Caduta Estellen, l’unica fonte di luce ora presente in quel dannato, angusto passaggio, era quella stroboscopica della spada di Stuard, non ancora rinfoderata dopo lo scontro con i non - morti. Il cavaliere, insieme a Lord Kanthor, urlava ordini a tutti di accatastare lì davanti tutte le torce rimaste e di riversare sopra di esse ogni oncia di olio disponibile, in maniera da creare un piccolo falò capace di dare luce e calore per il tempo necessario a riprendersi.
Nel frattempo Aric era corso dalla portavoce di Paladine, scoprendo con sommo sbigottimento che la giovane non riusciva a riprendersi nemmeno con il suo supporto. Aveva le labbra blu e gli arti completamente intirizziti dal freddo. Tremava e respirava a fatica. Temendo per la sua vita, il mago urlò a tutti che le cose si stavano mettendo male per lei e che c’era urgente bisogno di qualcuno che fosse in grado di aiutarla.
Stuard, in quello stesso istante, abbandonò tutto quello che stava facendo e lo raggiunse vicino al piccolo fuoco, che anch’esso lottava ogni istante, come Estellen, per non lasciarsi andare al dolce abbraccio della morte. Il cavaliere si inchinò e tirò su la compagna da terra, avvolgendola poco prima nel suo pesante mantello per riscaldarla un po’. Contemporaneamente, soppesava mentalmente le sue nuove abilità da paladino nella speranza che esse potessero salvarla dall’assideramento.
Kail invece si era seduto su una roccia e stava tentando di riprendere fiato. Lo scontro era stato cruento ed aveva subito una brutta ferita ad una gamba, che aveva tamponato alla bell’e meglio. Il mezzelfo si guardò intorno, rendendosi conto di quanto quella missione fosse arrivata sul punto di fallire miseramente. Lord Kanthor infatti rimaneva stoicamente in piedi, ma aveva una profonda lacerazione ad una spalla che necessitava di cure immediate. Theros zoppicava vistosamente, segno che nel migliore dei casi aveva una caviglia davvero mal messa. I cavalieri sopravvissuti allo scontro erano affranti e sofferenti, soprattutto perché stavano tentando di ricomporre i corpi degli amici caduti. Quello che però impensieriva di più il mezzelfo era Flint. Il vecchio e burbero nano cercava di non darlo a vedere, ma aveva il volto rugoso, segnato dagli anni e da mille avventure come quella, angosciato e addolorato in maniera preoccupante. Inoltre, ogni tanto si toccava il petto con fare nervoso e quasi stizzito, segno inequivocabile che qualcosa di brutto stava bussando alla sua porta. Prima di muoversi verso di lui e sincerarsi sul suo stato di salute, Kail gettò una voce ai cavalieri di recuperare dai caduti quanti più mantelli possibile per aiutare Estellen a riscaldarsi. Sembrava forse un po’ cinico, ma ai morti non servivano, mentre per la sua amica potevano fare la differenza tra la vita e la morte.
Aric si tirò su dolorante, poi si accorse di non aver più il suo bastone incantato. Anche se non era riuscito ad esplorarne la magia, essendo appartenuto in passato ad uno stregone di molto più potente di lui, era arrivato col tempo a sentire egualmente una certa “affinità” con esso. Quando l’aveva afferrato per la prima volta, era come se avesse semplicemente accolto dentro di sé il suo “richiamo”. Un richiamo “esclusivo”. Sembrava assurdo, visto che di certo non l’aveva mai visto prima, eppure era proprio questo che avrebbe ammesso, se avesse dovuto trovare un modo di spiegare a sé stesso la natura del suo “legame” con quella "strana" verga magica. Una parziale conferma l’aveva avuta dal suo nuovo amico cavaliere che rispondeva al nome di Stuard: quando egli si era abbassato per raccogliere il suo bastone, con il chiaro intento di restituirglielo, aveva subito una scossa elettrica che gliel’aveva impedito. Segno incontrovertibile che non tutti potevano impugnarlo senza conseguenze.
Perplesso e impanicato dal pensiero di averlo perso, Aric comiciò a controllare freneticamente la zona, finché gli parve di vedere un movimento tra i sassi e il ghiaccio, poco distante. Gettò dunque una voce allarmata ai suoi compagni, i quali gli si affiancarono in un momento con le spade in pugno. Fortunatamente però non c’era alcuna minaccia ad attenderli laggiù: probabilmente la stanchezza e lo stress avevano iniziato a far avere le traveggole al mago: incastrata tra le rocce gelate c’era infatti solo la sua nodosa staffa, che Aric poté infine recuperare con un sospiro di sollievo.
Ringraziando Kail e Theros per l’aiuto gentilmente offertogli, lo stregone iniziò a scrutarla meglio, assottigliando gli occhi in cerca di una concentrazione difficile da mantenere con quel freddo esasperante: era ancora convinto infatti che qualcosa si fosse “mosso” in quel punto, ma in effetti lì non c’era niente. Smosse un po di pietre e fango gelato con lo stivale, quasi sperando di rivelare lì sotto qualcosa. Qualunque cosa che non gli facesse pensare che il freddo e quella dannata maledizione lo stessero portando alla follia, proprio come i cavalieri che erano stati costretti a tornare al castello qualche ora prima.
Prese a girare e a rigirare il bastone tra le mani.
Poi un inquietante pensiero si fece strada nella sua mente stanca: e se fosse stato proprio il bastone stesso a muoversi?
Aric scosse la testa, come se volesse destarsi da un sogno ad occhi aperti. Poi sospirò tristemente, pronto ad abbandonare simili congetture, assolutamente prive di riscontri oggettivi. Tuttavia, sebbene il richiamo alla razionalità si faceva sentire in maniera prepotente, da buon mago, volle però constatarne almeno la verosimilità con un ultimo, disperato tentativo.
“SHIRAK!”
Esclamò, già sapendo che stava facendo una cosa per nulla sensata.
Un’esplosione di luce si dipanò invece dal giallo cristallo incastonato sulla parte terminale della verga, illuminado tutta la zona e catalizzando su di lui l’attenzione dell’intera compagnia!
Gongolando, tra il felice e l’incredulo, Aric comprese che dietro quella strana e arcana staffa, erano nascosti dei “segreti”. Segreti che lo riguardavano in prima persona, perché “nella magia” niente era casuale. Forse c’era un motivo preciso dietro il loro primo "abbraccio", forse qualcuno aveva voluto che loro "si incontrassero". Chi poteva dirlo?
In ogni caso, grazie a quella luce insperata, Stuard e Kanthor poterono finalmente adagiare Estellen vicino al fuoco in sicurezza, ed operare le loro preghiere per risanare le sue ferite. I due cavalieri si inginocchiarono e invocarono quasi contemporanemente l’aiuto dei loro dei, per poter permettere alla loro compagna di tornare in forze nel mondo dei vivi. La loro voce, potente e fedele, ottene tosto ciò che avevano chiesto, così da riaccogliere la portavoce di Paladine tra le loro braccia in pochi minuti. Fu davvero un sollievo per tutti: per il loro morale, ormai a terra e soprattutto per le loro ferite, che almeno per alcuni stavano diventando davvero debilitanti.
Kail riuscì a prestare un primo soccorso ai compagni messi meno male, come Theros e alcuni cavalieri feriti superficialmente. Aveva avuto anche una breve ma intensa conversazione con il nano, constatando che Flint probabilmente non sarebbe morto quel giorno, viste le sue piccate risposte al vetriolo. Tuttavia le sue condizioni rendevano lo scout affatto tranquillo per il prossimo futuro, anche rammentando le parole di Estellen sulla salute precaria del vecchio nano brontolone.
Quando la luce del bastone di Aric illuminò quasi a giorno il condotto, il mezzelfo notò anche che qualche malumore stava nuovamente serpeggiando tra le fila della compagnia. Sir Platus stava infatti discutendo piuttosto animatamente con un cavaliere, suo subalterno. Il mezzelfo si avvicinò dunque zoppicando ai due soldati e poté assistere al litigio. Domandò in maniera calma cosa stesse succedendo, invitando tutti a non cedere allo sfinimento e alla disperazione. La replica di Sir Platus non tardò ad arrivare.
“Sono d’accordo con voi, Sir Kail. Sto solo cercando di spiegare a questo zuccone che non sono affatto una donna e che questo non è il luogo giusto per azzuffarsi per mere questioni di etichetta. Dobbiamo rimanere compatti se vogliamo sopravvivere a questo inferno sceso in terra…”
Il mezzelfo scrutò nel volto scuro del cavaliere, che continuava ad insistere che non se l’era affatto sognato e che non era certo un folle: Sir Platus era una donna, l’aveva visto chiaramente durante il combattimento, nel momento in cui aveva perso parte dell’armatura che ne proteggeva il petto! Al che, Kail lo invitò a considerare per ora solo le abilità in battaglia del suo capitano, che non poteva certo ignorare o sottovalutare. Forse era davvero una donna, come lui sosteneva, ma quello che contava adesso era che Sir Platus riuscisse a difendersi e a difendere i suoi compagni adeguatamente. Nient’altro. Avrebbe esposto le sue rimostranze a Lord Kanthor, quando la missione fosse finita: a quel punto sarebbe stato suo diritto farlo. Mugugnando tra i denti, il cavaliere annuì e tornò dai suoi compagni, mentre uno sguardo d’intesa con Silverglove fece capire al mezzelfo che egli condivideva ogni singola parola che aveva pronunciato. Rimettendosi a posto la spallina del pettorale, che nella foga del combattimento gli si era spezzata, Sir Platus lo ringraziò, tornando anch’egli laddove poteva sentirsi utile.
Kail sospirò su quanto infelici e retrogradi fossero questi argomenti, soprattutto osservando i cadaveri dei cavalieri e gli sguardi affranti dei loro compagni che stavano pregando per le loro anime. Quindi si voltò, giusto per vedere Estellen che lo richiamava a sé, sorridendogli stancamente. La giovane, malgrado si reggesse appena in piedi, volle operare lo stesso un risanamento sulle sue ferite. Il mezzelfo non si oppose, ma constatò che la “forza divina” dell’amica era decisamente meno intensa rispetto al solito: ella riuscì alfine a richiudere la ferita, ma una visibile cicatrice rimarcava adesso la sua coscia offesa. Il mezzelfo dovette sorreggerla per evitare che la giovane perdesse di nuovo i sensi e la cosa peggiorò ancor di più quando Estellen invocò il potere di Paladine sulla spalla maciullata di Lord Kanthor. Stremata, la sacerdotessa di E’li si piegò sulle ginocchia e Stuard fu costretto a sollevarla di nuovo da terra, per adagiarla ancora una volta accanto al fuoco, nella speranza che esso potesse infonderle un po’ di ristoro.
Il mago sperimentò che, attraverso la sua volontà, la magia del bastone poteva essere indirizzata a suo piacimento e aumentata o diminuita di intensità: un risvolto parecchio interessante e dalle mille applicazioni pratiche. Così, rinforzando la diffusione della luce in quell’angolo preciso, Aric volle andare a controllare cosa era rimasto dei due contendenti non - morti che lui ed Estellen avevano appena affrontato e sconfitto.
Del chierico oscuro non erano rimasti che brandelli di carne ed interiora sulle pareti, ma dai resti del mago lo stregone poté desumere alcune informazioni. Si trattava infatti di un elfo, morto probabilmente da anni e congelato in attesa di saziare l’appetito del drago bianco. Dai tatuaggi che aveva sulla pelle, era certamente un elfo selvaggio: un “Kagonensti”, che sicuramente viveva nella foresta a sud di “Foghaven Vale”. Questo dettaglio suggeriva che il "possente wurm" cacciava o aveva cacciato le sue vittime, negli anni, in un raggio di poche decine di miglia o aveva lasciato che gli orchi lo facessero per lui.
Silenziosamente, lo stregone pregò Lunitari di prendersi cura dell’anima di quel disgraziato, con l’augurio che fosse finalmente libero dal potere malefico e soggiogante di quella bianca e crudele lucertola dei ghiacci. Sospirando, Aric tornò poi al piccolo campo improvvisato, ove stava nascendo una nuova discussione sul da farsi. Il freddo era davvero terribile e se non avessero fatto qualcosa di davvero risolutivo per ammorbidire un po’ il problema, dubitava seriamente che, anche con Estellen al loro fianco, sarebbero riusciti a vedere la fine di quel tunnel maledetto.
La quiete dopo la tempesta.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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