Il gruppo guidato dal capitano Trenèt ci mise diversi minuti, imprecazioni e morti, prima di capire che erano finiti in una trappola perfetta.
Inoltre, la pioggia battente riduceva la visibilità a zero, tanto che Stuard non riusciva a rendersi conto nemmeno chi gli era accanto e chi si trovava, invece, più vicino alle linee del nemico. I due minotauri invece fremevano: uno si trovava nei pressi della barricata nemica, l’altro nelle retrovie accanto ad Estellen. Infine, Oleg e i suoi uomini erano rimasti piuttosto compatti, ma essendo i meno addestrati, erano anche quelli più soggetti al fuoco nemico.
Kail si trovava vicino a un mucchio di casse ammucchiate nei pressi delle case sbarrate dall’esterno e cominciava a preoccuparsi seriamente per quella situazione di stallo. Il mezzelfo cominciò ad urlare a tutti le sue considerazioni, soprattutto a Trenèt che fortunatamente si trovava davanti a lui. Questo diede perlomeno a tutti la consapevolezza di dove si trovassero almeno vagamente lungo la banchina.
“Maledizione , ci hanno bloccati… hanno potuto vedere dove ci siamo nascosti e, se mettiamo il naso fuori, ci colpiranno di sicuro. Noi invece siamo ciechi come talpe e questa dannata pioggia non ci aiuta per niente!”
L’amaro commento del capitano suscitò agitazione tra i suoi compagni, soprattutto tra i minotauri.
“Trenèt, finché rimarremo qui non avremo via di scampo! Questi dannati non molleranno la presa, bisogna fare subito qualcosa!”
Rispose Morduk, afferrando la sua ascia e preparandosi a una improbabile quanto infruttuosa carica.
Dovette cadere, colpito dalle quadrelle nemiche, un altro uomo del gruppo di Oleg, prima che Estellen potesse notare un dettaglio che poco più avanti risultò determinante. Casualmente, infatti, la giovane vide che i tetti delle case erano piuttosto bassi e forse accessibili per qualcuno abbastanza agile da raggiungerli. Con grande determinazione, Estellen si alzò, afferrò dunque la sua balestra e si diresse verso uno strettissimo vicolo che collegava le case lì vicino. Fu una vera fortuna che Thrak fosse lì con lei, poiché impedì a due insidiosi dardi dei nemici di rischiare di colpirla. Una quadrella le sfiorò il braccio destro, l’altra sembrò sparire nell’oscurità e perdersi nella pioggia battente, poiché non ne sentì il sibilo sfiorarle la figura. La giovane lo ringraziò con gli occhi.
Il minotauro annuì e comunque comprese l'interessante strategia della ragazza e si mosse più avanti per riferirla al capitano. Thrak voleva il prima possibile raggiungere Morduk per placarlo, poiché l’enorme minotauro era impaziente di caricare le linee nemiche. Tuttavia, senza una adeguata copertura dall’alto, per lui e per chiunque altro, sarebbe stato un suicidio certo attaccare frontalmente. Prima di lasciarlo andare Estellen invocò su di lui una protezione divina, poiché il minotauro sembrava in difficoltà, quasi impacciato nei movimenti. Forse era solo una sua sensazione, ma preferì non rischiare.
Messo al corrente che poteva esserci un piano che avrebbe potuto salvare delle vite, Trenèt ordinò a Kail di raggiungere quel vicolo e con l’aiuto di un abile arciere della compagine di Oleg, alla fine riuscirono a salire sul tetto più vicino. L’arciere si chiamava Sitticus e Kail capì che era davvero giovanissimo. Insieme strisciarono sui tetti, appostandosi sopra gli ignari avversari. Ne contarono sette, e tutti armati di balestra. Se non avessero osato qualcosa, ben presto sarebbe stato un tiro a segno: infatti i loro amici non avrebbero potuto né avanzare, né fuggire.
Nel frattempo Trenèt ordinò a tutti di attendere il suo ordine prima di attaccare. Morduk e Thrak smaniavano per entrare in azione.
Kail fece un bel respiro, poi si tirò su e scaglio rapidamente due frecce, mentre il suo compagno abbatteva un altro balestriere nascosto dietro a dei sudici barili.
La visibilità dai tetti era certamente migliore, il vento riusciva a piegare un po’ la pioggia e a permettere ai tiratori di centrare i loro bersagli. Le urla dei loro avversari bastarono ai minotauri come ordine di attacco, lasciando Trenèt perplesso e spiazzato. Tuttavia, il capitano riprese subito in mano la situazione e urlò a tutti di attaccare.
In mezzo a questo parapiglia, ci fu un dettaglio che mise in allarme il mezzelfo, ancora sopra il tetto: i loro avversari avevano sistemato una seconda barricata poco più distante rispetto alla prima: sarebbe stato, quindi, molto pericoloso trovarsi in campo aperto sotto il fuoco nemico, quindi ordinò a Sitticus di avvertire il capitano. Il ragazzo scese velocemente urlando a Trenèt cosa avevano visto dall'alto, ma era troppo tardi: i minotauri stavano già facendo a pezzi tutto ciò che incontravano sul loro cammino. A quel punto Trenèt ordinò comunque la carica, nella speranza di dare ai suoi avversari più bersagli da colpire, invece che i soli due uomini toro.
Proprio in quel momento si udì distintamente una potente voce esclamare:
“Avete sentito l’ordine? Tirate subito! Quel maledetto Trenèt deve morire oggi!”
Qualcuno aveva dato l’ordine di tirare su tutti, amici e nemici e probabilmente alcuni dei balestrieri avevano fatto notare la brutalità di un simile comando.
Nel frattempo, Sitticus tornò accanto a Kail, scoprendo che il mezzelfo era stato ferito. Nonostante il dolore al fianco, Kail lo rassicurò e si avvicinò poi di tetto in tetto alla seconda barricata, ma prima che potesse scagliare un'altra volta le sue mortali frecce, sentì la voce di Trenèt echeggiare sul campo di battaglia.
“Zurgo! Ferma questo massacro! Vieni fuori e affrontami. Mostra un po’ di onore in quel cuore arido che possiedi. Sei per metà umano, non comportarti come tuo padre!”
Dopo alcuni secondi intensi di silenzio assoluto, gli uomini di Zurgo scaricarono le loro micidiali balestre sul campo di battaglia, uccidendo amici e nemici. Stuard si salvò solo grazie al suo vecchio e malandato scudo, mentre Trenèt sopravvisse grazie a Jorad, che si sacrificò esponendosi al fuoco nemico al suo posto. Fu in quel momento, in cui gli uomini di Zurgo stavano ricaricando le loro armi, che Kail e Sitticus scagliarono le loro frecce, uccidendo sul colpo ben tre uomini. Kail notò che qualcuno stava fuggendo dalla barricata e aveva quasi deciso di inseguirlo, ma vedendo Sitticus ferito a morte, cambiò idea e andò immediatamente a cercare Estellen. Il mezzelfo ci mise un po’ a trovarla e alla fine tornarono insieme sul tetto, ma era troppo tardi: il ragazzo era morto e Kail sentì una rabbia feroce crescere nel suo cuore. Quindi, ridiscesero sulla banchina, riunendosi a Stuard, che nel frattempo era tornato indietro a cercare i suoi amici.
Il cavaliere, insieme ai minotauri e al capitano, avevano assaltato la seconda barricata, sbaragliando facilmente i loro avversari. Tuttavia il prezzo da pagare risultò molto alto.
La pioggia torrenziale si era finalmente placata, e quando tutti quanti si riunirono nei pressi del secondo campo di battaglia, fecero il conto dei feriti e dei morti. Sei degli uomini di Oleg erano caduti, riducendo la sua masnada di farabutti a sette elementi. Kail, Trenèt e Morduk erano visibilmente feriti, e Estellen fece il possibile per alleviare le loro sofferenze utilizzando la sua mistica taumaturgia.
Trenèt rimaneva silenzioso e cupo, triste per la morte del suo ultimo soldato. Jorad gli era rimasto accanto fino alla fine, sacrificando la sua vita per salvare la sua e questo lo obbligava moralmente a riuscire nella sua missione. Avvicinandosi quasi alla fine del molo, il capitano trovò dei cavalli e indicò a tutti il maniero di lord Durkhan.
Mentre montavano a cavallo e cominciavano a inerpicarsi lungo lo scivoloso sentiero che saliva verso l’alto, egli raccontò la storia di quel vecchio castello ormai diroccato e abbandonato da moltissimo tempo. Lord Durkhan era stato un benefattore di Shrentak, un vero e proprio protettore di questa un tempo magnifica città portuale. Poi la disgrazia si abbatté su di lui e sulla sua famiglia, ed infine il cataclisma spazzò via ciò che rimaneva della sua casata. Adesso il maniero era il rifugio di Garshek: una tana piene di insidie e di possibili punti di agguato.
Il capitano invitò quindi tutti a rimanere concentrati e determinati, poiché il peggio doveva ancora arrivare.