Kail e i suoi compagni rimasero assai perplessi da quello che videro dentro la grande sala da pranzo. Intanto perché era molto illuminata e pulita, in fondo ad essa c’era un camino con un allegro fuoco scoppiettante e diversi costosi divani e poltrone sparsi qua e la, che permettevano di riscaldarsi al tepore delle fiamme in un clima piuttosto disteso. In secondo luogo perché stanziavano parecchie persone, tutti nobili dall’aria annoiata, ma adesso incuriositi per il fatto che degli estranei fossero stati ammessi al simposio del re. Insomma non era certo un ambiente in cui avevano immaginato potesse aspettarli Dracart, il temibile arcimago dalle vesti nere, che aveva aiutato anni prima il potente chierico oscuro Wyrlish a creare i terribili draconici!
Darlas fece segno di aspettare, poi si diresse verso un piccolo divano dove due persone erano sedute, affiancate davanti al fuoco.
Estellen osservò bene i nobili presenti che la fissavano con curiosità e pensò che era assai strano che nessuno di loro le rimandasse alcun tipo di impressione, di sensazione. Essi non avevano l’aspetto emaciato e consumato della servitù del piano di sotto, ma almeno loro le comunicavano qualcosa. Queste persone invece sembravano dei soprammobili, oggetti privi di anima.
Kail invece, appena messo piede all’interno della stanza, dovette fare i conti con il suo medaglione, che prese a vibrare come aveva fatto la sera prima con Dorian. Si rese conto subito che qualcosa li dentro non andava dunque: poteva dipendere da Darlas stesso, che aveva riproposto l’incantesimo di illusione sulle vesti, ma sospettava che ci fosse ben altro tipo di sortilegio di dissimulazione in atto.
Con un frusciare di vesti, Darlas si avvicinò al piccolo divano e confabulò brevemente con quello che sembrava essere un mercante sicuramente molto ricco, poiché quando si alzò e si voltò verso di loro, Stuard si rese conto che i suoi abiti dovevano esser costati almeno cento monete d’oro. Indossava un doppiopetto di velluto rosso e nero, una camicia di seta bianca, una paio di pantaloni anch’essi di velluto e un paio di scarpe di qualche bestia esotica, forse coccodrillo. In testa portava un bizzarro cappello con piuma, di grande valore.
Queste furono le sue prime parole:
“Buonasera signori, è un piacere incontrarvi. Il mio nome è Dacarrt e sono un mercante giunto a Vantal due anni fa per affari.”
Estellen notò che quell’uomo aveva un handicap: la parte sinistra della bocca si muoveva a fatica, come se avesse avuto un piccolo ictus, che però non si era rivelato troppo debilitante. Inoltre la giovane portavoce di Paladine non ebbe dubbi: quella persona era malvagia fino al midollo, molto più di Dorian, molto più di chiunque avesse incontrato fino a quel momento! Eppure il mercante, la stanza, i nobili presenti, potevano far pensare a tutto fuorché quella per loro potesse rappresentare una situazione pericolosa.
Tuttavia il comportamento affabile del mercante durò pochi minuti, poiché vedendo che nessuno dei suoi ospiti stava dicendo nulla o perlomeno niente di rilevante dal suo punto di vista, egli abbassò le spalle sconsolato e si rivolse a Darlas dicendo:
“Così queste sarebbero le persone interessanti di cui mi hai parlato? Come potrebbero mai capire un disegno ampio e rifinito come il mio, se non sono stati in grado di comprendere chi io sia davvero? Come potrebbe mai questa giovane ragazza adempiere il glorioso compito che mi sarei aspettato da lei, se si limita solo ad essere un mero strumento nelle mani del suo dio?”.
La sua voce aspra e sprezzante fece accapponare la pelle a tutti, compreso allo stesso Darlas, che era diventato bianco come un lenzuolo.
“Dacarrt, sapete meglio di chiunque altro che non tutti reagiscono allo stesso modo davanti alla vostra presenza. Date loro solo un momento per raccogliere le idee e il coraggio, vi prego… vi giuro che non ve ne pentirete.” Il giovane mago girò gli occhi roventi sui nostri eroi, spronandoli a fare di meglio, perché non ci sarebbe stata una seconda possibilità di aggiustare il tiro per loro.
A quel punto Kail fece un bel respiro e giocandosi il tutto per tutto, mise le carte in tavola in maniera esplicita e diretta. Gli disse che nonostante vestisse i panni di un ricco mercante, in realtà lui era il maestro di Dorian, un arcimago dalle vesti nere che rispondeva al nome di Dracart: colui che aveva aiutato a creare i draconici attraverso un rituale molto potente e ai più sconosciuto e che aveva all’inizio desiderato accaparrarsi la fiducia del re di Vantal, per prendersi tutta la città col passare del tempo e che infine adesso aveva un’offerta da girare alla sua amica, con la promessa che nessun sicario avrebbe più tentato di ucciderla, nel caso lei l’avesse accettata. Il mezzelfo ammise che erano diverse le cose che ancora non aveva capito del suo disegno complessivo, ma la sua sincerità e arguzia furono ben apprezzate da Dacaart, il quale, finalmente, tornò a sorridere e ad annuire in maniera comprensiva nei confronti del mezzelfo.
“Bene, sono lieto che alla fine ci siamo capiti. Il fatto che siate riusciti a fare alcuni collegamenti, significa molto per me. Perché vedete, io ho bisogno di voi. Si, proprio qui a Vantal, perché è qui a Vantal che risiede un tesoro che ha più di trecento anni, nascosto nelle viscere di questa città. Un tesoro che io voglio e bramo più di qualunque altra cosa. Un tesoro che alla fine sarà mio!”. Commentò il mercante con entusiasmo crescente, riuscendo a far trasalire tutti i presenti.
Inoltre Kail ebbe finalmente la spiegazione tanto agognata sul perché un essere così potente avrebbe dovuto fare di una cittadina ai margini del mondo conosciuto la sua casa ed il fulcro dei suoi affari. Tuttavia ritenne di non azzardare troppe domande sull’argomento: ora toccava al mago scoprire le sue carte! L’unica cosa che percepì con chiarezza, fu la follia negli occhi azzurri di quell’uomo: gli sembrava evidente che fosse completamente pazzo.
“Visto che le carte sono state scoperte, mi sembra assurdo continuare con questa farsa. Dorian, per favore, fai servire la cena mentre io riporto la conversazione con i nostri ospiti su un piano meno diffidente e cauto.” Commentò l’arcimago con voce suadente.
Darlas annuì e si diresse spedito verso l’uscita. Le sue vesti mutarono dal grigio al nero mentre passò accanto a Stuard. Il cavaliere notò che il giovane mago aveva chiuso gli occhi e sospirato lungamente mentre prendeva l’uscita e Stuard comprese quanta tensione avesse accumulato anche lui in quegli ultimi minuti terribili.
Una volta che Dorian uscì di scena, i nostri eroi ebbero un violento capogiro, tanto che Estellen dovette reggersi al cavaliere per non finire in terra.
Tutto l’ambiente circostante cominciò improvvisamente a mutare: tutti i nobili sparsi per la sala scomparvero, la luce del sole iniziò ad affievolire fin quasi a dissolversi del tutto, il fuoco zampillante del camino si ridusse a mere braci appena accese, ed ovunque c’erano libri e carte, appunti con formule incomprensibili e leggii con sopra pergamene redatte in una lingua sconosciuta. Solo in quel momento, il medaglione di Kail smise di vibrare.
In mezzo a questo nuovo ambiente, adesso assai più lugubre del precedente, c’era un libro che spiccava su tutti gli altri oggetti della stanza: un voluminoso tomo dalla copertina blu scura, con intarsi d’oro che sembrava molto antico, poggiato su un leggio fatto di ossa. Estellen non riusciva nemmeno a posare i suoi occhi color lavanda sopra di esso senza provare un senso di disagio e disgusto estremi.
Perfino gli odori erano cambiati. Da un odore di pulito, di erbe aromatiche, ad un altro di chiuso e putrefazione. Un odore di morte.
Infine l’aspetto del mercante si trasformò: le suoi vesti sgargianti e raffinate si erano adesso tinte di un nero sciatto e liso e la malformazione che aveva sul viso si rivelò essere qualcosa di estremamente diverso e più terribile da quello che sembrava prima. Le sue labbra infatti si muovevano male non a causa di qualche malattia, ma perché erano state cucite e alla loro vista Estellen non riuscì a contenere un sussulto misto di compassione e orrore.
“Non vi rattristate per me, giovane sacerdotessa di Paladine: tutto ciò che gli sciocchi non comprendono, tendono a sopprimerlo. Questo è il dono che mi hanno fatto i miei confratelli dalla veste nera. Nessun incantesimo sarebbe mai più dovuto uscire dalla mia bocca, dalle labbra di Dracart, l’osceno! Tuttavia, con indicibili sofferenze, sono riuscito a sopravvivere e a rimanere saldo nella magia. Il mio apprendista mi ha curato ed oggi sono più forte e determinato che mai!”. Commentò Dracart, gli occhi azzurri invasati e folli.
Proprio in quel momento tre draconici fecero irruzione nella stanza.
Kail non riconobbe in loro il portamento e l’intelligenza di Kraag, piuttosto notò una certa somiglianza invece con il suo sicario, Shivark. Sembravano meno maestosi infatti, ma molto più crudeli del comandante draconico. Stuard si mise subito a difesa di Estellen, ma i draconici ignorarono entrambi, entrando nella sala da pranzo e prendendo posto alle spalle del mago.
Dracart sussurrò alcune parole arcane e il loro aspetto mutò in quello di tre stanchi ed annoiati mercanti. Lo sguardo incredulo di Estellen indugiò su di loro qualche secondo, poi i suoi occhi violetti si posarono curiosi sull’uomo rimasto seduto immobile sul divano.
Chi poteva essere costui? Perché non era scomparso come gli altri o non si era ancora rivelato? Decise dunque di scoprirlo e fece coraggiosamente qualche passo avanti per vederlo meglio.