Era una fresca mattinata quando la “Di Caela” svoltò l’ultima ansa del fiume “Nobile”, ed entrò prepotente nel “golfo di Werners”.
Pian piano il porto, adiacente alla meta finale, si approssimava sempre più e finalmente, dopo così tante peripezie per fortuna rimaste alle loro spalle, i nostri cinque eroi stavano per arrivare a “Castle Eastwatch”.
Stuard, Kail ed Estellen, erano già da qualche minuto di prua, osservando rapiti lo splendido scorcio che si era spalancato davanti ai loro occhi e nemmeno fecero caso alle disposizioni che Sir Francis stava dando ai suoi sottoposti per attraccare al molo sempre più vicino. La sua potente voce giungeva sfumata alle loro orecchie, come un brusio indistinto, poiché lo sciabordio delle onde del mare riusciva comunque a mitigarla, a mascherarla e a renderla quasi innocua, nemmeno fosse stato un frastuono.
Guardando i volti assorti dei suoi amici, così coinvolti dalla bellezza del panorama, Estellen fu sicura che c’era ancora speranza per Krynn: i cuori della compagnia erano davvero trepidanti di aspettative, poiché qui, in questo luogo, si sarebbe deciso il destino della guerra!
La nave fece un’ampia virata, per poi approssimarsi al lungo pontile che avrebbe condotto alla terraferma.
Stuard riflettè bene su quel dettaglio: normalmente il pontile rimaneva quasi adiacente al molo d’attracco, ma “Castle Eastwatch” non era stato pensato e progettato come una semplice “città portuale”. Esso era una roccaforte ancora inespugnata, un baluardo contro eventuali invasori provenienti da est, un cerchio di luce in mezzo all’oscurità più fitta, ed aveva dunque bisogno che non solo i mercantili, ma anche le navi da guerra potessero facilmente attraccare ancora in mare aperto e salpare in qualsiasi momento, manovrando nella baia senza alcuna difficoltà. Ben sette navi da guerra potevano accostarsi e gettare l’ancora di fianco al pontile, oppure cinque navi e un’ammiraglia come la “Vinas Solamnus”. Quando Sir Francis aveva dato l’ordine di scendere, il figlio più piccolo degli Uth Breannar non l’aveva udito, talmente rapito dalle sue riflessioni, ma per fortuna il caldo sorriso di Estellen, ed il suo tocco gentile, lo destarono tosto dal suo torpore.
Non sapendo quali sarebbero state le decisioni di Lord Kanthor Broadblade, Sir Francis aveva detto in sostanza ai suoi uomini di attendere i suoi ordini prima di scendere dalla nave. Il comandante in capo della fortezza, una volta appresa tutta la storia recente riguardo Lord Hummels e le sue forze d’invasione stanziate proprio sotto Welmet e appena scomparse alla vista, avrebbe potuto infatti decidere di rispedire immediatamente la “Di Caela” in mare aperto o a difesa della città. Per adesso dunque egli si sarebbe limitato a scortare i suoi ospiti nel castello e avrebbe fatto rapporto, lasciando a Broadblade la responsabilità di stabilire ciò che andava fatto.
Il pontile era lungo quasi ottanta metri e sfogava su una specie di spiaggia sassosa piuttosto estesa. Davanti ad essa sorgeva “Castle Eastwatch”: una costruzione interamente ricavata dalla roccia, incastonata come un gioiello all’interno della montagna e protetta da una bassa ma estesa catena montuosa, che arrivava a toccare i monti Lastgaard ad est. Il fiume “Nobile” intersecava la valle e le basse montagne, offrendo ai cavalieri cibo e acqua fresca illimitati.
Era un edificio antico. Antico ed imponente.
Inoltre Flint capì subito che era certamente intervenuta la mano dei nani nel costruirlo, ad occhio ben prima del “Cataclisma”.
Attorno alla fortezza sorgevano alcuni edifici ad essa indispensabili: una fucina, una stalla, un maniscalco, ed anche una piccola conceria. Tuttavia nessuno notò negozi o botteghe di altro genere: ogni cosa qui era incentrata e girava intorno al concetto di "battaglia"e al "combattere e respingere eventuali invasori". C’era perfino un’ampia area dedicata agli allenamenti: con la spada, con l’arco, a cavallo e perfino nel corpo a corpo. Tuttavia, a prima vista, nessuno della compagnia aveva notato mura di cinta di alcun tipo. Evidentemente le difese naturali di questo luogo rendevano eventuali barriere murarie protettive non necessarie.
Scesi dal pontile, tre cavalieri dall’aria a dire il vero piuttosto trasandata, vennero loro incontro. Questo particolare riportò velocemente i nostri eroi alla cruda realtà.
“Bentornato, Sir Francis. Vedo che porti con te degli ospiti…”
Disse il cavaliere dai lunghi baffi biondi e dalla ispida barba di tre giorni che ancora doveva radere. Era alto e massiccio, ma la sua armatura era ammaccata e aveva subito più volte delle evidenti riparazioni di fortuna. A malapena Kail aveva notato il simbolo sbiadito della “Corona” sul suo pettorale.
“Buongiorno a te, Sir Falstaff. Si, questi uomini devono incontrare immediatamente Lord Broadblade.”
Rispose brevemente Sir Francis, allungando al collega la lettera di presentazione scritta da Sir Owen. Sir Falstaff annuì, restituì la pergamena all’altro cavaliere e disse:
“Posso conoscere i vostri nomi, signori?”
Ovviamente Stuard si presentò, anche se non fece menzione del suo titolo, così come Kail, che anch’egli evitò di rivelare il suo ingombrante cognome. La presenza di una nano e di un ergothiano stupirono un poco l’ufficiale, ma dopo aver appreso i loro nomi egli non aggiunse altro. Tuttavia quando Estellen si mostrò, togliendosi il cappuccio, così minuta in mezzo a tutti quei giganti e si presentò, Sir Falstaff e la sua scorta si inchinarono profondamente, imbarazzati e contemporaneamente increduli sulla presenza di una donna in un luogo così pericoloso. La “Dama Bianca” sorrise apertamente per i loro modi impacciati, non mancando di ricordargli, divertita, che i cavalieri erano davvero tutti uguali e il loro atteggiamento con le donne anche, in qualunque zona di Ansalon li avesse incontrati. Ancor più imbarazzato, Sir Falsataff si inchinò di nuovo, presentando velocemente i suoi compagni: Sir Honorius e Sir Balinor. Poi si schiarì più volte la voce, cercando di riprendere il controllo sulla situazione. Tagliando corto, si voltò e bisbigliò:
“Ehm… d’accordo, seguitemi, signori e … signore… da questa parte”.
L'ufficiale guidò la compagnia fino alle porte di “Casle Eastwatch” e qui i cinque compagni di viaggio e di avventure poterono notare i resti di una grande statua, alta più o meno quattro metri, devastata dalle intemperie e forse anche da qualche altra calamità del passato ben più grave. Essa era priva della testa, ed aveva entrambe le braccia mozzate all'altezza degli avambracci. La sua posa sembrava assai curiosa agli occhi di Stuard: raffigurava certamente un cavaliere, ma non era chiaro immaginare quale fosse stato il suo “atteggiamento” originale. Minaccioso? Ospitale? Era impossibile dedurlo in pochi istanti. Magari più avanti, se ne avesse avuto il tempo, ci avrebbe provato.
Il cavaliere voltò la testa verso l’entrata ormai prossima e finalmente salì i gradini che conducevano all’interno.
L’edificio era stato costruito completamente in pietra, ovviamente era stato arredato, anche se gran parte delle mobilie erano ormai vecchie e consunte. Si sviluppava su tre livelli e, da quello che i nostri eroi riuscirono a dedurre, questo primo livello ospitava solo camerate, cucine, ripostigli, armerie e latrine. Probabilmente c’erano anche una sala comune e una mensa da qualche parte, ma la compagnia non riuscì a vederle.
Sir Falstaff si fermò innanzi a quella che doveva essere certamente una sala tattica, le cui porte adesso chiuse probabilmente si sarebbero presto aperte, facendo finalmente conoscere ai nostri eroi il leggendario comandante in capo di “Castle Eastwatch”: Lord Kanthor Broadblade!
Il cavaliere bussò energicamente e restò in attesa. Mentre attendevano pazientemente che qualcuno venisse ad aprire, Estellen si voltò curiosa a guardare meglio gli antichi arazzi e i quadri sbiaditi appesi ai muri, quando notò un fatto strano: un uomo abbastanza avanti con l’età, vestito con abiti semplici e lisi, era appena uscito da un piccolo ripostiglio e stava cercando di portare alcuni ciocchi di legno all’interno di una stanza adiacente. Quell’uomo aveva però qualcosa che non andava: sembrava confuso, come se non riuscisse a camminare bene, a mantenere correttamente l’equilibrio. Non era possibile che fosse ubriaco, visto il luogo in cui si trovava, quindi doveva esistere un’altra spiegazione. Inoltre non portava un’armatura e questo pareva parecchio insolito. La portavoce di Paladine non resistette all’impeto di domandare al cavaliere chi fosse quella persona.
“Chi, Brellan?”
Le rispose con un lieve sorriso sulle labbra Sir Falstaff.
“Non è confuso, mia signora. Egli ha purtroppo perso la vista molti anni fa in seguito ad un incidente poco chiaro. Essendo stato un tempo un cavaliere, ha rifiutato categoricamente il congedo, asserendo che avrebbe dovuto svolgere un compito importante qui, in questo angolo di inferno. Pertanto cerca di rendersi utile, applicandosi in compiti come quello, che tutti noi preferiremmo di certo non fargli fare. E’ cocciuto, ed orgoglioso… e si arrabbia oltremodo se qualcuno solo tenta di aiutarlo con quelle che definisce: “le sue mansioni quotidiane”. Fidatevi di me: le sue urla arriverebbero fino a Daltigoth se provaste a farlo!”
Quest’ultima frase prese un po’ in contropiede Stuard, che si stava già muovendo per andare a soccorrerlo. Saggiamente però, decise di non farlo.
“Brellan è la nostra mascotte, potremmo dire. L’unico che riesca ad allietarci con le sue storie sui tempi andati e con i racconti molto fantasiosi riguardo il suo passato in questo posto. E’ molto importante per il morale degli uomini.”
Concluse Sir Falstaff soddisfatto. I suoi occhi limpidi non tradivano menzogna alcuna: egli aveva una sorta di ammirazione per quell’uomo, nonostante tutte le sue evidenti debolezze. Ne apprezzava soprattutto la tenacia, ed il fatto che si doveva sempre rimanere positivi e propositivi, nonostante la sorte avversa, poiché gli dei erano ancora in quel posto e Paladine vegliava costantemente sulle loro anime.
Alla fine comunque la porta si aprì e il cavaliere che si confrontò con lui, Sir Sigfrid, rispose che Lord Broadblade si trovava adesso nel suo studio, al secondo piano. Sir Falstaff sospirò un po’ esasperato, ma ringraziò comunque il collega per la sua cortesia. Poi si girò verso la compagnia e disse:
“Mi dispiace signori, ma dobbiamo camminare ancora un po’: il comandante si trova nel suo studio privato, dunque dobbiamo raggiungere il maschio a sud ovest. Da questa parte…”
Il cavaliere, a passo svelto, fece strada ai suoi ospiti, ed in effetti dimostrò in appena cinque minuti che aveva ragione: lo studio di Lord Kanthor non era molto distante dalla sala tattica: una breve rampa di scale in pietra, un paio di lunghi e stretti corridoi e il gioco era fatto.
Tuttavia questo secondo livello appariva molto diverso rispetto a quello sottostante. Intanto sembrava più curato: c’erano perfino dei tappeti e ampie sale ricolme di quadri, arazzi, armature ed armi di ogni epoca. In generale però c’era un “profumo” ancor più antico qui. Un’aroma millenario che Kail percepì molto bene.
Sir Falstaff bussò per educazione, perché la porta dello studio del signore di “Castle Eastwatch” era aperta e dietro ad un grosso tavolo in quercia, ancora solido ma in più punti rosicchiato dalle tarme, c’era un uomo che, come tirò su la testa ad osservare i suoi inaspettati ospiti, fece mancare il respiro a Stuard ed a i suoi amici.
Egli infatti era la copia esatta di Sturm Brightblade!