Nel tardo pomeriggio il re diede disposizioni ai suoi soldati di raggiungere immediatamente il posto di guardia, per sistemare i materiali portati da Vantal e preparare l’edificio ad accogliere ben cinquanta armigeri, per un periodo di tempo evidentemente piuttosto lungo. Wilhem ovviamente sarebbe dovuto tornare presto nella capitale, ma prima di farlo e lasciare al suo posto un nuovo delegato, voleva trasformare Shrentak in un gioiello e per riuscirci avrebbe dovuto rendere la vita dei suoi uomini il più confortevole possibile.
Nel frattempo i nostri eroi, rimasti in locanda, discussero a fondo sul da farsi. Margaret giocava in un angolo, ed Estellen provò più volte a farla reagire, a farla parlare. Le mostrò il simbolo di Paladine, dicendole che nelle buie e tristi serate in cui si sarebbe sentita sola alla corte del re, avrebbe soltanto dovuto ricordare quel simbolo e la tristezza avrebbe lasciato campo alla speranza e i suoi sogni si sarebbero colorati di una gioia improvvisa. I suoi compagni e Morduk, la stavano osservando con curiosità e un pizzico di perplessità, mentre discutevano se fosse il caso aiutare il re, oppure lasciare che Wilhem si occupasse da solo di Shrentak e loro dei propri affari. Probabilmente si domandavano come poteva una persona così autorevole e benedetta dal potere divino, perdere tutto quel tempo a cercare di aiutare una singola bambina che aveva perso la parola, ma poi capirono che era proprio questo il fulcro del suo potere e della sua forza e la attesero pazientemente al tavolo.
Alla fine tutti convennero che non potevano rifiutare la richiesta del re, lasciando Oleg a piede libero e la città in quello stato pietoso e decisero quindi di aiutarlo, ma stabilirono anche di muoversi subito perché non avevano davvero più tempo da perdere. Inoltre volevano presiedere a tutti i costi alla tumulazione del capitano e del minotauro, che sarebbero avvenute entrambe l’indomani mattina.
Quindi decisero di dividersi: Kail sarebbe andato al porto a parlare con i mercanti, magari trovando il tempo di visitare anche la bottega del fabbro, mentre Stuard si sarebbe recato alla casa del borgomastro per conferire con il re e farsi dare una scorta con cui stanare Oleg e la sua marmaglia di farabutti. Estellen promise a Kail di rimanersene tranquilla nella locanda e Morduk si offrì di farle da guardia del corpo.
Così il mezzelfo poco prima dell’imbrunire si diresse al porto, scoprendo con piacere che alcune imbarcazioni erano state riparate e già allestite per la pesca notturna e che gran parte delle botteghe sulla passeggiata avevano riaperto o erano in fase di allestimento. In particolare in quella del fabbro c’era parecchio via vai di persone, che stavano tentando di salvare quei pochi strumenti e materiali che non si erano rovinati nei quattro mesi di inattività totale che avevano afflitto la città.
Kail scambiò quattro chiacchiere con il fabbro: un corpulento umano non più giovanissimo, il quale si congratulò con lui per aver sottratto la città dal giogo dei signori della guerra e ottenne da lui la promessa che la forgia sarebbe stata riattivata entro la mezzanotte di quello stesso giorno. Il fabbro inoltre gli garantì che, se avesse trovato i materiali necessari, avrebbe costruito un’armatura di cuoio borchiato per lui gratuitamente. Il mezzelfo lo ringraziò e tornò verso il molo e le navi attraccate, pronto a rassicurare i mercanti che non c’era più pericolo per le loro vite e le loro merci.
Mentre passò vicino ad alcune basse case, si ricordò che il corpo di Sitticus giaceva ancora lassù, sui tetti di Shrentak. Dunque si prodigò a tirarlo giù e a chiedere aiuto ai passanti per trasportarlo nella bottega del fabbro. Da lui apprese infatti che i corpi degli uomini di Garshek erano stati dati ai pesci, mentre al cadavere di Jorad, il valoroso soldato di Trenèt, era stata data una rozza ma almeno degna sepoltura. Kail domandò agli uomini della bottega se avessero potuto concedere anche al ragazzo lo stesso trattamento riservato a Jorad e nessuno di loro si oppose alla sua richiesta.
Finalmente il mezzelfo poté dedicarsi quindi alle navi senza altri pensieri per la testa, ma prima che potesse gettare una voce ai loro capitani, alcune persone discesero di corsa la strada che portava ai moli gridando che la locanda era andata in fiamme!
Roteando gli occhi Kail si disse, rammaricandosi, che si era allontanato appena un’ora. Una singola ora, ed era successo un pandemonio!
Di corsa, ritornò subito alla locanda.
Stuard si affacciò alla casa del borgomastro e notò che i soldati del re stavano già cambiando le cose in meglio e in maniera radicale.
C’erano tre carri nel cortile, pieni di materiali: vettovaglie e vestiti, alimenti, armi, materie prime e strumenti di prima necessità. Gli uomini andavano e venivano dai carri e prelevavano tutto ciò che poteva servire loro per allestire un edificio che ospitasse cinquanta persone per un periodo di tempo abbastanza prolungato.
Il cavaliere entrò all’interno della struttura e notò come le stanze, prima abbandonate e piene di polvere, erano state adibite a dormitori e a magazzini: perfino le prigioni erano state ripulite e sistemate in maniera impeccabile.
Il cavaliere trovò il re nella stanza della guerra, che un tempo aveva ospitato il capitano Trenèt e la sua splendida armatura. Trovò Wilhem a parlare con Dorian e attese con pazienza un’udienza, ma l’armatura era sparita, probabilmente rubata da Oleg e la sua banda di malfattori. Il re lo fece entrare appena lo vide e lo accolse come sempre con molto calore. Stuard espose la sua proposta: recarsi a stanare il prima possibile Oleg nel bosco, in maniera tale di poter poi ripartire con i suoi amici per la loro sacra missione quanto prima. Wilhem ovviamente non si oppose, anzi lo invitò a tornare alla locanda ed attendere l’arrivo dei dieci soldati che lui stesso avrebbe selezionato per questo compito gravoso.
Tuttavia, prima che il cavaliere imboccasse l’uscita, il re lo richiamò, invitandolo prima a vestirsi in maniera adeguata e a prendere un’armatura di quelle disponibili sulle rastrelliere. Stuard provò a ribattere che non era necessario, ma il re insistette, commentando che se il vecchio Gerald avesse saputo che lui aveva mandato in giro suo nipote come un vagabondo, non gli avrebbe mai più rivolto la parola. Pertanto il giovane fu quasi costretto a fermarsi ai carri e a prelevare dei vestiti per sé stesso ed i suoi amici, ed un’armatura di maglia che gli calzasse bene. Mise tutto in un sacco e si diresse di nuovo alla locanda.
Quando vide il fumo alto nel cielo e lingue di fiamme guizzare dal piano superiore dell’edificio, gli venne un colpo. Lasciò cadere il sacco e corse a perdifiato in quella direzione.
Estellen passò il tempo alla locanda parlando con Philippe, l’oste (e anche cuoco preparato) e Patricia la sua valida aiutante. Con loro preparò una lista di cose che avrebbero fatto comodo per il loro imminente viaggio verso sud, tra cui anche un piccolo carro che sarebbe servito come il pane ai loro scopi. Gettando sempre un occhi alla bambina, la giovane sacerdotessa di Paladine alla fine si sedette di nuovo accanto al minotauro.
Morduk aveva appena finito la sua terza pinta di birra ed aveva un aspetto strano, affaticato, accaldato, ed emanava un odore sgradevole di sudore e cuoio. Tuttavia, per educazione, Estellen non gli disse nulla, finché capì cos’è che non andava in quella stanza: dalle assi di legno al piano di sopra, stava filtrando del fumo denso e scuro: chiaro segnale che era scoppiato un incendio!
La giovane si alzò immediatamente dal tavolo e andò a recuperare Margaret, poi gridò a tutti di uscire dalla locanda perché molto presto le fiamme avrebbero consumato l’edificio. Subito tutti gli avventori si riversarono per la strada in preda al panico, urlando e spingendo, mentre Estellen, con la bimba in braccio, tentava di uscire anche lei dalla sala. Morduk invece afferrò la sua ascia e le gridò di attenderlo fuori,mentre lui andava a controllare se al piano di sopra fosse rimasto qualcuno in difficoltà o se magari il piromane avesse appiccato il fuoco dall’interno, cosa improbabile ma non impossibile.
Estellen alla fine si ritrovò di fuori all’aria aperta, ma con il cuore in pena per la sorte del minotauro.
Mise la bambina in terra e quando lo fece, il suo sesto senso la avvertì di un pericolo alle sue spalle. Un uomo esile ed incappucciato aveva appena incoccato una freccia, ma il bersaglio non era lei, ma proprio la piccola Margaret. Istintivamente la giovane si frappose tra il micidiale dardo e la bimba, permettendo così alla punta di penetrarle il petto, poco al di sopra del seno destro.
Estellen cadde a terra ferita a morte: il dolore era lancinante e non riusciva a fare nulla se non lottare per respirare. Fu capace solo a girare appena gli occhi annebbiati, per vedere che quella figura esile e incappucciata, si era chinata e aveva sollevato la bambina da terra, sparendo poi tra i vicoli di Shrentak.
Lacrime di sofferenza e preoccupazione le velarono il volto per un’ultima volta. L’ultimo rantolo, la giovane lo fece mentre i suoi occhi violetti osservavano la costellazione di Paladine, alta nel cielo. Ad essa affidò la sua anima e chiese perdono per i suoi peccati, prima di chiuderli per sempre in un unico sospiro lungo e sofferto.