Seguendo scrupolosamente il piano, Stuard uscì allo scoperto ed aggredì il primo draconico, che, ad occhio e croce, sembrava il più grosso dei due. L’antica spada del cavaliere squarciò facilmente il fianco del suo avversario, il quale, per fortuna di Stuard, non si era aspettato di certo un attacco diretto. Nonostante la sorpresa e la brutta ferita però, riuscì subito dopo a sfoderare la sua lama ricurva e a prepararsi per il secondo round.
L’altro draconico, anche lui preso alla sprovvista, mise mano alle armi solo dopo qualche attimo, balzò in piedi e si avvicinò tosto al cavaliere per trafiggerlo mentre era impegnato a combattere con il suo compagno. Proprio in quel momento Kail uscì silenziosamente dal suo nascondiglio, intenzionato ad eliminarlo prendendolo alle spalle, ma non fu molto preciso, riuscendo a colpire il suo avversario soltanto ad un braccio.
Purtroppo i due amici non erano stati molto fortunati: avevano ferito i draconici, ma non erano riusciti ad ucciderli velocemente come stabilito, ed ora sarebbe stata davvero dura abbatterli, senza armature, né scudi.
Nel frattempo Estellen si era destata dal suo stato meditativo e aveva cominciato a seguire lo scontro. Dovette faticare per convincere Wilhem a non intervenire, poiché il nobile vegliardo sentiva ribollire dentro di sé il suo belligerante retaggio e avrebbe voluto dar supporto ai nostri eroi. Tuttavia si trattenne, rimanendo accanto ad Estellen. La giovane portavoce di Paladine spostò poi i suoi occhi lavanda sulle mastodontiche uova e riferì al re che sarebbe andata a controllarle. Il nobiluomo allora ordinò alla bambina di rimanere nascosta, mentre lui e la giovane donna andavano al recinto. La piccola obbedì e così Estellen poté osservare da vicino quelle meraviglie.
Nel frattempo Stuard non riusciva ad essere concreto nei suoi affondi con la spada: le sue ferite si facevano sentire, ed il suo avversario era molto forte. Dopo diversi scambi di colpi parati o schivati, accadde quello che lui e Kail avevano previsto: se lo scontro fosse perdurato, i draconici avrebbero certamente preso il sopravvento! Scartando di lato un affondo del cavaliere infatti, il mezzo drago fece calare la lama ricurva dall’alto verso il basso, colpendo in pieno petto il giovane paladino.
Poco più indietro, Kail, che aveva reso inservibile un arto della creatura, continuava a insistere su quel lato, finché l’uomo drago si trovò incalzato a dover far fronte alle due veloci lame del mezzelfo. Kail fintò un affondo e poi con l’antica lama elfica, trafisse il collo dell’avversario. Solo che questa volta non restò immobile a guardarlo cadere, ma si gettò di lato aspettandosi il peggio.
Contemporaneamente Estellen entrò impavidamente all’interno del cortile, notando che la sua sola vicinanza faceva vibrare entrambe le uova sane. Tuttavia era un po’ preoccupata per quella scura: avvertiva tanta oscurità all’interno, un male atavico che corrompeva tutto ciò che toccava. La paura le afferrò il cuore. Se Takhisis aveva corrotto l’uovo e lei era sicura che in parte le cose stavano davvero così, lei e i suoi amici erano in grave pericolo; ma doveva verificarlo, esserne sicura, perché non poteva lasciare una così gloriosa e meravigliosa creatura in balia della disperazione e della sofferenza. Con coraggio dunque si avvicinò all’uovo e lo sfiorò con la mano, pregando Paladine di riportare la maestosa creatura dentro il bozzolo dall’oscurità alla luce.
Il fendente del draconico l’aveva preso in pieno petto e Stuard si era aspettato di non avere scampo. Tuttavia quando la lama del mostro impattò sulla sua pelle nuda, una mistica energia azzurrina aveva fatto rimbalzare il colpo, gelando il sogghigno del draconico sulle proprie labbra squamose.
L’avversario di Kail era invece esploso in una pozza d’acido, come lui si era aspettato, ma questa volta il mezzelfo ne era uscito incolume. Aspettò che i brandelli del draconico si assestassero, poi raccolse la lama elfica e corse in aiuto di Stuard.
Estellen era avvolta da un alone di luce, le mani brillavano di un bagliore azzurrino e sembrava stesse recitando una sussurrata litania all’uovo, come fosse una specie di ninna nanna.
Quando le lame congiunte dei suoi amici ebbero la meglio sul loro avversario, qualcosa di incredibile accadde: l’uovo iniziò a vibrare sempre di più fino a squarciarsi in più punti. Pezzi enormi di guscio iniziarono a cadere verso il basso, tanto da preoccupare Wilhem, che richiamò l’attenzione di Estellen a mettersi subito al riparo. Poi qualcosa ne emerse. Qualcosa di enorme, terribile e magnifico al contempo.
La giovane e il re riuscirono a vedere alcune venature nerastre dipinte su delle ali squamose argentee volte verso l’alto e in quel momento Estellen comprese che qualsiasi cosa fosse uscita da quell’uovo, non sarebbe stato un drago metallico tradizionale. Sarebbe stato un ibrido: frutto della contaminazione con l’oscurità di Takhisis. Bisognava solo sperare che l’infezione non avesse superato il punto di non ritorno, come era stato per i draconici. Poi le ali si ritirarono fino a scomparire, lasciando la scena ad un corpo umanoide, muscoloso ma leggiadro, che fu letteralmente espulso dal guscio ormai in pezzi e finendo rotolando a terra quindici metri più in basso.
Nel frattempo Kail e Stuard si erano allontanati dal draconico morente, assistendo però ad un altro tipo di trasformazione post mortem: dopo aver esalato l'ultimo respiro, il mostro infatti era diventato di pietra! Dopo qualche secondo di stupore assoluto in seguito ad una tale trasformazione, si erano entrambi girati verso l’uovo, che continuava ad andare in pezzi, notando che Estellen stava correndo dietro al recinto. Decisero dunque di seguirla per capire cosa fosse successo.
La giovane portavoce di Paladine aveva raggiunto la figura uscita dall’uovo e rimase allibita da chi vide giacere sullo spoglio terreno davanti a lei. Si trattava di un’elfa dai capelli neri e blu, con ciocche argentee e gli occhi più scuri della pece, cerchiati da piccole pagliuzze sempre d’argento che si muovevano caoticamente all’interno dell’iride. L’elfa tremava dal freddo: era nuda e raccolta in posizione fetale. Estellen la raggiunse, le sollevò il capo e la cullò, mormorando sommesse preghiere a Paladine di aiutare questa sua figlia smarrita, di non lasciarla sola, perduta, nell’oscurità più totale.
“Padre, c’è così tanto buio qui. Dove sei? Aiutami a trovare la via…”.
Sussurrava l’elfa, avvinghiandosi ad Estellen, come la nave faceva con l’ancora durante la tempesta. Lentamente, una forte luce argentea cominciò a salire dall’elfa, incontrando la luce azzurrina di Estellen. Ben presto i due fulgidi bagliori si fusero, divenendo una sola, singola, bolla di luce splendente color platino. Tutti i presenti dovettero ripararsi gli occhi per diversi secondi, poi, quando l’intenso baleno sfumò, videro l’elfa emergere dalla bolla, portando in braccio la loro stremata amica.
“Io sono Deneva, figlia di Gwyneth e torno alla luce per restare e combattere l’oscurità!”
Disse l’elfa con voce solida, consegnando Estellen a Stuard.
I suoi occhi neri e argento, si posero duri su di lui.
“Voi siete un cavaliere?”.
Chiese, senza mai distogliere lo sguardo dal suo. Impacciato, il giovane guerriero ammise di non aver ancora meritato di fregiarsi di quel titolo, ma che nel suo cuore non desiderava altro.
“Grazie per avermi salvata. Quando sarete diventato cavaliere ci rivedremo, ve lo prometto!”
Rispose l’elfa senza indugi. Stuard aveva ancora la spada sguainata e Deneva non poté non notare l’antica lama.
“Ho già visto brandire quella spada. Attraverso mia madre. La visione di quell’arma mi è molto familiare. Non vi racconterò a chi apparteneva, né vi narrerò la sua storia. Vi dirò solo questo: non è un caso che voi siate qui, cavaliere. Paladine ci ha fatti incontrare…”.
Stuard deglutì: se quell’elfa era davvero chi pensava che fosse, non poteva che gioire di quelle parole. Eppure c’era qualcosa di diverso in lei, di sbagliato, un fuoco e una rabbia senza freni, che mal si sposavano con ciò che aveva letto di quelle maestose e sagge creature: i potenti e saggi draghi d’argento! Inoltre, lui ricordava quel nome da lei citato: Gwyneth. Lo rammentava perché in molte delle favole che sua madre gli aveva raccontato per farlo addormentare, era presente la valorosa Gwyneth, il drago d’argento di Huma! Se Deneva aveva memoria della sua spada, grazie a sua madre Gwyneth, quella stessa Gwyneth, voleva dire che quell’antica lama incantata poteva esser appartenuta addirittura a Huma in persona o a qualcuno a lui molto vicino. Il cavaliere la osservò, forse per la prima volta, capendo quale tesoro inestimabile stava brandendo e quanti sforzi avrebbe dovuto fare per onorare la memoria di chi l’aveva impugnata molti secoli prima.
L’elfa, quasi cogliendo i suoi pensieri, gli si avvicinò e con l’indice sfiorò il suo petto nudo. Un’ondata di calore lo investì, ristorandolo completamente da tutte le ferite, ma facendolo barcollare per alcuni secondi. Anche Deneva per un breve istante ebbe un lieve mancamento, ma non lo diede a vedere. Kail non riusciva a credere ai suoi occhi: l’elfa che aveva davanti era un drago, ed aveva appena stabilito un rapporto simbiotico con il suo amico Stuard. Come un tempo solevano fare drago e cavaliere, nei racconti che da bambino gli aveva raccontato Astarte.
Deneva si rivolse poi a tutto il gruppo, dicendo che non potevano rimanere lì e che non erano in grado di far niente per aiutarla. Lei sarebbe rimasta nella città dimenticata da sola, a vegliare su questo suo fratello, aspettando che venisse al mondo uno splendido esemplare di drago bronzeo. Poi sarebbero volati dai loro simili, in attesa di scendere in battaglia.
Spiegò infine che le uova nascoste dai loro padri secoli prima, non celavano draghi neonati, ma draghi che si erano normalmente sviluppati nei loro bozzoli, in attesa di essere risvegliati. Quindi lei doveva avere perlomeno trecento anni: un età che poteva sembrare vetusta per gli uomini e di tutto rispetto per gli elfi, ma che per un drago non era che un battito di ciglia. Deneva era quindi giovanissima, ma non acerba. Poi, in uno slancio di rabbia aggiunse:
“I responsabili di questo scempio pagheranno! Potranno volerci anni o secoli, ma io li troverò e li ucciderò. Voi conoscete i loro nomi?”.
Kail intervenne e con voce impastata riportò i nomi dei responsabili del rituale di corruzione. Il mago dalle vesti nere Dracart, il chierico oscuro Wyrlish e un certo Harkiel, di cui nessuno di loro sapeva nulla.
“Harkiel… cuore nero…”.
Sussurrò Deneva, gli occhi neri e argento infuocati d’odio e rabbia. Estellen la osservò e capì quanto quella creatura si fosse snaturata dalla sua ordinaria predisposizione. Eppure sentiva del buono in lei: rimaneva comunque una figlia di Paladine, ne era sicura.
“Sapevo che c’era lui dietro questa depravazione. Centinaia di miei fratelli, corrotti e trasformati, martoriati e umiliati. Lui sarà l’ultimo a morire, lo giuro!”.
Kail stava quasi per arrischiare una domanda su chi fosse questo Harkiel, ma si trattenne vedendo la furia di Deneva.
“Andate ora. Paladine mi ha detto della vostra missione a Silvanesti. Dovete fare presto: la guerra incombe su Krynn, in molti sono già caduti. Il libro Bianco di Paladine, insieme ad altri artefatti che verranno portati alla Torre del Sommo Chierico, porranno le fondamenta del ritorno degli dei della Luce. Grazie alla benedizione di E’Li, i draghi si risveglieranno e combatteranno fianco a fianco ai cavalieri, come già è stato fatto in passato. Drago, lancia e cavaliere: così sarà sconfitta di nuovo Takhisis!”.
Deneva guardò con dolcezza Estellen, che ricambiò con un sorriso, le si avvicinò e mise la sua fronte contro quella della giovane fanciulla umana, che tanto aveva fatto per lei. Poi posò gli occhi su Stuard e il cavaliere sentì tutto il peso di quello sguardo intenso e feroce e seppe in quel preciso momento, che solo la morte avrebbe potuto dividerlo da lei.
Drago e cavaliere erano di nuovo uniti, come nelle sue storie da bambino.