Kail e Dorian raggiunsero i moli, ed in effetti notarono subito che erano state scagliate delle frecce di fuoco sul ponte della prima nave attraccata, ma evidentemente l’incendio era tenuto sotto controllo, perché nessuno si era ancora gettato in mare in preda al panico.
Al mezzelfo la cosa non tornava, non tornava affatto.
Tuttavia chiese lo stesso a Dorian di appartarsi da qualche parte nell’oscurità, ed operare un sortilegio in grado di spegnere quei pochi fuochi che potevano notarsi a vista sulla nave, mentre lui e un paio di pescatori, si sarebbero avvicinati di fianco al mercantile per cercare di capire cosa fosse davvero successo. Kail trovò subito due uomini gentili disposti ad aiutarlo.
I marinai lo scortarono, con qualche possente colpo di remi, vicino al mercantile, così che il mezzelfo potesse mandare una voce all’equipaggio che risiedeva dentro l'imbarcazione.
Purtroppo però Kail non ottenne risposta e quindi decise di salire a bordo a modo suo e senza perdere altro tempo. Prese dunque una bella rincorsa e si lanciò, riuscendo facilmente ad aggrapparsi all’oblò della nave. Pulendo con il gomito il cerchio di vetro, cercò quindi di capire cosa stesse succedendo al piano inferiore del mercantile. Notò che c’era un certo parapiglia laggiù: c’era gente che andava e veniva e che urlava qualcosa, altri che sembravano immobili e che annaspavano per respirare, ma da quella posizione scomoda in cui si trovava, non riusciva a capire molto di più. Quindi afferrò la daga e con l’elsa della spada corta ruppe con un colpo secco il vetro dell’oblò, liberando quasi istantaneamente dei vapori mefitici che quasi gli fecero perdere i sensi, lasciandolo precipitare in mare.
Capendo la gravità della situazione, il mezzelfo si affrettò quindi a salire sulla nave e a trovare una corda abbastanza robusta per issare i due uomini che erano venuti con lui. Una volta sul mercantile, il mezzelfo notò che c’erano tre o quattro frecce infuocate sparse qua e la, infilate tra le travi di legno, ed essendo imbevute d’olio, continuavano ad ardere, ma non abbastanza certo per appiccare un incendio esteso. Che senso poteva avere fare una cosa del genere?
Kail si girò verso la porta che dava alla stiva e notò che essa era stata sbarrata con delle casse e dei pesanti barili. Qualcuno era dunque salito a bordo, aveva probabilmente rilasciato qualche sostanza tossica nella stiva e successivamente aveva bloccato la via di fuga per gli uomini intrappolati laggiù. Quindi aveva scagliato delle frecce infuocate per simulare un incendio sulla nave, ma per quale motivo?
Quando un dardo di balestra, sibilando sinistramente, colpì alla schiena il primo uomo, uccidendolo sul colpo, Kail capì finalmente il senso di tutta questa farsa: si trattava di una trappola, ben congegnata e assolutamente mortale!
Stuard, Morduk e dieci soldati del re, legarono i cavalli in una radura: poco prima di entrare nell’accampamento dei briganti di Kiridian e suo fratello Oleg.
I soldati si muovevano abbastanza silenziosamente e Derek, il loro capitano, aveva detto a Stuard che lui e i suoi uomini sarebbero stati per questa operazione sotto il suo comando per ordine diretto del re. Il cavaliere annuì, sentendo per la prima volta sulle proprie spalle il peso e la responsabilità del comando e della vita di quegli uomini. Suggerì dunque prudenza.
Si avvicinarono al covo della banda di Kiridian lentamente, cercando di carpire ogni più piccolo segnale nell’aria che qualcosa stava andando storto. Tutto era immobile e silenzioso. Finché un soldato notò la sagoma di due uomini attorno ad un fuoco ormai quasi consunto e lo fece notare subito a Stuard. Egli diede dunque l’ordine di avanzare e accerchiare il bivacco, mettendosi immediatamente alla testa del gruppo. Un riflesso di luce sulla sagoma di uno dei due uomini, quello più grosso, segnalò che probabilmente stava indossando l’armatura di Trenèt e questo dettaglio fece imbestialire ancora di più il cavaliere. Giunti a una decina di metri dall’accampamento dei due uomini, Stuard fermò la sua squadra e disse a tutti di attendere un suo ordine preciso prima di muoversi e decise di uscire allo scoperto e andare a stanare quei due furfanti da solo.
Morduk gli suggerì di agire con cautela, perché sentiva un odore strano nell’aria: un odore che puzzava tremendamente di trappola! Il cavaliere annuì e, pregando Kiri – Jolith di operare nella maniera giusta, venne fuori dal suo nascondiglio.
Stuard ordinò immediatamente ai due uomini di arrendersi, ma si rese troppo tardi conto che le due sagome erano solo due fantocci senza vita. L’armatura di Trenét era stata attaccata ad un grosso manichino e rimaneva impossibile, al buio e a distanza, capire che si trattava di una messinscena. Vedendo la perplessità nei movimenti del cavaliere, Morduk si affrettò a raggiungerlo e fu una vera fortuna, perché qualcuno, un istante dopo, appiccò il fuoco ad un esteso segmento di terreno dalla forma di un semicerchio, imbevuto d’olio ed un'altra mistura di erbe parecchio infiammabili, disegnato intorno all’accampamento, trasformando quel posto silenzioso in un inferno di fiamme e morte!
Estellen dormì per diverse ore, prima di destarsi e provare a capire dove l’avessero portata. La giovane, con grande sforzo, si rimise in sesto, afferrò il suo bastone e uscì dalla camerata dove Kail l’aveva adagiata. La spalla le faceva male, laddove una piccola cicatrice a mezzaluna poteva scorgersi appena sotto la clavicola destra.
Uscendo nel corridoio, osservò i soldati del re correre a destra e a sinistra per l’edificio, nel tentativo di riorganizzare un po’ il posto di guardia con nuovi materiali e nuove strumenti portati dalla capitale. Estellen notò subito il re dentro la stanza della guerra e si affrettò a raggiungerlo: era in ansia per la sorte di Kail e Stuard e aveva intenzione di domandare al re quali fossero state le loro ultime disposizioni ricevute da lui stesso. Wilhelm la accolse con il consueto garbo e rispetto, spiegandole volentieri quali fossero i compiti da lui assegnati ai suoi amici e la modalità in cui avrebbero dovuto svolgerli. La giovane annuì e commentò che aveva tutta l’intenzione di raggiungere i suoi compagni, perché aveva un brutto presentimento. Pertanto salutò il re con rispetto e si diresse verso l’uscita.
Mentre stava seguendo alcuni soldati diretti verso l’atrio, notò un uomo in mezzo a loro: un uomo che aveva già visto alla locanda. Capì subito che si trattava proprio di colui che aveva rapito Margaret, perché nonostante la confusione e il via vai, lui aveva intuito che lei l’aveva riconosciuto anche da dietro la cappa che lo ammantava. Tuttavia invece di scappare via, l'aveva prima guardata intensamente e poi aveva tirato fuori dalle tasche qualcosa di altamente infiammabile, scagliandola violentemente contro i muri interni della gendarmeria.
Subito si sviluppò una reazione a catena, che risvegliò ovunque dei fumi maleodoranti, che Estellen riconobbe immediatamente. Si trattava di spore velenose e allucinogene, che, a contatto con l’aria e con erbe particolari che crescevano solo in alcuni periodi dell’anno, causavano delle esalazioni potenzialmente mortali.
Un attimo e fu il panico nel posto di guardia.
I soldati all’interno dell’edificio cominciarono a tossire e a cadere inerti al suolo: pochi altri secondi e sarebbero morti tutti. Estellen sembrava immune a questi vapori velenosi, ma quando osservò il re accasciarsi a terra, capì che doveva agire in fretta se voleva salvarlo. Se voleva salvarli tutti.
Invocando il potere di Paladine, richiamò una potente brezza dal mare, che scivolò giù dal camino e da ogni porta ed anfratto dell’edificio, portando via con sé gran parte di quei miasmi assassini.
Soddisfatta del suo lavoro, Estellen si chinò poi ad aiutare i soldati, ancora storditi e sofferenti, ma quando alzò la testa verso l’uscio, capì che il pericolo non era affatto cessato. Un carro infuocato era stato infatti scagliato da due uomini nella direzione del posto di guardia e ben presto avrebbe causato una deflagrazione che avrebbe ucciso tutti quanti nell’edificio. Infatti, un’altra caratteristica di quelle erbe terribili, era la loro alta infiammabilità!