Quando una grossa palanca di legno fu gettata da una nave all’altra, per collegare le due imbarcazioni e permettere così il transito, un senso di inquietudine aggredì tutti sulla "Nabucco". Perfino Stuard. Non tanto perché chissà cosa ci fosse da temere da quegli uomini, chiaramente appartenenti alle forze alleate e per giunta cavalieri, ma perché il giovane paladino conosceva molto bene la burocrazia solamnica. Figuriamoci poi in tempi di guerra come quelli: non li avrebbero mai fatti passare senza un meticoloso interrogatorio! Informale certo, ma pur sempre un interrogatorio.
Quello che pareva il capitano, era un uomo dai lunghi baffi scuri brizzolati e dall’aspetto fiero ma tuttaltro che impeccabile nella forma. Era scortato da due guerrieri, anch’essi non più giovanissimi e trasandati almeno quanto lui, che, non appena messo piede sulla “Nabucco”, iniziarono a girovagare, guardinghi, per il ponte della nave.
L’ufficiale si presentò immediatamente.
Non portava un’armatura, ma solo una livrea blu con i simboli generici del cavalierato: la spada, la corona ed il martin pescatore. I suoi occhi, neri come la pece, facevano trasparire gentilezza ma anche severità. Disse di chiamarsi “Sir Garrett Windlow” e sostenne di essere al comando dell’ammiraglia solamnica “Vinas Solamnus”. I suoi ufficiali in seconda rispondevano ai nomi di “Sir Francis” e “Sir Patrick”.
Le altre due galee da guerra, che rimanevano vigili ma distanti, si sarebbero occupati di loro in caso egli avesse ritenuto non idoneo il carico portato dalla “Nabucco” con destinazione “Castle Eastwatch”. Insomma, il cavaliere fece intendere molto bene a tutti che sarebbero dovuti passare attraverso il suo giudizio per raggiungere la loro mèta, altrimenti sarebbero stati scortati, gentilmente ma anche con fermezza, fuori dalle acque solamniche.
Prima che i nostri eroi potessero presentarsi, egli domandò subito chi fosse il capitano della nave e perché avesse condotto la sua galea in acque tanto pericolose. Il suo intento era chiaro: voleva prima di tutto togliersi dalle scatole eventuali, spinose, questioni commerciali.
“Cosa ci fate in queste acque? Sono acque pericolose queste e affatto sicure.”
Rimarcò, subito dopo aver chiesto del capitano. Gascon si fece avanti, regalando un goffo inchino al cavaliere. Spiegò i motivi per cui si erano spinti tanto ad est, sottolineando che lui aveva del raro tabacco prodotto dai kagonesti da vendere, ma anche dei passeggeri molto importanti da scortare all’avamposto solamnico. Sir Garrett girò il suo pungente sguardo in direzione di Estellen e dei suoi compagni. Poi aggiunse un po’ perplesso:
“Alcune navi degli orchi si sono spinte molto arditamente qui, a sud, ma le abbiamo ricacciate via, prima che una malsana nebbia abbia offuscato la nostra vista, coprendo la loro fuga.”
Scrutò con attenzione le reazioni di tutti prima di continuare a parlare. Poi aggiunse:
“Siete stati davvero fortunati a non averli incontrati, signori. Purtroppo la guerra si sta consumando rapidamente al nord e se la Solamnia cadrà, anche il sud andrà in pezzi in pochi mesi…”.
A quel punto Kail si sentì in diritto di replicare, sottolineando che, invece, avevano incontrato eccome gli orchi e solo per un soffio non erano caduti nella loro trappola. Dichiarò che avevano visto diversi relitti in mare e che lui sospettava che non erano solo pezzi dello loro navi quelli che avevano visto galleggiare in acqua. Probabilmente tra quei detriti c'erano anche quelli di qualche nave commerciale alleata, meno fortunata della loro, che era stata assalita ed affondata da quei mostri, sfruttando quella stessa foschia malefica. Il capitano Windlow annuì mestamente, avvalorando il ragionamento del mezzelfo. Poi li scrutò meglio e con più attenzione: quegli stranieri parlavano davvero poco, eppure gli sembrò evidente che fossero in qualche modo “speciali”.
“In effetti, signori, devo riconoscere che non avete davvero l’aria di essere dei commercianti di tabacco. Comunque, a proposito del vostro carico, giusto il tempo di registrare le vostre mercanzie e la vostra nave e poi vi saprò dire se potrete accedere ai porti di Eastwatch, capitano…?”
Dichiarò Sir Garrett, voltando la testa in direzione di Gascon.
“Lancome, Barbablu Lancome…”
Rispose di getto il capitano Altair, tra lo stupore generale. Ovviamente, nessuno avanzò obiezioni in quel momento.
“Capitano Lancome…”
Ribatté ancora Sir Windlow, prontamente.
“Per quanto riguarda voi, dovrò prima farvi alcune domande se non vi spiace… prego signori, seguitemi.”
Sentenziò il capitano della “Vinas Solamnus”, avvicinando i suoi due sottoposti per un rapido consulto. Essi riferirono al loro superiore che la nave era un po’ “stravagante” dal punto di vista estetico, ma tutto sommato rientrava ancora nella categoria di “nave commerciale”. Sir Garrett annuì, lisciandosi i folti e scarmigliati baffoni. Poi chiosò:
“Sir Francis, Sir Patrick, andate con il capitano Lancome, ed esaminate con attenzione le sue merci. Se le riterrete di una qualche utilità per il cavalierato, segnatelo pure nel rapporto che dovremo poi consegnare a Sir Owen, a Welmet…”
Gascon corrucciò la fronte. Welmet? Cosa c’entrava Welmet adesso? La loro méta era Castle Eastwatch! Sfoggiando il suo più affascinante sorriso, Gascon esternò a Sir Windlow tutte le sue perplessità sull’argomento.
“Sir Owen Glendower è a capo dei cavalieri di Solamnia di Welmet e detiene un contatto diretto con Lord Gunthar. Se desiderate avere il permesso di attraccare a Castle Eastwatch, per scopi commerciali o, diciamo, non commerciali… è con lui che dovrete parlare.”
I nostri eroi si guardarono perplessi e Stuard ottenne così la conferma delle proprie paure: Sir Garrett rappresentava solo la prima scrematura, la prima barriera da attraversare, poi avrebbero dovuto perdere altro tempo prezioso per parlare ancora con qualche burocrate o fantoccio messo lì da qualche cavaliere importante, come, in questo caso, da Lord Gunthar. Come avrebbero fatto a vincere la guerra, se perfino sotto assedio delle forze nemiche, i cavalieri continuavano a comportarsi in maniera così lenta e farraginosa? Sospirando, il giovane cavaliere seguì così, insieme ad i suoi amici, Sir Windlow sulla “Vinas Solamnus”, preparandosi ad una chiacchierata che non sarebbe stata affatto facile.
Flint chiese ed ottenne di esser dispensato da questo colloquio, preferendo rimanere sulla “Nabucco” ad aiutare Gascon con i due cavalieri, visto che sia Malcom che i due mozzi erano perlopiù intenti a tenere dritta la nave.
Sir Garrett scortò la compagnia nella stanza del capitano, che era decisamente più grande ed accogliente di quella di Gascon.
“Molto bene signori, sedete pure. Vogliamo cominciare con i vostri nomi, prima di procedere ad entrare meglio nella questione che riguarda i vostri affari a Castle Eastwatch?”.
Vedendo che nessuno prendeva la parola e che il capitano Windlow stava per innervosirsi, Stuard fece un passo avanti e dichiarò le sue generalità e di essere un cavaliere della spada, in missione segreta per conto di Lord Gunthar. Mostrò dunque l’anello degli Uth Wistan, che Sir Windlow riconobbe subito, anche se non aveva mai visto di persona il capo dei cavalieri di Solamnia. Egli non aveva mai sentito parlare nemmeno della sua famiglia, gli Uth Breannar, ma Stuard non si stupì poi tanto di questa ignoranza. Egli e i cavalieri qui dislocati, probabilmente non erano nemmeno mai stati nella Solamnia, forse non avevano neanche mai visitato Vingaard Keep. Quindi poteva essere perfettamente normale per lui non conoscere molte realtà "solamniche" e forse questa cosa non era nemmeno un male, in fondo. Tuttavia, egli conosceva molto bene il “Codice e la Misura”, pertanto da quel momento, sembrò ben disporsi nei suoi confronti, un suo collega, che aveva scelto un cammino così difficile e periglioso come quello della “Spada”.
Sospinti dall’abbrivio confidenziale, che Stuard aveva dato alla conversazione, i nostri eroi si presentarono a turno, dando finalmente la possibilità al capitano di scrivere su un grosso diario i loro nomi. Tuttavia, ci volle ben altro per cavare un discorso di senso compiuto dalle loro bocche, quando Sir Garrett si inoltrò più in fondo ai motivi che li aveva spinti a raggiungere "Castle Eastwatch". Il capitano della “Nabucco” li aveva definiti come un gruppo di “eroi”, ed ora lui voleva giustamente saperne di più.
Perfino Kail, notoriamente ben disposto a caricarsi sulle spalle il peso della diplomazia della compagnia, insisteva nel dare risposte quasi fuorvianti. Alla fine, messi alle strette, Estellen rivelò la natura dei loro viaggi in quelle terre e la necessità che lei aveva di rispondere agli incarichi che Paladine stesso le aveva affidato. Sir Windlow, perplesso ma non scortese, aveva ammesso, d’accordo con lei, che tutto il mondo si sarebbe augurato che il dio Paladine fosse tornato su Krynn a guidare le forze del bene contro gli eserciti dei draghi, ma così non era purtroppo. Il mondo era solo.
Percependo un’infinita tristezza in quelle amare parole, la portavoce di E’li, si alzò e senza aggiungere una parola si avvicinò al capitano. Premendogli una mano sul cuore, gli tolse, appena sfiorandolo, ogni ansia e tutta la stanchezza che aveva accumulato in quelle settimane di battaglie per mare. Sir Garrett, all’inizio un po’ imbarazzato dal suo tocco gentile ma forse inopportuno, alla fine dovette riconoscere le indubbie capacità mistiche della giovane e strana donna, ma faticò ad attribuirle al suo presunto legame col drago di platino. Sembrava più stupito che il capitano della “Nabucco” l’avesse fatta salire a bordo, visto quel che pensavano i marinai delle donne e dei maghi.
Tutti capirono in quel momento che quel cavaliere era troppo "chiuso" per ricevere un’illuminazione e un cambiamento di vedute più ampio in così poco tempo e senza un adeguato contesto. Se volevano convincerlo a concedere loro il lasciapassare per Welmet, avrebbero dovuto fornire cose più concrete, più alla sua portata. Dovevano dargli qualcosa che poteva capire. Ecco perché Theros decise di rivelargli il loro scopo ultimo. Al di là del “Soffio di Paladine”, della “Sacra Missione”e della benedizione di Lord Gunthar, c’era la volontà di raggiungere la “Tomba di Huma”, perché lì e solo lì avrebbero davvero potuto fare la differenza! Questa era il compito che avrebbero dovuto svolgere per conto di tutti, uomini e dei.
Aggrottando le sopracciglia, il capitano aveva ora finalmente qualcosa di concreto su cui poter discutere con i suoi ospiti e iniziò dunque a fare delle domande in merito, ma visibilmente più rilassato. Finalmente si parlava di argomenti che poteva gestire. L’eburneo gigante si chiese silenziosamente però, come avrebbe reagito Sir Garrett se fosse stato costretto a riferirgli che avrebbero dovuto raggiungere la “Tomba diu Huma” per forgiare la “Dragonlance”!
Sarebbero stati fortunati se li avesse rispediti a Merwick con le pive nel sacco.