Dorian lasciò, per quanto possibile, che i nostri eroi potessero confrontarsi senza che lui fosse presente, prima di accettare la sua proposta: d’altro canto erano in ballo le loro vite e anche la sua e la cosa doveva essere ben ponderata. Non c’era affatto da scherzare. Pertanto ne approfittò per rifare meglio la fasciatura alla mano e spalmare ulteriore unguento cicatrizzante sui diversi piccoli tagli che non ne volevano sapere di smettere di sanguinare.
Dopo un breve ma esaustivo consulto, Kail catturò l’attenzione del mago e disse che avrebbero accettato la sua offerta.
Soddisfatto, anche se un po’ preoccupato per come sarebbe potuto andare a finire l’evento del giorno dopo, Dorian sorrise e disse:
“Son lieto che abbiate scelto questa via. Tenete: questi biglietti sono un invito per cena domani sera a palazzo. Potrete dunque incontrare anche il mio maestro, che sarà tra gli invitati e fare a lui tutte le domande che volete. Solo un consiglio: Dracart è molto meno diplomatico di me, per cui cercate di non provocarlo inutilmente. Semmai, è a lui che piace provocare e quando lo fa e lo farà, dimostrate di essere arguti, persone interessanti insomma. Egli ammira l’intelligenza, perfino quando diventa sfrontatezza, pertanto non dategli mai la sensazione di parlare con degli idioti, perché sarebbe la vostra fine … e la mia…”.
Estellen sembrò piuttosto preoccupata dalle parole del mago veste nera. Non tanto perché pensava di essere un idiota, quanto perché già Dorian le sembrava un tipo ambiguo, ed aveva difficoltà ad approcciarlo. Figurarsi il suo oscuro e terribile maestro! Dorian non la rassicurò su questo punto: sembrava anch’egli piuttosto preoccupato e perplesso allo stesso tempo su ciò che aveva appena deciso insieme a loro. Aveva l’espressione di chi continuava a ripetersi: “non ce la possono fare, moriranno tutti e io con loro!”. A passo spedito lasciò comunque la locanda, con gli armigeri al seguito.
Il gruppo rimase immobile e pensieroso per la successiva ora, tempo in cui l’oste era tornato dietro il bancone, ed alcuni avventori avevano parzialmente riempito la sala. Dopo aver consumato un veloce pasto, decisero di andare in stanza a dormire: gli ultimi giorni erano stati piuttosto massacranti e il giorno seguente lo sarebbe stato ancor di più.
In effetti la pulizia che emanavano i letti freschi di bucato e il pizzicore della fresca aria autunnale sui loro volti, conciliò immediatamente il sonno ad Estellen, tuttavia Kail e Stuard decisero invece di alternarsi alla guardia della porta. Il mezzelfo infatti era rimasto dubbioso riguardo alcune mezze frasi pronunciate dalla veste nera, circa la possibilità di venire avvicinati ed uccisi da qualche sicario di Wyrlish e non desiderava affatto morire nel sonno o a causa di un agguato durante la notte. Il primo turno di guardia lo fece dunque Stuard e tutto sembrò filare liscio. Quando invece toccò a Kail, egli avvertì a notte fonda un rumore sordo e sospetto fuori dalla finestra.
Arco alla mano, andò cautamente a controllare. Sporgendosi verso l’alto, notò che il rumore era arrivato dalla mansarda, al piano di sopra.
Kail avvertì Stuard e gli riferì che sarebbe uscito all’esterno e si sarebbe arrampicato di qualche metro fino alla soffitta. Gli disse anche di rimanere vigile e pronto a qualunque sviluppo della situazione. Pertanto rinfoderò le armi e tese le mani verso l’alto, salendo sopra il davanzale della finestra. Fu fortunato poiché nessuna ronda passò in quel momento e lui poté facilmente entrare nella mansarda.
Qui erano stipate vettovaglie, cibo e lenzuola pulite, ma il dettaglio che catturò la sua attenzione fu un coltello piantato su un foglio di carta, poggiato sopra un rozzo tavolo di legno. Kail estrasse il pugnale e lo infilò in uno stivale. Poi lesse il messaggio sul foglio. Esso riportava una frase sibillina:
“Vieni sul tetto”.
Il che puzzava di trappola lontano un miglio. Certo che se qualcuno avesse voluto ferirlo, ci avrebbe già provato, ma non poteva certo giurare che lì sopra non ci fosse qualche sadico che avrebbe voluto ucciderlo faccia a faccia. Quindi richiamò l’attenzione di Stuard e gli passò il pezzo di carta, accartocciandolo e lasciandolo cadere nelle sue mani. Il cavaliere annuì, mentre Kail cominciava a issarsi sul tetto.
Fu nuovamente fortunato perché nessuno notò le sue acrobazie, ma ciò che trovò lì sopra non lo rassicurò affatto.
Nel frattempo il cavaliere andò a svegliare Estellen, ed insieme decisero di salire in mansarda tramite le scale, così da poter offrire supporto al loro amico. Paladine li guidò passo passo, poiché nonostante l’armatura, il cavaliere non produsse alcun suono degno di nota e presto raggiunsero la soffitta indisturbati. A questo punto Stuard provò a sporgersi dal davanzale, ed in effetti riuscì ad udire la voce di Kail impegnata in una conversazione con un’altra persona.
Il mezzelfo tirò su la testa al livello del tetto e si trovò di fronte qualcuno che aveva già visto prima.
Si trattava del sicario di Roderick: quello che l’aveva attirato nella trappola nel vicolo a Langtree e che quasi aveva ucciso il capitano Rammesty. Tuttavia il sicario non aveva sfruttato quel momento di debolezza da parte sua per ucciderlo: aveva aspettato invece pazientemente che si tirasse su del tutto e che potesse fronteggiarlo da pari a pari.
L’uomo ammantato di nero non si presentò, ma venne subito al punto, saltando i convenevoli. Queste più o meno sono le frasi da lui pronunciate, nei resoconti di Astinus di Palanthas:
“In molti non desiderano avallare la linea di Dracart: troppo sconveniente. Inoltre quel mago è un pazzo… perché solo un pazzo potrebbe decidere di macchiarsi di orrori tanto indicibili quanto quelli di cui si è insozzato lui.”
Kail rimase in silenzio: un silenzio riflessivo.
Il sicario continuò:
“Chi mi paga non desidera che voi sappiate ciò che sto per dirvi: tutta la situazione politica, non solo di Vantal, ma di tutto il Blodehelm, si tiene a stento lungo una linea sottile. La guerra è ormai scoppiata: mentre noi parliamo ci sono eserciti che si scontrano, fazioni che si uccidono l’un l’altro. Tuttavia ci sono cose peggiori agli eserciti di Takhisis… o a lei stessa!”.
A questo punto il mezzelfo domandò cosa ci potesse essere di peggiore di Takhisis e dei suoi scagnozzi e la risposta del sicario non tardò ad arrivare:
“L’ambizione incontrollata degli uomini, per esempio. Non so che genere di accordo vi proporrà Dracart, nessuno lo sa… ma state certi che non sarà semplicemente qualcosa di pericoloso, sarà assurdamente folle! Perché lui è completamente pazzo!”
In quel momento Stuard e poi Estellen arrivarono anche loro sul tetto e il sicario, colto un po’ alla sprovvista, fece un paio di passi indietro per stabilire le giuste distanze tra di loro, qualora i tre interlocutori decidessero di aggredirlo.
Poi continuò a rivolgersi al mezzelfo:
“Hai visto le creature dentro la locanda vero? Beh, ne esistono a centinaia, a migliaia. I cavalieri non hanno speranze a combatterli senza armi adeguate.”
Affermò guardando Stuard in tralice. Il cavaliere comunque non accolse la provocazione.
Il sicario spostò il peso del corpo da una gamba all’altra, poi proseguì, riferendosi ad Estellen questa volta.
“Coloro che mi pagano, volevano che vi uccidessi mia signora, qui, oggi, in questo preciso momento… tuttavia la mia gilda non si è mostrata d’accordo con loro, ed ora vi offre una nuova soluzione: prendete questa chiave e con questa, aprite una piccola porta di legno vicino le cucine che incontrerete sul corridoio prima di accedere ai piani superiori del palazzo del re. Se lo farete, la mia gilda lascerà che voi transitiate per Vantal in pace e che nessuno vi farà del male qui in città. Viceversa, se quella porta rimarrà chiusa, guardatevi sempre le spalle, perché io o un altro come me, saremo sempre in agguato sul vostro cammino.”
Il sicario prese fiato prima di continuare, scrutando da sotto il cappuccio le reazioni dei suoi interlocutori.
“Se sceglierete di accettare le nostre condizioni, sinceratevi di far sparire poi quella chiave: nessuno dovrà trovarvela addosso, nemmeno per sbaglio. Tutto chiaro?”
I nostri eroi, sempre più confusi, annuirono.
“Un’ultima cosa…”. Aggiunse il sicario prima di fondersi con le ombre. “…se domani sceglierete di andare a palazzo, vi consiglio di lasciare le vostre armi qui, in locanda: avrete più possibilità di rivederle.”
Il mezzelfo provò a chiedere al sicario chi fossero queste persone che l’avevano pagato per eliminare Estellen, ma l’uomo ammantato di nero non volle rispondere a questa domanda. Tuttavia il mezzelfo aveva elementi sufficienti per ricavare da solo, tramite ragionamento, questa informazione: Roderick l’aveva certamente pagato per uccidere Rammesty, pertanto era ragionevole pensare che la chiesa dei Cercatori, avessero fatto lo stesso con Estellen. Soprattutto dopo che Kail aveva depositato la testa del loro patriarca davanti le porte d’entrata della loro chiesa.
Mentre tornavano nella loro stanza, i nostri eroi rifletterono su quell’ennesimo colpo di scena: un’ulteriore variabile complicata, in uno scenario che era già ingarbugliato e pericoloso di suo. Eppure Estellen “sentiva” che le parole di quell’assassino erano sincere. Almeno quella volta. Almeno per quel che riguardava lei.
Propose dunque al gruppo di seguire il suo consiglio: visto chi sarebbe stato il loro principale interlocutore il giorno dopo, valeva forse la pena lasciarsi una via di fuga da quel palazzo!