Il giovane mago, che Stuard aveva accompagnato sul gelido terreno tenendolo delicatamente per il collo, iniziò a sputare via acqua e terra dai polmoni e a combattere per ogni respiro. L’intera compagnia attese pazientemente che riuscisse a calmarsi e quindi a rispondere finalmente a qualche domanda, ma egli continuava a muovere la testa a destra e a sinistra distrattamente, come se i suoi occhi non riuscissero ancora a mettere a fuoco bene e le sue orecchie a percepire con chiarezza i suoni intorno a lui.
Stuard gli offrì il braccio per tirarsi su, ma il mago sembrava ignorarlo e nessuno ancora riusciva a capire il perché: se la sua fosse solamente diffidenza nei confronti di perfetti sconosciuti, oppure lo shock causato dall’improvviso e traumatico risveglio. La veste rossa si passò per l’ennesima volta le mani sul viso, come se stesse lottando per tornare lucido. Poi assottigliò gli occhi e domandò a tutti:
“Dove mi trovo?”
I nostri eroi si guardarono interdetti, poi Kail decise che sarebbe stato lui a parlare. Mettendo una mano sulla spalla di Estellen, si fece avanti, rispondendo che si trovava sotto terra, in un condotto segreto, sigillato da secoli e che loro l’avevano trovato dentro una lastra di ghiaccio, che in realtà però era la dispensa di un drago. Detto questo, il mezzelfo si sentì autorizzato ad evidenziare anche lui qualche sua piccolissima curiosità. Intanto chiedendo chi era e come diavolo fosse finito laggiù. E soprattutto se c’era davvero un dannato drago bianco da quelle parti.
“Il mio nome è Aric e sono stato attirato quaggiù in circostanze davvero strane. Chi mi ci ha portato, non mi ha detto dove saremmo andati e cosa avremmo dovuto fare… e per rispondere alla vostra ultima domanda… si, c’è… o perlomeno c’era… proprio un drago bianco ad attendermi, quando il mio “accompagnatore” decise di abbandonarmi. Strana coincidenza, non trovate?”
Il mago, stimolato poi dalla pungente battuta di Stuard, che ancora aveva il braccio teso verso di lui, accettò l’aiuto del cavaliere e si tirò su. Poi, sgranando gli occhi, come fosse stato folgorato da un accecante pensiero, si voltò verso il mezzelfo e bisbigliò quasi affranto:
“In che… in che anno siamo?”
Kail azzardò una rapida occhiata verso Estellen prima di replicare, poi, assai perplesso, schioccò le labbra e disse con voce ferma che correva l’anno 352 PC. Il mago sembrò abbastanza spiazzato da quella risposta, sussurrando tra i denti, rammaricato, che era rimasto allora congelato per ben dieci anni! Ignorava però assolutamente come poteva esser rimasto in vita per tutto quel tempo, ma supponeva che fosse sopravvissuto per via di qualche potente “incantesimo di conservazione”.
Ora però tremava dal freddo, anche se Estellen stava provando a riscaldarlo il più possibile con il calore del proprio arto luminoso. Aric la ringraziò, anche se ancora non riusciva ad inquadrarla molto bene. In quella compagnia c’erano molti cavalieri di Solamnia, un nano, un ergothiano (probabilmente un fabbro) e un mezzelfo (uno scout all’apparenza). Ma lei? Aveva capito che era stata quella donna a salvarlo, ma chi era? Una maga? Una strega? Una sciamana? Certamente non poteva appartenere a quella congrega di lestofanti chiamati “i cercatori”, che sfruttavano solo l’ingenuità della povera gente per arricchirsi e trarne potere. Loro non avevano alcuna capacità mistica. Lei invece l’aveva davvero rianimato e quel braccio luminoso non se lo stava affatto immaginando. Il mago dunque, ristorato un po’ dal tepore della luce sacra di Estellen, le domandò forse un po’ bruscamente “chi” o “cosa” fosse, prima di procedere oltre.
La portavoce di Paladine gli sorrise lo stesso, anche se rimase un po’ piccata dalla sua malcelata scontrosità. Innanzitutto gli rivelò il suo nome e quello dei suoi compagni e cosa fosse venuta a fare in quell’angolo dimenticato dagli dei. Sottolineò che era stato molto fortunato che lei l’avesse “percepito” e poi “liberato” dal ghiaccio, che aveva una missione sacra da portare a termine, ed un’unica strada che avrebbe potuto percorrere: quella che aveva davanti. Infine gli propose che, se avesse voluto, avrebbe potuto unirsi al loro: almeno fino al punto in cui avessero trovato ciò che cercavano e fatto ciò che dovevano.
Aric l’ascoltò attentamente, poi sconsigliò vivamente di procedere oltre. Primo perché faceva troppo freddo e secondo perché se c’era davvero un drago, era altamente preferibile non incontrarlo: le era davvero grato per averlo salvato dalla sua prigione di ghiaccio e proprio per questo non desiderava affatto tornarci. Inoltre, aveva imparato già da molto tempo che non esisteva affatto la “fortuna”. Era sicuro che non fosse dipeso dal “caso” che lei l’avesse scovato in mezzo a decine di cadaveri, così come non poteva essere certo un “caso” che l’avesse rinvenuto vivo.
Aric farfugliò poi che aveva smarrito un oggetto per lui molto importante, che avrebbe dovuto ritrovare assolutamente, ma aveva il sospetto che non l’avrebbe ripescato quaggiù, nascosto da qualche parte tra pietre e ghiaccio, ma nello studio del mago che l’aveva incastrato qui sotto. Provò a guardarsi intorno brevemente, ma era troppo intelligente per non riuscire a ricostruire quello che gli era successo. Ciò che ancora non sapeva era se ciò che gli era capitato fosse davvero finire nella più banale delle “trappole” oppure in una “prova iniziatica” un po’ contorta, ma era sicuro che presto l’avrebbe scoperto.
“Dunque… se torno indietro, arriverò ad un… castello, dico bene?”
Stuard annuì, quasi contento che il mago avrebbe probabilmente tolto il disturbo, ma prima che Aric potesse decidere se salutare i cavalieri e la compagnia di eroi che l’avevano salvato, accadde l’imponderabile: dalle pareti di ghiaccio, decine di cadaveri spaccarono le lastre che li tenevano prigionieri e finirono tosto in terra!
La cosa terrificante fu che essi iniziarono a contorcersi e a rigirarsi su sé stessi, come in preda a spasmi raccapriccianti. Nonostante i rumori di ossa che si spezzavano e di giunture che si sgretolavano, pian piano si rimisero in piedi, causando il panico generale.
Estellen illuminò subito a giorno la via davanti a lei, mentre Stuard, intuendo che si trattava di non morti, infilò la spada nel terreno e pregò Kiri – Jolith di scacciare subito almeno una parte di quegli abomini. Il dio bisonte lo accontentò.
Kail, Flint e Theros, sguainarono all’unisono le loro armi e si prepararono alla pugna. Così come fecero Lord Kanthor, Sir Platus e gli altri cavalieri al seguito. In un angolo, invece, Brellan bisbigliava terrorizzato:
“Morte… “freddo e morte”… il secondo anatema…”
Aric inziò a guardarsi intorno, confuso e atterrito, poi qualcuno lo udì salmodiare qualcosa per poi venire risucchiato in uno scontro tanto imprevisto quanto terribile.
Kail ci mise poco infatti a capire che quei mostri erano quasi immuni alle armi tradizionali. Ringraziò silenziosamente Alhana per avergli fatto dono della spada di Silvanost, con la quale poté difendere la sua vita e quella di Estellen, provata quasi allo stremo per aver fronteggiato e dopo qualche minuto sconfitto un formidabile chierico oscuro non morto. Quella creatura infatti univa le abilità di un sacerdote di Takhisis o di altro dio malvagio, a quelle di una tra le più potenti creature evocabili da un negromante. Quando emerse vittoriosa, la giovane era carponi, ansante, ferita e stremata.
Stuard si batté come un leone, ma la luminosità era scarsa, perché Estellen non poteva certo rimanere ferma durante la sua terribile battaglia personale e dopo aver abbattuto un paio di nemici, anche lui venne ferito, seppur non gravemente come la sua amica. Quando abbatté con la sua spada incantata il secondo non morto, si voltò giusto per vederla fare in mille pezzi il suo fenomenale avversario.
Il mezzelfo anche combatté strenuamente. Il medaglione di sua madre, che teneva in un sacchetto appeso al fianco, lo aveva avvertito del pericolo, vibrando ed emanando un calore questa volta ristoratore. Tuttavia Kail decise di non indossarlo ugualmente, perché sarebbe stato troppo pericoloso, per lui stesso e per i suoi amici. Se si fosse trasformato, in quell’angusto e stretto corridoio, dubitava fortemente che qualcuno sarebbe sopravvissuto alla sua furia sanguinaria. Mulinando la spada di Silvanost, anche lui infine riuscì a prevalere sui suoi avversari, ma una profonda lacerazione sulla coscia destra ne avrebbe impedito, negli scontri successivi, i consueti e raffinati movimenti.
Respirando affannosamente, si voltò per vedere Aric, protetto da una barriera mistica, combattere a distanza con quello che sembrava proprio un micidiale mago non morto: un altro avversario da non sottovalutare affatto. La giovane veste rossa fu quasi sopraffatto da un potente incantesimo del suo rivale, ma poi riuscì a ritorcergli contro la stessa magia, ed avere per fortuna e per un soffio anch’egli la meglio su di lui.
Quindi Kail, spada in pugno pose gli occhi su Theros, Flint e gli altri cavalieri. Essi si trovavano in enorme difficoltà, stretti nella morsa di almeno dieci cadaveri animati. Riversi in terra, i corpi straziati da unghie e morsi di tre giovani soldati arrossavano di sangue le pietre ghiacciate. Kail imprecò sottovoce, trascinandosi nel soccorrere i suoi compagni. Così come fece Stuard, dopo aver visto che Estellen era provata ma viva. Aric scosse la testa: sarebbe stato parecchio improbabile uscire vivo da quell’inferno: forse sarebbe stato meglio darsi alla fuga e tornare indietro finché ancora era in tempo. Prima di poter valutare se quella soluzione potesse essere davvero praticabile, vide Estellen mettersi in piedi a stento, osservare attonita lo spettacolo di morte e sofferenza davanti a lei e mutare completamente espressione.
I suoi lineamenti, solitamente gentili e dolci, si fecero feroci. La portavcoe di Paladine emise un grido atroce, poi i suoi occhi si indurirono, il suo corpo iniziò a levitare e un’intensa energia blu la inglobò del tutto, come aveva fatto nella radura vicino Welmet qualche giorno prima. La bolla azzurrina sfrigolante crebbe esponenzialmente, espandendosi fuori da lei, finché esplose, allungandosi per qualche decina di metri. Ogni creatura non morta venne distrutta all’istante dall’onda d’urto prodotta da quel potere incredibile, salvando così molte vite.
Il mago si coprì gli occhi per difenderli dall’esplosione di luce, che ebbe solo l’effetto di confonderlo ancora di più.
Quella donna infatti non era di certo un mago, ma nemmeno un chierico dell’antico codice. Ammesso che ce ne fosse ancora uno che credeva nell’esistenza dei vecchi dei. Era semplicemente troppo potente per essere qualunque cosa avesse mai visto o di cui avesse studiato sui libri, a parte forse gli “avatar” degli dei, creature tanto leggendarie quanto rarissime e, ovviamente, Fistandantilus. Aggrottando le sopracciglia si mosse velocemente per andare a soccorrerla, visto che era caduta di peso in terra e sembrava non muoversi più.
Non lo fece tanto perché si sentiva mosso da profonda compassione per chi l’aveva probabilmente appena salvato, ma perché sapeva bene che se lei fosse morta, sarebbe stato quasi sicuro che tutti loro l’avrebbero seguita immantinente.
Una veste rossa di nome Aric.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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