Dalle tende a sud est, scortato da due grossi orchi, emerse un gigantesco minotauro, ferito e fasciato alla bene in meglio ma dal portamento ancora fiero e determinato, che Morduk conosceva molto bene. Si trattava infatti proprio di Thorkh, il padre di Khorkh, ed amico da parecchi decenni del veterano minotauro!
Morduk ebbe un sussulto a vederlo in catene e fu tentato di intervenire e salvare il suo amico soltanto con l’aiuto della sua ascia, tuttavia Estellen e Stuart lo quietarono in tempo, facendogli notare che Kail era appena entrato nel campo nemico e che se lui avesse agito imprudentemente, il mezzelfo sarebbe stato certamente scoperto ed ucciso.
Poco prima dello svolgersi di questi fatti, Kail aveva già visto un’ombra cornuta emergere in tutta la sua possanza dal riflesso della luce della torcia sulla tenda, per cui aveva già intuito che in effetti lì dentro potevano davvero esserci i minotauri che stavano cercando. Tuttavia aveva preferito aspettare e trovare un punto d’osservazione migliore per capire cosa stesse succedendo in quel dannato campo di orchi.
Infatti quello che sembrava un orco sciamano o un anziano capotribù, stava delimitando con un bastone rituale, riccamente adornato, una specie di spazio sacro, come un’arena improvvisata ma benedetta dai loro dei, che evidentemente per gli orchi aveva una grande valenza culturale e sociale. L’orco anziano, coadiuvato da altri dodici guerrieri, tutti seminudi e ricoperti da strani segni incomprensibili, si stavano sedendo tutti insieme attorno al perimetro delimitato dallo sciamano e stavano pronunciando delle strane litanie gutturali.
Contemporaneamente, un elfo dagli abiti lisi e non più giovane, fu trascinato in malo modo fuori dalla tenda dove era evidentemente tenuto prigioniero e scagliato barbaramente in terra come uno straccio vecchio. Un altro orco lì vicino, probabilmente una sentinella, lo pungolava, incitandolo a rialzarsi e insultandolo codardamente, finché successe una cosa assolutamente inaspettata: da dietro la stessa tenda, emerse una snella elfa bellissima, dai neri capelli corvini, i cui abiti, benché ormai sporchi e laceri, erano stati un tempo certamente di pregiata fattura. L’elfa si scagliò ferocemente contro l’orco che aveva malmenato il suo simile, rompendogli sulla testa una brocca di coccio e tramortendolo tra le risate sguaiate dei suoi simili. La donna soccorse poi l’anziano silvano ancora dolorante, per poi guardare con aperta sfida in direzione degli orchi, che smisero immediatamente di ridere e afferrarono d’istinto le loro armi. In qualche modo Kail capì che gli orchi temevano quell’elfa e solo grazie ad un’azione congiunta di tutti e quattro riuscirono infine a renderla inoffensiva. Il mezzelfo fu tentato ad intervenire, ma preferì aspettare i suoi amici e fare un piano meglio architettato di un’altra azione rabbiosa ed impulsiva.
Quando emerse un possente minotauro dalle tende a qualche metro dal suo nascondiglio, tutto gli divenne più chiaro. Quel maestoso guerriero avrebbe dovuto combattere per la vita degli elfi: un combattimento rituale, dove per l’ennesima volta si fronteggiavano dei nemici storici: gli orchi da una parte e i minotauri dall’altra e chi avesse vinto si sarebbe preso “la vita” (o le vite) messa in palio. Gli orchi trascinarono entrambi gli elfi dentro lo spazio rituale e dissero al loro campione che questa volta non si sarebbe trattato di uno scontro al primo sangue, ma di una battaglia mortale: il premio in palio era evidentemente troppo alto per cavarsela con solo qualche ferita.
Kail aveva raccolto sufficienti dati per il momento, dunque si ritirò nelle ombre per riunirsi finalmente con i suoi amici.
Il piano che suggerì era questo: una volta che il combattimento fosse iniziato, lui sarebbe andato nella tenda dei minotauri, li avrebbe liberati e li avrebbe convinti a combattere, a rivoltarsi contro gli orchi. Estellen, allo stesso tempo, avrebbe fatto lo stesso con gli elfi. Stuard e Morduk invece sarebbero rimasti indietro, per poi unirsi nella mischia al momento giusto. Il campo degli orchi contava dodici guerrieri attorno al perimetro, più l’anziano, ed almeno altri quattro guerrieri, bardati con armi e armature al seguito. Più le loro famiglie, se questo accampamento seguiva lo schema trovato a Balck – Stain. La fortuna voleva che i dodici orchi seduti e adesso quasi in trance, non fossero armati, se non di coltelli o altre armi rituali simili: questo dettaglio, unitamente all’elemento sorpresa, avrebbe potuto riequilibrare le sorti della battaglia. Certo ci sarebbero state delle perdite, ma al mezzelfo non veniva in mente un piano migliore di quello.
Nessuno ebbe nulla da ridire.
Kail si spogliò dunque dell’arco, cedendolo a Stuard, che non era certo un abile cacciatore, ma aveva già imbracciato un arco lungo per diletto da ragazzino.
Ad un certo punto la litania cessò d’improvviso, al minotauro fu dato un lungo e solido bastone particolarmente ornato e il combattimento iniziò. Il suo avversario era alto quasi quanto lui, ma a differenza sua imbracciava una gigantesca e minacciosa ascia a due mani. Fortunatamente però non portava armatura.
Gli sguardi di tutto il campo puntavano lo spazio rituale e fu in quel momento che Kail uscì dal suo nascondiglio per entrare nella tenda dei minotauri. Purtroppo per lui però, nella tenda non c’erano solo loro, ma anche un altro inatteso ospite.
Estellen, contemporaneamente a Kail, scivolò oltre la tenda dei minotauri e si diresse più rapidamente possibile verso quella degli elfi, ma anche per lei le cose non andarono esattamente come previsto.
Stuard infine in quei pochi secondi si preparò a tirare con l’arco, mentre Morduk girava e rigirava tra le mani la grossa ascia, impaziente di bere il sangue dei suoi nemici. Il vecchio minotauro era molto agitato per la sorte del suo amico e Stuard sapeva bene che non avrebbe potuto trattenerlo per molto tempo ancora.
All’interno del rettangolo di combattimento, gli elfi sembravano finalmente riprendersi e questo risultò essere un dettaglio determinante per l’esito dello scontro incombente.
Kail entrò trafelato nella tenda dei prigionieri, preferendo il non rischiare di essere visto, alla prudenza più elementare di controllare prima chi ci fosse nella tenda e quando scoprì che un enorme orco era di guardia ai prigionieri, rimase un attimo interdetto. Per sua fortuna il suo minaccioso avversario gli dava le spalle, perché era stato costretto evidentemente a tenere buoni gli altri minotauri, per niente contenti che il loro consanguineo stesse combattendo da solo fuori di lì. Quando il mezzelfo entrò trafelato, molti degli occhi bovini dei minotauri si posarono su di lui, ma Kail non diede il tempo all’orco di girarsi e seguire i loro sguardi: afferrò con prontezza le sue spade elfiche e lo trafisse da dietro, trapassandogli i polmoni ed impedendogli così di gridare. Brevemente poi spiegò cosa stesse succedendo nell’accampamento e quando nominò Khorkh e Morduk, Ashen, un robusto e corpulento minotauro, raccolse le armi dell’orco e accettò volentieri di combattere al fianco dei suoi inaspettati salvatori. Così fecero tutti, i più, consapevoli che avrebbero dovuto affrontare la battaglia a mani nude.
Nel frattempo Estellen raggiunse la tenda degli elfi, ma proprio in quel momento, una sentinella degli orchi emerse all’esterno per assistere al combattimento rituale. Quando la vide sgranò gli occhi, ma non ebbe il tempo di fare altro perché la giovane sacerdotessa aveva già afferrato il suo sacro medaglione e aveva chiesto al drago di platino di far precipitare l’orco in un sonno pesante. Mentre osservava l’orco strabuzzare gli occhi e cadere miseramente, si ripropose di studiare meglio il libro di preghiere, perché aveva pensato di chiedere cose un po’ troppo improbabili a Paladine prima di optare per il sonno. D’altronde non era mai facile trovare l’invocazione giusta, quando la sola arma che si aveva in possesso per difendersi era la propria fede!
Comunque Estellen alla fine passò oltre il corpo dell’orco ed entrò nella tenda degli elfi.
Purtroppo non le andò bene come con Kail: gli elfi erano sfiniti, logori soprattutto mentalmente e non sarebbero stati abili a combattere. Pertanto la giovane li portò fuori, verso un riparo sicuro, anche se più di uno di loro le aveva domandato quale riparo sicuro ci sarebbe potuto mai esser stato per loro, senza più una casa né un futuro. Estellen li guardò avvilita, ma fece comunque quello che doveva e seguì il piano fino alla fine.
Vedendo che la sua amica alla fine aveva avuto successo, il mezzelfo si mise quindi alla testa dei minotauri e caricò i dodici guerrieri ancora seduti ad assistere al combattimento.
Stuard provò a scagliare qualche freccia, ma alla fine seguì Morduk nella mischia, preferendo maneggiare armi di cui era più pratico.
Il combattimento fu sanguinoso, ma grazie anche la partecipazione della misteriosa donna elfica, che salvò la vita a Kail e ad un eccezionale arciere silvano che aveva trovato l’arco del mezzelfo per terra, la battaglia fu alfine vinta.
Non senza pagarne il prezzo ovviamente: ben quattro degli otto minotauri prigionieri giacevano morti sul campo di battaglia, mentre Kail, Morduk, Thorkh e Stuart, avrebbero avuto necessità delle cure di Estellen. Così come la strana dama elfica, che però sembrò preferire rimanere in disparte, all’apparenza ancora diffidente nei loro confronti.
Probabilmente lo scontro era finito, anche se nessuno poteva dire con certezza se una o più sentinelle degli orchi erano riuscite a fuggire per andare a chiamare i rinforzi. Ecco perché i nostri eroi avevano poco tempo per decidere il da farsi e per muoversi da quel campo in fretta!