Il fragoroso trambusto che dilagava nel cortile della chiesa e sul viottolo che tagliava in due Welmet, copriva qualunque altro tipo di rumore circostante. Soprattutto quelli che potevano provenire dall’interno dell’edificio. La compagnia, comprensibilmente curiosa, cercò di avvicinarsi per capire cosa stesse accadendo dentro la chiesa, ma nessuno di loro riuscì ad udire alcun suono distinto. Nemmeno Kail e il suo fine udito da mezzelfo fu in grado di cogliere niente di significativo.
Ad un certo punto il portone d’entrata si spalancò, ed una grossa ombra si stagliò imponente sull’uscio. Poi qualcuno capitombolò fuori, rotolando maldestramente sul terreno rossiccio.
Si trattava di Strauss!
L’opulento uomo ruzzolò diverse volte prima di assestarsi prono sul terreno. Aveva la faccia piena di terra e polvere e gli abiti da notte rovinati irrimediabilmente per la rovinosa caduta. Inoltre le sue gote erano rossissime e parte dei piccoli occhi rigonfi, segno che era stato preso a schiaffi diverse volte. Dietro di lui lo seguì un compassato Sir Owen che, puntandogli minaccioso la spada contro, disse innanzi a tutti gli ammutoliti presenti:
“Alto prelato Strauss, sei in arresto per una marea di crimini, che nemmeno ho voglia di ripeterti. Ora tirati su e raggiungi i tuoi compari. Ti aspetta una lunga attesa in prigione. Spero gradirai la nostra cucina… la cuoca è molto legata a mio figlio e avrà sicuramente grande piacere nel prepararti la cena ed anche il pranzo!”
Estellen sorrise al sarcasmo caustico del cavaliere, contenta che fosse riuscito a non cedere ai suoi istinti di vendetta più biechi e bassi. Anche Stuard e Kail annuirono quando incrociarono il suo sguardo. Tuttavia il governatore non aveva ancora finito le cose da fare in quel cortile.
Due accoliti della chiesa dei cercatori, entrambi molto giovani, si precipitarono ad aiutare il loro leader. Fu estremamente faticoso per loro rimetterlo in piedi, vista la sua mole, ma alla fine Strauss riuscì a reggersi sulle sue gambe. Col respiro affannato e ricolmo di furore autentico, replicò velenoso:
“Glendower, ascolta bene le mie parole: non ci sarà posto su questo misero mondo dove potrai nasconderti da me. Ho molti agganci e presto, molto presto, sarò felice di vederti penzolare da una forca per questo vile affronto! Goditi la tua vittoria, perché sarà breve ed effimera!”
Con un un secco e indispettito strattone, Strauss si liberò del sostegno dei giovani preti, sbuffando ed imprecando contro tutti e tutto. Sir Owen annuì verso la milizia, in attesa dei suoi ordini. Due guardie prelevarono dunque l’alto prelato e si accodarono al resto dei soldati, che avevano nel frattempo messo in fila tutti e tredici i sacerdoti della “chiesa in giallo.” Mentre sfilavano oltre il cortile, Strauss notò Estellen che lo fissava con sdegno e commiserazione.
“E voi… voi che millantate di essere un chierico degli antichi dei, sappiate che la gente non è stupida: sa capire chi dice la verità e chi mente solamente per ottenere consensi. Godetevi anche voi questa vittoria, strega. Presto riuscirò ad andar via da questo posto maledetto e vi verrò a cercare. Vi farò strisciare come un misero verme, ve lo giuro!”
Biascicò sbavando il grassoccio sacerdote, mentre le passava accanto. Kail pensò per un attimo di trovare lo spazio giusto per un tiro libero con il suo arco, poi però cambiò idea, decidendo saggiamente di non aggravare una situazione già parecchio esplosiva.
Infatti, quando Sir Owen si avvicinò alla compagnia per scusarsi con Estellen per le parole irrispettose del suo prigioniero, il mezzelfo notò che si era creato un piccolo siparietto attorno ai cercatori. In molti iniziarono ad urlare contro il governatore che la decisione di arrestarli era stata una blasfemia, un’infame ignomia nei confronti di quei sant’uomini che tanto bene avevano fatto alla loro città.
La scorta di militari dovette faticare non poco per tenere a bada i più facinorosi e Kail pensò e non a torto, che alcuni di essi, nella loro follia delirante, avrebbe potuto farsi molto male nei giorni seguenti e soprattutto farne ad Owen e ai suoi uomini. Il governatore sarebbe dovuto essere molto attento a non sottovalutare questa frangia estremista o avrebbe potuto pagarne il fio con la vita, sua o di quella di suo figlio.
Estellen controllò la spalla del governatore, ma Stuard la esortò a non compiere miracoli innanzi a tutti. Così la donna si sincerò solo che fosse rientrata nel giusto modo, grazie all’intervento provvidenziale di Kail. Poi si congratulò con il cavaliere per la scelta che aveva operato riguardo a quel perfido uomo. Stuard e Kail si unirono alla loro compagna, sottolineando come avesse fatto certamente la cosa giusta, ma Sir Owen non si mostrò molto incline a concordare con loro.
“No signori, non ho fatto la cosa giusta… probabilmente quell’uomo otterrà davvero la libertà grazie a qualche conoscenza altolocata e tornerà a vessare la gente come ha sempre fatto. La scelta più giusta, per tutti, sarebbe stata ucciderlo in quella dannata baracca che chiamano chiesa! Avrei evitato un mare di sofferenza ad una miriade di persone. Tuttavia tengo alla mia anima immortale e diventare un assassino, uno di quelli che uccide a sangue freddo, mi avrebbe reso peggiore di lui. Di questo devo ringraziarvi Kail. Senza di voi, probabilmente avrei agito diversamente.”
Kail annuì, felice di aver aiutato quell’uomo buono, mentre Stuard notò che il governatore aveva iniziato a rivolgersi a lui come “Sir Stuard”, un dettaglio affatto poco rilevante all’interno di una conversazione tra cavalieri.
Glendower fece notare con amarezza come parte della gente comune stava dalla parte di Strauss, nonostante le prove schiaccianti che dimostravano che genere di persona fosse in realtà. Quella gente era la parte più disperata della città, quella che aveva più bisogno di credere in qualcosa. Magari negli dei e ad un loro ritorno. Lui scosse la testa affranto, sussurrando che non poteva odirali per la loro debolezza, malgrado stessero sostenendo un uomo che, di fatto, aveva creato le condizioni affinché sua moglie fosse stata uccisa o peggio.
Inoltre si trovò a condividere le idee di Kail sul fatto che avrebbe dovuto fare attenzione a girare per le strade di Welmet nei giorni successivi. Perfino andare a comprare il pane sarebbe stato pericoloso in questo momento. Poi, con una scrollata di spalle, si avvicinò al cancello d’uscita della chiesa, notando che però qualcosa non andava.
Anche Estellen si avvide subito che troppe persone stavano risalendo il viottolo dal porto in preda al panico: sicuramente stava succedendo qualcosa nei pressi dei moli. Qualcosa di terribile.
Uscendo di corsa sulla strada, Sir Owen e la compagnia si trovarono subito in mezzo ad un fiume di cittadini che sciamavano verso la parte alta della città. Storditi da un tale, continuo andirivieni, nessuno di loro riuscì a far nulla per prendere in mano la situazione. Finché un miliziano che gli stava venendo incontro, trafelato e sconvolto, non spiegò finalmente al governatore che diavolo stesse succedendo nella zona bassa della città.
“Sir Owen! Un mostro gigantesco sta attaccando le nostre navi! Cosa dobbiamo fare?”
Guardandosi interdetti e anche un pizzico terrorizzati, i nostri eroi capirono immediatamente che quegli uomini avevano appena fatto conoscenza del famoso gigante di collina che avevano incrociato nelle grotte sottostanti.
Stuard cercò di dissuadere il cavaliere dal fare qualcosa di davvero avventato e stupido, come per esempio andare al porto e cercare di combatterlo, ma il governatore sembrava irremovibile su questo punto. Se il gigante avesse distrutto le navi, sarebbero stati tagliati fuori dal resto del mondo. Castle Eastwatch sarebbe rimasto isolato e nessuna nave avrebbe potuto attraccare di nuovo, se quel "coso" gigantesco fosse rimasto a passeggiare di guardia sulla banchina. Senza contare il dettaglio, affatto trascurabile, che una creatura del genere avrebbe trattenuto chissà per quanto tempo nel terrore più puro tutti gli abitanti della città! No, bisognava trovare il modo di scacciarlo, se proprio non avessero avuto le capacità per poterlo uccidere.
Pertanto Sir Owen, la compagnia e una mezza dozzina di guerrieri, tra miliziani e cavalieri, scesero cautamente verso il porto, armi in pugno e pronti a tutto. Man mano che vedeva gente risalire il viale, il governatore ordinava loro di recarsi nella chiesa o all’interno della sua tenuta, garantendo che lì sarebbero stati al sicuro. Non che ci credesse davvero, ma fu la prima cosa che gli venne in mente visto il panico in cui chiunque sembrava esser sprofondato.
Più si avvicinavano al porto e più la sagoma enorme del gigante poteva scorgersi in ogni suo dettaglio. Era ammantato con poche pelli e aveva un aspetto umanoide, solo che arrivava con la testa ben oltre la prua della “Di Caela” e brandiva una mazza che in realtà pareva più un albero sradicato da terra. L’altra mano del mostro stava afferrando il puntale della nave. Egli stava scuotendo l’imbarcazione, nemmeno fosse un giocattolo per bambini. Era alto cinque o forse sei metri e il suo peso si doveva aggirare almeno tra le sei o le sette tonnellate. La fama che i giganti fossero i principali e forse unici degni avversari dei draghi, era sicuramente meritata!
Estellen osservava il gigante con curiosità. Egli girava la testa a destra e a sinistra di continuo, aprendo e chiudendo gli occhi, come se stesse provando a svegliarsi da un sonno profondo o come se qualcuno stesse tentando di controllare la sua mente. Queste creature erano estremamente poderose e pericolose, ma non troppo intelligenti. Il timore della portavoce di Paladine era che qualcuno stesse manipolando quella creatura attraverso un oscuro sortilegio di qualche tipo. Altrimenti perché si stava comportando in quello strano modo?
Stimolato dalle parole dell’amica, Stuard sguainò la sua spada incantata, scoprendo che in effetti erano due le scie che la magia della lama indicava: una verde, diretta al gigante e un’altra rossa, che finiva nel bosco. Avevano ottenuto dunque la prova che cercavano: c’era un chierico oscuro nascosto nella macchia, che stava provando a manipolare la mente del gigante!
Tuttavia non sembrava riuscirci molto bene evidentemente. Non che quelle creature fossero buone e mansuete, anzi. Erano mostri feroci e altamente distruttivi, ma non amavano sottomettersi a nessuno, nemmeno ad un chierico di Takhisis! Quindi la creatura resisteva, confusa, ma rimanendo comunque molto pericolosa.
Sir Owen diede l’ordine ai suoi uomini di rimanere a vigilare sul posto, ma di non aggredire il gigante senza un suo preciso ordine diretto. Sir Francis annuì e prese il comando del drappello di soldati, mentre il governatore seguiva i nostri eroi nella boscaglia vicino al porto. Erano seduti su una polveriera, questo Kail lo sapeva bene, ma forse se avessero abbattuto il chierico, il gigante avrebbe perso interesse per quel posto (i giganti di collina odiavano l’acqua come i nani) e sarebbe fuggito via, verso terre per lui più ospitali. Tenendo il mostro sempre sotto controllo con la coda dell’occhio, Sir Owen sparì poi tra gli alberi, preferendo esser lui il primo della fila.
Dopo qualche minuto che si faceva largo a fatica tra la fitta vegetazione, notò assottigliando gli occhi che c’era qualcuno seduto su un grosso sasso nel bel mezzo della radura. Era chiaramente una donna e quando uscì allo scoperto spada in pugno e si avvicinò di qualche passo a lei, il cuore gli finì in gola.
Si trattava di Therese, la sua Therese!
La riconobbe subito dagli abiti che indossava, anche se logori e sudici e dal colore dei capelli, perfino scarmigliati in quel modo osceno. Tuttavia, prima che i nostri eroi potessero metterlo in guardia da cosa fosse realmente quella “donna”, essa si voltò, rivelando un aspetto consumato e putrido, tipico dei non morti!
Sir Owen fece due passi indietro e cadde a terra. Inorridito da tale, spaventosa visione, rimase in ginocchio, distrutto per l’incubo in cui Therese, la sua sposa, si era trasformata.