L’effetto del “terrore dei draghi” attecchì sull’intera compagnia. Alcuni, come Aric, Sir Platus e Lord Kanthor, rimasero impietriti nel punto in cui si trovavano, incapaci di fare qualunque cosa, compreso parlare. Altri invece, si diedero letteralmente alla fuga, come un povero cavaliere fu costretto a fare, abbandonando amici e compagni caduti, in preda alla più irrazionale delle paure. Infine, coloro che erano più abituati a quel tipo di sensazione incredibilmente emotiva e pressoché incontrollabile, come Kail e Stuard, riuscirono a rimanere moderatamente lucidi anche se visibilmente scossi.
Sebbene il drago non si muovesse, a parte ogni tanto sogghignasse ed annusasse l’aria come se volesse cibarsi di quella stessa angoscia che generava con la sua sola presenza, ciò che restava di quella spedizione sotterranea aveva nel cuore l’amara consapevolezza che non sarebbero mai usciti vivi di lì.
Estellen non si era ancora voltata in direzione del possente wurm: la portavoce di Paladine era troppo concentrata ad occuparsi di Stuard e dei soldati feriti nelle retrovie, ma quando l’amico aveva sgranato gli occhi e lei ci aveva letto dentro una paura totale, aveva seguito il suo sguardo, incontrando infine quello del drago. La giovane probabilmente non era pronta a quell’ennesima prova di volontà e carattere e, terrorizzatasi oltre ogni umana misura e contegno, cominciò a scivolare indietro sul ghiaccio, mani e piedi, urlando come chi aveva appena perso il senno. Le sue grida però ebbero l’effetto di far tornare in sé Stuard, che riuscì a recuperarla prima che potesse fuggire via e farsi davvero male e scuoterla duramente fino a farla tornare in sé.
Nel frattempo Kail aveva sentito il suo medaglione materno ardere nel suo taschino, come poche volte aveva visto fare prima. Tuttavia “esso” non lo stava avvertendo di un pericolo, come generalmente soleva fare, ma lo stava richiamando a sé, implorandolo di indossarlo e combattere quella creatura oscena che aveva osato sfidarlo apertamente. Kail conosceva bene le conseguenze che gli sarebbero capitate se avesse ceduto a quella proposta, pertanto preferì attendere che i pezzi si dispiegassero meglio sulla scacchiera, prima di operare una scelta della quale probabilmente si sarebbe pentito e dalla quale non sarebbe mai più potuto tornare indietro. Tenendo in mano lo scuro ciondolo, aspettò che quel silenzio terribile e spossante terminasse presto.
Aric, accanto a lui, stringeva il bastone sempre più forte, il quale sembrò restituirgli sensazioni di calma e tranquillità: come fosse un bacile d’acqua che, goccia dopo goccia, riusciva a spegnere pian piano “il fuoco” della pazzia legata al terribile “terrore dei draghi”. Saggiando il suo grado di ritorno alle consuete capacità razionali, lo stregone letteralmente si costrinse a farsi avanti, passo dopo passo. Si fermò proprio innanzi al punto in cui il ghiaccio si frastagliava in tante piccole calotte alla deriva, sfidando apertamente il drago ad avvicinarsi. Alla fine, se doveva ucciderli tutti, che senso aveva attendere oltre? Meglio morire avendo il pallino della situazione in mano. Il drago bianco allungò il collo più che poteva, mordendo con i denti aguzzi solo l’aria gelida. Ovviamente non sarebbe mai stato in grado di ghermirlo e divorarlo da quella distanza, ma ugualmente sia Aric che Kail ebbero un sussulto improvviso, come una reazione nervosa di disagio e timore insieme.
Compiaciuto, il drago ritrasse poi il lungo collo sinuoso e, sibilando sinistramente, spezzò il silenzio. Le sue parole sembrarono a tutti come tanti coltelli affilati che pungevano la mente.
“Vedo che ti hanno liberato dal ghiaccio, piccolo mago. Non pensavo che qualcuno potesse ritrovare questo vecchio passaggio dove ti ho sepolto, ma sono giunto a porre rimedio. Immagino lassù non saranno contenti della tua fuga. L’occhio dei “cronomanti” è sempre vigile e bisogna stare attenti. Arrenditi spontaneamente e torna alla tua prigione. Se lo farai, prometto che nessuno dei tuoi nuovi amici si farà male…”
Nel sentire quelle poche e aspre parole, Stuard, che si era sincerato che Estellen si fosse finalmente ripresa del tutto, si alzò e raggiunse zoppicando i suoi compagni.
Dal canto suo, la portavoce di Paladine, quasi stordita dal dolore delle ferite e dalla paura che aveva avvolto il suo cuore, si era rannicchiata da una parte cercando di prendere fiato e trovare la forza di fare ciò che doveva: riprendere a curare i feriti e a sostenere la volontà dei suoi compagni, tutte cose di cui si vergognava profondamente di aver smarrito negli ultimi minuti.
Aric e Kail infine ebbero il tempo di scambiare qualche battuta. Entrambi infatti sapevano bene che i draghi tutti, ma in particolare quelli cromatici, avevano un “ego” troppo smisurato per scendere a patti con i mortali. Era chiaro dunque che quel drago, crudele e subdolo forse anche più dei suoi cugini verdi e neri, stava nascondendo qualcosa. Ma cosa?
Aric tentò una replica ficcante, di quelle che avrebbero messo alle strette un qualunque interlocutore umano. Purtroppo però il suo antagonista era un drago: una creatura vetusta, se non antica nello specifico, ma intelligente quanto lui se non di più. Lo stregone provò a provocarlo, sussurrando che se fosse davvero tanto “piccolo” ed insignificante come sosteneva, non si sarebbe certo scomodato per tornare qui e provare a ricacciarlo nella sua prigione di ghiaccio. Evidentemente il suo “mandante” era qualcuno parecchio pericoloso, forse più pericoloso di lui stesso. L’intenzione di Aric era chiara: farsi dire dal grande wurm il nome di colui che stava accontentando e il perché ci tenesse tanto a compiacerlo. Tuttavia, anche se forse immaginava chi potesse essere costui, il drago non cadde in simili trabocchetti dialettici.
“Stregone, questa non è una conversazione che puoi gestire. Non avrai alcuna informazione utile da me, tranne quella che non posso permettere il vostro passaggio. Voi! Convincete il vostro compagno ad arrendersi e tornate indietro immediatamente o sarò costretto ad uccidervi tutti, uno ad uno, ed in maniera lenta e dolorosa!”
La potente voce del drago era sferzante, come uno schiaffo violento sul viso, ma al di la delle minacce piuttosto evidenti, l’enorme bestia non sembrò però fare altro. “Essa” infatti tornò nella sua curiosa posizione di guardia e attese. D’altronde, creature così vecchie, anche se questa non pareva troppo avanti con l’età, avevano tutto il tempo del mondo. Così i nostri eroi ebbero anch’essi l’occasione di confrontare i loro pareri personali sull’argomento.
Il più lucido sembrò Kail, ma anche Estellen, che timidamente aveva in seguito raggiunto i suoi amici dopo aver fatto il possibile per i cavalieri feriti. Infatti sia il mezzelfo che la sacerdotessa erano d’accordo che ci fosse un palese impedimento per il drago di ucciderli seduta stante. O perlomeno di uccidere il mago, questo dettaglio non era invece ancora chiaro. Un drago bianco non era famoso per la sua diplomazia e per la pazienza durante le conversazioni con le razze inferiori. Dunque sembrava evidente che temesse o si fosse accordato con qualcuno, forse proprio con uno di quei “cronomanti” che aveva citato prima e che l’avevano in qualche modo “costretto ad libitum” a fare la guardia alla prigione di Aric.
Il possente wurm si stava trattenendo quindi, su questo punto convenivano tutti.
Purtroppo però quelle maestose e superbe creature erano anche per natura inclini a diventare ingestibili da chiunque se perdevano definitivamente la pazienza, indipendentemente dagli accordi che avevano preso con i propri alleati. Quando Aric, d’accordo con i suoi compagni, spavaldamente sostenne che giammai sarebbe tornato nella sua prigione e che chi era con lui non avrebbe mai ceduto al ricatto di tornare indietro, pena la morte, “il grande bianco” decise che quell’insolenza sarebbe stata l’ultima che avrebbe tollerato da quei miseri mortali.
Fissando con odio il mago, aprì le poderose ali e fece guizzare la lingua diverse volte dentro le massicce e gigantesche mandibole, sibilando aspramente come un enorme serpente in procinto di attaccare. La temperatura calò d’improvviso e una strana nebbia cominciò a palesarsi da sotto la superficie dell’acqua. Fiocchi di neve inizarono a piovere a grappoli dal soffitto, mentre lungo il tratto di corridoio che li divideva iniziò ad addensarsi una inquietante coltre di nubi, scura e gravida come la pece, che cominciò a mandare brillamenti di luce bluastra.
“Una tempesta di ghiaccio!”
Urlò Aric, invitando i suoi amici a mettersi al riparo.
Ma dove? Quella magia avrebbe presto abbracciato ogni angolo del condotto, ed era superiore a quelle che lui poteva sperare di gestire e anche se avesse voluto tentare di contrastarla, non aveva forze mistiche sufficienti per rimanere concentrato abbastanza da riuscire nell’impresa. Si voltò verso i suoi nuovi compagni, che lo fissavano speranzosi, ma riuscì solo a restituire loro uno sguardo colmo di rammarico. Stuard era esausto per poter utilizzare la sua mistica spada, Kail aveva ormai scelto di abbandonare l’idea di indossare il medaglione, rimettendolo saggiamente al suo posto, mentre Estellen era semplicemente troppo stanca e ferita per poter fare qualcosa di davvero risolutivo per competere con quella nuova minaccia. Riuscì solo a chiudere gli occhi e a pregare Paladine di proteggere quegli uomini coraggiosi, ma sapeva molto bene che la sua volontà era assai traballante in quel momento.
Il vento cominciò a salire e a fischiare come un turbine, mentre lunghe e pesanti stalattiti di ghiaccio, iniziarono a vorticare e sfiorare velocissime le teste di tutta la compagnia: sarebbe stata solo una questione di tempo prima che quei dardi, spessi ed affilati, facessero a pezzi chiunque in quel dannato budello ghiacciato. Aric socchiuse gli occhi, non riuscendo a fare davvero altro per proteggersi da quel mortale pericolo incombente. Finché una voce oscura e melliflua nella sua testa gli bisbigliò una singola parola:
“Concentrati.”
Lo stregone rimase appena un secondo perplesso, poi guardò l’unica cosa che avrebbe potuto telepaticamente “parlargli” in quel contesto così concitato: il suo strano bastone incantato! Aric non stette nemmeno un altro attimo a pensare a cosa dovesse fare: obbedì e basta. Chiuse gli occhi e lasciò fluire la magia del bastone in lui, permettendo alla staffa magica di esprimere così il suo potenziale.
Essa generò una specie di bolla traslucida, che si espanse velocemente, che non solo protesse tutti quanti dalla tempesta, ma costrinse anche il drago, a circa quindici, venti metri di distanza, ad arretrare ancora di qualche passo. Come se una mano gigantesca ed invisibile l’avesse spinto via più lontano! Aric riconobbe a stento l’incantesimo, pur essendo un mago abbastanza esperto. Era una magia dell’ottavo cerchio, che aveva visto fare una sola volta alla “Torre della stregoneria di Wayreth” dal capo delle vesti nere del conclave dei maghi: la famigerata e potentissima Ladonna! Lei, Justarius il rosso e Par – Salian il bianco, guidavano la Torre da molto tempo ormai. L’incantesimo era chiamato “Dragon Bane” e aveva come effetto quello di tenere lontani i draghi dallo stregone (e chi rimaneva entro il raggio della magia), impedendo l’entrata nella zona franca anche ai loro malefici incantati.
Sorpreso, Aric constatò in questo modo davvero inaspettato il livello di potenza del bastone che lo accompagnava, probabilmente incalcolabile, oltre che malvagio quanto lo stesso drago che aveva davanti o forse anche di più. Inoltre ebbe conferma della presenza dell’incantesimo di camuffamento su di esso, osservandone nuovamente il reale, inquietante aspetto durante l’attivazione del “Dragon Bane”.
Un lungo e ritto bastone squadrato, al cui vertice presenziava un piccolo teschio umanoide e costellato di nomi runici (almeno quattro) intorno alla sua impugnatura. Purtroppo anche questa volta il mago non riuscì a leggere quei nomi, avendo cose ben più importanti a cui pensare. Il drago bianco infatti cominciò a fare a pezzi ogni cosa intorno a sé, in preda ad una furia quasi incontrollata. Ci mise diversi secondi prima di calmarsi, secondi che servirono alla magia di Aric ad avvolgere interamente la compagnia nella sua confortevole sfera d’influenza, mettendo definitivamente tutti al sicuro.
Quando la quiete sembrò calare di nuovo nel corridoio, il possente wurm parlò di nuovo, sibilando malevolo:
“Maledetto "cronomante"! Gliel’ho detto di portare via di qui quel dannato bastone! Molto bene, non posso far nulla contro di voi adesso, ma basterà comunque la mia sola presenza ad impedirvi di passare! Prima o poi l’incantesimo terminerà e io rimarrò qui ad attendere con impazienza quel momento per divorarvi tutti… basta perdere tempo con delle nullità come voi!”
Il drago si tuffò poi nell’acqua gelida, rimanendo comunque con il terribile muso a pelo della stessa, ed osservando con indicibile crudeltà le sue prede. Il dramma era che aveva ragione: l’incantesimo non sarebbe durato in eterno e presto sarebbe svanito, lasciandoli soli e alla sua mercè. Se non avessero quindi deciso qualcosa di altamente risolutivo in tempi molto brevi, il loro tragico destino sarebbe stato purtroppo solo rimandato.
Alla mercé del drago.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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