava il latte la osservò meglio: doveva ammettere che era piuttosto atipica come neonata. Non si agitava mai, non piangeva mai, non si lamentava mai, anzi sembrava quasi sorridere e, cosa ancor più importante e strana, pareva come se riuscisse a capire le situazioni. Insomma, tutte cose che non erano affatto comuni. Dopo un po’ fu costretto a distogliere lo sguardo da lei o avrebbe iniziato a sorridere anche lui e non poteva permettersi di lasciarsi andare al buon umore in una situazione pericolosa come quella in cui si trovavano. Dopo essersi sincerato che la piccola stesse bene e non avesse problemi di rigurgiti, attese che prendesse sonno e iniziò a smontare il campo. La sensazione di essere seguito perdurava, ma ora si trovava nel suo ambiente naturale e sarebbe stato più difficile stanarlo. Cavalcò un altro paio d’ore senza problemi. La foresta non permetteva molto alla luce del mattino di filtrare attraverso gli alberi, ma la temperatura si era alzata di qualche grado e questa era di certo una buona notizia per la bimba. La tabella di marcia che si era dato mentalmente il mezzelfo prevedeva due ore di cammino e un’ora di sosta. Mantenendo quel ritmo sarebbe arrivato ad Elmwood, la prima città di frontiera oltre la foresta di Lemish, verso sera. Probabilmente non sarebbe stato saggio passare la notte lì, ma almeno avrebbe potuto fare rifornimenti e prendere qualche cosa utile per Erstellen all’emporio. Kail preparò il secondo bivacco, ripetendo con meticolosa cura le operazioni fatte in precedenza. Controllò anche se la piccola doveva essere cambiata, ma pareva di no. Un’altra cosa davvero strana. Quindi cancellò le tracce del bivacco e riprese il viaggio. Dopo non molto iniziò a piovere. Non forte, ma insistentemente. Muovendosi a cavallo, questa cosa non era affatto buona per provare a coprire i segni del suo passaggio. Inoltre, una mezz’ora prima, gli era parso di aver notato un’ombra scura tra i cespugli: era assai probabile che chi lo stava spiando l’avesse infine trovato. Tuttavia, pedinato o meno, dopo due ore doveva fermarsi per forza. Non aveva dubbi questa volta: la bimba doveva esser pulita oltre che sfamata. Con i sensi all’erta, Kail preparò il terzo campo, ma questa volta decise di non lasciare la piccola nel cesto, ma vicino, anzi, attaccata a lui. La cambiò e la nutrì accanto al fuoco, che sfrigolava allegro e ristoratore per entrambi. Quando una folata di calore gli investì la schiena, Kail tirò su la testa e in quel momento preciso capì che non era stato il confortante falò a scaldarlo, ma di nuovo il suo medaglione. Infatti, su un ramo sopra di lui, di nuovo il corvo lo osservava infido coi suoi occhi rossastri! Ogni altro suono si spense nella boscaglia e il mezzelfo intuì subito che stava succedendo qualcosa. Qualcosa di imprevisto, che stava spaventando gli animali lì intorno. Ripose quasi meccanicamente Erstellen nella fascia legata al suo petto, la strinse forte a sé e si alzò lentamente: occhi e orecchi desti oltre ogni misura. Finché lo udì: il sibilo di un dardo alla sua sinistra. Fu solo grazie ai suoi riflessi elfici e al fatto che era preparato ad una cosa del genere, che la freccia lo mancò. Solo di pochi centimetri, ma bastarono per dargli il tempo di abbassarsi e sfoderare entrambe le spade. A quel punto il corvo gracchiò forte e sortì via e con lui chiunque fosse appostato dietro i cespugli con la balestra in mano. Kail maledì la situazione, che gli impediva di inseguire il suo o i suoi assalitori. Nonostante fosse nel suo ambiente naturale, la presenza della piccola gli impediva di fare una cosa del genere. Non sarebbe stato solamente pericoloso, sarebbe stato stupido, perché la bimba gli stava davanti e quindi era oltremodo vulnerabile. Preferì dunque tornare al cavallo e ripartire immediatamente. Le successive due ore furono un’agonia per il mezzelfo. Egli sapeva bene adesso che c’era qualcuno che non solo lo stava seguendo, ma che probabilmente lo voleva morto. Ma perché? Volevano lui o la bambina? Se cercavano lui, forse volevano mettere le mani sulle 200 monete d’oro che gli aveva dato Astarte. Ma se puntavano Erstellen, significava che qualcuno al maniero di Astarte lo aveva tradito! Non voleva nemmeno pensare a questa eventualità, perché se si escludevano i cavalieri che l’avevano trovata nel Tempio di Paladine, rimanevano solo le tre nutrici come principali indiziate. E questo significava che anche Selena poteva essere tra le sospettate. Quando giunse finalmente il momento per la quarta sosta, Kail notò qualcosa di strano sul sentiero. Un albero di media grandezza sembrava caduto di recente, rendendo problematico proseguire dritto. La pioggia ed i tuoni lontani, rendevano difficile alle orecchie del mezzelfo di captare eventuali movimenti, anche lievi, intorno a lui. Finché una voce roca e profonda echeggiò tra le fronde del bosco. “Consegnaci la bambina e non ti verrà fatto alcun male. Rifiuta e morirai.” Kail si costrinse a rimanere freddo, concedendosi alcuni secondi di riflessione. “Allora è lei che vogliono… e dunque è vero: Astarte è stato tradito!” Concluse Kail tra sé. Il ciondolo bruciava e vibrava, ma il mezzelfo non riusciva a vedere alcun inquietante corvo svolazzare attorno a lui. Tuttavia sapeva bene che una o forse più balestre cariche puntavano alla sua testa o al suo cavallo. In base alla sua esperienza, i suoi assalitori si trovavano adesso ai suoi lati, più che davanti. Se si fosse fermato, Aghnes sarebbe stata abbattuta e lui avrebbe perso l’iniziativa, a terra e con Erstellen attaccata al suo petto. Quindi rallentò solo di un po’ il cavallo, ed alzò lentamente una mano, come se segnalasse una resa. Poi afferrò le redini e diede il comando alla puledra di saltare il tronco e galoppare all’impazzata oltre il punto dell’imboscata. In questo modo gli assalitori sarebbero rimasti alle sue spalle e né Aghnes, né Erstellen avrebbero rischiato di essere colpite. Sarebbe stato comunque pericoloso per la bimba, ma in quel caso o beveva o affogava! Poco preparati ad una reazione come quella, gli assassini uscirono dal bosco. Erano in tre e tutti ammantati di nero. Uno di loro aveva armi da mischia nelle mani, gli altri due delle balestre cariche. Aghnes fece il suo lavoro, lasciando di stucco gli aggressori. La cavalla saltò il tronco con facilità, ed iniziò a galoppare verso nord. Il primo dardo sibilò a pochi centimetri dalla testa del mezzelfo, ma il secondo si conficcò nella sua spalla destra. Un grido strozzato lo fece sussultare, ma Kail sapeva che non era una ferita profonda. Quello che lo spaventava era un’altra cosa: in genere i gruppi di banditi prezzolati che bazzicavano per le foreste, utilizzavano molto spesso dardi avvelenati contro le loro vittime. Dalla sensazione di generale intorpidimento, lo scout ci mise poco a realizzare che anche lui non aveva fatto eccezione. Essendo per metà elfo, aveva una resistenza naturale enorme a quasi tutti i veleni, ma non poteva rischiare di fermarsi e provare a trovare in giro qualche pianta in grado di aiutarlo. Doveva continuare a cavalcare lungo il sentiero fino ad arrivare ad Elmwood e lì visitare il cerusico del paese, suo amico, per farsi salvare la vita. Dopo altre tre ore di galoppata, Kail controllò Erstellen, con la vista ormai offuscata e le forze che lo stavano abbandonando. La piccola non aveva emesso un gemito fino a quel momento e quando la guardò, nonostante la situazione fosse davvero critica, gli ispirò fiducia. Come se volesse dirgli: “Non ti preoccupare, ce la faremo…” Riuscì perfino a cavargli un sorriso. Anche se non fosse stata un “dono di Paladine”, si trattava comunque di una bimba molto speciale. Di questo ormai se ne era convinto. Era quasi buio quando Aghnes arrivò al passo alla locanda della “Ghiandaia Verde” di Elmwood e l’ultima cosa che Kail rammentò prima di accasciarsi mezzo morto su di lei, era una voce femminile che chiamava soccorsi.”