I nostri eroi non ebbero problemi a tornare nelle loro stanze, ma non ci fu verso di prendere sonno dopo quello che era successo quella sera.
Vista l’insonnia, Kail ne approfittò per dire la sua riguardo la proposta della Gilda dei Ladri di Palanthas e dei suoi emissari. Dal suo punto di vista, dare credito alle parole del sicario, prima di verificare la proposta di Dracart, poteva essere un azzardo molto pericoloso. Di certo, il maestro di Dorian aveva la brutta nomea di essere un folle squilibrato, aveva compiuto delle cose orribili, forse tra le più atroci come poteva essere corrompere le uova dei draghi buoni creando i mostruosi draconici, ma l’alternativa era seguire la parola e i consigli di un assassino. Uno che appena tre giorni prima, aveva quasi ucciso il capitano Rammesty e che lo aveva attirato nella trappola del temibile Kraag (a proposito di mostruosi draconici).
Non è quindi che costui fosse poi tanto meglio dell’arcimago!
Inoltre Kail era piuttosto curioso di scoprire perché Dracart, che era fedele a Nuitari, dea della magia nera, aveva aiutato invece Takhisis e Wyrlish a creare creature terribili come Kraag, per poi rifiutarsi di uccidere Estellen, preferendo invece invitarla a cena per proporle un modo per sopravvivere ai sicari dello stesso chierico oscuro che qualche anno prima aveva invece sostenuto. Certo, quella da lui proposta sarebbe stata una via che gli avrebbe portato numerosi vantaggi, su questo il mezzelfo ci avrebbe messo la mano sul fuoco, ma restava comunque una cosa strana e pericolosa dal suo punto di vista: un mago così potente avrebbe potuto trovare altre soluzioni per raggiungere i suoi scopi, che non dovessero portarlo per forza a mettersi contro il chierico più potente tra quelli che Takhisis aveva tra le sue fila.
Le parole di Kail fecero riflettere i suoi amici per diversi minuti intensi, minuti in cui Estellen aveva chiesto al suo dio di darle un segnale, un avvertimento su quello che era giusto o sbagliato fare in quel momento. Ovviamente Paladine comunicava in maniera diversa rispetto ai comuni mortali, tuttavia lei avvertì un senso di pace e di profonda serenità quando pensava al da farsi e in cuor suo seppe che il suo dio non l’avrebbe mai lasciata sola. Non l’avrebbe mai abbandonata, qualunque cosa lei avesse deciso di fare. Con questa calma consapevolezza, Estellen riaprì gli occhi color lavanda e cercò di spiegare ai suoi amici quello che pensava sulla questione.
La giovane rammentò a tutti quello che il sicario aveva detto riguardo la chiave e la porta: a Vantal c’erano decine di persone, tra ladri e assassini, che lavoravano per questa importante gilda. Perfino a palazzo ce n’erano. Quindi perché desideravano tanto che fossero proprio loro ad aprire quella porta? Se volevano aprirla, con la fitta rete di spie ed infiltrati che possedevano tra le loro fila, sarebbe stato un gioco da ragazzi compiere quell’operazione da soli. Secondo il ragionamento di Estellen, la gilda li stava mettendo alla prova, perché evidentemente ciò di cui era capace Dracart era sconveniente perfino per la più importante e potente congrega di ladri ed assassini che aveva infiltrati in tutte le principali città di Krynn!
D’altro canto che cosa mai avrebbe potuto volere un mago così potente da lei? Non era una nobile per cui potesse bramare le sue ricchezze, non era un chierico per accaparrarsi il suo potere e la sua influenza sulla gente. L’arcimago poteva essersi interessato a lei solamente per via del suo intenso legame con Paladine. Un legame unico, speciale, come Dorian aveva potuto appena constatare con la sua sfera di cristallo andata in frantumi.
Qualsiasi fosse stata la proposta di quel mago, per evitare che i sicari di Wyrlish la facessero fuori, non poteva riguardare cose terrene o di origine naturale. La Gilda dei Ladri di Palanthas invece voleva solo mantenere lo status quo, per poter compiere le loro scorribande e nefandezze come avevano sempre fatto. Insomma volevano cose che lei poteva capire e quindi combattere. E se quello scellerato arcimago dalle vesti nere le avesse chiesto cose talmente turpi e blasfeme, aliene dalla sua natura, che non poteva nemmeno riuscirle a comprendere? Come avrebbe potuto combatterle? Se avesse minacciato i suoi compagni e l’avesse costretta a compiere una scelta tra le loro vite e la sua fede? No, preferiva la terraferma al mare in tempesta e per questo si disse favorevole invece ad aprire quella porta, a lanciare un chiaro segnale a tutti, che loro non erano alleati di nessuno: cercavano solo di sopravvivere per poter compiere la missione che Paladine le aveva affidato meno di un mese prima!
Kail ascoltò molto attentamente le parole della giovane sacerdotessa, così come il suo amico cavaliere. Poi annuì e disse che seppur mantenendo molti dubbi in proposito, avrebbe seguito la sua volontà. Stessa cosa fece Stuard, aggiungendo soltanto che per lui, sia l’incontro con l’arcimago, che l’offerta del sicario, avrebbero portato conseguenze molto difficili da accettare, perché non ci poteva essere spazio per nessuna cosa che portasse un accordo con il male nel suo cuore, in nessuna forma e nessuna dimensione. Estellen annuì e gli sorrise, mentre Kail sprofondò ancor di più in un malumore devastante.
Il gruppo fece passare il resto della giornata cercando di dormire un po’ e mangiando qualcosa, poi, verso le sette di pomeriggio, decise di avviarsi verso il palazzo reale. Prima di farlo, Stuard domandò ai suoi amici come avrebbero dovuto comportarsi con le armi e Kail suggerì a quel punto di affidarsi alle parole del sicario, che aveva consigliato di lasciarle in locanda. Spogli di qualunque arma dunque, il gruppo uscì dalla locanda e si diresse alla residenza del re.
Qui richiamarono l’attenzione di una guardia al cancello, la quale controllò prima i loro inviti e poi li fece entrare.
La costruzione era protetta da una cintura di ferro che ne vietava l’entrata lungo tutto il perimetro. Dei viottoli intricati di terra e ghiaia si mescolavano lungo l’area interna, portando i visitatori verso il corpo di guardia, i magazzini, le dispense, le stalle, la cappella, ed infine il palazzo reale. Tutto era immerso nel verde e diverse e bellissime fontane zampillanti risaltavano nitide all’occhio, mentre i nostri eroi si dirigevano alla loro meta.
Tuttavia l’impatto con il palazzo fu strano.
Intanto perché Estellen non aveva mai sentito tanta oscurità in vita sua, quanta ne percepiva in quello strano e bizzarro palazzo. In secondo luogo perchè aveva davvero un aspetto stravagante, con quelle guglie e quei minareti così elaborati.
Comunque la guardia passò la consegna del gruppo ad un paggio, che di nuovo controllò scrupolosamente gli inviti e poi fece strada a Kail e compagni all’interno dell’esotico edificio. Stuard notò subito che la sala del re si trovava al pian terreno e stava quasi per segnalarlo alla loro guida, ma il paggio non li stava guidando da quella parte, ma dalla parte opposta, in un’altra area del palazzo.
Estellen ebbe in quel momento un forte capogiro. Più ci si inoltrava dentro quella costruzione e più lei si sentiva male. Stuard la sorresse, domandandole cosa le stesse succedendo e lei gli rispose a fatica che c’era qualcosa di orrendamente malvagio che si annidava tra quelle pareti. Qualcosa che si nutriva di anime, che le corrompeva, le depravava: lei lo avvertiva chiaramente e questo le causava sofferenza.
In effetti, osservando meglio la servitù che girava per il palazzo, avevano tutti un aspetto emaciato e stanco. Borse nere circondavano i loro occhi semichiusi e trascinavano stancamente le gambe, come se fosse uno sforzo enorme soltanto camminare. Perplessi, i nostri eroi tennero duro finché il paggio li lasciò in un’ampia sala d’aspetto. Qui cercarono di fare il punto della situazione.
Stuard sosteneva Estellen e cercava di rincuorarla, mentre il mezzelfo provava a dare un senso alle parole della sua amica, quando parlava di: “un’oscurità che si nutriva di anime”. Kail deglutì dal nervoso, notando quanto il personale di quel palazzo fosse smunto e quasi privo di entusiasmo per la vita: sembravano morti viventi!
Fortunatamente il suo olfatto lo distolse ben presto da pensieri tanto macabri e funesti, facendolo concentrare solo su un aroma di cibo che aveva percepito appena. Andò dunque sulla porta e sbirciò fuori. In effetti riuscì a scorgere dei vapori di cucinato che salivano da oltre un corridoio a qualche metro da loro. Immediatamente avvertì i suoi amici e tutti insieme decisero di andare quantomeno a verificare le parole che il sicario aveva riportato loro la sera prima.
Cautamente presero il passaggio e trovarono subito le cucine. Qualche metro più avanti rinvennero quindi la porta di legno a cui il sicario si doveva riferire. Kail si guardò a destra e a sinistra, poi infilò la chiave e le fece fare tre giri. Quindi nascose la piccola chiave nella mano e, scivolando silenziosamente verso un davanzale poco distante, la affondò nel terriccio di un grosso vaso poggiato lì sopra. Il mezzelfo notò che la pianta era morta da molto tempo e pensò lì per lì che forse questo fosse un dettaglio di una qualche importanza, ma non ebbe il tempo di dedicare alla cosa più di un pensiero, poiché qualcuno era tornato per loro. Il paggio e quattro armigeri infatti era venuto per controllare se avessero armi con loro. Fortunatamente non ne avevano o le guardie gliele avrebbero certamente confiscate. Quindi il paggio li prese nuovamente in consegna e li scortò al piano di sopra, lasciandoli in un’altra sala d’aspetto, ma più piccola della precedente.
Mentre passavano accanto alla piccola porta di legno che avevano appena aperto, Estellen sentì che gran parte dell’oscurità di quell’edificio saliva proprio da quella piccola porta di legno e si domandò se fosse stata in effetti una buona scelta quella di essersi affidati al suo giudizio. Tuttavia tenne per sé quelle perplessità: non era il caso innervosire ancor di più i suoi compagni in quel momento così delicato.
Passarono solo pochi minuti prima che Dorian fece irruzione nella stanza.
Il giovane mago dalla veste nera, portava con sé la consueta illusione di indossare le vesti grigie e ricordò a tutti che finché le carte non fossero state rivelate, il suo nome a palazzo doveva rimanere Darlas. Poi condusse i nostri eroi davanti un grosso portone di legno a due ante, raccomandandosi di stare pronti perché il momento cruciale era infine giunto.
Darlas spalancò dunque le porte e ciò che i nostri eroi videro dentro l’enorme sala da pranzo non era minimamente ciò che si sarebbero aspettati di trovare.