Kail fu il primo ad arrivare al porto di Welmet, quando la luna era molto alta in cielo. Il mezzelfo uscì dalla macchia antistante la cittadina come se fosse emerso da un incubo. Stanco e sudicio come raramente si era mai sentito in vita sua, aveva raggiunto ora la banchina e si era fermato a riprendere fiato su uno dei pilasti di ferro che servivano a tener ferme le navi, proprio dirimpetto al molo.
Nel frattempo i suoi amici stavano correndo a perdifiato discendendo il crinale, avendo come mèta finale anch’essi il porto di Welmet. A differenza di Kail, Stuard era abbastanza sicuro che nessuno avrebbe potuto inseguirli, vista la via che avevano preso per uscire da quel buco infernale (probabilmente nessuno avrebbe mai pensato che avevano letteralmente volato per raggiungere la salvezza!) e per quello che poteva immaginare, Lord Hemmels poteva addirittura aver creduto che loro fossero rimasti ancora lì, nascosti nel loro covo, magari resi invisibili da qualche strano sortilegio di Estellen.
Il tempo giocava dunque a loro favore questa volta, ma dovevano comunque sbrigarsi ad avvisare Sir Owen, per poter attendere poi la sua decisione in merito. William ad un certo punto fu costretto però a rallentare: il ragazzo aveva i piedi nudi e correre per la boscaglia iniziava a fargli male, pertanto, prima che Estellen potesse realizzargli delle fasciature improvvisate strappandosi pezzi di abito, il cavaliere si offrì di portarlo sulle spalle. Così organizzati, con Flint e Theros che resistevano stoicamente alla fatica e al freddo, raggiunsero infine Welmet ed il porto.
Quando emersero dal sentiero e riuscirono a vedersi l’un l’altro, un largo sorriso si fece strada sui volti dei nostri eroi, che finalmente poterono riabbracciarsi. Stuard domandò al mezzelfo se stava bene e Kail confermò che era vivo per miracolo, ma si, era uscito indenne da quell’incubo malsano grazie alla sua velocità e ai suoi sensi sviluppati.
Annuendo, Stuard accettò la proposta dello scout di non aspettare il mattino, ormai molto vicino, ma recarsi immediatamente dal governatore per restituirgli il figlio e fargli rapporto sulla loro impresa. La tempistica era infatti cruciale in questi casi. Così, aiutando chi era più malconcio a procedere sull’erto viottolo che conduceva alla tenuta dei Glendower, la compagnia arrivò tosto a destinazione.
Due forti scampanellate servirono a Sir Terence per capire chi diavolo fosse venuto a disturbare il governatore a quell’ora del mattino e quando notò chi fossero quegli uomini e che suo figlio William era con loro, si sbrigò a farli entrare, ed accomodare nella sala d’aspetto. Un tiepido camino ancora riscaldava timidamente l’ambiente e il cavaliere suggerì, soprattutto al nano e all’ergothiano, di trovare un pò di conforto al tepore del fuoco. Nel frattempo lui avrebbe subito chiamato Sir Owen, il quale avrebbe certamente dato disposizioni affinché fossero ascoltati e aiutati in ogni modo possibile.
Mentre si allontanava a grandi passi, facendo riecheggiare la sua potente voce attorno ai muri della solida casa padronale, Estellen si prodigò a parlare con William e a spiegargli con dolcezza che finalmente era al sicuro adesso e che nessuno gli avrebbe fatto più del male. Il bambino non parve troppo convinto delle sue parole, tanto che stentava ad allontanarsi dal suo abbraccio e dallo sguardo attento di Stuard. Tuttavia, quando Sir Owen entrò di corsa nella sala e si chinò per stringerlo forte a sé, dopo un attimo di confusione ed irrigidimento, si lasciò andare alla manifestazione d’affetto del genitore, ricambiando con calore l’abbraccio.
Il governatore non riusciva a credere ai suoi occhi: suo figlio era stato salvato! Quelle persone, così strane e misteriose, l’avevano di fatto riportato a casa come avevano promesso!
Il governatore provò a fare delle domande al figlio, ma quando notò che egli non rispondeva, si voltò verso la compagnia per avere in merito delle risposte. Estellen spiegò che il profondo trauma che aveva subito il ragazzo lo aveva inibito probabilmente all’uso della parola, tuttavia la giovane chierica pensava che con il tempo egli avrebbe riacquistato questa facoltà, scegliendo di tornare a parlare normalmente quando si sarebbe sentito pronto per farlo. Sir Owen annuì gravemente. Poi domandò di sua moglie Therese, ma quando Stuard scosse tristemente la testa, abbassò il capo e capì da solo cosa le fosse successo. Quindi si alzò e fece chiamare la prima persona della servitù disponibile.
A rispondere fu una donna abbastanza avanti con l’età di nome Jacline, che, destata dal baccano che era improvvisamente scoppiato in casa, era scesa di corsa ed aveva di buon grado accettato di prendersi cura di William, mostrandosi particolarmente felice di ritrovare il piccolo sano e salvo.
Il governatore poi si rivolse ai nostri eroi, invitandoli a seguirlo nella sua sala tattica per parlare dei dettagli della loro recente incursione. Tuttavia, il cavaliere diede prima l’ordine a Sir Terence di occuparsi di Flint e Theros, di fargli fare un bagno caldo e di offrire loro degli abiti confortevoli e puliti al posto degli stracci indecenti che indossavano. Il soldato al servizio di Glendower annuì, avvicinandosi ai due amici e aiutandoli lentamente ad alzarsi, convincendoli poi a seguirlo al piano di sopra. Jacline ed Estellen ci misero un po’ a convincere William ad andare di sopra con la corpulenta e gentile donna, ma alla fine anche il ragazzo acconsentì.
Una volta dentro la sala tattica, Sir Owen per prima cosa ringraziò i nostri eroi con tutto il cuore. Disse che avrebbe impegnato una delle sue navi per scortarli il giorno dopo a “Castle Eastwatch”, includendo la sua personale raccomandazione nei confronti di Lord Broadblade ad accoglierli ed asecondarli, se possibile, riguardo ogni loro necessità.
Tuttavia, prima di accomiatarsi da loro, aveva un’ultimo favore da chiedere: voleva conoscere ogni particolare della loro missione di salvataggio. Voleva sapere chi erano questi vili mercenari che avevano rapito la sua famiglia ed ucciso sua moglie e se avessero trovato le prove del conivolgimento della “chiesa dei cercatori” in questo infame misfatto. Stuard gli mostrò dunque il contratto della “gilda dei ladri”. Un documento firmato da un certo Maxime Joussef e dall’alto prelato Strauss, che evidenziava un alto ammontare di denaro versato nelle casse della “gilda dei ladri di Palanthas” per rapire Therese e William Glendower e tenerli “in custodia” in un luogo segreto fino a nuovo ordine.
Sir Owen ribolliva di rabbia mentre leggeva la pergamena, peraltro ancora insanguinata, tuttavia quando si alzò per richiamare i suoi uomini, ed andare subito a sanificare la zona, Kail dovette dargli una brutta notizia. I mercenari infatti non c’erano più: Maxime Joussef e i suoi sgherri erano stati brutalmente trucidati. Il cavaliere lo guardò perplesso, ed il mezzelfo si affrettò ad aggiungere che non erano stati loro ad ucciderli. A farlo era stato un piccolo esercito stanziato proprio in questo momento esattamente sotto Welmet: un contingente di uomini, orchi e goblin, che si preparavano all’invasione dell’ovest di Krynn! Al loro comando c’era nientemeno che un luogotenente dei “Signori dei Draghi”, tale Lord Hemmels, che, con il suo squadrone della morte, aveva preso il loro posto e conquistato il loro nascondiglio, uccidendoli tutti senza pietà. Il suo obiettivo era chiaro: mettere a ferro e a fuoco Welmet e successivamente Castle Eastwatch!
Sir Owen sprofondò sulla sua sedia. Esercito d’invasione? Conquistare Welmet e Castle Eastwatch? Ma di quale follia stavano parlando queste persone?
A quel punto i nostri eroi, a turno, descrissero quello che avevano trovato in quei terribili tunnel sotterranei, compreso il temibile gigante di collina. Cinquanta tra orchi e altre ignobili creature similari, rappresentavano una minaccia ben diversa rispetto ad un pugno di mercenari prezzolati. Il governatore unì le mani sul tavolino e domandò il loro parere a riguardo: in fondo c’erano stati in quell’inferno, ed erano anche tornati per raccontarlo.
Kail fu molto franco a riguardo: erano tornati perché erano stati fortunati. Solo per quello. L’unico ad esser stato davvero in gamba, era stato suo figlio William, che, per lunghe settimane, era riuscito a sopravvivere sfruttando i tunnel invisibili sotto le caverne, rubando la loro acqua e il loro cibo e non perdendo mai la speranza. Non solo, ma egli era stata indispensabile anche per creare le condizioni per poter fuggire di lì. Se c’era un vero eroe in questa storia quindi, questo era proprio lui. Un guizzo di fierezza passò negli occhi di Sir Owen, che però rimase in silenzio. Il mezzelfo non gli parlò della corona, ma la sua faccia fu abbastanza eloquente per sottolineare quanto davvero se la fossero vista brutta. Quindi consigliò al cavaliere di andare laggiù in forze, se avesse deciso per una rappresaglia. Doveva organizzarsi bene o avrebbe portato solo i cavalieri ed i miliziani di Welmet verso una morte certa.
Quando Sir Owen cominciò allora a riflettere sulla possibilità di un’offensiva diretta, proponendo di richiamare Sir Windlow dal mare, ed avvertire Lord Broadblade alla rocca est per avere ulteriori rinforzi, Stuard commentò che non ci sarebbe stato il tempo per organizzarsi così, se egli avesse voluto usare quella strategia. Infatti Lord Hemmels avrebbe lasciato i tunnel entro due giorni e non perché temesse una reazione violenta da parte dei cavalieri, ma perché la “Regina Oscura” aveva improvvisamente cambiato strategia. “Ella” non era più interessata all’ovest, ma a vincere la guerra nella Solamnia settentrionale in Primavera. Il governatore non sapeva se essere contento o meno di aver ricevuto questa notizia. Da una parte era sollevato perché forse Welmet e “Castle Eastwatch” non sarebbero più entrate nell’occhio del ciclone, dall’altra però si rammaricava per le terre solamniche, dove c’era anche la sua casa e quella dei suoi amici.
Appurando dunque che non avrebbe avuto senso andare a morire sottoterra per puro desiderio di vendetta, Sir Owen si arrese all’evidenza: non poteva far nulla da solo contro questo avversario. Tutto ciò che poteva fare sarebbe stato raddoppiare i turni di guardia, qualora il nemico provasse ugualmente a mettere sottosopra la città e mandare il prima possibile a richiamare rinforzi, per poi verificare con i tempi giusti se le informazioni dei nostri eroi fossero state del tutto corrette o meno.
Ciò che invece poteva e doveva fare nell’immediato era arginare l’arroganza e la corruzione dei cercatori nella città di Welmet! Quella di Strauss soprattutto, che era arrivato ad un livello davvero insopportabile. Afferrando il contratto con rabbia, sarebbe andato ad arrestare quel vile gaglioffo e tutta la sua cricca di truffatori immediatamente e di persona!
Tuttavia, prima che potesse muoversi ed andare a sbatterli tutti in prigione, Estellen ritenne che il cavaliere dovesse prima sapere una cosa importante riguardo sua moglie. Guardandosi interdetta per qualche attimo con i suoi amici, per capire da loro se valesse la pena o meno condividere con Sir Owen un’informazione di una simile gravità, alla fine decise che il cavaliere aveva il diritto di conoscere il triste e terribile destino toccato veramente a Therese.
Estellen confidò, quasi bisbigliandolo al governatore, che la donna che amava era già morta da tempo quando loro l’avevano trovata. Nessuna lama aveva preso la sua vita e nessuna violenza era stata perpetrata sul suo corpo. Ben presto avevano capito il perché: ella era stata forzata ad essere ricettacolo di una “possessione demoniaca” da parte della dea oscura in persona! Era diventata dunque una scorza, un involucro, che aveva contenuto il male incarnato: la regina Takhisis stessa!
Il governatore si passò una mano tra i capelli. Poteva accettare la morte della moglie: ormai, dopo tanti mesi che aveva convissuto con questa possibilità, la sua mente era pronta a capirlo, ad assorbire ed accettare questa tragedia. L’idea invece che il suo corpo e la sua anima potessero essere stati profanati dalla personificazione stessa del male, lo fece disperare. Disperare al punto da sfiorare la follia. Sua moglie non solo non aveva avuto una morte veloce, come perlomeno si era augurato, ma era stata condannata ad una non - vita forse in eterno. Costretta a sopportare per l’eternità un legame ibrido e maledetto con la perfida Takhisis!
Estellen alzò gli occhi al cielo, convinta di aver fatto questa volta la cosa sbagliata. Quando il governatore richiamò Sir Terence, ordinandogli di recarsi al porto e portare immediatamente qui da lui Sir Francis e i suoi cavalieri, ne ebbe la conferma: aveva acceso una miccia che probabilmente sarebbe sfogata nel sangue! Temendo che il cavaliere cambiasse idea sulla prospettiva di tornare in quelle grotte sotterranee maledette, cercò di restituirlo alla ragione, ma venne subito rassicurata dalle parole del cavaliere.
“Mia signora, non preoccupatevi per me: so capire quando combattere e quando dover cedere le armi. Così come so capire quale malfattore agisca per scelta e quale invece per vocazione. Non posso prendermela con un orco per essere quello che è, ma tutto questo non sarebbe successo se quel maledetto Strauss non avesse rinchiuso la mia famiglia laggiù, solo per ricattarmi. Ciò che è capitato a mia moglie è una logica conseguenza delle sue azioni riprovevoli. Azioni cercate. Azioni volute. Gli avrei concesso un processo equo, visto chi sono e cosa rappresento, ma ora, dopo quello che ho appreso… tanta, troppa sofferenza… no, mia signora: non sarò più così clemente con lui. Grazie ancora per avermi ridato mio figlio e disponete della mia casa come meglio vogliate. A più tardi.”
Così dicendo, Sir Owen si inchinò ad Estellen, afferrò la spada, se la sistemò attorno alla vita, ed andò incontro alla decina di cavalieri che aveva appena fatto radunare.
Kail li vide arrivare di corsa lungo il viale che portava alla tenuta e decise di andare con lui. Anche Stuard, dopo aver timidamente provato a convincerlo invano a non scambiare la giustizia con la vendetta, volle accompagnarlo. Estellen invece era davvero sfinita: voleva solo fare un bagno caldo e riposare.
Quindi la sacerdotessa di Paladine raggiunse Jacline al piano di sopra, scoprendo che la donna aveva lavato amorevolmente il piccolo William e l’aveva messo finalmente a dormire in un comodo letto. Estellen le domandò, quasi implorandola, se potesse anche lei fare un bagno caldo, lavarsi di dosso tutto il sudiciume accumulato in quel luogo orrendo e la servizievole cuoca della tenuta Glendower esaudì volentieri questa sua volontà. Sprofondando perfino con la testa dentro la tinozza ricolma di acqua calda, Estellen si immerse del tutto e rimase così, in apnea, per molti secondi. Chissà se Sir Owen avrebbe infine ucciso Strauss, pensò, ma per la prima volta in vita sua non provò empatia per quell’uomo. Ci pensasse qualcun altro questa volta a stabilire cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato: lei non avrebbe avuto alcuna pietà per lui.
Giustizia o Vendetta.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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