La compagnia stava ancora cercando di riprendersi, quando un gigantesco Thanoi spuntò rabbioso da uno dei fori nel ghiaccio. Il bestione era alto quasi tre metri, aveva lunghe braccia artigliate e gambe tozze e resistenti come alberi. La sua testa, quasi senza collo, sembrava vagamente umanoide, ma due lunghe zanne ricurve fuoriuscivano dalla sua bocca, regalandogli un aspetto assolutamente animalesco e non lasciando presagire nulla di buono per la compagnia.
La sua pelle era spessa e coriacea come quella delle balene e non era affatto per caso che essi venissero definiti dagli eruditi: “uomini tricheco”.
La luce del bastone di Aric faceva fortunatamente sufficiente luce per tenere sotto controllo la situazione, qualora una o più di quelle bestie decidessero di affiancare il loro grosso compagno nella battaglia che da lì a poco si sarebbe certamente scatenata.
Il Thanoi fiutò l’aria per un paio di secondi, poi grugnì minacciosamente verso i nostri eroi, ed iniziò a caricare come un forsennato i primi della fila, che, per loro sfortuna, erano Stuard, Kail ed Estellen. Il pesante “galoppo dell’uomo tricheco" faceva rimbombare perfino le spesse pareti ghiacciate e in quel preciso momento tutti capirono che se qualcosa del genere ti finiva addosso in velocità, le possibilità di sopravvivere erano assai scarse.
Kail, che era il più rapido della compagnia, cercò di attirarlo verso di sé, ma il Thanoi non aveva alcuna intenzione di concentrarsi su qualcuno in particolare: passò come un toro inferocito tra le maglie della compagnia, con il solo obiettivo di fare a pezzi chiunque si fosse messo in mezzo. Fu un vero miracolo che Estellen riuscì a schivarlo, anche grazie ad un gesto istintivo del suo braccio luminoso, che aveva accecato la bestia quanto bastava per farla deviare di qualche centimetro, evitando così che potesse travolgerla. Il Thanoi continuò la sua folle corsa fino a sparire nelle retrovie, dove certamente avrebbe fatto molti danni, ma avrebbe anche incontrato l’acciaio affilato dei cavalieri.
Aric richiamò tosto l’attenzione di Kail e Stuard: altri due “uomini tricheco” stavano avvicinandosi sott’acqua ai fori nel ghiaccio più vicini, ed il cavaliere urlò all’amico di andare ad intercettarli prima che potessero avere il tempo di caricare e diventare così quasi inarrestabili. Scivolare sul ghiaccio non fu facile, ma i due esperti combattenti riuscirono nell’impresa, raggiungendo le spaccature prima che i due mostri riuscissero ad emergere dall’acqua.
Il mezzelfo tentò subito un affondo con la sua spada, mirando alla testa, ma riuscendo a colpire solo la spalla della poderosa creatura. Il sangue fiottò a fiumi, ma Kail si rese conto che la ferita che aveva causato alla bestia non era minimamente quella che si era aspettato di procurarle. Capì così a sue spese quanto fosse dannatamente resistente la sua viscida pelle!
Il Thanoi grugnì comunque dal dolore, tuttavia non cedette e provò lo stesso a tirarsi su, immergendosi dapprima in acqua e dandosi poi la spinta con le gambe per riemergere velocemente e fare a pezzi chi gli aveva appena fatto del male. Sebbene ancora semi immerso nelle gelide acque dell’oceano, la creatura era già più alta di Kail, che non ebbe quindi altra possibilità se non tentare il tutto per tutto e trafiggerla al petto, sperando di trovare il cuore o qualche altro organo vitale.
Purtroppo non fu tanto fortunato.
La lama di Silvanos penetrò sì nel torace del Thanoi facendolo urlare dal dolore, ma non abbastanza da ucciderlo sul colpo e soprattutto da evitare che contrattaccasse con estrema ferocia. Kail, terrorizzato, ben conscio che una sola, singola artigliata di quell’essere sarebbe bastata ed avanzata per sventrarlo, si abbassò d’istinto, riuscendo alfine a schivare il colpo. Tuttavia non si aspettava che quel mostro fosse tanto veloce. Esso infatti riuscì a riprendere tosto l’equilibrio e a morderlo financo ad una spalla. Fortunatamente i denti ricurvi del Thanoi non riuscirono a penetrare a fondo nella carne, vista la posizione comunque precaria della bestia, incastrata ancora tra ghiaccio ed acqua, ma per Kail fu davvero difficile rimanere lucido in quel momento e non cedere alla terribile sofferenza. Un attimo di debolezza e "l’uomo tricheco" avrebbe preso a scuotergli il braccio fino a staccarglielo dal corpo. Con uno sforzo ciclopico quindi, girò la spada elfica nella mano, piantò la punta della lama incantata sotto l’ascella del suo avversario e la spinse dentro quella parte molle con ogni oncia di forza rimasta, su, lentamente verso l’alto, con un suono raccapricciante di ossa, muscoli e tendini che si rompevano, fino ad ucciderla dopo appena qualche attimo di agonia. Il mezzelfo osservò ansante la bestia venir risucchiata sott’acqua e affondare lentamente verso il basso, diventando cibo per i pesci: se l’era davvero vista brutta questa volta! Poi, premendo sulla spalla ferita, si voltò a vedere cosa stava succedendo a Stuard e soprattutto ad Estellen.
Il cavaliere stava affrontando il secondo Thanoi. Anche lui aveva avuto un attacco di opportunità, prima che esso fosse riuscito a saltare sulla lastra di ghiaccio, ma non era bastato ad ucciderlo. Aveva dunque parato il suo poderoso contrattacco con lo scudo, riuscendo a rimanere in equilibrio, senza scivolare, per puro miracolo, quindi aveva roteato la spada pronto per aggredirlo questa volta alle gambe. Purtroppo anche il cavaliere fece lo stesso errore del suo amico mezzelfo, non considerando che gli "uomini tricheco" non solo erano incredibilmente forti, ma anche estremamente reattivi e quando aveva scoperto la guardia per abbassarsi e colpirlo alle ginocchia, esso lo aveva attaccato con il proprio morso.
Fortunatamente Stuard aveva l’armatura di piastre, anche se ormai ridotta a brandelli dopo le mille battaglie combattute, altrimenti la creatura gli avrebbe staccato di netto la spalla. Ciononostante, lo spallaccio di metallo era stato comunque divelto dai possenti e robusti denti della bestia e parte del pettorale era adesso penzolante ed inservibile. La cosa ben peggiore era però che le sue spesse zanne si erano conficcate saldamente nella carne del cavaliere che, quasi impazzito dal dolore, tentò anch'egli un gesto disperato: puntò la spada verso l’alto e, spingendo con tutto il peso del corpo, trafisse la creatura alla gola. Il mostrò rantolò, prima di morire, mise un piede in fallo e sprofondò in acqua, trascinando il povero Stuard con sé.
Il cavaliere utilizzò tutta la sua esperienza e freddezza per rimanere lucido e non svenire per l’intensa agonia che gli stava bruciando il cervello. Se l’avesse fatto, sarebbe morto, affogando insieme al Thanoi nei vorticosi abissi dell’oceano ergothiano. Riuscì ad accompagnare la creatura in acqua, ma a tenere la testa del mostro fuori dal pelo, utilizzando la spada per aprirgli le fauci e liberare così l’arto offeso. La sua strategia funzionò, ma a caro prezzo: la spalla gli era stata letteralmente frantumata e lui giaceva adesso in ginocchio, completamente svuotato di tutte le energie. Rimase così, inerme, davanti al buco nel ghiaccio, respirando affannosamente e gemendo tra sé per il tormento tremendo. Solo, sospeso tra la vita e la morte.
Estellen aveva visto i suoi amici muoversi veloci ed ingaggiare i due possenti Thanoi, poi era stata attratta dalle urla dei cavalieri nelle retrovie. Divisa tra i suoi doveri verso i suoi compagni e quelli nei confronti “della vita” in generale, la portavoce di Paladine ritenne che in quel momento sarebbe stata più utile tra i soldati. Pertanto si alzò e iniziò a correre verso l’oscurità. La luce del bastone di Aric infatti illuminava pochissimo il punto dove si stava consumando lo scontro tra la brigata di Broadblade e il possente Thanoi. Quando alzò la sua mano divina e improvvisamente riempì ogni cosa di luce sacra, lo scontro, che all’inizio era nettamente a favore della creatura, cambiò esito immediatamente. Le spade iniziarono a mulinare con più precisione e molto presto “l’uomo tricheco” fu inesorabilmente abbattuto.
Non senza perdite però: un cavaliere infatti era stato ucciso dalla carica feroce dell’enorme bestia. Sbalzato contro una parete di ghiaccio, il giovane cavaliere aveva sentito il suo collo spezzarsi come un fuscello senza poter far niente per evitarlo. Estellen mandò una silenziosa preghiera per l’anima di quello sventurato, gli chiuse gli occhi e poi andò a soccorrere i feriti.
Kail si voltò verso il compagno e poi verso Estellen. Notò immediatamente che la giovane sacerdotessa aveva ripiegato nelle retrovie, mentre il suo amico Stuard sembrava non riuscisse a più a muoversi. Senza pensarci su due volte, scivolò velocemente sul ghiaccio approssimandosi a lui.
Quando Aric segnalò ai suoi nuovi compagni di viaggio che altri tre Thanoi stavano per spuntare dall’oscurità da un momento all’altro, fu troppo tardi. Il roboante frastuono della loro carica rimbombò dapprima feroce ma cieca sulle pareti, finché finalmente emersero all’interno del raggio luminoso del bastone dello stregone. Uno dei tre Thanoi puntò dritto su Kail e Stuard, mentre un altro virò sul mago come un forsennato, sbavando e grugnendo come una fiera a caccia di prede da divorare. Il terzo invece sembrò ignorarli, mirando direttamente alle retrovie.
Aric sperò vivamente che i cavalieri fossero stati pronti ad accoglierlo e a finirlo il prima possibile, visto che dalle sue parti la situazione si stava mettendo molto male. Per Kail e Stuard, ma anche per lui stesso.
Il mezzelfo sgranò gli occhi alla vista della bestia furibonda a poche decine di metri da lui e Stuard. Non sapendo cos’altro fare, afferrò il pugnale e recise i legacci dell’armatura del cavaliere, quindi con un piede lo spinse in acqua. "L’uomo tricheco" saltò agilmente l'ampia spaccatura nel ghiaccio appena qualche secondo dopo, ma Kail ebbe comunque il tempo di schivare il suo attacco, gettandosi rapidamente da un lato. Fortunatamente il Thanoi non arrestò la sua vigorosa corsa, avendo fiutato a sud prede molto più corpulente di quell’esile mezzelfo. Tuttavia adesso lo scout aveva il problema di recuperare l’amico e non era per nulla sicuro di riuscire a farcela da solo, viste anche le condizioni del suo braccio ferito.
Aric osservava terrorizzato l’avvicinarsi del Thanoi, che non ne voleva proprio sapere di rallentare la sua frenetica avanzata. Entro pochi secondi l’avrebbe certamente travolto. Lo stregone provò dunque a spostarsi, ma le gambe non reagivano ai suoi comandi. Tentò anche di operare incantesimi attraverso il bastone, come aveva fatto poco prima con la luce, ma invano. Si preparò dunque ad essere spazzato via come una foglia da una tormenta: pregò solo che Lunitari fosse misericordiosa con lui e che facesse finire la sua agonia in pochi secondi. Invece, a meno di tre metri dalla sua sicura morte, il bastone iniziò a vibrare da solo e, con un breve e sordo suono, espulse una piccola palla di oscurità dalla gemma gialla incastonata nella sua testa, colpendo "l’uomo tricheco" in pieno petto!
La violenza dell’impatto fu tale che la bestia fu scagliata all’indietro per circa sette o otto metri. Arrancando confusa per qualche secondo, gemendo e guaendo per la grande sofferenza, arretrò incerta ed intimorita fino a tornare a sparire nell’oscurità.
Aric assottigliò gli occhi: era certamente felice per essere ancora vivo, ma era francamente piuttosto stanco di aver capito ancora molto poco di quel dannato bastone. Però aveva notato questa volta alcuni dettagli in più, a dire il vero molto strani, quando esso aveva reagito al di là del suo controllo. Intanto nell’aspetto. Per una frazione di secondo infatti, aveva mutato le sue sembianze. Lo aveva visto chiaramente perché lo stava impugnando: non era stata più una semplice verga nodosa, ma una staffa ritta, sempre di legno ma lavorato, più simile ad un parallelepipedo allungato.
Inoltre gli era parso di notare che la gemma gialla, incastonata alla sua sommità, non assomigliava nemmeno un po’ a quello che era apparso nel momento in cui l’incantesimo aveva colpito il mostro. Sembrava più un piccolo, inquietante teschio umano. Non poteva esserne sicuro, ovviamente, ma di certo non si trattava di una semplice pietra lavorata!
Infine aveva rilevato delle rune incise lungo i quattro lati del bastone, perfettamente visibili proprio nel punto in cui lui soleva afferrarlo. Rune magiche che indicavano dei nomi specifici!
Forse ne aveva anche riconosciuto uno: un mago “veste nera” che viveva nella “Torre della stregoneria di Wayreth”. Anche qui non ne era certo, avendo avuto il tempo di dare solo una fugace occhiata a quel nome, ma gli era subito venuto in mente lui perché stranamente si trattava di un elfo. Cosa assai insolita per coloro che servivano Nuitari.
Comunque, se davvero fosse stato un artefatto dall’aspetto così nefando, come gli pareva di aver visto, allora l’incantesimo negromantico che esso stesso aveva utilizzato per salvargli la vita si sarebbe potuto spiegare facilmente. Il “fulmine abissale” era una magia malvagia che conosceva molto bene, avendo assistito molte volte a colleghi che lo avevano salmodiato nella Torre per memorizzarlo.
Quello che però non capiva era per quale motivo il suo possessore (forse quell’elfo stesso?) ne aveva schermato il vero aspetto con un potente incantesimo di camuffamento (ma era davvero così forte quel mago, da poter lanciare su quell’artefatto una magia del genere?). Iniziava sempre più a sospettare che forse c’entrava anche lui nei motivi per cui il suo reale possessore aveva deciso di nasconderne le fattezze. Probabilmente non era stato nemmeno casuale non solo il fatto che avesse trovato il bastone in quello studio, ma anche che avesse avuto un aspetto “più da veste rossa”. In questo modo lui si sarebbe sentito motivato a cedere alla tentazione di portarlo via con sé, trovandolo in un certo senso da subito “affine” alla magia che aveva studiato finora.
Di certo quella staffa incantata, malevola o meno, l’aveva salvato e questo spingeva a fare nuove ed intriganti riflessioni. Infatti non aveva mai sentito parlare prima di artefatti senzienti, ma forse esisteva sempre una prima volta per tutto. Chi era lui per palesare simili sicurezze?
Quando però l’urlo di Estellen l’aveva destato a forza dai suoi profondi pensieri, Aric rammentò che c’era ancora una battaglia che doveva concludersi e che sarebbe stato meglio non distrarsi oltre.