Kail era appena passato oltre le statue e l’unico effetto che, almeno apparentemente, si era potuto riscontrare, era stato sul suo medaglione di ossidiana. Qualcuno avrebbe potuto pensare che esso sarebbe potuto esplodere o bruciare nelle mani del mezzelfo, magari tra le fiamme sacre evocate da Paladine stesso, ma non capitò nulla di così violento o definitivo. Semplicemente esso aveva mutato d’aspetto, rivelando ai presenti le sue vere fattezze!
La pietra da cui era stato ricavato era ugualmente scura, ma non come quella normalmente utilizzata per creare gli amuleti di Takhisis. Inoltre, cosa ben più importante, non spiccava più adesso l’immagine del “drago a cinque teste” sulla sua superficie, ma quella di un bianco lupo con le fauci serrate. Infine l’effige non era stata scolpita in maniera elaborata come la precedente, ma attraverso pochi segni fondamentali, quindi molto più rozza ed essenziale.
Estellen sorrise all’amico: gli aveva detto che il suo cuore era puro e che non avrebbe avuto nulla da temere dal giudizio di Paladine. Inoltre, ora che poteva vedere il suo reale aspetto, avrebbe avuto anche la possibilità di rifletterci sopra e di informarsi meglio sulle sue caratteristiche. Infatti, finché avesse creduto che il medaglione fosse stato un oggetto legato alla dea oscura, non avrebbe potuto capire alcunché sulle motivazioni che avevano spinto sua madre a fargliene dono. Motivazioni buone e non malvagie, altrimenti le statue non avrebbero "concesso ad esso" di passare oltre. La volontà di Eyne Londelle di offrirgli un’arma che lo avesse difeso contro un nemico altrimenti invincibile, era andata davvero “contro tutto e contro tutti”. Preferendo perfino l’odio di suo padre e quello di lui stesso, covato per decenni, scegliendo invece il silenzio, alla possibilità di rivelargli la verità ed aver salva la vita e la reputazione.
Il mezzelfo pareva stordito, come se un orco gli avesse sferrato un pesante pugno sulla mascella. Poi scosse con forza la testa, come se volesse liberarsi da questi pensieri opprimenti, decidendo di concentrarsi adesso su cose più importanti come per esempio esplorare la struttura e trovare il prima possibile il modo di andar via di lì: aveva troppe cose personali sulle quali ragionare, meglio dunque rimandare ed affrontarle in un secondo momento.
Aric lo osservò allontanarsi, poi gettò un’ultima occhiata alla portavoce di Paladine, in attesa. La giovane teneva le mani conserte, aspettando pazientemente che lui la raggiungesse. Lo stregone sospirò, era curioso come una scimmia di visitare quel posto, chi non lo sarebbe stato? Tuttavia l’angoscia di poter esser giudicato o peggio di poter causare del male senza volerlo a quelle persone così gentili, lo frenava di continuo. Aric guardò meglio nei suoi occhi violetti e lesse dentro amore e comprensione, ma anche volontà e potere e in qualche modo quello scambio di sguardi valse per lui più di mille parole. Strinse ancor di più il suo bastone e iniziò a passare tra le statue. Istintivamente chiuse gli occhi: sapeva bene che era una reazione stupida, poiché lui non aveva nel cuore crimini o nefandezze di sorta. Eppure temeva lo stesso il giudizio di Paladine. Aveva paura di venir giudicato per la scelta che aveva fatto, a quanto pareva ormai dieci anni prima, di prendere lo stesso quella staffa pur sapendo molto bene fosse appartenuta un tempo ad un oscuro e sinistro negromante. Per qualche secondo percepì intorno a sé soltanto l’eco dei suoi passi e le chiacchiere estasiate dei due fabbri, ormai poco distanti.
Poi Estellen lo toccò sulla spalla.
I suoi occhi viola, così profondi e particolari, erano fissi sul suo bastone, ormai completamente rivelato nella sua vera forma. Beh, era anche comprensibile che fosse stupita: una staffa che montava sul suo vertice un teschio umano, poteva sortire benissimo quell’effetto in una sacerdotessa che serviva il “Bene” più puro. Eppure Aric notò subito che ciò che stava turbando Estellen non era l’aspetto sinistro del bastone, ma le sue scritte lucenti, illuminate a giorno attorno alla mano che lo stringeva.
Meravigliato, a quel punto lo stregone poté finalmente avere il tempo di leggere quelle rune. Rune che formavano, come già aveva intuito in precedenza, dei nomi precisi! Il mago era talmente assorto e allo stesso tempo contento di poter ottenere qualche risposta da quella strana e lugubre verga incantata, che non si accorse di aver balbettato quei nomi tra i denti: “Dalamar”, “Magius”,“Ailin” e “Aric”. Quando si accorse che li aveva pronunciati con voce sufficientemente alta da esser uditi chiaramente da Estellen, tirò su lo sguardo ad osservarla meglio. La portavoce di Paladine sembrava confusa, perplessa. Come se fosse riuscita anche lei a leggere quei simboli arcani, ma che qualcosa in quei nomi non le andasse a genio. Qualcosa che aveva riconosciuto come “fuori posto”. Comunque la sacerdotessa del drago di platino gli sorrise lo stesso, anche se al mago parve chiaro che fosse solo un sorriso di condiscendenza e si diresse verso la forgia senza aggiungere una parola.
Aric fu altrettanto discreto e, mentre prese a seguirla da presso, iniziò a riflettere meglio su quei nomi. “Dalamar” era il nome di un elfo dalle neri vesti, l’unico che era riuscito ad avere il tempo di leggere l’ultima volta che il bastone aveva deciso di utilizzare i suoi incredibili poteri. Francamente, non immaginava affatto che quel mago silvano fosse in realtà così audace e capace da poter maneggiare un artefatto senziente così potente nella magia. Gli era parso poco più che un novizio, un po’ come era lui, insomma. Di “Magius” aveva sentito parlare nei libri di storia, ma i testi non parlavano certo che utilizzasse un bastone così malvagio e oscuro, tantomeno che fosse stato uno senziente. “Magius” era stato una veste rossa, al fianco di Huma nella battaglia finale contro Takhisis e, dalle descrizioni fornite nell’iconografia classica sulla staffa che gli apparteneva, essa non era minimamente simile a quella molto più inquietante e sinistra che aveva tra le mani. Il suo bastone infatti montava un elegante artiglio di drago che conteneva una brillante gemma traslucida. Dunque, a meno che fosse stato contraffatto con un incantesimo di dissimulazione, era molto probabile che in giro “c’era” o forse “ci sarebbe stato” un altro “Magius” che aveva portato seco quella verga: chi poteva dire quale fosse la forma verbale più adatta, quando si parlava di cronomanzia?
Infine c’era “Ailin”: un nome che non gli diceva niente, ma che invece sospettava fosse proprio quello che aveva turbato Estellen poco prima. Era molto difficile infatti che la giovane chierica conoscesse “Dalamar” o questo “Magius” alternativo, che forse non era ancora nato. Inoltre, era perlomeno curioso che non avesse mai sentito parlare alla "Torre di Wayreth" di una maga che rispondesse al nome di “Ailin”, a meno che anche lei appartenesse ad un futuro che non si era ancora compiuto. Tuttavia Aric “sentiva” nel cuore che non era così. Non per lei. Lo stregone era convinto anzi che la sacerdotessa di Paladine ne sapesse molto di più su questa fantomatica maga, di quanto avrebbe mai potuto saperne lui.
Riguardo poi il fatto che c'era anche il suo nome tra quei quattro, poteva rischiare di impazzire. Qualcuno infatti doveva averlo aggiunto agli altri tre. Ma se quel mago era sparito ben prima che egli arrivasse al monastero, quando avrebbe potuto segnare il suo nome su quella verga? "Gli effetti antecedevano le cause" e questo rischiava di procurargli solo un feroce mal di testa e nessuna risposta plausibile. Meglio quindi concentrarsi su altro. Per ora.
Nel frattempo Stuard e i cavalieri erano saliti al piano successivo, scoprendo un’ala del tempio davvero interessante: qui c’erano le numerose nicchie che avevano ospitato i chierici e le sacerdotesse, che in passato avevano accolto gli sciami di pellegrini arrivati da ogni parte di Ansalon per visitare la “Sacra Forgia”!
La pavimentazione era interamente in marmo bianco, finemente decorata con bordature d’oro, così come le pareti, lisce e lucide. Il soffitto, più basso, distava circa venti metri dal suolo, ma la vera particolarità di questo piano erano per l’appunto le decine e decine di terse cavità, ricavate dalla pietra lavorata, che seguivano fedeli, le une accanto alle altre, quasi tutto il suo perimetro.
Stuard scoprì che questo “reparto” molto peculiare dell’edificio era stato denominato: “Livello del Tempio”.
Non sembrava che qui ci fosse molto altro da vedere, ma uno dei cavalieri scorpì invece un passaggio, a dire il vero affatto nascosto sulla parete nord. Un grande portone di legno a due ante, che non fu difficile aprire ed ispezionare. Richiamato dal collega, Stuard notò che quella grande porta introduceva ad un altro condotto di collegamento, molto meno lungo, molto più spazioso e fortunatamente molto meno pericoloso di quello che avevano appena attraversato. Anche in questo corridoio erano presenti, su entrambe le pareti, due file di torce, ma il cavaliere preferì questa volta non sfidare la sorte, ed utilizzare una delle sue per illuminare la via e vedere dove portasse. Anche se una mezza idea già ce l’aveva, considerando ciò che aveva già capito riguardo a cosa fosse servito: il “Livello del Tempio”. Meno di un chilometro dopo infatti, esso si fermava innanzi a un’altra porta di legno, sempre a due ante come la precedente, che anche stavolta non fu difficile aprire.
Stuard e il suo compagno cavaliere si ritrovarono così nella valle nascosta di “Fohaven Vale”, esattamente alle spalle del “Monumento del Drago”! La nebbia era molto fitta nella valle, segno che erano presenti da quelle parti dei ruscelli o dei laghi naturali che creavano queste velature di vapori che offuscavano la visuale. Pertanto, Stuard decise saggiamente di rientrare, ma notò a qualche centinaio di metri dalla sua posizione, un altro edificio, molto più piccolo di quello in cui si trovava adesso, ma all’apparenza non meno importante.
Certo, era strano che la via per la “Sacra Fucina”, da “Foghaven Vale” fosse stata un tempo così diretta, così facile da prendere e da utilizzare. Oggi, per le forze di Takhisis stessa, occuparla sarebbe stato un gioco da ragazzi, senza “l’editto di Paladine” che preservava la valle dall’essere invasa da creature malvagie o con intenzioni impure. Doveva essere parecchio frustrante per la “Regina Oscura” essere a tanto così dal vincere la guerra “senza se e senza ma” e non poterlo fare per via di un decreto invisibile scaturito da un’altra potente volontà, divina come la sua. Per questo quelle terre brulicavano di orchi: anche loro cercavano un altro modo per accedere alla valle per depredare i sacri monumenti ivi nascosti, ma fortunatamente non gli era possibile. Se avessero saputo del budello di roccia e ghiaccio proprio sotto “Castle Eastwatch”, i quasi 150 cavalieri, che ivi dimoravano, sarebbero stati già tutti massacrati “illo tempore”! Stuard richiuse il portone e tornò indietro con parecchi argomenti su cui riflettere con i suoi amici.
Un’ultima cosa interessante spiccava su questo livello: una mappa più o meno dettagliata, dipinta su una parete, di sicuro appannaggio dei visitatori, su cosa li avrebbe attesi alla “Montagna del Drago”. A quali incredibili meraviglie avrebbero molto presto assistito. Qui riuscirono a rinvenire i nomi dei vari “livelli” dell’edificio già ispezionati e anche di quelli superiori, non ancora scoperti, come la “Galleria Superiore” e la “Balconata”.
Stuard proprio in quel momento fu raggiunto da Kail, ed insieme andarono a controllare, anche con una certa premura, il piano successivo. Sì perché avevano entrambi notato un dettaglio sulla mappa, che di fatto era una specie di dipinto rudimentale, che ritraeva una piccola e molto schematicamente riprodotta rastrelliera, che però riportava una nota a margine decisamente significativa.
Essa segnava a commento una singola ma essenziale parola che li scosse entrambi: “Dragonlance”!
Inutile dire che i due si guardarono piuttosto strabiliati e insieme perplessi. Che voleva significare quell’indicazione? Che un tempo le “Dragonlance” erano state stoccate in quella stanza e che ancora oggi erano lì in attesa di esser risvegliate? No, perché questo cambiava davvero tutto!
Giunti tosto alla “Galleria Superiore”, ad accoglierli furono ancora due statue identiche a quelle trovate nel “Livello del Cuore”. Anch’esse si animarono di vita proprio quando i due amici ne varcarono il confine e con la consueta voce solenne, dissero alternandosi:
“Il solo male che è qui è quello che tu porti con te” e “Un solo puro di cuore può fare i compiti di molti”.
Questa volta esse non elargirono ammonimenti o vincoli di sorta, ma fortunatamente solo perle di saggezza. Tuttavia le loro parole, semplici ma efficaci, erano ugualmente cariche di mistica potenza. Mistica potenza che scaturiva direttamente dall’energia magica che permeava, per qualche motivo ancora ignoto, tutta “Foghaven Vale”.
A spiegarlo fu proprio Aric, che nel frattempo li aveva raggiunti.
Il mago li aveva trovati ad armeggiare con le “sacre lance”, a dire il vero poco convinti che esse fossero autentiche. Forse valeva la pena richiamare sul posto Estellen e Theros: gli unici che potevano davvero esprimere un parere consono a quella situazione più unica che rara. In ogni caso, vedere file e file di quelle gloriose armi, scintillanti, ancora affilatissime, ed alte quasi quattro metri, fu comunque uno spettacolo incredibile, motivante ed esaltante per tutti i presenti.
Mentre il mezzelfo e il cavaliere si confrontavano sulle sensazioni che quelle “Dragonlance”, finte o meno, avevano regalato loro, lo stregone notò uno strano “passaggio” sul muro ovest, anch’esso composto interamente da marmo bianco. Il passaggio era circolare, di circa due metri e mezzo di diametro, ed aveva l’aspetto di un telone, scuro e frusciante, che fosse stato calato da sopra la parete stessa. Aric guardò il soffitto con curiosità ed attenzione, per sincerarsi che non ci fossero meccanismi pressoché invisibili di sorta: dopo qualche attimo di riflessione, stabilì che era troppo alto per nascondere una soluzione simile. Quindi operò un piccolissimo trucchetto magico per scoprire se invece potesse essere di natura mistica. Quando il cerchio scuro rimandò un piccolo bagliore bluastro, Aric annuì, comprendendo che esso era una specie di “passaggio”, “un ponte”, che conduceva verso qualche altra parte. Grattandosi il sottile strato di barba, che nel frattempo gli era iniziata a crescere, arrivò alla conclusione che quello sarebbe stato un altro punto importante su cui indagare.
Lasciando i suoi amici alle loro discussioni sul “sacro e il profano”, prese le scale e arrivò tosto alla balconata.
Lo spettacolo della valle che si apriva sotto di lui lo lasciò letteralmente senza fiato. Si trovava ad un altezza minima di duecento metri, nel cuore della montagna da cui quel tempio era stato ricavato e per un breve momento ogni pensiero, dubbio e perplessità, lasciò il campo alla straordinaria meraviglia del paesaggio che gli si apriva davanti. E di un’altra costruzione su pianta ottagonale, che da quel punto e nonostante la nebbia si riusciva a scorgere benissimo!
”Perfetto, un altro enigma da sbrigliare… non ce ne andremo più da questo posto…”
Pensò sconsolato tra sé e sé lo stregone, mentre scendeva le scale per andare a parlarne con i suoi nuovi compagni. Insomma, con Flint e Theros che ancora stavano cercando di capire il funzionamento della “Sacra Fucina”, il corridoio interno che conduceva fuori dal “Livello del Tempio” che aveva scoperto Stuart, le “Dragonlance” con cui cui il mezzelfo ed il cavaliere stavano ancora armeggiando, il “mistico passaggio” scoperto da Aric e quella costruzione su pianta ottagonale che spiccava al centro della valle, di cose i nostri eroi ne avevano molte ancora da fare prima di lasciare quel posto.
Quando poi Estellen richiamò l’attenzione di tutti, perché aveva scoperto un altro di quei “condotti mistici” di cui aveva appena parlato lo stregone, i nostri eroi ebbero ulteriore conferma che quel tempio sacro nascondesse forse un po’ troppi misteri per le loro limitate capacità!
Le meraviglie della "Montagna del Drago".
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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