La battaglia era alfine terminata, ma il peso di essa ancora gravava pesantemente sugli animi e sui corpi stanchi dei sopravvissuti.
Estellen passava tra le vittime, in cerca di qualcuno che fosse ancora vivo, nel tentativo assai vano di curarlo e permettergli ancora di respirare. Invece come al solito la guerra portava solo disperazione e morte e oggi a pagare erano stati soprattutto gli sfortunati minotauri. Tristemente la giovane si guardò intorno, finché notò che la dama elfica, che aveva visto salvare la vita a Kail, giaceva disperata sul corpo martoriato del vecchio elfo suo amico, riverso malamente sul terreno in fin di vita.
Estellen tentò di avvicinarsi a loro ma dovette fermarsi, perché quella cocciuta e altezzosa elfa comunicava solo nella sua antica lingua e prese perfino a minacciarla, agitandole un rozzo pugnale davanti agli occhi.
Stuard, anche lui rimasto immobile ed impietrito dopo lo scontro per parecchi intensi minuti, si stava adesso dirigendo verso le tende degli orchi. Aguzzando la vista, il cavaliere aveva infatti notato un movimento strano e sospetto da quelle parti, ed aveva tutta l’intenzione di indagare. Si alzò dunque da terra e da solo si incamminò verso le tende e i carri posti a nord est del campo.
Nel frattempo Morduk si era finalmente ricongiunto con i suoi simili e stava per l’appunto parlando con Thorkh di suo figlio e della sua recente decisione di andare a salvare lui, suo padre, e il resto della sua gente a Qindaras, capitale dei sudroni della “piana delle sabbie”.
Kail, che era poco distante, seguì quella conversazione per un po’, poi si alzò anch'egli da terra e con fatica si diresse invece verso Estellen e l’elfa, china ancor di più sul corpo dell’anziano silvano, quasi a volerlo proteggere con il suo da un improbabile assalto da parte della dama bianca. L’elfo vetusto era stato ferito nell’orgia della battaglia da un’empia arma orchesca, che aveva lordato le sue verdi vesti ed il suo esile corpo, sia del suo sangue sia di quello dei suoi nemici. Il mezzelfo si avvicinò cautamente, alzando le mani e fermandosi anche lui a qualche metro da loro.
Kail spiegò all'elfa che Estellen era l’unica che poteva curarla e salvare contemporaneamente il suo amico grazie alla grazia di Paladine. La singhiozzante ed orgogliosa silvana, che non pareva tanto interessata alle sue ferite, che peraltro erano anche abbastanza profonde, ma sembrava davvero disperata per la sorte dell’anziano elfo, nonostante la sua iniziale diffidenza nei loro confronti, si ammorbidì un po’ alle parole del mezzelfo, lasciando alla fine cadere il coltello e abbandonandosi al pianto. Kail cercò con gli occhi Estellen e la vide già raccolta in preghiera. Delle leggere luci azzurrine pervasero i corpi di entrambi gli elfi, risanandoli all’istante sotto lo sguardo esterrefatto della bellissima elfa.
Quando Estellen riaprì gli occhi vide però da lontano il suo amico Stuard che si stava avvicinando pericolosamente alle tende degli orchi e decise di correre immediatamente da lui senza aggiungere commenti. Se l’avesse perso a causa della sua imprudenza, non avrebbe potuto sopportarlo!
Il mezzelfo invece restò qualche altro minuto con l’elfa, che però non sembrava dargli troppa attenzione, concentrata com’era a cullare e a sorridere all’elfo anziano, che ora le sussurrava qualcosa riguardo una calda luce azzurra mentre giaceva tra le sue braccia. Kail provò a conversare con lei, ma presto capì che non era quello il momento giusto per farlo. D’altronde, i miracoli di Estellen lasciavano sempre degli strascichi nei cuori di chi aveva il privilegio di subirli, figuriamoci gli elfi, primi figli di Paladine. Così la lasciò perdere, tentando invece di capire dove fosse finita la sua amica e proprio in quel momento la notò che sbracciava per richiamare la sua attenzione.
Kail si scusò dunque con i due silvanesti e poi di corsa raggiunse la giovane portavoce di Paladine. Lei gli spiegò che Stuard aveva udito chiaramente dei rumori dentro le tende e che non si sentiva per niente tranquillo, malgrado lo scontro fosse finito, sul fatto che qualche orco potesse essere sopravvissuto e intenzionato ad andare a chiamare rinforzi. Kail fece notare però all’amico che se ci fosse stato qualche orco guerriero nascosto tra i larghi ed intricati tendaggi, l’avrebbe già fiutato ed aggredito.
Il mezzelfo pensava più che altro che potessero esserci delle orchesse e la loro prole lì dentro, motivo comunque più che valido per andare ad indagare e renderle inoffensive prima possibile. Estellen invocò dunque una luce che potesse aiutarli ad ispezionare meglio l’ambiente e Kail, in quel preciso momento, ebbe la conferma dei sospetti di Stuard: il suo fine udito gli suggerì infatti che non erano soli, perché qualcuno si era appena lamentato più avanti!
Ne ebbe presto un riscontro pratico quando dei cuccioli di orco lo aggredirono con delle rozze e spuntate armi. Non fu difficile per lui disarmarli, meno però per Stuard che dovette difendersi da un’accorrente orchessa armata di mazza. Lo scudo di Trenet resse il potente colpo, ma c’era ben poco che il cavaliere potesse fare per fermare la sua assalitrice senza farle del male. Quando però una seconda e ancor più corpulenta orchessa corse verso Estellen agitando un nodoso bastone, la giovane fu costretta a pronunciare di nuovo il nome del drago di platino e a chiedere che tutti gli orchi presenti venissero bloccati all’istante dalla sua volontà divina. La sua preghiera, come quasi sempre, venne accolta, tuttavia questa volta Estellen ebbe un forte giramento di testa: mai aveva utilizzato così tante volte l’aiuto di Paladine in una sola giornata e sebbene lei non fosse un chierico normale, restava pur sempre umana e quindi incapace di contenere il potere divino come suo veicolo per troppe volte di seguito. Stuard la sorresse e poi disse ai suoi amici che avrebbe finito lui nelle tende.
Così Kail ed Estellen tornarono al campo e fu proprio qui che la giovane si rese conto con orrore che l’orco che aveva addormentato era sparito! Quindi erano ancora tutti in pericolo e se fossero rimasti sul posto troppo a lungo questa volta per loro sarebbe stata la fine.
La dama elfica e il suo vecchio amico silvano si erano nel frattempo ripresi ed avevano raggiunto i loro simili e quando Stuard si riunì ai suoi amici, portando in spalla un sacco assai poco profumato, nessuno si sarebbe aspettato quale dono incredibile il cavaliere avrebbe fatto agli elfi da lì a pochi minuti. Nel sacco infatti egli tirò fuori degli oggetti personali, alcuni dei quali davvero unici, che resero felici e ridiedero la speranza a quelle persone disgraziate.
In particolare la dama elfa recuperò un ciondolo bellissimo, che sembrava d’argento ma che risplendeva come il cristallo: era evidente che non si trattasse di un oggetto comune. L’elfa infatti lo indossò immediatamente e in qualche modo il ciondolo le conferì una regalità che la rese ancor più bella.
Anche gli altri poterono riprendersi armi e altri oggetti esotici, alcuni dei quali il cavaliere non aveva mai visto prima.
Stuard li aveva prelevati nella tenda di un anziano orco ferito, dopo aver legato orchesse ed orchetti: probabilmente si trattava del bottino personale del capotribù. Aveva messo tutto dentro una rozza coperta senza pensarci troppo e si era subito allontanato di lì. Aveva anche pensato di dare il colpo di grazia a quell’orco, che sembrava in agonia, ma poi aveva scelto di lasciarlo vivo nel suo giaciglio: avrebbero deciso i suoi dei del suo destino.
L’elfa ringraziò il cavaliere e lo fece in lingua comune. Forse quel gesto di Stuard aveva davvero creato una breccia nel freddo cuore della bellissima elfa, distendendo di sicuro molto gli animi e di questo, soprattutto Kail, ne fu felice.