Una strana contrada in cui pullulavano viandanti di dubbia moralità, si apriva a dismisura su una piana moderatamente estesa, proprio al confine con le “Pianure della Polvere”. Sembrava una surreale oasi in mezzo al deserto, dove invece di palme e acqua, spiccavano all'occhio un’enorme nave conficcata nel terreno e un mare di persone che la circondavano avidamente, quasi fossero brulicanti pesci in mezzo ad uno sconfinato oceano.
Mentre il gruppo discendeva lungo il polveroso sentiero che fiancheggiava l’enorme costone di rossa roccia erosa dal tempo, poteva nel frattempo scorgere le differenze sostanziali che esistevano in quel crogiolo di razze che si interfacciavano senza sosta. Quando infatti quegli sciamanti puntini indistinti divennero persone, Kail rimase incredulo di fronte a quello che vide: “tuareg della polvere”, provenienti probabilmente da Qindaras, città quasi al confine con il Blodehelm, trattavano merci di dubbia provenienza con viaggiatori o mercanti improvvisati originari di Langtree o Vantal, parlando (o meglio gesticolando) ciascuno nella propria lingua. Orchi che dialogavano animatamente con altre razze esotiche, sicuramente discese da città a nord di Silvanesti, come Pashin o porti importanti come Balifor e altri viaggiatori che il mezzelfo non aveva mai visto, si avvicendavano di continuo gli uni con gli altri, introducendosi senza ritegno o rispetto alcuno nelle conversazioni altrui, alla spasmodica ricerca di materiali utili alle loro specifiche necessità.
Mentre si mischiavano alla recalcitrante folla, i nostri eroi notarono che laggiù, in quell’agglomerato gigantesco di intrallazzi senza alcuna regolamentazione, non tutto ciò che si offriva o richiedeva, aveva le sembianze di cose lecite. Anzi, sicuramente palesavano una integrità alquanto discutibile.
Stuard passò disgustato dinnanzi a un gruppo di orchi che teneva in catene degli emaciati e afflitti elfi silvani. I reietti se ne stavano accovacciati con lo sguardo vacuo di chi è in preda alla più cupa disperazione, ed il cavaliere rifletté attentamente su quelle che dovevano esser state le circostanze della loro cattura. Secondo diverse e sommarie notizie che aveva raccolto infatti, riferite da fonti assolutamente autorevoli, sembrava che in questo periodo la foresta di Silvanesti rappresentasse per i suoi abitanti, normalmente legati da vincolo indissolubile a quella enorme selva spesso incontaminata e benedetta da E’li, un luogo di perdizione e di follia. Tanto da addirittura preferire il giogo degli orchi all’oscura e terribile minaccia che permeava i vasti boschi che avevano imparato da secoli a chiamare “casa”.
Questa amara consapevolezza aveva assalito il cuore del giovane, permeandolo di angoscia, soprattutto perché non riusciva a leggere speranza nei loro occhi spenti e di conseguenza gettava sulla loro missione un tetro velo di insicurezza e perplessità. Non desiderando farsi pericolosi nemici in questo angusto luogo, il gruppo lasciò gli elfi al loro destino e proseguì oltre, puntando l’enorme imbarcazione oltre la marmaglia umana qui strettamente assiepata.
Mentre incedevano, facendosi largo tra la folla accalcata, Kail capì, aggrottando le sopracciglia, che il focus delle trattative riguardavano quasi sempre qualcosa che veniva da tutti definita “Morning Dew Mead”. Di qualunque cosa si trattasse (probabilmente una qualche sorta di idromele!), sembrava che determinasse molto spesso il buon esito di ogni trattativa.
In ogni caso Morduk non aveva trovato tracce di Khorkh, nemmeno utilizzando il suo incredibile olfatto, ma era convinto che il giovane minoatauro, figlio del suo caro amico Thorkh, fosse proprio dentro quella nave, che ormai si evidenziava mastodontica davanti ai loro occhi attoniti.
Stuard si rivolse ad Estellen, quando sommessamente iniziò a raccontare la storia di quella gigantesca nave da guerra. Essa era una delle cinque “Imperiali”: le navi ammiraglie dell’imponente flotta del Re Sacerdote di Ishtar. La nave era stata concepita per contenere quasi trecento soldati e più di sessanta rematori. I suoi tre livelli, potevano trasportare di tutto e quindi veniva spesso utilizzata in modi variegati: sia come appoggio alla flotta, in caso di guerra, sia come nave da combattimento a tutti gli effetti. Quando Estellen la osservò meglio, si rese in effetti conto di quanto fosse smisurata, ed intuì che tutta quella gente assiepata davanti le palizzate di legno, volevano disperatamente ottenere qualcosa da essa o cercavano con ogni mezzo di spuntare un lasciapassare o un permesso, per riuscire ad entrarvi all’interno.
“Ehi tu, dove pensi di andare?”
Una brusca e canzonatoria voce fece eco ai pensieri della sacerdotessa. Essa apparteneva ad un brutto e sgraziato ceffo, glabro e con una profonda cicatrice sull’occhio destro, che controllava, spada alla mano, una delle diverse entrate della palizzata. La voce bloccò immediatamente ogni velleità da parte di Stuard di varcare impunemente i confini perimetrati della nave. L’uomo, tozzo ma robusto, stava spiegando al cavaliere che per accedere alla “Città della rugiada del Mattino”, erano necessarie cinque monete d’oro a testa e né il cavaliere, né il minotauro, sembravano smuovere da questa cocciuta posizione né lui, né la numerosa milizia privata che pattugliava minuziosamente tutta l’area circostante. Nemmeno le forme di Estellen sembravano smuovere il caparbio mercenario, anche se egli aveva manifestato chiaramente e più volte una sfacciata simpatia verso la giovane donna.
I nostri eroi, non volendo trovarsi in mezzo ad una sommossa popolare, preferirono quindi la via della ragione, confrontandosi per qualche attimo sugli averi rimasti a loro disposizione. In tutto, racimolarono quindici monete d’oro, un bel gruzzolo indubbiamente, ma sufficienti a far entrare solo tre su quattro di loro.
Mentre Morduk discuteva con Stuard ed Estellen su quale fosse stata la scelta migliore sui tre che sarebbero dovuti entrare, Kail, morso dalla curiosità, domandò al tronfio miliziano cosa diavolo fosse questa “Morning Dew Mead”. Egli rise sguaiatamente alla insolita domanda del mezzelfo, sottolineando che probabilmente lui era l’unico, tra tutti i presenti in questa valle dimenticata dagli dei, se non su tutto l’Ansalon, a non conoscere questa banale informazione.
Si trattava di una sofisticata e unica bevanda alcolica, prodotta esclusivamente nella città – nave e la cui formula era protetta da un intoccabile accordo che riguardava gli uomini più ricchi di ben tre stati diversi!
Kail ci mise davvero poco a collegare le derisorie parole dello sfregiato miliziano ad un’esperienza che aveva avuto con un marinaio mezzorco, incontrato nel porto di Schallsea poco meno di un decennio prima. Egli infatti gli aveva confidato che, da uno dei suoi numerosi viaggi nei pressi delle piane della polvere, aveva portato indietro una bevanda preziosissima, estremamente richiesta e pagata a peso d’oro, che gli avrebbe permesso di vivere il resto della vita lontano dagli affanni della dura vita in mare. Il mezzelfo aveva pensato che il mezzorco fosse pesantemente ubriaco quando aveva confessato questo suo piccolo segreto, ma adesso sapeva che quanto il mezzorco gli aveva riportato non era stato immaginato perché in preda ai fumi dell’alcool, ma corrispondeva alla verità: dentro quella gigantesca nave si produceva davvero una qualche sorta di ricercatissima bevanda, dal nome esotico e che aveva arricchito oltre ogni umana comprensione pochi e fortunati mercanti che ci avevano investito a tempo debito. Di tanto in tanto questi stessi disincantati ricconi si recavano laggiù per fare rifornimento, o per ostentare la propria fortuna, alla faccia di una massa di gente comune in trepidante attesa di poterne racimolarne o elemosinarne qualche centilitro attraverso qualche improbabile baratto. Restava solo da capire chi amministrava e gestiva quel pozzo senza fondo di ricchezza e potere: probabilmente qualcuno di invisibile, che viveva e prosperava dentro alla nave – città, all’oscuro e all’insaputa di tutti.
Quando Kail si destò dai suoi pensieri, notò appena Morduk invitare la guardia alla palizzata ad intascare le sue quindici monete d’oro e a farli entrare tutti e quattro oltre il perimetro o qualcuno si sarebbe fatto male molto seriamente quel giorno.
Il mezzelfo si preparò al peggio.
Tuttavia, la stazza del minotauro e la presenza di Estellen, che veniva costantemente scambiata per una maga itinerante, convinse la milizia a fare un’eccezione per una volta.
“Non si dica poi che Sir Kladius di Tarsis, non sia un uomo galante e condiscendente verso le signore…”.
Commentò ad alta voce la guardia, in maniera da farsi udire chiaramente dagli altri miliziani, ostentando un’improvvisa quanto improbabile generosità del suo facoltoso padrone.
Sospirando di sollievo, Kail seguì Morduk, che a sua volta stava cercando disperatamente una traccia del passaggio del figlio del suo amico d’infanzia.
Attorno alla nave il gruppo notò diverse persone, sempre accuratamente scortate a breve distanza da mercenari ben pagati ed addestrati, che parlavano amabilmente tra di loro, camminando lentamente e con le braccia tenute unite dietro la schiena. Inoltre Stuard notò che i tre livelli e il ponte della nave erano stati riassegnati rispetto alle loro funzioni originali. Quali esse fossero oggi il cavaliere ancora non lo sapeva, ma sembrava evidente almeno che tutti e tre i piani fossero abitati.
Morduk tagliò per una rampa di scale che portava all’interno della città – nave, ma era sicuro che quello non era certo l’unico passaggio che conduceva nelle viscere della gargantuesca imbarcazione. Il legname che componeva le paratie della nave era ancora quello originale, ed incredibilmente esso ancora era pregno e saturo dell’odore di salsedine tipico del mare aperto, nonostante i tanti anni di esposizione alle sabbie del deserto circostante. Stuard sapeva bene che erano stati passati dei materiali resinosi per conservare l’integrità delle travi e la maggior parte dei dettagli originali, come alcune piccole conchiglie incastrate ancora tra le maglie dell’antico legname della nave.
Il primo livello dell’edificio era interamente dedicato alla produzione e allo stoccaggio della fortunata bevanda. Tutte le aree erano divise da ampie arcate di legno e non era visibile alcuna porta chiusa, almeno fin dove l’acuto occhio del mezzelfo riusciva a spingersi. C’era personale che correva freneticamente da una parte all’altra, controllato a vista da spietati e benestanti aguzzini al soldo di coloro che avevano il monopolio o una percentuale sul prodotto, che sicuramente erano invidiati oltre ogni misura da quelli che erano invece costretti a lavorare fuori, a ridosso della marmaglia antistante la nave. Kail notò che molti di quei lavoranti erano elfi, probabilmente schiavi tutto sommato fortunati, che erano stati venduti ai mercanti per lavorare alla produzione o alla raccolta della miracolosa bevanda.
“Meglio questo che gli orchi…”
ensò tristemente il mezzelfo, mentre seguiva Morduk al secondo piano della nave. Il minotauro aveva infatti fiutato qualcosa qui: una traccia, un odore inequivocabile di qualcuno della sua razza. Non faticarono infatti a trovare un giovane minotauro che stava consumando una pinta di birra in uno dei tanti angoli bar su questo livello.
Stuard infatti notò che questo piano era molto diverso rispetto a quello sottostante: c’erano comodi sofà e banchetti per le piacevoli conversazioni serali, bar e ristoranti fornitissimi in quasi ogni scomparto per saziare la fame degli astanti e con ogni probabilità anche alloggi per i mercanti e gli ospiti facoltosi della città – nave.
Morduk era sicuro che avrebbero trovato Khorkh qui, perché lui era figlio di un famoso capitano di vascello e di certo i soldi non gli mancavano. Ritenendo improbabile riuscire ad incontrare Estellen in mezzo alla calca intorno all’imbarcazione, il figlio di Thorkh avrebbe certamente scelto di entrare nella nave, confidando nelle abilità dei nostri eroi di seguire le sue tracce senza troppo difficoltà. I due minotauri ebbero un breve ma intenso colloquio, poi il più giovane scortò tutti quanti in un’ala appartata su questo livello, adibita per l’appunto ad ospitare stanze private e qui, finalmente, dopo tanto peregrinare incontrarono Khorkh.
Una nave nel deserto.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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