Il sole stava appena sorgendo quando Kail si fermò, ansante, ad osservare il panorama al di la del dirupo. I raggi del sole si rifrangevano sulla superficie del mare, creando dei giochi di luce splendidi. Inoltre il suono della risacca e l’aria fresca del mattino, aggiungevano altri due ingredienti meravigliosi a quel quadro da sogno.
Sarebbe stato tutto oltremodo bello, se la compagnia però non fosse andata lassù per un compito tanto importante quanto increscioso. La vita di due persone infatti, dipendeva interamente da quanto sarebbero stati rapidi ed efficienti nello scovarli e recuperarli. Non che fossero intimoriti da un pugno di mercenari locali, ma non si poteva mai sapere quando ci si andava ad infilare nella tana del lupo.
Inoltre “Doug” aveva parlato di “Daltigoth” e quella città in particolare non evocava mai fatti o creature di natura benevola. Essa infatti rappresentava la capitale delle tribù dal cuore nero, quali orchi, giganti e goblin, presenti nell’Ergoth del sud. Chissà se qualche mezzorco, magari attratto dai soldi dei cercatori o qualche goblin particolarmente avido, non aveva accettato di unirsi ai mercenari aumentando così il livello di sfida di quell’operazione di salvataggio. Il mezzelfo si sforzava quindi di mantenere il livello di concentrazione, suo e dei suoi compagni, abbastanza alto da non sottovalutare il nemico e nel contempo si stava spazientendo perché erano ormai tre volte che rimarcava la stessa strada, avanti e indietro, alla ricerca di qualche indizio che gli mostrasse chiaramente che era arrivato a destinazione.
Il tratto di strada che il capitano del peschereccio aveva mostrato loro era stato percorso ormai più volte, ma dal punto in cui si trovavano era impossibile sporgersi abbastanza per sperare di notare il relitto incagliato negli scogli sotto di loro. Tutti sapevano che avrebbe dovuto trovarsi poco distante, se non addirittura perpendicolare alla loro presente posizione, ma nessuno ne poteva avere la certezza assoluta.
Affaticata, Estellen si sedette su una roccia poco distante e attese che il mezzelfo prendesse una decisione risolutiva.
Confrontandosi con Stuard e rivedendo le mappe, i due convennero che la chiave per capire il punto preciso che cercavano stava nella seconda parte delle istruzioni: nella parola “pietra” e nello scarabocchio a forma di triangolo a piè di pagina. Aggrottando le sopracciglia i due compagni si intesero immediatamente, senza bisogno di parlare, ed iniziarono a rastrellare la costa per vedere se la soluzione risiedesse intanto nella cosa più semplice, in una “pietra triangolare” che rappresentasse il riferimento spaziale che tanto bramavano ed abbisognavano.
Il giovane cavaliere, ritornando un po indietro di circa una cinquantina di metri, alla fine scovò fortunosamente un sasso singolare, dalla forma vagamente prismatica. Flint lo raggiunse e il nano prese ad analizzarne attentamente la forma e la struttura, scoprendo che si trattava di una pietra anomala per quel tipo di terreno, sicuramente portata apposta lì da qualche altra parte. Essa era stata inoltre semplicemente appoggiata in quel punto, ed era presumibile dunque che dovesse davvero fungere da coordinata di qualche tipo. In altre parole, proprio quello che speravano di trovare!
Da quel punto, Kail prese a camminare fin quasi a finire oltre lo strapiombo e in effetti riuscì ad intravedere da lì qualche trave che galleggiava ancora, incastrata tra gli scogli. Tuttavia ora sorgeva il vero problema: ammesso e non concesso che quei detriti fossero del vascello di cui parlava il capitano al porto, come avrebbero sperato di raggiungerlo? L’alba era ormai passata e tornare in città per affittare una barca era parecchio pericoloso. Appigli per calare una corda lunga trenta metri non ce n’erano e, a dire il vero, non avevano nemmeno una corda tanto lunga nei loro zaini.
L’intera compagnia quindi si voltò verso Estellen: solo un intervento divino avrebbe potuto aiutarli in quella situazione! La giovane portavoce di Paladine sospirò, poi annuì. Non amava nominare il nome di Paladine invano, ma si rese conto che non c’erano modi convenzionali per scendere dabbasso senza rischiare vite innocenti. Alzò dunque entrambe le braccia al cielo, ed invocò l’aiuto di E’li, per lei e per i suoi compagni. Quando seppe in cuor suo che il “Drago di Platino” l’aveva ascoltata e che l’avrebbe certamente sostenuta, sorrise e si lasciò cadere nel vuoto. Tutti i suoi compagni la guardarono atterriti, correndo subito sul ciglio del dirupo.
Lo spettacolo a cui assistettero fu straordinario: Estellen stava scendendo verso il basso dolcemente, come fosse una piuma. Era come se una gigantesca nuvola la stesse sorreggendo, sostenendola fino a terra. Dopo qualche secondo di panico e di comprensibile agitazione, Theros la seguì. Anche il grosso fabbro iniziò a planare come se non avesse peso o se ne avesse pochissimo. Malgrado si agitasse scompostamente, l’ergothiano aveva mostrato un grande coraggio e una fede in Paladine davvero incrollabile.
Quando Stuard e Kail si voltarono verso Flint, il vecchio nano aveva messo le mani avanti e stava scuotendo la testa tanto violentemente, che gli occhi quasi gli uscirono dalle orbite. Senza dire una parola, il cavaliere e il mezzelfo lo afferarono per le spalle e lo scaraventarono poco delicatamente oltre il burrone. Per alcuni interminabili secondi su quel tratto di costa si udirono solo gli improperi di Flint: giusto il tempo che il burbero nano finisse col mettere i piedi trenta metri più in basso, sulla solida pietra. Almeno così tutti si auguravano, pregando che il disegno sulla mappa fosse fedele alla realtà.
Toccò quindi al cavaliere lasciarsi cadere, ed infine al mezzelfo.
Nel frattempo Estellen, che fu la prima ad arrivare al vascello, scoprì che sotto il dirupo non c’era affatto terra o pietra, ma spumosa acqua salmastra. Fortunatamente, il livello del mare in quel punto era abbastanza basso per raggiungere in pochi secondi una rientranza poco più avanti, a ridosso di una piccola caverna. Questo antro era perfettamente coperto dal relitto e risultava dunque invisibile, sia per chi guardava giù dallo strapiombo, sia per quei pochi marinai che, andando via mare, fissavano lo sguardo a sud in questa direzione.
Estellen raggiunse con difficoltà la piccola insenatura, arrancando nell’acqua che le arrivava alle ginocchia, fino a scoprire che dentro la caverna si potevano intravedere delle imbarcazioni di grandezza media. Erano state tirate in secca e nascoste appena all’interno della stessa, ma la giovane preferì attendere l’arrivo dei suoi compagni, invece che avventurarsi da sola in quella buia cava misteriosa.
Quando il mezzelfo arrivò, i suoi compagni si erano tutti tolti dall’acqua, soprattutto Flint, che continuava ad insultare senza freni sia lui che il cavaliere. Il vecchio nano aveva perfino la barba inzuppata di acqua di mare! Tuttavia anche lui, quando si rese conto che avevano appena scoperto il nascondiglio dei rapitori, preferì tacere e mordersi la lingua, rimandando ad altro momento le sue rimostranze nei confronti di quei due ragazzi così tanto irrispettosi.
Man a mano che si avvicinarono all’entrata, una sensazione di angoscia e pericolo salirono su dalle viscere all’intera compagnia.
Estellen percepì distintamente la presenza del male lì dentro, cosa che Stuard poté confermare attraverso le striature smeraldine della sua spada che pareva impazzita. Inoltre, dopo molti mesi, anche il ciondolo maledetto di Kail sembrava rispondere a quell’oscuro richiamo, vibrando con insistenza. Era dai tempi di “Shrentak” e “Black Stein”, che il suo amuleto era rimasto silente, da quando cioè il mezzorco e i suoi proseliti prima e gli orchi nel campo in cui avevano liberato Eiliana poi, avevano scatenato il suo potere, facendogli massacrare ogni creatura viva nei paraggi. Solo per miracolo Estellen era riuscita a salvare la sua anima in entrambe quelle occasioni.
C’era qualcosa di oscuro dunque nelle profondità della cava, qualcosa di estremamente malvagio. Come poteva trattarsi dunque di mercenari o di rapitori dell’ultima ora?
Stuard deglutì, qualcosa gli diceva che le sue sensazioni alla tenuta Glendower erano dannatamente vere e per la prima volta temette davvero per la vita della famiglia di Sir Owen.
Quando la voce bisbigliante del mezzelfo richiamò il cavaliere innanzi le scialuppe, messe in fila ordinatamente all’interno della grotta, ebbero tutti la conferma che in fondo a quella tetra oscurità c’era qualcosa di molto diverso da alcuni sequestratori prezzolati. Lì dentro c’era un piccolo esercito di creature abili e maligne!
Infatti, ben sette imbarcazioni da dieci persone erano state stipate una accanto all’altra. Alcune erano lì da mesi, ma altre avevano attraccato da pochi giorni, a giudicare dal fatto che erano ancora umide.
Il mezzelfo si aggrappò al bordo di una di quelle scialuppe: sembrava volesse strapparne un pezzo con la sola forza delle mani. Quando alzò la testa e parlò, un brivido passò attraverso la spina dorsale di tutti i suoi amici.
Quelle piccole navicelle provenivano dalle ben più imponenti navi degli orchi! La nebbia aveva protetto il loro passaggio dagli occhi solamnici e infine erano giunte qui a Welmet. Qualcuno dunque aveva avvertito gli orchi di questo approdo sicuro e loro avevano sfruttato questa occasione preparandosi ad una vera e propria invasione! Se infatti Welmet fosse caduta, anche “Castle Eastwatch” sarebbe stato spazzato via e, a quel punto, la via per l’ovest sarebbe stata finalmente spalancata per le forze oscure di Takhisis!
Lo scontro navale cui avevano assistito, era stato dunque soltanto un diversivo. Gli orchi si erano ritirati, protetti da una foschia innaturale da loro stessi evocata, per permettere a due delle loro scialuppe di mettere radici a Welmet, ed attendere il momento propizio per prendere la città dall’interno. Secondo il mezzelfo, non era la prima volta che negli ultimi mesi avevano usato uno stratagemma del genere e se tutto quello che egli aveva arguito rispondeva a verità, non c’erano più mercenari quaggiù e la famiglia del cavaliere era sicuramente morta. Il che spiegava perchè i cercatori avessero preso tempo con Sir Owen negli ultimi tempi, forse addirittura d’accordo con Ariakas e il suo esercito dei draghi! In questo caso, non esisteva davvero fine alla loro infamia.
Flint tolse l’ascia dal fodero, ed esordì dicendo che, orchi o non orchi, bisognava verificare che quegli innocenti fossero ancora vivi o meno. Non potevano voltare loro le spalle e tornare indietro, giunti tanto vicino al loro obiettivo.
Preparando spada e scudo, anche il cavaliere gli si affiancò.
L’unico che rimaneva perplesso sul da farsi era il mezzelfo: il suo ciondolo pareva impazzito e lui, dopo le ultime disavventure, non aveva affatto voglia di perdere il controllo ancora una volta e diventare un pericolo per sé stesso e per i suoi amici.
Un abile stratagemma.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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