Quando Kail si destò era quasi mezzogiorno.
Il mezzelfo domandò cosa fosse successo e il motivo per cui la sua testa gli facesse così male. Stuard ed Estellen gli offrirono un po’ di cibo ed acqua, poi gli raccontarono della sua terribile esperienza. Di come la sua vita fosse stata appesa ad un filo dentro quei cunicoli e che la spaventosa maschera, che il cavaliere aveva recuperato dal terreno ancora imbrattato di sangue di troll, era stata la causa della sua oscena trasformazione.
Pur avendolo di fatto tenuto in vita, Estellen gli sottolineò severamente quanto quell’oggetto fosse antico e pericoloso e di quanto scellerata fosse stata la sua decisione di indossarlo. Gli spiegò che si trattava di un raro artefatto che “Padre Caos” aveva creato all’alba dei tempi per sottomettere le creature senzienti che seguivano l’ordine e la legalità (fossero state esse buone o cattive poco gli importava). Queste maschere erano dei simbionti, caotici ed insaziabili, forgiati esclusivamente per distruggere: i leggendari e terribili “Apok”, di cui lei, come Lindaara, aveva solo sentito parlare. Erano stati fortunati dunque: quella specifica maschera era stata creata dal “Padre di Tutti” per distruggere le creature demoniache. Esse e soltanto esse. Avendo percepito probabilmente una certa purezza nelle loro anime, dedicate al bene e alla moralità, l’Apok in questione aveva deciso di non uccidere né lei e né Stuard, ma per l’incolumità di tutti, non era affatto il caso che il mezzelfo ripetesse quell’esperienza una seconda volta.
Stuard ripose la maschera nello zaino e si trovò perfettamente d’accordo con la sua compagna: quello che aveva visto dentro quella dannata grotta, lo scempio blasfemo che era stato perpetrato, gli sarebbe bastato per un paio di vite.
Lo stesso Kail, comunque, si allineò da subito con i suoi amici: dichiarò candidamente che non sapeva minimamente cosa fosse quell’oggetto e che aveva deciso di indossarlo nella vana speranza che potesse salvargli la vita in una situazione davvero disperata. Per quel che ne poteva sapere, sarebbe anche potuto morire con addosso una maschera tanto ripugnante quanto inutile.
Era stata una decisione istintiva la sua, anche se, secondo la sua amica Estellen, avrebbe potuto essere stata la maschera stessa a sussurrargli di indossarla in quel momento. Aveva trovato uno spirito più affine ad essa di quanto potesse esserlo un cavaliere o una sacerdotessa di Paladine, ed inoltre aveva sfruttato la sua disperazione crescente, emozione di cui gli Apok si nutrivano costantemente. In ogni caso, tutti concordarono di lasciare la maschera ben nascosta nello zaino di Stuard finché avessero trovato un luogo consono per custodirla, ove sarebbe stata resa innocua per sempre.
Quando Kail si alzò per preparare il suo equipaggiamento, notò che la sua spada non era più al suo fianco. “La spada di Silvanos”, il prezioso dono, probabilmente immeritato e sicuramente momentaneo, della regina Alhana Starbreeze, era rimasta dentro la caverna dei troll!
Stuard infatti si mortificò assai quando spiegò al mezzelfo la dinamica degli accadimenti. Gli raccontò di come lui fosse caduto in terra svenuto dopo l’esorcismo di Estellen, dei troll che si stavano ricomponendo velocemente e dell’urgenza di raccogliere quanto possibile e fuggire subito via di lì. Purtroppo, nel buio quasi totale (l’unica fonte di luce era rappresentata dalla torcia che reggeva Estellen), non aveva visto la spada incantata dell’antico primo re elfico, che così era rimasta seppellita in mezzo ai cadaveri dei troll.
Kail si alzò di scatto dalla roccia ove si era seduto in preda all’ansia, ed iniziò a camminare freneticamente su e giù lungo il costone di roccia. Il suo sguardo era fisso sull’antro della caverna.
Intuendo i suoi pensieri, Estellen gli si parò immediatamente davanti. Entrare di nuovo in quell’inferno sarebbe stato un suicidio, ed era completamente fuori discussione! Kail provò a spiegare alla giovane portavoce di Paladine il valore di quella spada, che non era solo un’arma, ma rappresentava un intero popolo: i Silvanesti. Essa era stata affidata a lui dalla regina di questo popolo: Alhana Starbreeze, nella speranza che essa potesse aiutarlo a portare a termine la sua sacra missione, che avrebbe generato un contributo forse determinante per vincere la guerra incombente. Il mezzelfo rimarcò quanto dunque essa significasse per lui e per gli elfi e che avrebbe dovuto per forza provare a recuperarla o morire nel tentativo di farlo. Non aveva altra scelta.
Inutile dire che Estellen si era opposta con tutte le forze a questa sua posizione, così rigida ed intransigente, sottolineando quanto la sua vita fosse infinitamente più preziosa di un semplice oggetto, anche così importante come lui sosteneva che fosse. Tuttavia Kail aveva preso già la sua decisione e la sua amica era perfettamente consapevole che lo avrebbe dovuto fermare con la forza, se avesse voluto impedirgli di mettere in pratica il suo folle piano di riscatto.
Il mezzelfo di contro le rimarcò il fatto che era lei il fulcro della sacra missione, non lui e che essa sarebbe andata comunque avanti se non ce l’avesse fatta ad uscire vivo da quel maledetto passaggio tra le montagne.
Queste parole fecero infuriare ancor di più Estellen.
Perfino Flint aveva cercato di dissuaderlo, rimarcando che una guida, esperta e valida come lui, era merce rara da trovare su Krynn e che, per certi versi, perfino il suo amico Tanis avrebbe potuto imparare due o tre trucchi da lui. Eppure il mezzelfo non ascoltava più: la sua determinazione a rientrare era totale e non accettava repliche!
Quando il cavaliere gli si parò davanti, i due si guardarono per alcuni attimi intensi.
“Stuard, non desidero uno scontro con te. Ti faccio solo una domanda: se fosse stata la tua spada a rimanere in quell’antro buio e sporco e ad essere destinata ad essere dimenticata per sempre? Cosa avresti fatto al posto mio?”
Stuard addolcì per un secondo lo sguardo, poi replicò.
“Non sono qui per fermarti, amico mio. Ma per sostenerti. Io al posto tuo ero già entrato nella caverna. Solo ti imploro di farlo nel giusto modo. Tu non ricordi nulla di come si sono svolti i fatti laggiù, ma io rammento ogni cosa. Entrare senza un piano, significa morire…”
Terminò il cavaliere, mettendo una mano sulla spalla dell’amico. Kail si rassererenò, così come fecero i suoi compagni di viaggio, avvolti ormai da qualche minuto in un manto di angoscia e tensione. Perfino Flint, che stava intagliando un pezzo di legno, sembrava adesso meno corrucciato.
Theros suggerì ad Estellen di provare intanto a capire se riusciva a “percepire” misticamente l’arma. Se essa era stata benedetta da Paladine, come la leggenda insegnava, poteva essere una richiesta plausibile la sua.
La giovane, vinta dall’andazzo che aveva preso la situazione, sospirò e cedette alla volontà congiunta dei suoi compagni di sostenere il mezzelfo. Si concentrò dunque e visualizzò nella sua mente la spada di Silvanos. Tuttavia la sua ricerca la confuse ancor di più di prima.
La sacerdotessa di Paladine sentì infatti la “presenza della spada”, ma anche di altre “presenze” ugualmente potenti, alcune benevole e altre malvagie. Dentro quei cunicoli, che si dipanavano lungo l’intera catena montuosa, giacevano dormienti una moltiutudine di oggetti incantati, appartenuti ad un ormai perduto passato. Custoditi da esseri che non ne conoscevano né il valore, né la rarità. I troll erano stati attratti solamente dalle loro peculiarità estetiche, quando li avevano recuperati, dalla loro bellezza e appariscenza e nulla più. Tuttavia questo rendeva la ricerca ancora più complicata, poiché Estellen non riusciva a “sentire” la posizione precisa della mitica, antica spada del re elfico. Non era nemmeno sicura che ciò che percepiva fosse la sua "aura" o quella di un oggetto simile. Era cosciente solamente che lì dentro c’erano oggetti legati al bene, alcuni molto potenti e che l’arma di Kail non poteva esser andata lontano in così poco tempo, ammesso e non concesso che fosse stata spostata.
Quindi decise di richiamare a sé Quill e quando la civetta rispose al suo appello, le domandò di ispezionare meglio che potesse il luogo dello scontro, per capire dove fosse andata a finire l’argentina lama del primo signore degli elfi. Sollevò dunque il bianco volatile per le zampette e lo accompagnò allo scuro antro della grotta. Poi lo liberò e lo osservò sparire impavido nell’oscurità più assoluta. Sapeva che non doveva temere per lui, Quill sapeva badare a sé stesso, ma l’attaccamento che provava per quell’animale era diventato davvero molto forte.
Passò circa un’ora prima che Quill fece ritorno, purtroppo non con buone notizie: la spada era stata rimossa da lì e sarebbe stato impossibile ricostruirne gli spostamenti!
Affranto, Kail si sedette di peso. Mai i suoi amici lo avevano visto tanto depresso e sconsolato come in quell’occasione.
Dopo alcuni secondi di silenzio assoluto, Flint spezzò lo stallo, dicendo qualcosa che, come era sua consuetudine, fu allo stesso tempo pratica e definitiva.
“Signori, se non avete strumenti soprannaturali per gestire questa situazione, entrare di nuovo lì dentro, porterà chiunque a morte certa. Mi costa molto ammetterlo, perché non li amo affatto, ma ci avrebbe fatto davvero comodo un mago adesso. Se Raistlin fosse stato qui, sono certo che avrebbe offerto una soluzione a questo enigma. Tuttavia egli non è qui ora, quindi sarebbe meglio per tutti non perdere tempo e lasciare subito questo luogo maledetto…”.
La mente di Kail cercava di trovare una soluzione disperata, qualcosa che non lo portasse ad ammettere la sconfitta. Malgrado i suoi amici cercassero di rincuorarlo, di dirgli che lo avrebbero accompagnato un giorno di nuovo in questi cunicoli per riprendere la sua spada, egli non voleva arrendersi e rinvenne nelle parole del nano una possibile soluzione al suo problema. Cercò quindi freneticamente nello zaino e trovò quasi subito ciò che cercava: la magica clessidra che il mago Keegal aveva ricaricato per loro. Un dono prezioso, elargito loro dall'altro mago Dorian, mesi prima, per ricambiare il determinante supporto che il gruppo gli aveva offerto quando era riuscito a fermare i malvagi propositi del mago Dracart e i suoi assurdi intenti di ascendere a divinità.
Kail girava e rigirava la clessidra tra le dita: era dannatamente vero che l’aiuto di un mago avrebbe probabilmente aumentato e di molto le chances di ritrovare la sua spada, ma era davvero il caso rinunciare per sempre a questa unica ed irripetibile “chiamata” magica, che forse sarebbe stata un giorno determinante per la sopravvivenza del gruppo, solo per provare a risolvere mere questioni personali? Prima che potesse pensarci su troppo, sia Stuard che Estellen, invitarono il mezzelfo a chiamare uno dei custodi, perché ritrovare quell’arma avrebbe aiutato tutti a riconquistare la serenità necessaria per andare avanti e portare a termine la loro missione.
Kail annuì e ringraziò i suoi amici per il loro supporto. Quindi si alzò e attivò la clessidra, come aveva già fatto al “Concilio di Whitestone”. Per circa un minuto non successe nulla, tanto che il mezzelfo quasi temette di aver fatto qualcosa di sbagliato nel procedimento. Poi però qualcosa successe e per poco il vecchio nano ebbe un nuovo attacco cardiaco per lo spettacolo a cui inaspettatamente fu costretto ad assistere.
Scelte pericolose.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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