I nostri eroi raggiunsero la rastrelliera di prima mattina, ma dopo due ore ancora non erano riusciti a cavare un ragno dal buco.
Quelle lance erano assolutamente identiche. Stuard aveva già avvertito tutti: non c’era niente di particolare o anche lievemente differente tra di esse, aveva controllato minuziosamente una marea di volte, tanto che Kail gli aveva suggerito di non farla diventare un’ossessione personale.
Forse, se le avessero tolte dal supporto e messe sul pavimento, una accanto all’altra, avrebbero potuto esaminarle meglio, ma erano alte più di quattro metri e parecchio pesanti: per svolgere tale operazione avrebbero dovuto spendere un’infinità di tempo, ed il tempo era proprio ciò che la compagnia non disponeva.
Tuttavia le opzioni rimaste erano poche.
A meno che Estellen non si adoperasse ad utilizzare le sue "capacità divine" per “percepirne” in qualche modo il potere, ma stranamente la giovane sacerdotessa non riusciva a stabilire una “connessione naturale con la lancia“ e la cosa le pareva anomala. La portavoce di Paladine si voltò verso il mago, sperando che egli potesse darle un consiglio su quale, secondo lui, fosse la maniera più giusta di procedere, ma Aric si era già allontanato di qualche metro e stava cercando di riposare un po’. Le ferite e la stanchezza erano evidentemente arrivate ad un livello insostenibile e lo stregone aveva necessità assoluta di dormire qualche ora per potersi riprendere. Sospirando, Estellen si inginocchiò e provò ad utilizzare il sistema che sempre l’aveva aiutata in passato: la preghiera. Iniziò dunque a cercare un contatto diretto con Paladine, più che certa che “Egli” le avrebbe indicato la via.
La cosa sembrava andare per le lunghe, ma la “Dragonlance di Huma” era un simbolo troppo importante per lasciar perdere tutto e non sfruttarlo sul campo di battaglia. La giovane rimase quindi per ore in assorta meditazione, in attesa di un segno dal “Drago di Platino”, mentre i suoi amici le giravano attorno angosciati come delle tigri in gabbia. Verso mezzodì, Estellen aprì finalmente gli occhi violetti e si alzò lentamente, aiutata da Stuard, rimasto dietro di lei per sostenerla e sorreggerla come sempre..
La dama bianca alzò le mani verso l’alta volta della “Galleria Superiore” e lasciò che il potere divino, che il suo dio le aveva conferito, si propagasse a macchia d’olio per tutta la lunghezza della rastrelliera.
Estellen fece due volte avanti ed indietro l’intero percorso, rimanendo per alcuni brevi secondi davanti ogni singola lancia, poi si voltò perplessa verso i suoi amici. Aveva un’espresssione seria e preoccupata. Kail le si avvicinò domandandole cosa ci fosse che non andava e lei rispose che c’era “qualcosa” che aleggiava sinistra su quella zona, “qualcosa” che le stava impedendole di "vedere" la lancia sacra di Huma.
Sembrava assurdo, ma era qualcosa di "marcio", di malvagio!
Il mezzelfo commentò che era impossibile: come poteva essere che qualcosa di oscuro e nefando fosse riuscito a trovare terreno fertile proprio in quel luogo, puro ed incontaminato, sfuggendo al severo controllo delle statue guardiano? Estellen bisbigliò tra i denti che doveva essere certamente qualcosa di subdolo, di sottile, come una specie di patina scura sull’argenteria, che velava sinistramente la lucentezza di ciò che stavano cercando con tanto zelo.
Ma cosa poteva essere? Cosa poteva mai esserci di tanto potente da limitare l’aura sacra di una “Dragonlance”, impedendo ad Estellen di percepirla?
Il gruppo si arrovellò per ore su questo argomento, finché, nelle prime ore del pomeriggio, Aric si riunì ai suoi amici, dopo essersi concesso un sano sonno ristoratore. Lo stregone arrivò giusto in tempo per suggerire l’unica soluzione possibile a quell’enigma: per contrastare la sacralità della “Dragonlance”, un oggetto poderoso, forgiato nel nome di Paladine, che tra l’altro giaceva nella sua casa, protetto dai suoi guardiani, doveva esser intervenuta qualcosa di uguale potere e natura, solo capovolta. L’unica cosa che poteva essere in grado di fare una cosa del genere doveva per forza appartenere alla sua nemesi: la dea oscura Takhisis! Non poteva esserci altra spiegazione.
Stuard, ma soprattutto Kail, ritenne che Aric stesse davvero vaneggiando. La dea oscura? Dentro la “Montagna del Drago”? Ma se gli orchi non potevano nemmeno avvicinarsi a “Foghaven Vale”, senza essere respinti via dall’editto di Paladine! Come poteva dunque un potere di gran lunga più malvagio di loro essersi insediato qui, proprio in questo punto poi, su una “Dragonlance”, rendendosi invisibile ai sensi e alle percezioni mistiche? Non era possibile.
Eppure Estellen iniziò a riflettere maglio sulle parole del mago e sulla storia della “Dragonlance di Huma”. Non una qualunque “Dragonlance”, ma proprio la sua. Quella era l’unica che avrebbe potuto contaminarsi con il male nella sua forma più terribile ed oscura, poiché la lancia sacra, del più prode tra i cavalieri, aveva ferito e quasi ucciso il drago dalle cinque tetste! Si era bagnata con il suo stesso sangue, ed il sangue di un dio non poteva esser distrutto da “nessuna cosa” mortale. Pertanto, nonostante fossero passati secoli, poteva esser assolutamente plausibile che esso lordasse ancora la punta e parte della lama della lancia sacra con la sua immonda presenza. In maniera subdola, come già detto, quasi impercettibile per un comune mortale, anche avanti con le arti mistiche. Ma Estellen non era una persona comune, ed i suoi talenti semi divini erano tanti e ormai affinati nelle arti clericali. Ammise che dunque la cosa poteva esser credibile: “il sangue di Takhisis”, il simbolo del male per eccellenza, poteva riuscire a soffocare il potere sacro e benigno della mitica lancia del grande condottiero solamnico, celandola perfino alla sua vista!
Questo spiegava l’insistenza degli eserciti dei “signori dei draghi” di pattugliare con ferocia la zona: finché la “Dragonlance” fosse rimasta alla “Montgana del Drago”, Huma non avrebbe potuto, perfino da morto, condizionare il morale delle truppe dei cavalieri in attesa del “suo ritorno”. D’altro canto, se qualcuno l’avesse portata fuori, “Lei” l’avrebbe saputo, essendo legata indissolubilmente ad essa con parte del suo stesso corpo. Ecco perché era fondamentale trovare la lancia, scoprire se la loro teoria fosse veritiera e, in quel caso, operare un esorcismo che la spurgasse da quella lordura orrenda.
Prima però era necessario individuarla.
I nostri eroi suggerirono varie opzioni. Kail avanzò la possibilità che, se avessero controllato meglio la punta delle lance, forse avrebbero trovato segni di usura, ma Estellen scosse la testa: la “Dragonlance” era stata forgiata con il rarissimo “metallo dei draghi”: una sostanza indistruttibile che non poteva rovinarsi con il semplice utilizzo o il passaggio inesorabile del tempo, né ossidarsi in alcun modo. Allorché Lord Kanthor provò a tornare alla soluzione di svellerle tutte dai supporti e controllare ogni loro minima imperfezione, anche se ci avessero messo settimane per farlo: altra opzione che sembrò ancora una volta poco percorribile, perlomeno per i nostri eroi. Finché Aric provò a suggerire la soluzione inversa.
Invece di provare a “sentire” il bene, si poteva tentare invece di “percepire” il male.
Estellen ci pensò sopra un attimo, poi annuì, facendo segno a tutti di lasciare spazio al mago. Aric avanzò di qualche passo, strinse a sé il bastone, nella speranza che potesse supportarlo in qualche modo e poi lanciò un incantesimo specifico di “individuazione del male”. Le parole arcane fuoriuscirono dalla bocca dello stregone senza freni, mentre egli modulava la voce per ordinare alla “trama”, che legava ogni cosa nel creato, di rispondere ai suoi imperiosi comandi. La veste rossa fu costretta però a operare la sua magia su ognuna delle lance, poiché come il sangue della dea oscura offuscava il “verbo di Paladine”, impresso sulla sacra lancia, la stessa cosa faceva l’arma sacra di Huma con il velo malvagio e divino che ancora la insudiciava.
Tuttavia, alla fine Aric ne indicò una, sicuro che fosse proprio quella che stavano cercando! L’incantesimo infatti non poteva mentire e la compagnia non poté che fidarsi del giudizio del mago.
I cavalieri la tolsero subito dal suo supporto e la adagiarono con delicatezza sul pavimento. Ora era il turno di Estellen operare l’esorcismo e la giovane, sebbene fosse una cosa che aveva già fatto in passato, era comprensibilmente agitata. I suoi amici però non la mollarono un secondo: Kail si era inginocchiato proprio dietro di lei, pronto a sorreggerla in ogni momento. Stuard invece, afferrò la spada, la capovolse e rimase davanti alla sua amica, immobile, pronto a pregare Kiri – Jolith affinché la aiutasse nel momento del bisogno. Poi tutto tacque, mentre Estellen pronunciava il nome di Paladine sulla lancia di Huma, tenendo la sua affilatissima punta sul grembo, come fosse un figlio malato.
La lama iniziò a vibrare e una patina oscura, invisibile per l’occhio mortale, iniziò lentamente a staccarsi, cadendo a grumi sul pavimento, corrodendolo come fosse stato di burro. Il sangue, rimasto coagulato per secoli, pian piano stava tornando di nuovo liquido e sembrava vivo, tanto si agitava minaccioso innanzi ad Estellen. La giovane aveva gli occhi rovesciati e aveva iniziato a sudare, mentre la sua espressione, solitamente serene e gioviale, mutava in un’altra, tesa e determinata.
Poi la lancia si animò, trafiggendole il costato!
La portavoce di Paladine grugnì dal dolore, ma con una mano fermò subito l’impeto di Sir Platus di intervenire per aiutarla.
Estellen sapeva che non era stata Takhisis a comandare alla lancia di aggredirla: sarebbe stato impossibile. Era Paladine che stava facendo ciò che serviva per contenere quella malvagità che, se fosse stata libera di interagire con il mondo, avrebbe causato dei danni inenarrabili. Perfino Aric fu tentato per qualche istante di accaparrarsi un tale potere: con il sangue della dea oscura infatti, i suoi incantesimi sarebbero stati invincibili! Chissà cosa avrebbe fatto poi nelle mani di un chierico del male, nelle mani di Ariakas per esempio. Nessuno avrebbe più potuto fermarlo!
La punta della lancia infilzò Estellen per tre volte e per fortuna Stuard invocò il potere del suo dio affinché guarisse tosto la sua compagna, altrimenti la giovane avrebbe ceduto, svenendo o finendo anche peggio. Aveva perso comunque molto sangue.
Tuttavia ora le acque sembravano essersi calmate: il sangue osceno non sfrigolava più, fuso in un abbraccio conflittuale con quello di Lindaara, mentre Kail stringeva l'amica per le spalle, sorreggendola finché non fosse stato certo che si fosse ripresa.
Aric invece pareva assente e contrito, come se stesse parlando con qualcuno o “qualcosa” di silenzioso ed oscuro. Stringeva infatti il suo bastone con forza, come se stesse comuncicando con esso e non fosse molto d’accordo con quello che gli stava suggerendo di fare.
Quando però Stuard alzò la “Dragonlance” da terra e, strabiliato, invitò tutti ad osservarne le meravigliose rune, finalmente illuminate, il gruppo esalò innanzi tutto un sospiro di sollievo, poi esplose in un sorriso estasiato.
Purtroppo però i guai non erano finiti.
Bisognava contenere tutta quell’oscurità, adesso liberata. Presto il sangue di Estellen non avrebbe più potuto sopportare il peso di quella contesa e l’intera “Montagna del Drago” sarebbe stata a rischio. Incluse le lance ancora da forgiare e la guerra da combattere sui draghi.
Ristorata dalle preghiere di Stuard, Estellen si tirò in piedi, ciondolante ma lucida. La portavoce di Paladine domandò quindi a Theros se poteva forgiare un contenitore con il “metallo dei draghi”, qualcosa che potesse fungere da prigione per quella blasfemia, ma l’ergothiano pareva perplesso. Theros aveva spiegato molto bene che le altre settantanove lance erano state create probabilmente per depistare eventuali pellegrini malintenzionati e, a quanto pareva, a ben ragione, visto che Takhisis sembrava avesse sempre un doppio asso nella manica. Di fronte a quella richiesta però schioccò le labbra come a dire: “sono un fabbro, mica Reorx!”.
Tuttavia non lo escluse a priori.
Aric invece guardava intensamente Estellen, come se avesse la soluzione anche per quell’enigma, ma che gli costasse troppo dovergliela comunicare. Era quasi sul punto di farlo e giocarsi definitivamente la stima e il rispetto di quella creatura davvero unica, stima e rispetto tra l’altro già in bilico a causa di alcune sue opinabili scelte recenti, quando un frastuono assordante salì da sotto le scale.
Flint evidentemente ce l’aveva fatta: quel dannato nano era alla fine arrivato a capire come accendere la “Sacra Forgia”!
Accantonando per ora il problema più impellente, lasciandolo ristagnare sul pavimento per qualche ora in una polla di sangue ribollente, la compagnia iniziò a scendere rapidamente verso il “livello del Cuore”, sperando di ricevere finalmente buone notizie.
Il sangue di Takhisis.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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