Erano già diversi minuti che Doug aveva lasciato il sotterraneo con le prigioni e i nostri eroi dibattevano fittamente su come fosse meglio muoversi giunti a quel punto. Fortunatamente, le celle dove erano stati collocati Flint e Theros erano adiacenti a quelle del resto della compagnia, pertanto il nano e l’ergothiano poterono partecipare alla discussione al pari degli altri.
“Qualunque cosa decidiate di fare, quei bastardi dei cercatori non devono farla franca stavolta! Già qualche mese fa, a Solace, per poco non siamo stati catturati dai signori dei draghi per colpa loro! Hanno occhi e mani dappertutto e l’arroganza propria dei prepotenti.”
Fu il senso del contributo che Flint diede al gruppo nei suoi vari interventi. Il vecchio nano sembrava quello più inviperito nei confronti di Strauss e della sua chiesa dei cercatori: era evidente che fosse stato toccato personalmente dalle loro nefandezze.
“Non mi piace l’idea di far conoscere a tali lestofanti un luogo sacro come la “Tomba di Huma”… ma mi piace ancor meno permettere a quell’arrogante prelato di minacciare le persone per bene e sequestrare impunemente le loro famiglie per ottenere potere su di loro!”
Sostenne invece Theros, ponendo l’accento soprattutto sulla terribile situazione personale di Sir Owen. Il governatore di Welmet infatti era stato costretto ad agire in maniera così “poco cavalleresca” per via dell’ansia e della preoccupazione per la sua famiglia, che era stata rapita e tenuta in ostaggio da quasi un anno dalla “Gilda dei Ladri di Palanthas”. Almeno, da quel poco che si era riuscito a capire su come si erano svolti i fatti.
Stuard, Kail ed Estellen, si mostrarono sostanzialmente d’accordo con le loro posizioni, anche se tutti erano ben consapevoli che fargliela pagare a quel maledetto Strauss non sarebbe stato affatto semplice. Inoltre, sarebbe stato pericoloso per il proseguo della loro missione: chi infatti poteva giurare che all’interno di “Castle Eastwatch” non esistesse una delegazione di preti cercatori, stanziata sul posto per alleviare il morale a pezzi delle truppe con confortanti preghiere e sermoni?
Estellen roteò gli occhi nauseata. Tuttavia la possibilità esisteva, ed era anche piuttosto concreta. Quindi la risposta era no: se qualcuno avesse dovuto incastrare la chiesa per i suoi metodi coercitivi e violenti, sarebbe dovuto essere l’autorità di Welmet, dunque Sir Owen stesso. Il quale avrebbe volentieri messo ai ferri Strauss e il suo seguito, ma non prima che la sua famiglia fosse stata di nuovo al sicuro.
Kail ammise che da dietro le sbarre non si poteva certo sperare di completare la sacra missione di Estellen, pertanto accettare le condizioni di Doug era l’unica cosa da fare. Tuttavia, esisteva forse una condizione che avrebbero potuto inserire nel loro accordo.
Avrebbero accettato le loro richieste, solo se la gilda avesse rilasciato immediatamente la famiglia di Sir Owen, fornendogli inoltre le prove che proprio Strauss era stato il mandante dei rapimenti a loro commissionati. In questo modo avrebbero offerto su un piatto d’argento al governatore la possibilità di arrestare quella marmaglia di truffaldini ed ingannatori, ed il suo leader prima di tutti gli altri, liberando finalmente la città da un male ormai cristallizzato ad ogni livello sociale.
Stuard infatti immaginava che la ricchezza dei cercatori qui stanziati, derivava certamente dalle donazioni degli abitanti di Welmet, che offrivano laute ricompense in cambio di ridicole prediche sugli dei e benedizioni e guarigioni assai improbabili. Anch’egli abbastanza schifato, abbassò dunque il capo ed annuì tristemente.
Anche Estellen approvò il suggerimento dell’amico mezzelfo e quando fossero tornati Doug e il padrone di casa, avrebbe esposto lei stessa queste condizioni ai due uomini.
Seguì circa una mezzora in cui il gruppo cercò di limare i dettagli, borbottando precisazioni dell’ultimo momento. Quindi, la potente voce di Stuard richiamò l’attenzione di Sir Owen e del sicario, che non tardarono a raggiungerli.
“Molto bene signori, cosa avete deciso?”
Dichiarò freddamente Doug, serrando le braccia attorno al petto. Estellen si avvicinò dunque alle sbarre e riferì all’emissario della gilda la volontà del gruppo. Avrebbero accettato la loro proposta solo se la sua “organizzazione” avesse immediatamente rilasciato la famiglia di Sir Owen, tenuta ancora vigliaccamente in ostaggio chissà dove.
Il cavaliere girò lentamente la testa verso il sicario, come se si aspettasse una spiegazione immediata a quest’ultima, gravissima affermazione da parte della sacerdotessa di Paladine. Doug colse la luce assassina nello sguardo di Sir Owen, ma mettendo tosto le mani avanti si affrettò ad aggiungere:
“Scusate, scusate, mia signora. Mi dispiace moltissimo contraddirvi, ma sembra che ci sia un equivoco di fondo. Questa non è una situazione nella quale possiamo avere giurisdizione… e non possiamo, semplicemente perché non siamo noi a tenerli prigionieri, ma dei mercenari locali. Alcuni addirittura provenienti da Daltigoth, se capite cosa voglio dire. Se invece nella vostra istanza è nascosta un’implicita richiesta d’aiuto… ve lo dico subito: la gilda non ha intenzione di intromettersi, bruciando in questo modo i contatti con la chiesa dei cercatori che, come detto in altra circostanza, paga molto bene. Non avremmo nulla da guadagnare se Sir Owen facesse arrestare grazie a noi il prelato Strauss. Anzi… temo che a quel punto la chiesa stessa non avrebbe più desiderio di fare affari con la nostra organizzazione, affidandosi in futuro ad altri intermediari. Credo quindi che dobbiate pensarci da soli, se proprio desiderate perdere tempo prezioso e rimediare a questa terribile ingiustizia.”
Affermò con plateale derisione la spia della gilda, come se volesse far intendere alla compagnia che la vita era spietata e perfida alle volte, ma che era così che andavano le cose. Serrando il pugno, risentito da tanta indifferenza nei confronti della sorte che già da parecchi mesi era ricadatua sulla sua famiglia, Sir Owen fece esplodere la sua voce:
“Mi dispiace … Doug… o come diavolo vi fate chiamare. Nessuno uscirà dalla mia prigione. Non posso rischiare che quel pazzo di Strauss ammazzi mio figlio e mia moglie, solo perché ho dato il permesso di scarcerare questi cinque avventurieri, che sembra voler morti con tanto accanimento!”
Il cavaliere pronunciò quelle aspre parole puntando un dito accusatore sul petto dell’assassino, che di rimando lo guardò con odio feroce.
“Non penso voi abbiate scelta, Sir Owen!”
Rispose stizzito l’agente della gilda, scostando via la mano del cavaliere dal suo torace.
“Si che ce l’ho, invece! Voi sarete anche potenti, ma questo posto è la casa dei cavalieri di Solamnia! Ho già fatto avvertire Sir Francis, che se non avrà mie notizie entro la prossima mezzora, ha l’ordine di richiamare l’intera flotta, con Sir Garrett stesso in testa, ed avvertire immediatamente Sir Kanthor che questi uomini sono in realtà delle spie del nemico! Li aspetteranno al varco, appena metteranno piede a “Castle Eastwatch”! Vedremo allora come troverete la “Tomba di Huma”, che tanto aspirate a razziare!”
Continuò Sir Owen, ribollente di rabbia.
“Mi dispiace, signori… ma non rischierò la vita della mia famiglia.”
Concluse quindi il cavaliere, guardando dritto negli occhi Stuard ed i suoi amici.
I nostri eroi non si aspettarono quella reazione da parte del padrone di casa. In fondo loro si erano offerti di aiutarlo, anche personalmente se fosse stato necessario, ma Sir Owen sembrava non fidarsi di loro e questo, soprattutto Kail ed Estellen, non riuscivano a mandarlo giù. Stuard invece rimase in silenzio per il momento, ma si vedeva che stava rimuginando qualcosa.
Tuttavia non era nella favella del giovane cavaliere che Sir Owen avrebbe trovato i problemi più grandi, ma nei movimenti furtivi di Doug. Molto contrariato, il sicario fece comparire quasi per magia un corto pugnale nel palmo della mano. Un movimento rapidissimo che solo il mezzelfo riuscì a intravedere appena.
I successivi cinque secondi sarebbero stati probabilmente fondamentali per la sopravvivenza del cavaliere, ma il mezzelfo non sapeva che posizione prendere giunti a quel punto. Se si fosse schierato con Doug, il cavaliere sarebbe probabilmente morto e lui si sarebbe sentito in colpa, ma se avesse avvertito Sir Owen, avrebbe rischiato di compromettere la missione di Estellen. Kail inarcò un sopracciglio: non sarebbe stato lui a decidere questa volta: non poteva, né doveva permetterselo. Il destino del governatore Glendower era ora nelle mani di Paladine.
Patto con il nemico.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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