Aric era seriamente tentato di tornare indietro e sincerarsi che le grida disperate di Estellen non fossero portavoci di notizie troppo sconfortanti, ma quando notò le immense difficoltà che Kail stava avendo per tirar su dall’acqua il suo corpulento compagno, cambiò idea e decise di raggiungerlo per dargli una mano.
Il mezzelfo stava facendo il possibile per recuperarlo già da qualche minuto, ma da solo non poteva riuscire nell’impresa: il braccio gli doleva da morire e Stuard, sebbene lottasse freneticamente per tornare pienamente cosciente, era ancora poco più che un peso morto. A dire il vero, una bella scossa al cavaliere gliel’aveva data il gelo dell’oceano ergothiano, che era stata come un’esplosione di adrenalina nel suo cervello, tuttavia la spalla malandata e la grande fiacchezza che l’aveva colto dopo l’ultimo combattimento, lo rendevano ancora poco reattivo per poter collaborare con il suo amico. Era riuscito a malapena a muovere le gambe sott’acqua e a tirar su il braccio buono per dare a Kail un appiglio per issarlo su, ma non riusciva a fare molto altro per aiutarlo. Perfino se non fosse stato ferito, lo scout avrebbe avuto seri problemi per riuscire a sollevare di peso il suo amico e portarlo in salvo. Figuriamoci in quella situazione ove erano entrambi in condizioni disastrate.
Aric arrivò più velocemente che potesse, posò il bastone sul ghiaccio e si unì al mezzelfo nello sforzo ciclopico di tirar fuori l’amico da quel brutto pasticcio. Lo stregone era dotato di numerosi talenti, ma non si poteva certo dire che fosse rinomato per la sua grande forza. I due fecero quindi diversi tentativi prima di riuscire nell’impresa, ma alla fine la spuntarono.
Stuard annaspava sul ghiaccio, ed aveva perso molto sangue. La sua armatura era adesso praticamente inservibile, ed era sfinito e dolorante oltre ogni umana misura. Riuscì comunque a girare il capo verso Kail, chiedendogli cosa fosse successo ad Estellen, visto che non era lì con loro. Il mezzelfo fece candidamente spallucce, rispondendogli che la portavoce di Paladine aveva ripiegato nelle retrovie, per dare probabilmente supporto ai cavalieri che ancora stavano combattendo i due Thanoi. Quando però Aric suggerì, con una punta d’ansia nella voce, di andare a verificare questa teoria di persona, i due amici si voltarono a guardarlo preoccupati. Lo stregone infatti sostenne di averla sentita urlare qualche minuto prima e, considerando che il fischio continuo dell’acciaio e le voci concitate dei cavalieri non si erano ancora sopite, forse era il caso fare in fretta.
Con la sola forza di volontà, che era tutto ciò che gli restava, il giovane paladino si alzò in piedi, raccolse la spada e, ciondolando, si diresse verso il luogo dove si stava consumando la battaglia. Kail e Aric si guardarono un po’ perplessi riguardo quanto contributo potesse offrire nella pugna, considerando le sue attuali condizioni, ma poi non dissero nulla e si affrettarono ad affiancare il loro compagno.
La cosa che spaventò di più Stuard fu che i cavalieri stavano ora combattendo quasi completamente al buio, segno che Estellen non era lì o, peggio, era caduta. Quasi impazzito per la paura di una simile prospettiva, fece segno ad Aric di illuminare meglio l’area. Il mago tirò su il suo bastone e ordinò alla luce di propagarsi in ogni angolo del corridoio. Tuttavia, vista l’estrema concitazione della battaglia, Estellen, a prima vista, ancora non si vedeva: la giovane sacerdotessa sembrava scomparsa dalla scena. In compenso, ben due enormi Thanoi stavano fronteggiando ferocemente l’intera squadra di cavalieri rimasta.
Avendo combattuto gli ultimi minuti al buio, le due bestie, più abituate a cacciare e a muoversi nelle ombre, stavano avendo la meglio sui soldati, ma all’arrivo di Aric le sorti della battaglia cambiò drasticamente. Uno dei due mostri venne letteralmente coperto di colpi dalle spade di Lord Kanthor e Sir Platus e cadde dopo pochi secondi, l’altro, con un piccolo aiuto magico da parte dello stregone, seguì il suo compagno all’inferno dei Thanoi. Aric infatti aveva invocato i suoi “dardi incantati” per ferire il mostro alle spalle e il suo incantesimo aveva fornito ai cavalieri la possibilità di dare il colpo di grazia alla creatura.
Quando essa cadde, finalmente i nostri eroi scoprirono cosa fosse successo ad Estellen: la portavoce di Paladine giaceva per terra, vicino al grosso cadavere “dell’uomo tricheco”. Stuard e gli altri non l’avevano notata perché nascosta dalla gargantuesca sagoma della creatura, ma quando essa era finalmente caduta, l’esile corpo di Estellen divenne di nuovo visibile.
Stuard arrancò verso l’amica, cercando di sollevarla dalla fredda lastra di ghiaccio che fungeva da pavimento e riscaldarla un po’ tra le proprie braccia, ma la giovane respirava appena. Aveva il volto ricoperto di sangue e probabilmente la mascella slogata o rotta. Tristemente, uno dei cavalieri che si era avvicinato al paladino, come tutti pian piano avevano fatto del resto, commentò che Estellen aveva provato a difendere un giovane soldato in difficoltà invocando l’aiuto di Paladine, ma la terribile bestia si era mossa velocemente, troppo velocemente per lei e l’aveva colpita con il dorso della mano. Aveva solo sbracciato, ma era un miracolo che non le avesse staccato di netto la testa dal collo.
La luce della sacerdotessa si era poi estinta lentamente, permettendo per qualche altro secondo ancora ai cavalieri di trafiggere ripetutamente i loro due avversari, ma quando essa si era spenta alcuni soldati erano andati in seria difficoltà. Se non fosse stato per lo stregone, che l’aveva riaccesa di nuovo, adesso sarebbero probabilmente tutti morti. Bisbigliò contrito un cavaliere, mentre osservava con angoscia la disperazione di Stuard, che stringeva a sé il corpo ormai quasi senza vita dell’amica.
Aric si guardò intorno: ben tre cavalieri giacevano morti accanto ai cadaveri dei Thanoi e almeno altri due o tre erano gravemente feriti. Stuard stesso sarebbe morto molto presto, ed Estellen ancor prima di lui. Lo stregone abbassò il capo affranto: nessuna missione, anche se “sacra” come l'aveva definita la protetta di E’li, poteva valere tante vite. Forse quelle persone dovevano considerare la possibilità di lasciar perdere e portare in salvo i vivi prima che fosse troppo tardi. Poi però scrutò meglio negli occhi del mezzelfo, di Stuard e di Lord Kanthor e lesse dentro solo cupa determinazione. Come se da quella missione fosse dipeso l’intero destino di Krynn! Lui ovviamente non ne conosceva i dettagli, anzi, non ne sapeva quasi niente, ma vedendo il legame che teneva uniti quegli uomini, la loro fiducia reciproca e la loro amicizia fraterna, capì che non avrebbero mai rinunciato.
Certo, doveva iniziare a domandarsi seriamente se le risposte che cercava così disperatamente e che aveva intuito avrebbe potuto trovare, almeno in parte, rimanendo un po’ di tempo con quegli avventurieri, valeva lo scotto da pagare di rischiare costantemente la vita. Molto lucidamente ritenne che, sebbene dovesse ammettere che no, non lo valeva, il rischio che ciò che si celava dietro quello che gli era capitato potesse farlo scivolare nella follia era probabilmente tra le poche cose che invece riusciva a reggere questo confronto.
Sospirando, il mago si avvicinò a Stuard. Gli domandò di lasciar andare Estellen e gli riferì molto pragmaticamente che per lei non avrebbe potuto fare granché, viste le tragiche condizioni in cui verteva, ma che invece per lui avrebbe potuto fare qualcosa. Avrebbe potuto guarirlo attraverso la sua magia!
Stuard lo guardò furioso: se avesse potuto davvero operare un incantesimo di cura, era su Estellen che avrebbe dovuto farlo, non su di lui. Senza Estellen, tutto era perduto.
Aric spiegò di non essere un chierico o un guaritore. Conosceva alcuni piccoli incantesimi di risanamento, ma la sua abilità non era minimamente paragonabile a quella della loro amica. Sarebbe stato molto improbabile salvarla anche con l’uso della sua arte, viste le sue profonde ferite. Era più logico dunque che rimettesse in piedi lui, che ancora poteva combattere e lottare per la propria vita.
Il cavaliere scosse la testa, così come il mezzelfo e ben presto anche Theros e Flint: se ci fosse stata anche una sola probabilità di guarire Estellen, lui avrebbe dovuto tentare: le vite di chi la accompagnava non erano poi così importanti. Aric assottigliò gli occhi, non riuscendo a capire dove inziasse l’amicizia e dove finisse la cieca devozione per quella strana donna. Il mago era abile a risolvere enigmi fondati sull’ingegno e sul ragionamento, ma non era affatto abituato a dispute spirituali ed emotive come quelle. Pertanto rimase diversi secondi incerto sul da farsi.
Poi arrivò alla conclusione che se avesse curato il cavaliere, ed Estellen fosse morta, egli sicuramente non gliel’avrebbe mai perdonata, mettendolo in una posizione assai problematica per avere qualche speranza in più di uscire vivo da quell’inferno di ghiaccio. Meglio rischiare il tutto per tutto quindi: se Estellen fosse morta pur provando a guarirla, almeno ci aveva provato e nessuno tra gli amici di Stuard, che molto presto l’avrebbe seguita, avrebbe potuto prendersela con lui. Dunque si concentrò, afferrò il suo ormai inseparabile bastone e salmodiò l’incantesimo di cura sulla giovane sacerdotessa di Paladine.
Il rumore di ossa che si ricomponevano sul suo volto fu davvero raccapricciante, ma dal colorito che in pochi secondi la ragazza aveva rimesso sulle guance, tutti capirono, con un sospiro di sollievo, che presto si sarebbe ripresa. Tuttavia il tempo non era un lusso che potevano permettersi, perché qualcosa di dannatamente terrificante stava in quel momento e per l’ennesima volta accadendo in quel maledetto corridoio.
Un terremoto improvviso infatti prese a sbalzare gli uomini di qua e di la, impedendogli di ricomporre i propri equipaggiamenti e i cadaveri dei propri compagni caduti. Aric si voltò, illuminando l’area a giorno, ma quando il drago bianco spaccò almeno dieci metri di ghiaccio per poi artigliare la lastra e tirarsi su dall’altra parte, fu troppo tardi per gridare a tutti di fuggire!
Sgomento, Brellan sussurrò dal suo cantuccio:
“Il terzo anatema… il terrore… il terrore con le ali…”.
La testa del rettile si sporse in avanti minacciosa e la sua lingua bluastra e biforcuta saettò per alcune volte saggiando l’aria, prima di tornare a lisciare le centinaia di denti affilati che ingabbiavano la sua mascella enorme. La creatura era alta almeno quattro metri e lunga otto: non era grande come i suoi fratelli “neri” o “rossi”, che potevano anche arrivare a doppiare quelle misure, ma sembrava terrificante e crudele forse più di loro.
L’enorme wurm posizionò le poderose zampe davanti, ritte e parallele innanzi a sé, per poi abbassare il sinuoso collo quasi a sfiorare il pelo dell’acqua, osservando con crudeltà indicibile i circa dieci, quindici metri di oceano che dividevano ciò che rimaneva della compagnia dall’altro capo del corridoio, ora custodito da lui stesso in persona. Gli occhi della grande bestia erano fessurati e giallastri, latori di un odio indicibile, mentre le sue zampe posteriori si erano inchinate, facendogli assumere una postura curiosa, molto simile ai cani quando facevano la guardia alla casa del padrone.
Un’ondata di incontrollabile “terrore sfrenato” investì chiunque nella compagnia ormai decimata, ed Aric comprese amaramente come, con Estellen fuori gioco, il loro viaggio e la sua riguadagnata libertà fossero quasi certamente arrivati al capolinea.