Il maniero di Lord Darkhan distava poche centinaia di metri dal porto di Shrentak, ma la scivolosa salita e il terreno sconnesso allungarono di molto i tempi di arrivo.
Trenèt, per tenere alto il morale, aveva narrato la storia del maniero lungo il tragitto, ma sia i minotauri, che i nostri eroi, mantennero un bieco cipiglio per tutta la faticosa scalata. Soprattutto Kail, che era oltremodo amareggiato e furibondo per la morte di Sitticus e aveva silenziosamente giurato sul suo onore che gliel’avrebbe fatta pagare cara a quel codardo di mezzorco che era fuggito dal campo di battaglia.
La pioggia continuava a scendere implacabile dal cielo plumbeo, inzuppando ulteriormente cappe e vestiti, ma perlomeno adesso la visibilità era chiara e questo rallegrò un poco i loro animi abbattuti.
Dietro di loro seguiva il gruppo di Oleg o almeno quel che ne rimaneva. Il nutrito ammasso di lestofanti si era infatti dimezzato dopo gli scontri con gli uomini di Zurgo, senza che avessero fatto molto per combatterli o difendere le proprie vite. D’altronde era anche comprensibile: a guidarli era una canaglia come loro, forse un po’ più furbo, ma certamente non un soldato o un veterano di mille battaglie come Morduk o Thrak. Erano poco più che dei bulli di taverna, ed ora si stavano infilando nella tana dell’orco, probabilmente ignari che il peggio sarebbe dovuto ancora arrivare. Oleg li stava portando dritti al macello e tutto questo per permettere a lui e ai pochi sopravvissuti, di ottenere la promessa di una vita vagamente agiata, ciascuno con il proprio pezzetto di potere e di tornaconto sui dazi dei mercati di Shrentak. Questo era il valore della vita umana in questa fogna di città e per il re sarebbe stato difficile ripulire prima di tutto questa sbagliata mentalità.
Il maniero era una struttura a pianta quadrata, con quattro bastioni ai quattro lati di un complesso centrale, in gran parte crepati e pericolanti. Il cortile antistante era pieno di crolli e frane, che si erano aperti qua e la sulla struttura sovrastante nel corso dei secoli e che certamente non promettevano nulla di buono, essendo delle sezioni molto adatte ad eventuali agguati e imboscate.
Trenèt smontò da cavallo e disse a tutti solamente due cose: la prima, che lui conosceva l’ubicazione del rifugio di Garshek all’interno del castello e la seconda di tenere gli occhi e le orecchie aperte, perché i cadaveri che avevano lasciato sul campo di battaglia erano solo una piccola parte degli uomini che lavoravano per l’orco.
Mai tale avvertimento si rivelò più veritiero e profetico: prima che i nostri eroi e i loro compagni riuscissero a mettere piede dentro il maniero infatti, furono assaliti in diverse occasioni, pagando il conto in vite umane ogni singola volta. Infatti altri quattro uomini di Oleg persero la vita durante il tortuoso percorso che avevano scelto per arrivare all’interno della fatiscente struttura: dietro ogni curva o ogni rudere, si celava una minaccia alle loro vite e solo grazie alle loro abilità superiori con le armi ebbero la meglio negli scontri.
Finalmente dentro il dissestato maniero, Trenét sussurrò a tutti di seguirlo, poiché alcuni anni prima, quando la presa di Vantal era ancora forte sulla città, diverse volte si era recato nel rifugio dell’orco per parlare con lui di cosa poteva tollerare del suo comportamento, ai limiti della legalità, e di cosa invece non poteva. Pertanto gli otto uomini e due minotauri gli lasciarono con fiducia la testa del gruppo, nella speranza di finire questo bagno di sangue il prima possibile.
Cautamente, attraversarono tutto il corridoio d’entrata, per poi svicolare dove un tempo c’erano le cucine e poi svoltare per un’ampia sala diroccata, che Estellen ritenne essere una delle grandi stanze adibite ai conciliaboli. Finalmente, dopo aver passato per un muro in parte crollato, uscirono per un lungo corridoio ancora in buono stato e in fondo a questo, intravidero un grande portone in legno che sembrava socchiuso. Stuard capì subito che quella era stata una volta la stanza della guerra e rabbrividì, pensando che un sudicio orco adesso insozzava un luogo dove, secoli prima, un cavaliere di Solamnia era solito radunare i suoi generali e pianificare le sue azioni.
Tuttavia Trenèt disse a tutti di fermarsi.
Aveva infatti notato uno strano movimento in fondo, vicino alla porta d’ingresso semi aperta. Un grosso tavolo di legno era stato messo di traverso come barricata improvvisata e almeno una dozzina di uomini, armati fino ai denti, si tenevano parzialmente nascosti, usando il tavolo come scudo. Il capitano notò subito il mezzorco, che spintonava e malmenava i suoi, spronandoli a tenersi pronti al combattimento. Come lo vide, Trenèt fece alcuni passi in avanti, rinfoderò la spada e disse:
“Zurgo! Ferma questa follia! Sono morte troppe persone! Il re di Vantal è stato avvertito e i suoi soldati verranno presto a prendere te, tuo padre e ciò che rimane dei tuoi uomini! Se mi restituisci mia moglie e mia figlia, farò in modo che riceviate un regolare processo e un trattamento umano! Ti prego, fa come ti dico prima che sia troppo tardi!”.
L’appello disperato del capitano fece sogghignare il mezzorco, che uscì sfrontatamente allo scoperto, snudando il suo mazzafrusto, che la leggenda voleva avesse interrotto la vita di almeno mille uomini. Nella sinistra teneva un fagotto ritorto, che nessuno, nemmeno il mezzelfo con la sua vista acuta era riuscito a scorgere bene da quella distanza.
“Trenét è qui che ti sbagli: io sono umano solo per metà. Vuoi riavere tua moglie e tua figlia? Ti accontento subito…”.
Zurgo lanciò il fagotto ai piedi del capitano, scagliandolo in avanti di quasi dieci metri. Il capitano, temendo un attacco, estrasse per istinto la spada, ma quando capì cosa gli fosse stato gettato ai piedi, ebbe un fremito di pura disperazione. Si trattava del corpo dilaniato di sua moglie Eléne, che, come una bambola di pezza, gli era stato buttato contro come immondizia, con disprezzo e crudeltà indicibili. Il capitano crollò in ginocchio, la spada gli cadde dalle mani e raccolse da terra quei miseri resti, tentando di scuoterli e in questo modo ridargli vita. Il corpo aveva diverse ossa rotte, ed era macchiato di sangue in più punti. Il volto era praticamente irriconoscibile, ed aveva subito ogni tipo di violenza. Trenèt non riuscì a trattenere le lacrime.
La risata di Zurgo squarciò il silenzio che era calato sugli uomini del capitano, rimbalzando impietosa sulle pareti.
“Avete fatto un grosso sbaglio a venire qui: vi ammazzerò tutti, uno ad uno… ma tu… tu sei solo suo. Puoi entrare e unirti a tua moglie e a tua figlia nel regno dei morti…”.
Il mezzorco invitò Trenèt ad andare direttamente nel covo di Garshek, oltre la barricata e la grande porta, ed il capitano, lentamente, come fosse stato stordito da un violento colpo alla testa, fece come gli era stato detto. Ricompose il corpo della moglie, raccolse la spada di famiglia e si avviò verso il suo destino. Zurgo non lo degnò nemmeno di uno sguardo, spronando invece chiunque dei suoi compagni ad andargli sotto e sfidarlo.
Con un urlo di puro odio, Thrak si scagliò contro il mezzorco, ed Estellen capì in quel momento cos’è che non andasse in lui: la quadrella che avrebbe dovuto colpirla al porto, aveva invece colpito lui, ma quello zuccone di un minotauro non le aveva detto niente. Quando il mazzafrusto di Zurgo gli fracassò il muso, il respiro le morì in gola. Per un intenso momento un violento capogiro rischiò di farla cadere al suolo, priva di sensi. Perfino Morduk aveva cercato di trattenere il giovane minotauro: sapeva che quel mezzorco sarebbe stato un osso troppo duro per lui, nelle sue condizioni. Lo vide cadere, afferrò la sua enorme ascia e andò a vendicare il suo consanguineo.
Prima che Kail e Stuard potessero fare qualcosa però, Oleg si rivolse al mezzorco, peggiorando una situazione già disperata.
“Zurgo, ti offro i miei servigi… io e i miei uomini saremo al tuo fianco…”.
Esclamò il capo dei banditi, lasciando i nostri eroi di stucco.
“E’ inutile che mi guardiate con disprezzo, milady. Trenèt ci lascerà le penne la dentro. Loro sono più di noi e Garshek è un guerriero quasi imbattibile. Per non parlare del mezzorco… senza rancore, sono solo affari…”.
Le parole di Oleg sferzarono le orecchie di Estellen, che stava davvero per smarrire la ragione. Quando Morduk, ferito da almeno quattro quadrelle al porto e fiaccato da diversi colpi di spada fuori dal maniero, si accasciò ansante al suolo, la portavoce di Paladine perse il controllo delle sue azioni. Desiderava solo che quella bestia di un mezzorco finisse congelato o pietrificato laddove si trovava. Puntò dunque il suo bastone verso di lui, lo sentì vibrare, ma capì che i suoi poteri erano diversi rispetto a quelli da lei invocati.
Stava per ripiegare su cose più alla sua portata, quando vide con terrore Stuard che caricava Zurgo con furia omicida. Senza armatura, con uno scudo quasi inservibile e soltanto la sua antica spada in mano. Oltre al suo coraggio, certo. Il cuore le si strinse in una morsa soffocante. Tuttavia non ebbe il tempo di preoccuparsi per il cavaliere, perché al grido di Zurgo: “Molto bene, uccideteli tutti!”, Estellen si trovò accerchiata da Oleg e i suoi uomini.
Kail snudò subito le sue lame e si avvicinò alla sua giovane amica per darle supporto, ma una dozzina di uomini uscirono dal loro nascondiglio dietro il tavolaccio di legno e, urlando come forsennati, caricarono a testa bassa nella loro direzione. Il mezzelfo guardò sconsolato Estellen: quindici avversari, anche se non irresistibili, erano troppi anche per lui.
A meno che non avesse osato il tutto per tutto, ma se l’avesse fatto, sarebbe stato molto pericoloso anche per la sua amica.
Dunque o bere o affogare: questa era la loro unica e ultima scelta.
Zurgo il crudele.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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