Sir Owen pensava seriamente di impazzire. Aveva creduto ovviamente al racconto terrificante e alla descrizione spaventosa che la compagnia gli aveva fatto di sua moglie, sacrificata a Takhisis per diventare un suo ricettacolo eterno. Eppure, vederlo con i propri occhi, aveva avuto sulla sua psiche un impatto incredibilmente più accentuato di quello che avesse mai immaginato.
Come se avesse intuito i suoi atterriti pensieri e percepito il suo vivido terrore, la donna si alzò e gli sorrise in maniera talmente orribile e malevola, che perfino Estellen ebbe un istintivo brivido di repulsione. La portavoce di Paladine, pur percependo chiaramente la natura oscura di quella creatura, notava però una differenza con quella che aveva incontrato nelle caverne sotto Welmet. Il mostro che aveva davanti esteriormente era lo stesso, ma la presenza della dea oscura in lei non c'era più! Lei lo sapeva. Lo sentiva.
Ora era un terribile non morto chiamato “Wight”: un essere disperato, perché prima sedotto e poi abbandonato da esseri divini o semi divini, che l’avevano vincolato alla loro volontà fino a che era servito ai loro scopi. Quando queste mostruosità non si dimostravano più utili alla loro causa, venivano scaricate, lasciate in uno stato di sofferenza eterna, poiché la loro anima immortale era tenuta prigioniera in una gabbia senza alcuna luce, relegata in un guscio vuoto, ma ancora malvagio e nero come la pece. A quel punto, esse potevano solo riuscire a vagare, esiliate e miserabili, perché private sia della loro libertà, che della loro schiavitù, senza uno scopo né obiettivi, se non quello di uccidere o far soffrire le fortunate creature viventi che incontravano durante il loro macabro cammino.
Il “Wight” teneva le mani artigliate basse, mentre la lingua nera guizzava, sfiorando i denti marci. Gli occhi erano stati divorati dall’interno da vermi e altre creature spazzine che si nutrivano di carne morta, eppure sembrava vedesse perfettamente ogni cosa. Infatti quando Kail e Stuard sguainarono le loro armi, mosse leggermente la testa verso di loro, ghignando sinistramente. Poi strinse improvvisamente i pugni e Sir Owen iniziò ad urlare per il dolore.
Therese gli stava risucchiando la linfa vitale!
La pelle del cavaliere si stava annerendo, mentre orride venature rossastre si stavano evidenziando su tutto il suo corpo. Estellen capì in quel momento che aveva soltanto pochi secondi per salvargli la vita. Alzando il suo braccio luminoso, contrastò l’incantesimo del Wight con la sua volontà divina. Fu una battaglia intensa e dura, ma alla fine la portavoce di Paladine prevalse e Sir Owen riuscì fortunatamente a sopravvivere a quella terribile esperienza. Sofferente e con il fiato spezzato, il cavaliere smise di contorcersi sul terreno erboso.
Furibonda, la creatura utilizzò un nuovo incantesimo su Stuard e Kail, facendoli sprofondare velocemente sotto terra, come se avessero attraversato incautamente delle mortali sabbie mobili. Tuttavia, entrambi riuscirono in parte a resistere al sortilegio del non morto, rimanendo invischiati nel terreno soltanto fino a poco sopra le ginocchia. A quel punto Estellen comprese che sarebbe rimasta da sola a combattere la creatura, almeno per il momento.
Purtroppo però senza che nessuno delle parti in causa potesse saperlo, l’oscurità di questo ultimo incantesimo reagì in maniera inaspettata con la maledizione presente all’interno del medaglione del mezzelfo. Kail non riuscì ad evitare la sua trasformazione questa volta, risvegliando forse per sempre lo sterminatore in cui sua madre o forse Cyan Bloodbane, avrebbe voluto che lui diventasse. Un essere senza raziocinio che viveva solo per uccidere chiunque incontrasse, buono o cattivo che fosse. Una creatura che, per assurdo, sembrava molto simile a quel “Wight” che adesso avevano di fronte come avversario!
Fortunatamente Kail era bloccato e non avrebbe potuto utilizzare le sue mortali lame per fare a pezzi tutti in quella radura, ma il mezzelfo aveva ancora a disposizione il suo arco e le sue frecce. Subito lo afferrò da dietro la spalla e scagliò la prima freccia contro Stuard, che gli era più vicino. Il cavaliere ci mise un po’ a comprendere cosa diavolo stesse succedendo e fece appena in tempo a ripararsi dietro lo scudo, prima che il dardo scagliato dal mezzelfo gli si piantasse tra gli occhi. Incredulo, il cavaliere cercò di farlo reagire e tornare in sé, ma ormai Kail sembrava perduto, condannato.
Stuard rammentava bene l’ammonimento della sua amica Estellen circa la trasformazione di Kail in quel mostro assassino. Se fosse successo ancora un’altra volta, gli disse in confidenza, la sua anima immortale sarebbe andata perduta per sempre. Nemmeno lei avrebbe potuto far nulla per salvarlo. Estellen non sapeva cosa stava rischiando dunque dando le spalle al mezzelfo: benché distante, sarebbe stata un bersaglio perfetto e lui non avrebbe potuto aiutarla, poiché avrebbe perso troppo tempo per uscire dalla fossa in cui era sprofondato.
Fortunatamente, anche Kail era nelle sue stesse condizioni.
Una seconda freccia si infranse innocua sul suo scudo metallico, prima che il cavaliere osservasse inorridito la nuova strategia ideata dall'amico dalle orecchie a punta. La terza freccia infatti l’avrebbe scagliata contro Sir Owen, che nel frattempo stava tentando di rimettersi in piedi.
Stuard cercò di avvisare Estellen, ma si rese conto che la sua amica stava combattendo il “Wight”su un altro piano d’esistenza. Le due donne se ne stavano immobili, una di fronte l’altra e lui sapeva che da quel silenzioso confronto sarebbe emersa viva solo una delle due. Poi, richiamato dal grido strozzato del governatore, si voltò di scatto, notando che il dardo mortale di Kail aveva centrato il fianco del povero cavaliere. Una larga pozza di sangue si stava pian piano allargando attorno alla sagoma di Sir Owen, che ora giaceva seduto a terra con la schiena appoggiata ad un piccolo tronco d’albero mozzato, ansante e dolorante come mai ricordava in vita sua.
“Un bersaglio ancor più facile…”
Pensò il paladino, mentre provava a districare le gambe dal pantano di terra dove erano affondate. Forse, ora che non era più al centro delle attenzioni del mezzelfo, ce l’avrebbe fatta a liberarsi più velocemente, ma questo avrebbe comportato veder morire Glendower davanti ai propri occhi. Non avendo altra scelta, Stuard iniziò a scavare, aiutandosi con la spada.
Nel frattempo Estellen, capendo la delicata situazione in cui i suoi amici si trovassero, lasciò che Lindaara prendesse del tutto il sopravvento. Per la prima volta da quando aveva iniziato il suo cammino con Paladine, le permise di prendere il completo controllo sul suo corpo, sperando di non doversene pentire in futuro.
L'intera figura di Estellen si trasformò tosto in una bolla di luce, spezzando così la silenziosa ed immobile sfida tra volontà che aveva portato avanti con il non morto. La luce di Lindaara avvolse il mostro, che iniziò a contorcersi e a mugugnare: stava tentando con tutte le forze di liberarsi, ma invano. La stretta della portavoce degli dei era troppo forte.
Lindaara frugò all’interno del corpo del “Wight”, finchè scovò l’anima segregata, impaurita e sottomessa di Therese. Poi le porse la mano, che lei afferrò subito avidamente. La più giovane delle “sette sorelle” la tirò fuori di forza dall'oscurità e poi la sostenne, come si fa con i bambini quando compiono i primi passi da soli. Senza mai lasciarle la mano, le sorrise, mostrandole un corridoio lungo e scintillante in fondo al quale si poteva notare una maestosa porta d’argento. Quindi la spronò ad andare. Therese aveva un volto finalmente rilassato e disteso. Chiuse gli occhi e annuì, anche se lanciò un ultimo sguardo a suo marito, poco distante. Lindaara sorrise di nuovo e attese paziente. Therese abbassò leggermente il capo, poi abbozzò anche lei un timido sorriso, ed iniziò a percorrere il tappeto di luce che portava al lucente portone. Tuttavia, Lindaara non seppe mai se Therese riuscì alfine a varcare la “Settima Porta”, poiché un dolore lancinante la riportò indietro, d’improvviso, sul piano mortale!
Kail infatti, aveva provato a dare il colpo di grazia al governatore, ma non c’era riuscito. Egli infatti, avendo quasi subito perso i sensi, si era accasciato su un fianco. Pertanto la freccia del mezzelfo non era riuscita a centrare il bersaglio questa volta, essendo stato quello un tiro troppo difficile anche per lui. Quindi, quando Kail incoccò quella successiva, la scagliò stavolta verso Estellen. Stuard urlò per il terrore e quando la freccia si piantò nella schiena dell’amica, seppe che probabilmente quella era la fine per tutti, non solo per lei. Invece, per fortuna, non solo Estellen finì a terra, ma anche il “Wight” sembrava essersi spento con lei.
Rendendosi conto che non c’erano altri bersagli possibili, Kail gettò l’arco da una parte, ed iniziò a scavare. Liberandosi avrebbe ucciso tutti, non solo in quella dannata radura, ma anche nella città di Welmet e poi in quella vicino, finché qualcuno di abbastanza potente non l’avesse finalmente fermato, uccidendolo.
Il cavaliere impiegò ben tre secondi prima di decidere cosa avrebbe dovuto fare in quella situazione disperata e per fortuna lo fece. Piantando lo scudo sul morbido terriccio innanzi a sé, invocò tosto l’aiuto di Kiri – Jolith affinché salvasse la vita di Estellen. Nel frattempo pregò anche che Kail non si liberasse proprio in quel mentre dalla sua momentanea prigione di terra, altrimenti sarebbe stato tutto inutile. Il figlio di Paladine rispose alla preghiera del suo prediletto, svellendo misticamente la freccia dalla schiena di Estellen e guarendo all’istante la sua mortale ferita.
La giovane portavoce di Paladine era tornata in sé: Lindaara le aveva restituito il suo corpo (o forse era stata lei stessa a restituirselo?), ed ora si stava lentamente rialzando da terra. La prima cosa che notò fu che non aveva più il suo braccio luminoso: il suo sorpo si era rigenerato spontaneamente, ma inconsciamente sapeva che avrebbe potuto invertire questo processo qualora avesse voluto.
Osservando le sue mani di solida carne per alcuni secondi, si voltò poi verso Kail, che letteralmente sbavava per riuscire a liberarsi e fare a pezzi lei, Stuard e chiunque si fosse messo sul suo cammino. Con somma pena e uno sguardo pieno di compassione, si avvicinò a lui, sotto lo sguardo atterrito del cavaliere. Si chinò un secondo per risanare le ferite di Sir Owen, poi lasciò che Lindaara nuovamente prendesse il controllo su di lei. Il suo corpo divenne di nuovo luce e si fuse con quello del mezzelfo, tuttavia la sua anima era ben protetta dai sortilegi di Takhisis, la regina Oscura. Finché il mezzelfo avesse portato quel medaglione, il suo spirito sarebbe stato sempre in pericolo.
Chissà che cosa volesse il Dragone Verde da lui, tramite l’operato di sua madre.
Creature simili ragionavano in termini di secoli: magari c’era un motivo preciso per cui lui, tramite Londelle, l’aveva infettato in quel modo. Lindaara non credeva affatto che un drago, così perversamente geniale, avesse potuto ideare una cosa del genere solo per scatenare caos, morte e distruzione. Mentre lo teneva fermo tra le sue spire di luce, la settima sorella rifletteva su cosa fosse meglio fare per lui.
Kail le aveva detto più volte che non poteva togliersi il medaglione di sua sponte o sarebbe morto all’istante. Tuttavia, non aveva invece affermato che se l’avesse tolto qualcun altro al suo posto gli sarebbe capitato uguale destino. Vedendolo così, smarrito e animalescamente arrabbiato, Lindaara ritenne che se il mezzelfo avesse perso la vita per quel tentativo sarebbe stata per lui comunque una benedizione. Quindi, afferrando i lembi del ciondolo e stando bene attenta a non sfiorare nemmeno il disco di ossidiana, glielo sfilò dal collo. Il ciondolo scivolò via dalle sue mani, finendo sull’erba, mentre ciò che accadde a Kail rimase indelebile nella memoria di tutti i suoi amici nei mesi a venire.