Estellen era scossa da continui brividi di freddo, tanto che il suo amico Stuard e dopo pochi minuti anche Kail, le si schiacciarono contro, nel tentativo di farle calore con il proprio corpo.
Le ore passarono inesorabili e lente e i nostri eroi non riuscirono a prendere sonno dal nervoso e dalla trepidazione. Quelle potevano benissimo essere le loro ultime ore di vita, visto il pericolo che avrebbero corso da lì a poco.
Finché le orecchie fini del mezzelfo riuscirono a percepire un singolo, piccolissimo suono poco distante. Kail, con il capo, fece segno a Stuard di prepararsi: il momento della verità era giunto! Il cavaliere sistemò Estellen sul suo giaciglio, poi prese posizione sul suo. Quando il mezzelfo notò che qualcuno si era infine avvicinato alle sbarre della loro cella, deglutì per la paura e attese.
“Ehi, mi sentite? Svegliatevi, non ho molto tempo!”.
A parlare era stato un uomo non troppo alto, con indosso gli abiti della servitù. Portava sotto braccio un panno con dentro qualcosa di ingombrante. Subito Kail e Stuard scattarono in piedi e lo raggiunsero alle sbarre. L’uomo porse il fagotto a Stuard, mentre si guardava nervosamente a destra e a sinistra per paura di venire scoperto. Poi aggiunse:
“Siamo lieti che alla fine abbiate scelto il buon senso e seguito il nostro consiglio. Tenete, queste sono le armi recuperate dentro la locanda. Non posso fare altro adesso per voi, ma se riuscirete ad uscire dai sotterranei, trovando il canale di scolo e seguendolo fino alla periferia della città, vi promettiamo che nessuno vi farà del male fino all’esterno: conosciamo vie sicure per uscire dalla città, invisibili, ed onoreremo il nostro patto sigillato sui tetti di Vantal!”
L’uomo poi si scusò e sparì nell’oscurità, risalendo le scale fino al piano di sopra. Kail aveva provato a chiedergli di staccare la placca sopra la cella, ma l’uomo non aveva voluto sentire ragioni: era troppo pericoloso per lui e per la gilda rimanere oltre il tempo stabilito, per cui doveva andare e in fretta anche.
Il re era tornato alle sbarre della sua cella, domandando cosa fosse successo e Kail gli rispose che forse adesso avevano una speranza concreta: l’antica spada di Stuard era di nuovo tra le sue mani, così come la lama elfica del suo vecchio maestro Anteus e la daga erano tornate nelle sue. Il piano rimaneva lo stesso, ma avere le loro armi adesso poteva fare davvero la differenza: avrebbero infatti potuto sfruttare l’effetto sorpresa, visto che sicuramente i draconici non se lo sarebbero mai aspettato!
I due compagni d’arme nascosero come meglio poterono le loro lunghe lame e attesero.
Dopo un certo lasso di tempo, che Kail non seppe quantificare, ma sempre sull’ordine di diverse ore, finalmente qualcosa si mosse. Alcune guardie infatti stavano rumorosamente scendendo le scale, parlando un idioma sconosciuto. Tuttavia Kail sospettava che si trattasse di draconici, poiché aveva sentito parlare Kraag nella locanda e notava lo stesso timbro gutturale e stridente nelle parole pronunciate da coloro che si stavano avvicinando. Stuard udì distintamente il rumore delle celle che si aprivano cigolando, di secchi che sbattevano l’uno contro l’altro e di corpi che venivano sollevati e buttati di mala grazia fuori dalle prigioni.
Il cavaliere non aveva più salivazione: i draconici erano ormai giunti alla loro cella e lui doveva esser pronto a dare il meglio di sé. In quel momento però i due carcerieri iniziarono una furiosa lite, che si concluse, secondo l’interpretazione di Kail, con uno dei due che era tornato indietro, aveva raccolto uno o più corpi da terra imprecando contro l’altro e stava adesso portandoli di sopra per smaltirli chissà dove. Il fatto che adesso fosse rimasto solo un draconico, poteva rappresentare certamente un vantaggio per il cavaliere, ma avrebbe tagliato qualunque loro via di fuga verso l’alto. Pertanto, se fossero sopravvissuti all’imminente scontro, avrebbero dovuto per forza fidarsi del consiglio della gilda dei ladri e seguire il canale di scolo per provare ad uscire da Vantal.
Il draconico si affacciò infine alla loro cella e vedendo i tre prigionieri riversi sui loro giacigli, apparentemente stanchi e logori come tutti gli altri, non sospettò nulla. Kail notò che quel draconico aveva il suo amuleto al collo: era stato dunque lui a rubarglielo. Bene, motivo in più per ucciderlo, pensò tra sé.
Il mezzelfo, rimanendo freddo il più possibile, gli disse sommessamente che la loro compagna non stava bene e che la sua incolumità stava molto a cuore a Dracart. L’uomo drago rimase perplesso sul da farsi: era ovvio che non fosse molto intelligente. Proprio quello fu il momento in cui Stuard scelse di agire: afferrò la sua nobile e antica spada, le cui pietre incastonate sulla lama adesso brillavano tutte di riverberi verdi, blu e rossi, e trafisse il cuore del draconico dal basso verso l’alto. La creatura si dimenò per qualche attimo, incredula e smarrita e Kail si stupì di quanto facilmente la spada del suo amico avesse trapassato la sua coriacea carne: di certo doveva dipendere dalle sue incantate e sconosciute proprietà, pensò stupito. Poi balzò in piedi e velocemente gli passò accanto, uscendo tosto dalla cella.
Nessuno poteva immaginare quello che sarebbe accaduto proprio in quel momento.
La creatura infatti smise improvvisamente di ondeggiare e gorgheggiare, esplodendo in una bolla d’acido mortale. Stuard ne fu completamente investito e con un grido di dolore si contorse per qualche secondo sul pavimento e poi non si mosse più. Kail, che stava più lontano, ricevette solo un assaggio di quell’acido ribollente sulla schiena, ma bastò a causargli delle orrende ferite e fu solo per miracolo che non perse i sensi per il terrificante dolore. Tenendo duro infatti, il mezzelfo riuscì ad afferrare la placca con il simbolo magico sopra la cella e farla finalmente a pezzi con la daga.
Estellen strisciò fino al corpo esanime del suo amico. Aveva il volto e il petto orrendamente sfigurato dall’acido e aveva smesso di respirare da pochi secondi. Immediatamente pregò Paladine di sanarlo, di non abbandonarlo, ma sentì nel suo cuore che il suo dio non avrebbe potuto aiutare Stuard questa volta. Solo Mishakal avrebbe potuto riportare un uomo indietro dalla morte: Paladine non era il dio della guarigione e venir meno al patto che esisteva tra gli dei di non entrare nella sfera d’influenza degli altri, rappresentava un sigillo che non poteva essere valicato. Nemmeno per la sua prediletta.
Estellen piangeva, tenendo le mani sul petto del suo amico d’infanzia, colui che aveva scelto di accompagnarla nella sua missione divina e che aveva affidato la sua vita nelle sue mani. Alzò gli occhi ricoperti di lacrime verso il cielo che non poteva vedere, poi li spostò dentro a quelli di Kail. Il mezzelfo lesse una determinazione che non aveva mai visto prima in lei. Aveva pensato di avvicinarla, di rincuorarla, ma poi cambiò idea, lasciandola sola con il suo dolore e rimanendo a controllare il corridoio.
Estellen tornò cocciutamente a mettere le mani sul petto e la fronte di Stuard, poi, per la prima volta in vita sua, desiderò ardentemente di curarlo con o senza il permesso del suo dio. Il corpo della giovane divenne sempre più luminoso di secondo in secondo, finché Kail non riuscì più a distinguere la sua figura dalla luce che emanava. Quindi, pian piano, il bagliore si attenuò fino a sparire del tutto. Il mezzelfo non riusciva a crederci: Stuard era stato completamente risanato! Perlomeno poteva vedere chiaramente che le orrende cicatrici che sfregiavano il suo corpo ed il suo viso, adesso non c’erano più. Il cavaliere riaprì gli occhi e il suo risveglio fu accolto dal sorriso e dall’abbraccio di Estellen.
Tuttavia la giovane portavoce di Paladine sembrava triste. Aveva curato il suo amico, ma per la prima volta aveva disatteso la volontà di colui che aveva giurato di servire per tutta la vita. Quando aveva guarito anche Kail infatti, invocando l’aiuto e il perdono di Paladine, aveva sentito nel suo cuore che “Egli” non era adirato con lei, ma solo dispiaciuto per aver ignorato le proprie responsabilità quale portavoce della “Sua” volontà e questa amara consapevolezza le causava ancor più sofferenza e tristezza. Probabilmente non sarebbe mai stata una buona chierica o una brava sacerdotessa: non aveva studiato, né aveva avuto un mentore che la instradasse sulla via del dio. In futuro avrebbe probabilmente sbagliato ancora dunque: proprio perché non era un'erudita e non aveva avuto nessuno fin da piccola ad insegnarle come andava fatta una corretta preghiera verso Paladine, la sua fede si indirizzava prima di tutto verso ciò che lei pensava il suo dio rappresentasse: amore, amicizia, verità, fiducia, giustizia. Magari stava sbagliando, dando prova di malcelata arroganza, ma la vita di Stuard contava ben più di qualche precetto o disposizione divina: non aveva scelto lei di essere quello che era, faticava perfino a capire chi o cosa fosse davvero. Si augurava soltanto che Paladine, nella sua infinita misericordia, la perdonasse per non essere stata abbastanza forte.
Nel frattempo Kail raccolse da terra la spada del suo amico, trovando anche il suo amuleto tra i miseri resti del draconico e pensò che questi mostri erano davvero avversari terribili: perfino dopo la morte potevano rappresentare un serio pericolo peri loro avversari. Chissà se tutte le loro diverse sottorazze possedevano queste nascoste e letali capacità. Mise poi il medaglione in tasca e restituì la spada al cavaliere.
Stuard ringraziò Estellen per avergli salvato la vita, poi tolse le chiavi dalla toppa e andò a liberare il re. Il cavaliere gli porse la spada ricurva del draconico e Wilhem lo ringraziò dal profondo del cuore: adesso, arma in pugno, avrebbe fatto certamente la sua parte!
I quattro fuggiaschi si ritrovarono sul corridoio, ed iniziarono a percorrerlo, inoltrandosi sempre più verso la parte finale delle segrete. Mentre procedevano a passo svelto, il re notò quanti tra i suoi parenti erano stati imprigionati insieme a lui. Uomini, donne e bambini, erano stati crudelmente segregati senza alcuna pietà.
Kail cercò di vedere se c’erano superstiti nelle celle e si rese conto che solo due persone su più di una dozzina non erano in condizioni critiche o morte: uno dei nipoti del re e una bambina di appena cinque anni, che pero Wilhem non conosceva (forse la figlia di uno dei servitori personali di qualche suo parente). A malincuore, il re decise di salvare la bambina: non c’era infatti più tempo per occuparsi di entrambi, presto il secondo draconico avrebbe trovato il compagno morto e avrebbe dato l’allarme e per loro e per la loro sacra missione sarebbe stata la fine. Pertanto Wilhem mormorò alcune brevi parole all’orecchio del suo giovane parente prima di accomiatarsi, prese poi la bimba in braccio e tutti insieme lasciarono definitivamente quel luogo di sofferenza e tormento, continuando ad inoltrarsi nei bassifondi della città.
In cuor suo però re Wilhem maledì sia Dorian che Dracart, giurando sul Codice e la Misura che si sarebbe vendicato di tutto questo dolore che quei due maghi avevano riversato inutilmente sulla sua famiglia!
La fuga dalle prigioni di Vantal.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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