Estellen si era immaginata l’abisso come un luogo di perversione assoluta, dove demoni e mostri si azzannavano continuamente in una follia caotica che non avrebbe lasciato alcun vincitore. Invece sembrava che le cose non stessero così: l’abisso pareva soltanto una distesa brulla e maleodorante, sicuramente non ospitale verso la vita mortale, ma nemmeno scenario o teatro di alcun mattatoio rivoltante e sanguinoso. Un forte e orrendo puzzo di zolfo saliva dal terreno e un tanfo intenso di cloro sembrava invece scendere dal cielo, mentre varie tinte arancioni sembravano colorare ogni cosa, come a voler comunicare che l’arancio fosse il colore della disperazione. Ogni tanto questi miasmi mefitici arrivavano fin dalla loro parte del portale, sottolineando appunto che l’aria era certamente irrespirabile e corrosiva in quella terra maledetta. Tuttavia i dettagli più brutti stavano in quel che non si riusciva a vedere ma solo a percepire di quel paesaggio: tra questi, il peggiore era certamente un male assoluto che permeava ogni cosa. Un male ed un’oscurità oltre ogni comprensione.
Dracart sussurrò tra i denti alcuni pochi altri incantesimi, tenendo questa volta il libro maledetto nella mano. Poi girandosi verso Dorian, disse:
“Vado incontro al mio destino. Grazie mio allievo: non dimenticherò la tua lealtà…”
Dorian chinò leggermente il capo nella sua direzione in segno di rispetto, poi si tirò indietro di un paio di passi.
L’arcimago non degnò nemmeno di uno sguardo Estellen, che aveva pensato per un attimo di sfruttare quell’indifferenza nei suoi riguardi, per utilizzare il suo pugnale su Dracart e far fuori quel mostro seduta stante. Tuttavia ci ripensò guardando meglio Dorian, che sembrava avesse un piano diverso in mente. Dopo che Dracart, tenendo alto il libro di Fisatandantilus, aveva varcato dunque il portale e aveva iniziato a camminare nell’abisso in una direzione che evidentemente solo lui vedeva, Dorian bisbigliò ad Estellen:
“Distogliete lo sguardo da questo luogo e dall’empia figura che sta arrivando, milady. Concentratevi su ciò che dovrete presto fare, poiché la mia vita è adesso nelle vostre mani. So che non ho fatto molto per meritarmi la vostra fiducia, ma vi prego di credermi ora, perché dalla vostra decisione dipenderà la sopravvivenza del mondo.”
Dette queste parole, Dorian varcò anch’egli il portale, senza che Estellen potesse avere il tempo di capire se avrebbe fatto meglio ad evitare di farglielo fare. Tuttavia la giovane scoprì quasi subito che quella non era la cosa peggiore successa negli ultimi secondi: quello che sembrava un granello di sabbia nel cielo arancione infatti, stava diventando sempre più grande, fino a mostrare i contorni di un immenso drago a cinque teste in rapido avvicinamento. Presa dal panico Estellen distolse lo sguardo da quell’immagine, perché insostenibile per i mortali e, disperandosi, attese i suoi amici che stavano pian piano sopraggiungendo.
Maledicendosi per aver contribuito ad aprire il portale e aver dato a Takhisis la chance di entrare sul piano mortale, comprese perché Paladine le avrebbe certamente negato il suo aiuto in questa sua sciagurata decisione. Era stata una folle! Una folle ed una irresponsabile.
I draconici nel frattempo, sentendo l’arrivo imminente della loro padrona, erano crollati in ginocchio in adorazione.
Stuard, Kail ed Estellen riuscivano a rendersi conto solo a stento che cosa fosse davvero successo e le loro menti non potevano nemmeno comprendere fino in fondo le conseguenze di ciò che le loro azioni avevano scaturito. Takhisis stava arrivando davvero e c’era poco che si potesse fare, se non sperare che Dorian fosse loro alleato e sapesse cosa stava facendo. Bisognava solo pregare che non si dimostrasse un folle come Dracart. Quasi a far da eco ai loro pensieri, la voce potente di Dorian rimbalzò oltre il portale fino alle loro orecchie:
“Dracart, cercate questo?”
Un libro dalla copertina blu scura, ornato di rune d’argento e d’oro, si materializzò davanti al mago, che lo mostrò sprezzante al suo maestro attonito.
“Dopo tutto questo tempo a servirvi, pensate che non sappia bene che quando diventerete un dio, mi distruggerete solo per il fatto che io sarò l’unico che conosce i vostri segreti più reconditi? No, caro maestro. Questo che porto con me è il vero libro di Fistandantilus e adesso io diventerò un dio e vi schiaccerò come un misero verme!”
I tre compagni, rimasti accanto al portale erano allibiti; come Dracart, che sgranò gli occhi e gettò via, furibondo, la copia che aveva tra le mani.
Estellen non riusciva a credere che aveva riposto un’altra volta fiducia in Dorian, quando lui aveva dato più volte prova di essere un bugiardo patentato. Perfino Dorian stesso gliel’aveva detto, ma lei aveva voluto fare di testa sua e adesso il mondo ne avrebbe pagato le conseguenze!
Intanto la figura all’orizzonte si faceva sempre più vicina, portando con sé terrore e angoscia.
“Tu, maledetto traditore! Osi metterti contro di me? Hai rubato il mio libro, il mio sapere, ed ora vorresti sostituirti a me? Non hai la forza di affrontare quel demone lassù, ed io non impiegherò molto a riprendermi ciò che è mio di diritto!”
Delle striature azzurrine partirono dalle nodose dita di Dracart, colpendo Dorian in pieno petto. Il mago fu sbalzato un paio di metri indietro e non si mosse più, mentre il libro di Fistandantilus finì vicino ai piedi di Dracart, che si piegò immediatamente a raccoglierlo. Con gli occhi pieni d’odio e di bramosia, l’arcimago si voltò verso la gigantesca figura alata, drammaticamente vicina ai due sventurati usufruitori di magia. Dracart iniziò a declamare alcuni potentissimi sortilegi oscuri, dando così le spalle al suo apprendista inerme. Tuttavia Dorian, proprio in quel momento, tirò su la testa e si rimise in piedi con grande difficoltà. Le sue vesti ancora fumavano per il colpo ricevuto.
Il destino di Krynn era davvero appeso ad un filo.
Il mago raccolse il suo bastone e attraverso quello, evocò una folata magica, che raccolse la copia del libro che Dracart aveva scagliato via, depositando dolcemente l’antico tomo nelle sue mani. Poco prima che Takhisis si scagliasse sull’arcimago e ne facesse brandelli, Dorian gli urlò:
“Vi ho studiato per anni Dracart, maestro dell’inganno… e voi avete due punti deboli: il vostro ego smisurato e la mancanza di fiducia nei confronti di chiunque, a parte me. Contavo molto su questi due dettagli per avere la meglio su di voi e fortunatamente pare che avessi ragione…”
Dracart, preso dal panico, provò ad usare la sua magia per riprendersi il vero libro di Fistandatilus, ma era troppo tardi: Dorian l’aveva fatto sparire alla vista e la dea oscura incombeva su di lui. L’arcimago urlò, ma morì molto prima che gli artigli di Takhisis lo ghermissero implacabili: il suo cuore si era fermato fortunatamente prima di provare quel tipo di agonia, che solo “Lei” sapeva infliggere a coloro che osavano sfidarla. Dorian si voltò quindi verso il portale e i nostri eroi capirono che il mago non avrebbe usato il libro di Fistandantilus per combattere Takhisis e sostituirsi a lei: voleva soltanto uscire di lì, ma era ferito e da solo non ci sarebbe riuscito. Coraggiosamente Stuard e Kail entrarono nell’abisso e lo soccorsero, portandolo a braccia in salvo. Tuttavia il prezzo da pagare per loro fu alto: intense ustioni avevano intaccato la loro carne, lasciandoli agonizzanti sul terreno.
Estellen non poteva perdere tempo prezioso a curarli: bisognava chiudere subito il portale! Pertanto, insieme a Dorian, si prodigarono per sigillarlo e ci riuscirono appena in tempo. Infatti Takhisis fu talmente vicina quando lo fecero, che riuscirono a sentire lo spostamento d’aria della sua immensa mole scagliarsi con ferocia verso di loro, i cinque volti di drago protesi verso il portale, con le fauci aperte e le lingue guizzanti. L’incubo quindi finì e Dorian scivolò lentamente a terra, sfinito.
Estellen invece si sbrigò a raggiungere i corpi martoriati dei suoi amici e implorò Paladine di soccorrerli, di salvarli. Tuttavia il dio della luce pareva non rispondere e lei sapeva bene quali erano le disposizioni che esistevano tra gli dei, circa la vita e la morte dei mortali. Attraverso il Guardiano, aveva accettato quelle regole, ed ora si trovava di nuovo a dover mancare nei confronti della volontà del suo dio. La giovane era lacerata, disperata: chiese perfino a Dorian se poteva curarli, ma ovviamente il mago non poteva certo sanare quel tipo di ferite, che avevano portato i due combattenti sulla soglia della morte. Tuttavia Estellen aveva questa facoltà e non ci perse troppo tempo nel convincersi a volerla sfruttare.
Decise dunque di curare i suoi amici e dalle sue dita un infuso azzurrino penetrò nella loro pelle e sotto le loro carni, risanandole. Benché felice che i suoi compagni fossero nuovamente vivi e vegeti, un velo di tristezza aveva però oscurato il volto della portavoce di Paladine, che ebbe paura questa volta di aver perso il favore del dio della luce per sempre. Poi si sentì accarezzare teneramente i capelli. Voltandosi, vide la bimba, Marianne, sorridergli. I suoi occhi avevano il colore e la profondità delle stelle e nel suo sorriso c’era tutto l’amore del drago di platino.
“Non perdere mai la speranza, figlia mia, mia più grande creazione. So che avevi scelto la via di Paladine, ma ora sai che non potrai mai essere una sacerdotessa del dio della luce. Non potrai mai essere la pietra sulla quale "Lui" potrà edificare di nuovo la sua chiesa. Tuttavia ciò che farai nei prossimi anni sarà importante per il futuro, quando i tuoi frutti saranno maturi, poiché grazie a te ci sarà ancora luce, anche se i tempi diverranno troppo bui per essere raccontati. Quando l’Era dei Mortali scenderà su Krynn! Ora vai, libera e con la "Sua" benedizione, ma ricordati sempre, mia scintilla, di rispettare per quanto ti sarà possibile, gli obblighi che abbiamo nei confronti dei nostri fratelli e sorelle. Lascia a Paladine ciò che è di Paladine e a Mishakal quel che è di Mishakal!”
Pronunciate queste parole, gli occhi della bimba tornarono ad essere azzurri e innocenti, così come il suo sorriso. Marianne si girò verso le scale e corse via verso Wilhem, a terra ancora esanime. Nel frattempo Dorian si tirò su con molta difficoltà, togliendosi una lamina di rame da sotto la veste, all’altezza del cuore. Probabilmente il mago non era morto proprio grazie alle virtù di questo metallo che, in qualche modo, aveva assorbito gran parte del colpo magico che Dracart gli aveva inflitto. Poi disse:
“Grazie milady per avermi dato fiducia, grazie ai vostri amici che mi hanno tirato fuori da quell’inferno e grazie anche a voi Deneva, per non essere intervenuta ed avermi creduto…”
La figura snella dell’elfa, uscì dalle ombre della grande caverna, ed avanzò con passò deciso verso il portale e i mortali.
Dorian continuò a parlare.
“Oggi avete partecipato alla salvezza di questa linea temporale, che per voi corrisponde alla salvezza di Krynn. I miei complimenti a tutti voi. Ora però ho bisogno di un ultimo sforzo: dobbiamo distruggere il portale! E farlo subito perché questo oggetto, oltre ad essere pericolosissimo è anche fuori posto… mi aiuterete?”
Ovviamente tutti annuirono e le forze combinate di Estellen, Dorian e Deneva, furono più che sufficienti per lasciare solo macerie, laddove prima si ergeva l’imponente portale dei maghi di Losarcum.
Successivamente, Estellen andò a sincerarsi della salute del re, scoprendo che Deneva l’aveva guarito pochi minuti prima. Inoltre “l’elfa” aveva probabilmente anche ucciso i due draconiani, che giacevano scomposti vicino al lato ovest della caverna.
La giovane seguace del dio della luce spiegò la situazione a Wilhem, raccontandogli di Dorian e di Dracart, di Takhisis e di Deneva. Tuttavia la mente del re non afferrò molte cose di quelle che la giovane gli aveva riportato. Gli bastò capire che Dorian non era poi così male e che quello che aveva fatto, lo aveva fatto per fermare Dracart. Fu difficile spiegarglielo, ma alla fine il re accettò la versione di Estellen.
Quindi Dorian batté il bastone in terra e prese le sembianze di Dacarrt, il mercante che tanto utile era stato finora per l’economia di Vantal e spiegò a Wilhem i prossimi passi da fare: il re, la bambina e lui stesso sarebbero tornati a palazzo passando dalle segrete, mentre i nostri eroi avrebbero continuato a seguire il canale di scolo e raggiunto i loro contatti che li avrebbero fatti uscire fuori da Vantal in sicurezza. Il gruppo ne parlò velocemente di questo piano e della possibilità di sostituirlo con quello originale, che prevedeva un semplice lasciapassare del re. Tuttavia l’idea di far credere a tutti di esser morti qua sotto, poteva permettere di fare il resto del viaggio attraverso le terre selvagge in maniera un po’ meno ostica, pertanto i tre compagni scelsero il passaggio per le fogne. Come secondo passo, grazie a Deneva (che poteva prendere le sembianze sia di un drago nero che di uno d'argento), i draconici sarebbero stati “trasferiti” a Neraka (in realtà il mare li avrebbe accolti tutti a braccia aperte), mentre le guardie fedeli al re sarebbero rimaste accanto a lui e attraverso Dacarrt, l’economia di Vantal sarebbe fiorita di nuovo. Dorian confessò infine che Dacarrt sarebbe morto d’infarto entro un paio di mesi, lasciando la città in condizioni floride e sciogliendo finalmente i suoi vincoli riguardo questa linea temporale.
“Non potrò mai sdebitarmi abbastanza con voi, signori. Permettetemi almeno di lasciarvi un pegno. Prendete questa clessidra incantata… quando la girerete, non importa da quale verso, attiverete un richiamo temporale per il cronomante a voi più vicino. Fategli il mio nome e lui vi aiuterà. Non sprecate questa opportunità, usatela con saggezza: vi servirà!”
Detto questo e dopo aver svolto gli adeguati commiati, Dacarrt, il re e la bimba, si recarono finalmente alle segrete e da lì al castello, mentre Deneva, che non aveva mai mollato nemmeno per un attimo Stuard, salutò a malincuore il cavaliere pronunciando queste laconiche parole:
“Rammenta sempre che ovunque andrai, cavaliere, il mio spirito sarà lì con te. Un giorno, molto prossimo, ci rincontreremo e combatteremo il male nei cieli. Rimani vivo!”
Poi lasciò la sua mano e si recò a vegliare di nuovo l’uovo di bronzo.
I nostri eroi tirarono un sospiro profondo. Questa avventura era terminata, ma ce n’era subito un’altra che incombeva all’orizzonte.