I nostri eroi non trovarono difficoltà a raggiungere Shrentak: il sentiero era sgombro e Kail trovò facilmente la via migliore per arrivare in città. Anzi, a dire il vero il mezzelfo trovò quel sentiero un po’ troppo “sgombro”, per una città che faceva del commercio la fonte principale della sua sopravvivenza. Nonostante fosse passato da poco mezzodì, non c’era anima viva in giro, anche se qua e la, potevano intravedersi delle luci e del fumo uscire dalle case nei pressi del grande anello portuale.
Qualche cane randagio alzava ogni tanto la testa e li fissava con curiosità, quasi a chiedersi che diavolo ci facessero delle persone a vagabondare per le strade di Shrentak così, impunemente.
Per questo motivo Kail raccomandò ai suoi amici cautela e di recarsi prima di tutto dal borgomastro: c’era qualcosa nell’aria che non gli piaceva, troppo silenzio, troppa poca attività in giro. Meglio raccogliere delle informazioni sicure, prima di cercare una locanda e sistemarsi per la notte. Inoltre, far rifocillare i cavalli, comprare delle provviste, sistemare alcune cosette del loro equipaggiamento, come per esempio la cotta di maglia di Stuard, ed infine trovare quel maledetto kender, avrebbe certamente richiesto del tempo e avrebbe mostrato i loro volti in giro. Per cui il mezzelfo aveva stabilito che fosse essenziale avere in mano un consiglio autorevole ed imparziale su come e dove muoversi per la città, per evitare di andar incontro a particolari rischi per la loro incolumità. Nessuno si oppose alla sua decisione.
Non fu complicato trovare il corpo di guardia, poiché giunti al porto, i vessilli gialli di Vantal furono facilmente osservabili dai nostri eroi, che si recarono senza indugi nella loro direzione.
La struttura del corpo di guardia era quasi interamente in pietra, a pianta quadrata, semplice ma solida, con un piccolo atrio centrale e una cancellata divisoria perimetrata da una recinzione in legno. Quattro piccoli ripiani di vedetta svettavano ai quattro lati della piccola fortezza, con i quattro vessilli che sventolavano alla fresca brezza proveniente dal mare.
Stuard si avvicinò al cancello e mostrò il sigillo del re di Vantal alla guardia e si meravigliò di quanti pochi soldati avesse notato all’interno. Ce n’era uno che strigliava i cavalli, uno che era uscito a svuotare i pitali, un altro che spazzava per terra, ma nessuno che faceva esercizio con la spada. Insomma, un po’ troppo esiguo come corpo di guardia.
Comunque il soldato li fece entrare e rispose al cavaliere che purtroppo la situazione era diventata critica a Shrentak negli ultimi tempi. Poi prese in consegna i loro cavalli, ma prima fece arrestare Kodran, rinomato gaglioffo locale. Il capitano della guardia, Lord Trenèt, ex cavaliere di Solamnia e uno dei più fidati uomini di re Wilhelm, non riusciva infatti più a mantenere l’ordine, poiché i due signori della guerra locali erano diventati superiori di numero e sempre meglio organizzati. Addirittura recentemente il capitano aveva arrestato uno dei migliori uomini di Kiridan e lui aveva per la prima volta osato minacciarlo apertamente, promettendo ripercussioni serie sulla sua famiglia.
Insomma, era una situazione esplosiva.
Juliàn scortò i nostri eroi da Trenèt, il quale li accolse immediatamente nella sua piccola sala della guerra.
Trenèt era un uomo sulla quarantina, forse anche qualche anno più vecchio, ma ancora imponente, con i capelli neri, leggermente brizzolati, tirati all'indietro e gli occhi azzurri attenti ed intelligenti. Quando Stuard gli mostrò il sigillo reale, raccontando che Wilhelm era di nuovo saldo sul trono di Vantal, il capitano non riuscì a nascondere l’emozione e ordinò subito ad uno dei suoi uomini di prendere un cavallo e recarsi in città a chiedere supporti immediati.
Trenèt spiegò che finché c’era stato il re ad aiutarlo, Kiridan e Grashek avevano limitato le loro scorribande a poche, trascurabili, operazioni sottobanco. Ora invece, in questo periodo in cui Wilhelm era rimasto silente riguardo gli affari di Shrentak, essi avevano usurpato la sua autorità, spingendosi addirittura a terrorizzare gli abitanti e a derubare in maniera spudorata i mercanti di passaggio per la città. Il capitano ammise con molta amarezza che non avevano a disposizione sufficienti uomini per riportare l’ordine, né tanto meno per sfidare apertamente Kiridan e Grashek.
“Io mi prendo le mie responsabilità, ma più di una volta Kiridan e i suoi scagnozzi, hanno promesso di prendersela con la mia famiglia. Ci sono un paio dei suoi in gattabuia adesso, e ha minacciato atti gravissimi questa volta. Cerco di mantenere l’ordine ma non è facile, credetemi!”
Furono in buona sostanza le parole più significative pronunciate dal capitano. Proprio in quel momento, un malconcio soldato entrò sconvolto nella stanza della guerra, esclamando trafelato:
“Trenét, presto venite! Hanno ucciso Gautier e hanno preso vostra moglie e vostra figlia! Mi hanno risparmiato solo affinché potessi venire a dirvelo!”.
Il capitano non si scompose, mascherando la paura e l’ansia per i propri famigliari e la perdita del suo uomo agli occhi del suo sottoposto.
“Dov’è Kiridan ora?”. Rispose con voce pacata.
“Alla locanda…” Ribatté il soldato, ancora sotto shock e con il fiatone.
“Raduna più uomini possibile e andiamo. Adesso hanno davvero varcato il limite…”.
Detto questo, Trenét si allacciò con cura il cinturone con la spada, poi girò lo sguardo verso Stuard.
“Non so cosa vogliate fare sir cavaliere, ma avrei un disperato bisogno del vostro aiuto…”.
Stuard non se lo fece ripetere due volte, così come Kail ed Estellen.
Prima di uscire e recarsi nella stalla, il cavaliere osservò la maestosa armatura di Trenét, adesso indossata da un manichino di legno e pensò quanto dovesse essere difficile per il capitano tenersi dentro l’ansia e la paura per la sorte della propria famiglia, ma sforzarsi di fare lo stesso il proprio dovere. Anche questo significava essere un cavaliere di Solamnia: anche quando la vita ti portava a cambiare direzione dalla strada maestra, un cavaliere rimaneva uguale a sé stesso per sempre.
Così Trenét, tre dei suoi uomini ed i nostri eroi, arrivarono alla locanda dell’anello sud di Shrentak, scoprendo che era pattugliata da ben sette lestofanti armati fino ai denti.
Trenét scese da cavallo senza nemmeno aspettare che il suo destriero si fermasse, poi si recò furibondo alla porta, ma fu fermato subito dai gaglioffi, che lì per lì si rifiutarono di farlo entrare. Il capitano li minacciò pesantemente, ma prima che si spargesse inevitabilmente il sangue, Estellen si fece avanti e si mostrò agli uomini di Kiridan. La sua intenzione fu quella di mitigare gli animi ovviamente, ma gli uomini del signore della guerra, vedendola ammantata pesantemente, appoggiata ad un bastone chiaramente incantato, la scambiarono per un mago. Tutti si aprirono, lasciandola passare intimoriti, perché era arcinoto il terrore che avevano i marinai nei confronti degli usufruitori di magia, che li additavano come untori e portatori di scalogna.
In questo modo Trenét, la sua esigua e malconcia scorta, ed i nostri eroi, riuscirono ad entrare nella locanda senza dover combattere ed uccidere nessuno.
Il capitano irruppe violentemente nella bettola, notando subito Kiridan in fondo alla stanza che stava importunando sguaiatamente una povera cameriera. Stuard contò cinque gaglioffi al seguito del signore della guerra: con quelli fuori erano dunque una dozzina in totale.
“Kiridan! Dove hai portato mia moglie e mia figlia? Dimmelo subito o oggi qualcuno qui dentro morirà senza possibilità di appello!”
Esordì il capitano, la mano ferma sulla spada di famiglia. Intorno a lui, gli sgherri di Kiridan cominciarono a saggiare le armi.
“Trenét, ma che bella sorpresa! Ti avevo avvertito di liberare i miei uomini, ma ti sei rifiutato… se tua moglie e tua figlia a questo punto saranno morte, sarà stata solo colpa tua!”
Rispose Kiridan ridacchiando.
Il capitano sfoderò la spada scintillante, forgiata tra le montagne di Vingaard Keep, poi la puntò verso Kiridan. Gli uomini del signore della guerra a quel punto reagirono, sguainando anch’essi le loro lame.
“Dimmi dove sono e oggi non morirà nessuno qui dentro. Non è troppo tardi, Kiridan…”
Il signore della guerra lasciò andare la spaventatissima ragazza, poi si ricompose e anche lui sfoderò una spada ingioiellata, frutto di chissà quale razzia. Era un uomo imponente, indossava un’armatura di cuoio borchiato e i suoi occhi neri erano crudeli come quelli di un orco.
“Si che è troppo tardi… sai che Garshek ha una predilezione particolare per gli schiavi umani, meglio ancora se femmine…”
Trenèt fece un passo avanti, questa volta deciso a mozzare la testa di quello sciacallo che aveva davanti.
“Pagherai per aver rapito la mia famiglia ed ucciso il mio uomo!”.
Sibilò Trenèt tra i denti.
“Che vuoi fare, capitano? Un’altra dozzina dei miei uomini sta tornando dal territorio di Grashek: se proverete ad attaccarci, sarete tu e i tuoi a morire oggi...”
Rispose il signore della guerra con fare arrogante, ed un ghigno malvagio stampato sulle labbra.
Trenèt abbassò di poco la spada. Era combattuto: voleva vendicarsi, ma sapeva bene che per farlo avrebbe perso tempo prezioso e se avesse voluto salvare la sua famiglia, perdere il minor tempo possibile poteva fare la differenza. Per cui, digrignando i denti, si voltò e disse ai suoi uomini di seguirlo.
“Un secondo!”
Ribatté a quel punto Kiridan.
“Chi sono queste persone che sono venute con te? Due sembrano combattenti, ma questa fanciulla? E’ bellissima…”.
Sentendo quelle parole, così sprezzanti e irrispettose, Kail fu consapevole che quel giorno ci sarebbe stato un bagno di sangue in quella lurida locanda.
“Voi potete andare, ma la donna resta qui!”
Terminò Kiridan, lisciandosi i sudici baffi.
Inutile raccontare quello che sarebbe successo dopo.
Il capitano Trenèt.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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