Il re stava ancora teneramente abbracciando la piccola Margaret, quando un’esile figura ammantata uscì dal fitto sottobosco antistante il cimitero. Portava un arco lungo a tracolla e una faretra ricolma di frecce, entrambi equipaggiati sopra una lisa cappa verde, che però riusciva ancora a celarne il volto.
Kail comunque sembrò ugualmente averlo riconosciuto, probabilmente dal portamento o dalle movenze e, dopo aver controllato il cavallo, che avrebbe potuto nascondere chissà quale insidia (diavolo di un elfo!), gli andò spavaldamente incontro. I suoi amici, ancora un po’ confusi, lo seguirono e così fece Morduk, ascia alla mano. Wilhelm teneva la piccola in braccio e anche lei sembrava volesse andare verso quella persona. Purtroppo Margaret non parlava e nonostante i suoi sforzi, il re non riuscì a farsi dire cos’è che la figlia di Trenét stava cercando di comunicargli riguardo quella figura che pian piano si appropinquava.
Quando Kail chiamò quell’uomo per nome, si scatenò il panico.
“Attilus, sei stato ingannato…”.
Gridò il mezzelfo, mentre continuava ad avanzare impavidamente verso di lui. Udendo quel nome, i soldati si chiusero a schermo davanti al re, mentre i popolani, venuti a commemorare i defunti e non certo a combattere improbabili minacce elfiche, se la diedero a gambe della grossa. Margaret si agitava, cercava di liberarsi dall’abbraccio del re, voleva svicolare e correre da Attilus e Wilhelm cominciava a sospettare che quell’elfo non doveva essere così terribile come tutti l’avevano dipinto.
Il kagonesti andava incontro ai nostri eroi e a Morduk senza alcuna paura. Ad un certo punto, giunto ad una ventina di metri da loro, si sfilò l’arco e la faretra e li lasciò cadere in terra. Poi afferrò la daga che aveva alla cintura e gettò di lato anch’essa, senza nemmeno perdere il passo. Arrivato di fronte a Kail pronunciò solo poche, sibilline parole in elfico. Parole che solo il mezzelfo poteva capire.
“Ho sbagliato…”.
Sussurrò il kagonesti, proseguendo poi oltre Kail. Estellen provò a parlare con lui, ma Attilus sembrava poco interessato alle conversazioni spirituali. L’elfo dovette però fermarsi quando il cavaliere gli si parò davanti fisicamente, intimandogli di non proseguire oltre oppure lui o il minotauro l’avrebbero tagliato a fettine. Kail riferì all’amico che l’elfo era disarmato e che probabilmente aveva solo intenzione di costituirsi al re e alle autorità.
Alla fine Stuard si lasciò convincere dal compagno e si fece da parte, così da permettere ad Attilus di raggiungere il gruppo di soldati schierati. Qui si fermò, mostrando bene le mani e alzandole in una posizione chiaramente di resa. Uno dei soldati, un giovane virgulto dalla spada facile, provò a farsi avanti minaccioso, ma Wilhelm lo fermò per fortuna in tempo.
“Non siamo barbari, il nostro nemico si è arreso e oggi non morirà nessuno se non su mio ordine!”.
Intimò il monarca a voce alta, in maniera che tutti potessero sentirlo. Wilhelm si era momentaneamente distratto mentre dava ordini ai suoi soldati e la piccola Margaret ne approfittò per sgattaiolare via da lui e ad uscire dal cerchio formato dai suoi uomini. La bambina corse incontro all’elfo, il quale si abbassò e la abbracciò teneramente, mostrando nei suoi confronti un affetto genuino. Poi il re lo fece portar via, mentre Estellen andò a recuperare la scalciante e arrabbiatissima figlia di Trenèt, per nulla contenta della decisione presa dal re.
Con estrema difficoltà poi, Wilhelm officiò alla tumulazione del capitano e degli altri caduti e finalmente tornò al posto di guardia, stanco come mai si era sentito in vita sua.
Morduk si accomiatò momentaneamente dai nostri eroi, che gli diedero appuntamento a qualche ora dopo, poiché prima avrebbero dovuto sistemare alcune faccende lasciate in sospeso. Kail poté dunque recuperare una rozza ma efficiente armatura di cuoio, mentre Estellen le provviste necessarie per un corto ma difficile viaggio. Infine Stuard si occupò dei cavalli e del loro approvvigionamento. Poi discussero se ci poteva essere un modo di trovare Bartolomeo, ma Kail sottolineò che mettersi sulle sue tracce significava perdere moltissimo altro tempo prezioso. Per cui lasciarono il destino del kender nelle mani di Paladine. Quindi rimaneva da affrontare il momento più doloroso di tutti: accomiatarsi dal re e dalla piccola Margaret.
I nostri eroi fecero prima visita al monarca, riferendogli che l’ora in cui partire era infine giunta. Wilhelm aveva timidamente chiesto loro di estorcere prima una confessione ad Oleg riguardo l’elfo, una dichiarazione giurata che era stato lui a raccontargli finzioni riguardo la morte di Kiridian e il conseguente ruolo che avrebbero avuto loro tre a Shrentak. Tuttavia Kail affermò che non ce n’era bisogno, perché Oleg aveva già confessato che aveva aizzato Attilus contro Shrentak per vendetta. L’aveva liberato dicendo che Kiridian era morto e che nuovi signori della guerra erano infine giunti a prendere il posto dei vecchi. Ecco perché l’elfo aveva aggredito Estellen e ordito quelle trame infernali. Inoltre, ma questo rimaneva solo un suo parere personale, il kagonesti aveva rapito Margaret, soltanto perché doveva aver temuto che la piccola fosse finita nelle mani di qualche aguzzino senza scrupoli come Kiridian o Garshek. Quando poi aveva capito di aver sbagliato a fidarsi di Oleg, si era appunto costituito. Certo, queste considerazioni non lavavano via il sangue dalle sue mani, ma Shrentak era comunque in debito con il kagonesti per quello che l’orco aveva fatto a sua sorella. Pertanto, sia lui che Estellen, supplicarono il re di graziarlo e trasformare la sua condanna in qualcosa di utile per la città. Per esempio come guardaboschi, Attilus sarebbe stato perfetto. Inoltre Margaret sembrava volergli bene veramente e questo non poteva certo essere una casualità dopo quello che aveva subito quella bambina a causa di Garshek. Il re sorrise e annuì, promettendo che avrebbe fatto il possibile per rendere il debito di Attilus con la giustizia più abbordabile possibile.
Quindi ordinò ai nostri eroi di seguirlo, perché il fatto di averli incontrati era stata una benedizione più per lui che per loro. Giunti nelle sue stanze personali, il re fece a ciascuno di loro un regalo senza pari: un antico libro di preghiere da rivolgere a Paladine vecchio più di tre secoli ad Estellen, che rimase letteralmente senza fiato, un manufatto elfico di cui non sapeva assolutamente nulla a Kail, che lo ringraziò con molto calore, ed infine lo scudo di Trenét a Stuard, che non riusciva a credere ai propri occhi.
Il cavaliere lo girava e rigirava, per convincersi che adesso quella meraviglia apparteneva proprio a lui: uno scintillante scudo in acciaio, leggero ma resistente, con sopra inciso lo stemma araldico del grifone rampante, simbolo della casata ormai decaduta di Trenét. Un dono anche affettivo davvero superlativo.
Soprattutto con Stuard infatti, il re sembrava mostrare in maniera più evidente rispetto agli altri, quanto fosse forte il legame con lui. Wilhelm lo prese paternamente per una spalla e gli disse di quanto fosse fiero di lui e di quanto si rammaricasse per quello che era stato costretto a decidere sul suo conto. Probabilmente non si sarebbero più rivisti, ma il re ci tenne a sottolineare quanto il giovane cavaliere gli sarebbe mancato e che questa mancanza sarebbe stata molto più pesante per lui che per Stuard. Commosso, il giovane cavaliere accettò il superbo regalo.
Poi il gruppo andò a salutare la piccola Margaret, ma Estellen sapeva che un giorno, molti anni dopo che la guerra fosse finita, si sarebbero riviste. Fu solo un attimo, ma ebbe chiara questa percezione, quasi fosse una visione e le sorrise. Margaret ricambiò il sorriso e l’abbracciò per un’ultima volta.
Kail ne approfittò poi per salutare Dorian/Dacarrt, domandandogli un parere d’esperto sull’artefatto che il re gli aveva appena donato. Il mago lo definì: “una bussola magica”. Secondo il suo parere, sarebbe stato sufficiente per qualunque elfo domandare all’oggetto la giusta direzione da prendere, per far in modo di ottenere la più appropriata risposta da parte della bussola incantata. Tuttavia non era certo che l’oggetto avrebbe funzionato anche con i sangue misto: a Kail non restava che provarlo.
Salirono dunque a cavallo e finalmente raggiunsero le porte della città. Qui trovarono Morduk in paziente attesa, ed insieme partirono per la loro prossima tappa: “The city of the morning dew”, l’ultimo posto “civilizzato” che avrebbero incontrato prima di scendere verso il tempio di Chislev.
Il re aveva riportato alcune informazioni utili sul territorio che avrebbero attraversato nei giorni successivi e sull’esotica cittadella in cui avrebbero dovuto fare tappa: un porto franco dove i viaggiatori potevano scambiarsi merci e informazioni, prima di entrare nelle terre selvagge o avventurarsi nella foresta di Silvanesti.
Ovviamente Wilhelm mise tutti in guardia da quel posto, ma anche dalle sinistre voci che si avvicendavano sulla foresta stessa. Pareva che un’oscura maledizione avesse avvelenato infatti i pensieri di re Lorac e che gli abitanti della foresta avessero iniziato a fuggire in massa negli ultimi mesi, cadendo dalla padella alla brace. Infatti sembrava che gli orchi avessero occupato le rovine antistanti il perimetro sud di Silvanesti, in attesa di catturare e schiavizzare più elfi possibile, stremati dal maledetto sortilegio che aveva stregato il loro re.
Così, i nostri eroi tornarono finalmente alla loro strada maestra, quella che li avrebbe condotti sulle tracce del “Libro Bianco di Paladine”.
Estellen notò subito che il suo bastone incantato, la verga delle sabbie, stava in qualche modo reagendo con l’ambiente circostante, brullo e polveroso. Tuttavia la giovane era ben distante dal comprenderne i segreti più intimi, anche se, nei giorni a venire, avrebbe provato più volte ad usarlo in mezzo a quel nulla di pietre e sabbia.
Kail invece provò a mettere in atto il consiglio di Dorian, tentando di utilizzare la bussola magica. Fu difficile attivare l’artefatto, forse per via del suo sangue, elfico solo per metà, ma alla fine riuscì a farlo funzionare, scoprendo che era in grado di mostrare la direzione precisa da prendere molto meglio di quanto potesse fare lui e di questo ne fu felice: ora avevano un’arma in più per affrontare il periglioso e contorto cammino che avrebbero dovuto affrontare in lungo e largo attraverso Krynn.
I primi tre giorni di viaggio furono stancanti ma privi di pericoli, mentre la mattina del quarto, qualcosa andò storto. Qualcuno li aveva adocchiati da lontano, ed ora stavano attentando alle loro vite e i loro averi. La situazione sembrava inguaiarsi ancor prima di giungere a destinazione.