Raggiunte le grandi camerate al piano terra, la compagnia ci mise meno di dieci minuti a crollare sui letti e sprofondare in un sano sonno ristoratore.
Tuttavia queste fortune non duravano mai tanto: i nostri eroi ormai si erano abituati a questo assioma e lo sapevano tutti molto bene. Un frastuono assordante infatti scoppiò improvvisamente nel grande cortile adiacente al castello, ma non ci fu per fortuna bisogno per Stuard e compagni di impugnare le armi e prepararsi alla pugna, poiché non si trattava di orchi che stavano assediando l’edificio, ma dell’allenamento pomeridiano dei cavalieri che stava iniziando.
Ormai desta, la compagnia provò dunque a trovare qualcosa di utile da fare, prima di raccogliere definitivamente le idee e formulare un piano decente per la sera.
Stuard ed Estellen decisero di farsi un giro per il campo d’addestramento, curiosi soprattutto di vedere come era strutturato e soppesare meglio le difese della zona. Kail invece ne approfittò per farsi una chiacchierata con Sir Sigfrid sul percorso che normalmente si doveva fare per raggiungere la “Tomba di Huma”, valutando anche con lui se esistevano alternative potenzialmente valide a quel percorso. Flint e Theros infine preferirono muoversi per il maniero. Soprattutto il nano, che aveva già segnalato a tutti e più volte, da quando era ancora sulla nave, come “Castle Eastwatch” fosse stato edificato sicuramente dalle abili mani dei suoi cugini “sotto la montagna”. Voleva intanto cercare conferme se ci aveva visto giusto e magari anche capire come questo fosse stato possibile, visti gli attuali, assai instabili rapporti tra uomini e nani.
Stuard si avvicinò lentamente alle recinzioni, dove i cavalieri si stavano sfidando con spade e le lance, notando quanto il loro stile di combattimento non fosse propriamente ortodosso. Essi non facevano il saluto del cavaliere prima dello scontro, ed utilizzavano ogni tipo di trucco o colpo basso per ottenere un vantaggio, anche minimo, sull’avversario. Il giovane guerriero non ne rimase positivamente colpito, ma decise ugualmente di avvicinarsi di più ed osservare l’allenamento da presso.
Estellen, come al solito, si annoiò ben presto del cozzare continuo delle spade di legno sugli scudi e pian piano si allontanò, sfiorando soltanto con lo sguardo lo spiazzo con i pagliericci, dedicato all’allenamento degli arcieri e quello con i pilastri di legno infilati nel terreno, di coloro che combattevano a cavallo. Notò piuttosto, in lontananza, una specie di torretta di guardia, poco distante da un’insenatura che finiva tra due montagne e costeggiava la piega del fiume “Nobile”. Curiosa, iniziò a camminare in quella direzione.
Nel frattempo Kail aveva rimediato da Sir Sigfrid una mappa, ed alcune informazioni in più rispetto a quello che Lord Kanthor gli aveva già detto nel suo studio. In pratica la strada più diretta per accedere a “Foghaven Vale” era seguire il corso del fiume a sud - est, per poi piegare per i monti Lastgaard e da lì, tramite un budello tra le pareti di roccia chiamato il “passo del Gufo”, arrivare con un paio d’ore di cammino a destinazione. Normalmente non era un viaggio lungo e difficoltoso, ma con gli orchi che pattugliavano costantemente e in grande numero la zona, sarebbe stato praticamente un suicidio. Era una follia infatti pensare di percorrere lo stretto passaggio per intero, senza esser assaliti “dall’orda” e fatti a pezzi. L’unica altra alternativa era tentare la via più lunga: continuare a seguire il costone di roccia dei monti Lastgaard fino a raggiungere la foresta degli elfi selvaggi e da lì risalire verso nord, a ridosso del territorio “Kagonesti”. Anche in questo caso il cammino era irto di pericoli, perché non avrebbero potuto incontrare solamente sciami di orchi lungo la strada, ma da un certo punto in poi anche pattuglie di elfi selvaggi, che, in questo periodo soprattutto, non erano affatto amichevoli con gli stranieri. Kail sollecitò più volte Sir Sigfrid a farsi venire un’idea, un’altra via, anche rischiosa, ma che non li condannasse a morte quasi certamente, ma secondo il cavaliere non ce n’erano. Oggi, recarsi alla “Tomba di Huma” e sperare di arrivarci vivi, era praticamente impossibile. Sprofondando nella sedia, l’affranto mezzelfo si passò le mani sul viso in cerca di ispirazione.
Nel frattempo Stuard aveva accettato la sfida di Sir Heinrich e l’offerta di allenarsi con lui, ed approfittò, durante gli scambi, a domandargli che razza di cavaliere poteva essere qualcuno che gettava la terra negli occhi dell’avversario o si abbassava a mezzucci simili per avere la meglio su di lui. La risposta del cavaliere non fu tardiva: quando si vedeva morire per mesi, anni, decine e decine di compagni, uccisi da creature vili, meschine e senza onore, si dimenticava l’etichetta e si pensava a portare a casa il risultato, che nello specifico era la propria pelle e quella dei propri amici. Stuard si sentì piuttosto combattuto nel giudicare la caustica risposta di Sir Heinrich: ovviamente comprendeva molto bene le sue ragioni, non era certo stupido, ma perdere l’identità in quel modo, dimenticare ciò che si era, il proprio onore ed il proprio credo, rappresentava forse una perdita peggiore di morire sul campo di battaglia. Stava giusto per replicare al cavaliere, quando un suono cupo, intenso e profondo, richiamò l’attenzione di tutti.
In primo luogo di Estellen, che era quasi arrivata alla torre di osservazione. La vedetta aveva appena soffiato poderosamente dentro il suo elaborato corno d’osso, allertando tutti che stava per succedere qualcosa di spiacevole.
“Sir Platus Silverglove sta rientrando! Lui e i suoi cavalieri sono sulla via del ritorno! Accorrete, presto!!”
Urlò concitato il cavaliere sulla torretta.
Le sue grida scossero le fondamenta del castello, non tanto per la sua voce, che da quella distanza a malapena si riusciva ad udire, quanto per il fatto che quell’avvertimento significava che qualcuno si era fatto male.
Sir Heinrich si scusò con Stuard e abbandonò l’allenamento, correndo via come un pazzo.
Così come fece Sir Sigfrid con Kail. Il mezzelfo si alzò di scatto e seguì il cavaliere per cercare di capire cosa stava succedendo. A passo svelto uscì dal Castello, ed incrociò Stuard appena fuori dal campo d’addestramento.
Estellen invece era molto più avanti dei suoi amici e fu una dei primi ad assistere all’arrivo dei cavalieri di Sir Silverglove.
L’uomo scese velocemente dal cavallo. Era snello e muscoloso, ma non così robusto come il resto dei suoi compagni. Aveva sangue di orco sul viso e sull’armatura. Doveva essere un ufficiale importante, perché tutti ne riconoscevano l’autorità. Immediatamente cominciò ad armeggiare con alcuni lacci che tenevano fermi dei corpi adagiati di traverso sui loro destrieri. I suoi compagni invece stavano cercando di calare giù i feriti senza far loro troppo male.
Estellen si avvicinò cautamente e domandò con voce rotta cosa fosse successo. Sir Silverglove corrucciò per un secondo la fronte, non capendo probabilmente cosa ci facesse una donna a “Castle Eastwatch”, poi però rispose seccamente:
“Un agguato, mia signora… al “passo del Gufo”. Due morti e quattro feriti!”
Estellen spostò i suoi lucenti occhi viola su alcuni giovani soldati sdraiati a terra, alcuni di loro quasi agonizzanti e provò ad avvicinarsi ancora per aiutarli. La reazione dei cavalieri non fu però quella che la portavoce di Paladine si era aspettata. Non la respinsero, ma nemmeno lasciarono che lei potesse toccare i loro compagni feriti.
“Cosa diavolo volete fare milady?”
Esclamò duramente Silverglove.
“Questo non è un posto per una signora. Per favore, c’è poco che si possa fare per loro ormai. Lasciate perlomeno che muoiano dignitosamente, al fianco dei loro compagni d’arme.”
Estellen spiegò chiaramente che avrebbe potuto salvarli, se lui le avesse permesso di avvicinarsi abbastanza, ma Silverglove si era quasi innervosito alle sue parole, ritenendo fosse uno scherzo di cattivo gusto da parte sua. Fu necessario l’intervento prima di Sir Francis e poi di Stuard, per lasciare che il comandante del contingente, comunque con riluttanza, permettesse alla sacerdotessa di E’li di utilizzare i suoi doni.
Estellen si inchinò, sotto gli sguardi inquisitori dei cavalieri di Sir Silverglove, sorrise al cavaliere che lottava con fatica per riuscire a fare il respiro successivo, impose le sue piccole mani su di lui e pregò Paladine di aiutare quegli uomini coraggiosi. Il “Drago di Platino” rispose immediatamente alle suppliche della sua prescelta e risanò tosto le loro ferite! Incredulo, il siparietto di cavalieri, che nel frattempo si era ammucchiarto dietro di lei, si scostò allibito quando Estellen si tirò su sfinita. Stuard la sorresse, mentre il resto dei cavalieri faceva il vuoto attorno a loro. C’era perfino chi si era inginocchiato innanzi ad un tale miracolo.
“Vi … vi chiedo scusa, milady. Io non potevo sapere che foste un “vero chierico”… sarò per sempre, eternamente in debito con voi per aver salvato i miei uomini. Perdonatemi, vi prego.”
Estellen le sorrise, poi notò che aveva anch’egli delle macchie di sangue evidenti sui pantaloni e si offrì di aiutarlo. Silverglove sbiancò notando le piccole chiazze scure all’altezza del basso ventre. Quasi in preda al panico, mise le mani avanti e disse:
“N – non … non è niente, mia signora. Solo un graffio. Grazie per l’offerta… ma… ma davvero non serve…”
Poi il cavaliere abbozzò un sorriso di circostanza, si voltò e prese velocemente la via per il castello. Estellen gli restituì invece un sorriso sincero, poi alzò gli occhi verso l’amico e sussurrò:
“E’ una donna…”
Stuard all’inizio pensò che l’amica lo stesse prendendo in giro, poi invece notò che stava dicendo sul serio e anche Kail aveva su di lei qualche sospetto, grazie al suo olfatto particolarmente acuto. Corrucciato, Stuard prima si sincerò se Estellen si fosse ripresa, poi accelerò il passo per andar dietro a Silverglove: le donne non erano ammesse nel cavalierato. Se quello che diceva Estellen era vero e la sua amica raramente sbagliava, quella era una gravissima negligenza nei confrotni della “Misura”. Il giovane cavaliere voleva vederci chiaro in questa storia.
Kail fece un po’ di strada con Estellen, poi, notando che la sacerdotessa era molto stanca, scambiò due brevi parole con lei, lasciandola agli sguardi ammirati dei cavalieri che le passavano accanto e ad un meritatissimo riposo. Lui, nel frattempo, si sarebbe occupato di qualcos’altro, finalmente interessante.
Infatti il mezzelfo aveva scorto con la coda dell’occhio il vecchio Brellan davanti alla stalla. Fin qui nulla di strano, se non fosse che l’anziano aveva seguito con i suoi occhi ciechi e vacui l’intero cammino di Estellen verso il castello, come se la stesse osservando attentamente. Curioso, il mezzelfo deviò nella sua direzione. Brellan entrò nella stalla e Kail con lui. Lo trovò mentre spalava il letame, ma sopportò lo stesso il puzzo, quasi intollerabile per quelli della sua razza e si avvicinò a lui.
Riassumendo, domandò all’anziano ex cavaliere se potesse raccontargli qualche storia interessante sulla “Tomba di Huma”, una di quelle che potevano essere utili per un compito davvero importante laggiù. Brellan sembrò rifletterci sopra un attimo, poi annuì, dicendo al mezzelfo di tornare la sera stessa. Egli avrebbe raccontato una storia, come ogni sera faceva, attorno al fuoco e avrebbe raccontato questa volta qualcosa sulla “Tomba di Huma”.
Kail lo ringraziò.
Quell’uomo, orrendamente sfigurato in viso, non pareva affatto fuori di testa o lunatico. Anzi, sembrava molto lucido e in sé e il mezzelfo aveva la sensazione di aver scelto bene la direzione questa volta. Sentiva che, andargli a parlare, si sarebbe rivelato un atto determinante, una vera svolta per realizzare quello che dovevano fare!