Estellen era incredula.
Mentre Stuard stava cercando di capire l’entità della ferita che la giovane aveva riportato alla gamba, lei scuoteva il capo tentando di negare l’atroce portata della verità: il loro amico Kail era morto! Doveva esserlo per forza, vista la quantità e la forza dei nemici che l'avevano circondato.
Erano passati diversi minuti da quando erano usciti finalmente all’aria aperta, ed ora, sani e salvi, potevano riposare riscaldati dalla luce del sole. Oltre i picchi di Baleph, da quest’altra parte dell’isola, si riusciva a vedere solo una sconfinata e luminosa area pianeggiante. Una specie di estesa savana, che correva fino al mare. Le uniche due città sulla costa sarebbero state disponibili solo dopo qualche giorno di cammino: Chasten e poco più a nord, Merwick, entrambe nel golfo della “Baia Gentile”.
Tuttavia, nessuno era ancora pronto a muoversi da quel costone di roccia e scendere a valle. Nessuno era ancora pronto ad abbandonare Kail.
Inoltre, Estellen era sì turbata per la più che probabile morte dell’amico, ma anche per una forte energia caotica, di origine soprannaturale, che aveva sentito crescere esponenzialmente nella caverna negli ultimi minuti.
La giovane portavoce di Paladine sperava che quel caos che percepiva fosse legato allla “maledizione dell’amuleto” di Kail, perché avrebbe significato che il suo compagno di mille avventure era ancora vivo. Tuttavia, sapeva bene che egli avrebbe perso per sempre la sua anima, se avesse scelto spontaneamente di cedere alla tentazione di abbandonarsi ad essa per salvarsi la vita. Quindi non sapeva cosa augurarsi.
Stuard la osservò attentamente dopo averle bendato le ferite e non l’aveva mai vista così atterrita e disperata. Accarezzandole dolcemente il viso, cercò di rassicurarla, dicendole che sarebbe rientrato per controllare cosa fosse successo, ma le promise anche che non si sarebbe avvicinato troppo nel caso si fosse reso conto che la morte di Kail fosse stata evidente. Estellen parve calmarsi un po’ al suono di quelle parole, ed annuì. L’amico le asciugò le lacrime, accese l’ultima torcia disponibile del gruppo e rientrò nel passaggio tra le montagne.
Dopo qualche passo solitario nel buio, nel silenzio e nella paura, il cavaliere si rese conto che il combattimento tra Kail ed i troll non era ancora terminato! Sentiva infatti fischiare ancora la lama di Silvanos e il rumore sinistro di carne che veniva lacerata, ed ossa che venivano spezzate. Era incredibile che l’amico avesse ancora la forza per stare in piedi e per combattere creature così forti e coriacee.
Stuard provò a chiamare il mezzelfo, ed aumentò l’andatura per giungere prima possibile sul campo di battaglia. Qui, quello che vide lo lasciò senza fiato. I cadaveri squartati e sezionati di almeno otto troll, giacevano fatti a pezzi sul terreno. Ogni tanto uno di essi si ricomponeva e si tirava su, ma Kail gli si avvicinava ad una velocità sovraumana e con una forza di almeno tre minotauri, recideva di nuovo testa, gambe e tronco, con la propria lama saettante.
Quando il mezzelfo si voltò verso di lui, indossava una maschera spaventosa, demoniaca, ed era completamente ricoperto di sangue verdastro. Stuard rimase immobile, incredulo. Quando Kail letteralmente apparve davanti a lui (si muoveva ad una velocità impossibile anche per un elfo) e gli mise la spada alla gola, pensò che per lui fosse finita: l’avrebbe ammazzato come un cane, esattamente come aveva fatto con i troll più e più volte. Invece egli tentennò e, con una voce che era al contempo cavernosa e agghiacciante, disse:
“Tu non sei un demone. Non puoi stare qui”.
Quindi ritrasse l’arma dal collo del cavaliere e tornò alla piccola montagna composta da parti di corpi dei troll, per farne a pezzi un altro che si stava rialzando lentamente.
Stuard deglutì per la paura e per il nervoso. Aveva già assistito alla macabra trasformazione del mezzelfo e lo aveva visto massacrare pirati, orchi e altri temibili avversari, ma per quanto fosse forte e veloce, era la sua ferocia che aveva fatto la differenza in quelle occasioni.
Questo invece era qualcosa di diverso. Qualcosa di profondamente differente dalla dannata maledizione del suo amuleto.
Ciò che si era impossessato del suo corpo, era proprio un’altra creatura o presenza rispetto a lui come individuo. Non era qualcosa che cercava di corrompere la sua anima, trasformandolo in un mostro assetato di sangue, ma un’entità a sé stante, che gli aveva trasferito anche le proprie abilità, certamente sovrumane.
Stuard riuscì a balbettare solo qualche parola smorzata.
“Chi sei tu?”
Azzardò il cavaliere.
Kail di nuovo si voltò lentamente a guardarlo, mettendo in mostra la sua maschera spaventosa.
“Io sono l’Apok. Tu non sei un demone, non puoi stare qui.”
Ribadì calmo.
Poi tornò di nuovo al suo macabro lavoro di sminuzzamento delle creature che, fatte a pezzi, ancora si agitavano inquiete nell’ombra.
Il cavaliere non riusciva più a sopportare quella vista così atroce, non sapendo se era più dura vedere il suo amico mezzelfo cambiato in quel modo o quel turpe cimitero di carne ancora viva, che si trascinava nel tentativo osceno e surreale di ricomporsi senza mai trovare pace. Voltando le spalle all’orrore, Stuard tornò fuori: aveva bisogno di aria fresca per riprendersi.
Nel frattempo Estellen notò che Flint continuava a massaggiarsi il braccio sinistro. Theros stava cercando di aiutarlo, ma solo lei avrebbe potuto fare qualcosa per salvargli la vita. Infatti, per la seconda volta da quando lo aveva conosciuto, il vecchio cuore del nano lo stava abbandonando. Eppure, non era ancora il momento giusto per lui per andarsene. Estellen gli tenne la testa sollevata, matida di sudore. Poi pregò Paladine affinché non prendesse ancora la vita di Flint, prima che svolgesse il suo compito e la speranza fosse tornata su Krynn. La Dragonlance doveva essere riforgiata e la sapienza del nano era fondamentale per aiutare Theros a compiere il suo destino!
Sorridendo, Estellen vide la sua preghiera esaudirsi, ed il nano addormentarsi placidamente. Eppure, ella fu contenta a metà, poiché ben sapeva che l’ora di Flint era giunta e lei non avrebbe potuto far più niente per lui la volta successiva che avesse avuto un attacco cardiaco. Si augurava solo che il vecchio nano non soffrisse più di tanto. Si trascinò dunque al suo posto, con la gamba che la faceva impazzire dal dolore.
Theros notò la sua sofferenza e le domandò se avesse la capacità di operare uno dei suoi miracoli su sé stessa. Estellen all’inizio scosse la testa, rifiutandosi di utilizzare le sue arti su di lei. Poi però, quando vide Stuard affacciarsi dalla caverna e quando apprese che il suo amico Kail era incredibilmente ancora vivo, si convinse a provare. Se esisteva una sola speranza di tirar fuori il mezzelfo tutto intero da quell’inferno, solo lei avrebbe potuto realizzarla.
Pertanto la giovane sacerdotessa distese bene la gamba, si tolse il guanto e, liberando la luce divina di Lindaara, si concentrò sulle sue ferite, desiderando ardentemente di risanarle. Il suo tentativo riuscì però solo per metà: le ferite si richiusero, ma non si rimarginarono immediatamente come solevano fare quando le guariva ai suoi amici. Quindi avrebbe dovuto comunque bendarle e stare molto attenta a non sforzare il processo naturale di guarigione o esse si sarebbero riaperte e avrebbero ripreso a sanguinare.
Theros la aiutò ad alzarsi e la osservò affiancare l’amico cavaliere che, coraggiosamente, la stava aspettando per guidarla di nuovo nell’oscurità. Quindi i due amici, insieme, fianco a fianco, tornarono dentro il condotto, fino a giungere nella gola ove Kail ancora spargeva, senza sosta e in ogni dove, sangue verde e pezzi di troll.
Estellen ci mise un po’ per abituarsi a quella vista, che a definire macabra era certamente poco. Poi si concentrò su quello che sembrava il suo amico, ma che era evidente che non lo fosse. Percepiva in lui qualcosa di antico e caotico. Antico come lei e caotico come il “padre di tutti”. “Il vuoto fatto divinità”, “ciò che tutto contiene”, “Colui” di cui Berigthor, “il Cromatico”, aveva messo in guardia sul suo imminente ritorno sul piano mortale. Non rammentava bene i dettagli, ma quelle maschere erano in realtà suoi servi. Creature simbionti, “concepite soltanto per distruggere”. In questo caso, fortunatamente per tutti loro, “concepite per distruggere demoni”.
Estellen provò a richiamare l’amico, ma la sola risposta che ebbe fu una replica minacciosa. Con la spada grondante sangue di troll puntata verso di loro infatti, egli le rispose caustico come aveva già fatto in precedenza:
“Nemmeno tu sei un demone. Vai via da qui.”
Tuttavia, la giovane portavoce di Paladine non aveva nessuna intenzione di mollare l’osso. Indurendo gli occhi, fece alcuni passi in avanti e disse, con le mani levate verso l’alto:
“Nel nome di Paladine, ti ordino di sciogliere questo legame immediatamente. Restituisci questa creatura al suo leggitimo creatore e torna nell’ombra e nel silenzio che ti appartengono. Oggi per te non c’è terreno fertile su cui poter crescere ed attecchire, creatura del Caos!”
Kail barcollò per qualche istante, poi portò una mano tremante sul volto, togliendosi finalmente la terribile maschera che l’aveva soggiogato. Riuscì a guardare per un breve, ma intenso istante i suoi amici, entrambi in apprensione per la sua salute e poi svenne.
Stuard balzò subito in avanti, raccogliendo lo ziano e la maschera del mezzelfo e passandoli ad Estellen. Poi sollevò da terra l’amico e velocemente ordinò alla sua compagna di camminare a passo spedito verso l’uscita, senza voltarsi indietro.
Il volto di Kail era pallido oltre misura e borse cerchiate di nero circondavano i suoi occhi obliqui. Sembrava avesse perso dieci anni di vita. Per fortuna nessun troll seguì i loro passi, permettendogli alfine di varcare l’antro d’uscita, benedetti dal sole e dalle grida di gioia di Flint e Theros, felici di rivedere vivo il loro compagno.
Eppure, quando il mezzelfo si destò, intirizzito e stanco come mai si era sentito prima, fu contento solo a metà di sapersi ancora nel mondo dei viventi. Infatti la spada di Silvanos era rimasta lì dentro, perchè nel buio, Stuard non l’aveva notata e aveva pensato solo ad uscire da quella gola infernale il prima possibile.
Tuttavia, conoscendolo tutti molto bene, erano ben consci che Kail non avrebbe avuto alcuna intenzione di lasciarla marcire in quell’antro sudicio e osceno, perlomeno finché avesse potuto evitarlo e questo sarebbe stato per tutti un bel problema.
La maschera demoniaca.
- Dettagli
- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
- Visite: 103