Prima di riprendere il cammino, Kail aveva ordinato ai suoi compagni di accendere altre due torce: non sapeva bene perché, ma era convinto che qualsiasi cosa strisciasse tra le rocce, fosse abituato ad un buio quasi totale. Pertanto, c’era da sperare che la luce sarebbe stata una valida alleata in quelle ore disperate che sarebbero servite per uscire da quel claustrofobico sentiero tra le montagne.
Inoltre si raccomandò, soprattutto con il nano, di fare meno rumore possibile: se era vero infatti che ciò che si muoveva nell’ombra vedeva poco e temeva la luce, probabilmente aveva di contro un udito finissimo, ed un olfatto altrettanto sviluppato, altrimenti non sarebbe potuto sopravvivere in un ambiente così aspro e difficile. Quasi offeso per queste “speciali attenzioni” del mezzelfo neli suoi confronti, il vecchio nano si mise l’ascia in spalla e si accodò imbronciato a Theros, penultimo della fila.
Le ore sembravano non passare mai, soprattutto per via dei sinistri scricchiolii sulle pareti e la sensazione angosciante di esser osservati costantemente, come se qualcuno aspettasse un dannato passo falso da parte loro per ghermirli dall’alto e farli a pezzi.
Kail fece fermare a riposare i suoi compagni dopo marce sfiancanti da sei ore l’una solo per riprendere fiato: il mezzelfo sperava in questo modo di arrivare dall’altra parte entro la fine del giorno dopo. La compagnia dovette utilizzare quasi tutte le torce e tutte le sue energie, ma dopo più di un giorno di cammino forzato, quell’incubo minaccioso stava finalmente finendo: l’uscita adesso era molto vicina. Anche l’aria sembrava più salubre.
Tuttavia, quando tutto sembrava essersi messo per il verso giusto, Estellen mise un piede in fallo e finì per terra, facendo riecheggiare e rimbalzare il rumore della sua goffa caduta per un largo tratto della stretta gola che adesso stavano attraversando. Kail si congelò lì dov’era. Stuard invece si voltò d’istinto morso dall’ansia, notando però che Theros stava già aiutando la sua amica a rimettersi in piedi. Ci furono alcuni secondi di intenso silenzio, tanto che il mezzelfo rimase col fiato sospeso, sperando che nessuno di sconveniente avesse udito il chiassoso capitombolo della sua compagna.
Purtroppo però si trattava solo della quiete prima della tempesta.
Infatti, dopo qualche altro angoscioso momento, un rombo parve salire lentamente dalle viscere della terra. Un suono sordo e cupo che pian piano fece tremare le pareti stesse delle montagne. Alzando la torcia per capire cosa stessse succedendo, il mezzelfo notò che alcuni grossi sassi stavano rotolando velocemente lungo le scoscese ed affilate pareti, diretti proprio sulle loro teste.
Fortunatamente la compagnia era pronta a tutto e riuscì a schivare quella e altre due frane, finché il Kail scoprì che non si trattava affatto di roccia che franava naturalmente, ma di qulache imprecisa e grossa creatura che stava cercando di ammazzarli tirando loro contro delle pesanti pietre!
Avvertendo adesso dei forti rumori inquietanti, come di qualcuno che stesse sciamando lungo le pareti, lo scout fu lesto questa volta a puntare la fiamma nella direzione giusta e ad assistere ad uno spettacolo davvero spaventoso e al contempo preoccupante. La luce infatti evidenziò d’improvviso un buffo volto, dai lineamenti scavati e deturpati, con occhi molto piccoli e giallastri e il naso grande e schiacciato. A contatto con la luce, gli occhi della creatura si spalancarono d’improvviso per lo stupore, facendola ritrarre nell’ombra, all’apparenza spaventata. Capendo che ora lui ed i suoi amici erano solo dei bersagli, il mezzelfo ordinò a tutti di correre via più forte che si poteva!
Le pietre continuavano a piovere dall’alto e fu un vero miracolo che nessuna di esse centrò in pieno uno degli avventurieri, come avevano fatto secoli prima con gli sventurati cavalieri della spada che incautamente avevano esplorato quella stessa zona.
Ad un certo punto però Kail sapeva bene che la fortuna li avrebbe abbandonati, quindi arrestò il suo passo, si sfilò l’arco dalla spalla e, utilizzando la poca luce dei suoi amici che gli stavano correndo accanto, scagliò qualche freccia in direzione delle ombre che intravedeva agitarsi ad una decina di metri d’altezza alla sua destra. Uno dei suoi micidiali dardi si conficcò nel petto di una di quelle creature, che cadde così da uno degli invisibili costoni circostanti e, ruzzolando più volte, alla fine si impalò, infilzandosi su una cresta di roccia tagliente che sporgeva dalla parete stessa. La letale escrescenza sembrava nutrirsi dela sangue di quella creatura grigiastra, umanoide e alta perlomeno due metri.
Stuard si era fermato ad aspettare l’amico e gli sussurrò che non potevano sperare di trovare un avversario peggiore: se la sua vista infatti non lo stava ingannando, quello era un pericoloso troll di montagna! Si trattava di creature buffe esteticamente, ma estremamente letali. Nessuno era mai tornato vivo dopo averle incontrate: nessuno infatti aveva mai trovato il modo di ucciderle! Si sussurrava infatti che esse fossero virtualmente immortali: nemmeno l’acciaio solamnico più tagliente infatti era mai riuscito a prendersi la loro vita!
Eppure quella sembrava irrimediabilmente morta.
Il mezzelfo guardò sospettosamente in alto, intorno a lui. Qualcosa stava cambiando: le creature che prima sciamavano invisibili sulle pareti sembravano essersi fermate e non lanciavano più pietre dall’alto. Inoltre, un silenzio innaturale era di nuovo calato sull’ambiente circostante. Poi accadde una cosa davvero raccapricciante: la creatura impalata riprese a muoversi! Dapprima con piccoli spasmi, poi con movimenti più coordinati e precisi. Afferrando con le mani lo sperone di roccia, iniziò a spingere verso l’alto e a svellere alla fine la punta dell’appuntita escrescenza dal proprio ventre squarciato.
Quasi ipnotizzato da quella scena orribile ed insieme straordinaria, Kail continuava ad illuminare la scena e per la prima volta si trovò a vedere bene quella goffa creatura che già aveva smesso di sanguinare. Era alta circa due metri e mezzo, con le gambe molto magre, ed il ventre pronunciato di chi soleva godere molto spesso dei piaceri dell’alcool. Le spalle erano affatto larghe e proporzionate e gli arti superiori lunghi ed affusolati come quelli delle scimmie. Il volto era bitorzoluto, ed ospitava due occhi giallastri molto piccoli, un naso schiacciato enorme, due orecchie larghe ed appuntite, ed infine una bocca con dei denti sporgenti e marci, ma all’apparenza tutt’altro che innocui. La creatura era completamente nuda, ed il suo corpo era grigiastro come quello dei ratti.
Stuard urlò al mezzelfo di ripiegare: non erano lontani all’uscita e avrebbero potuto farcela se avessero corso forte come mai avevano fatto nella loro vita.
Tuttavia il mezzelfo diede altre disposizioni: ordinò a Stuard di portare tutti fuori di lì. Lui avrebbe guadagnato un po’ di tempo, affrontando la cretaura quel tanto che bastava per dare a tutti un po’ di vantaggio. Poi li avrebbe raggiunti, visto che era di gran lunga il più veloce del gruppo. A malincuore, il cavaliere ubbidì, riprendendo a correre e raggiungendo tosto gli altri, un centinaio di metri più avanti.
Kail gettò la torcia a terra, ai piedi della creatura, che indietreggiò di qualche passo. Poi sguainò la spada di Silvanos e si avvicinò tosto al mostro, che sembrava terrorizzato da quel piccolo tizzone incandescente. Approfittando di quella piccola esitazione, il mezzelfo si appropinquò di lato, non visto, fingendo di rannicchiarsi sulle ginocchia e sfruttando l’unica debolezza del troll. Poi, come un gatto, schizzò in avanti con la spada in pugno e tranciò di netto la testa del mostro, che rotolò, come un macabro trofeo, a terra. Il corpo della creatura rimase in piedi per qualche secondo ancora, come se non si fosse resa conto di quello che era successo, quindi morì per la seconda volta, cadendo con un tonfo sordo e non muovendosi più.
Kail si chinò a raccogliere la torcia e illuminò di nuvo le grigie pareti della gola, aspettandosi un altro attacco dall’alto, ma tutto sembrava tacere. Quindi arretrò pian piano, ma proprio in quel momento, mentre retrocedeva cautamente, il mostro tornò a scuotersi di nuovo! Il corpo del troll, con il capo mozzato, si tirò di nuovo in piedi, lentamente, ed andò a recuperare la sua testa poco distante. Con un suono indicibilmente disgustoso, il tronco accettò di ospitarla nuovamente sopra di sé e fu come se la riassorbisse al suo posto e che tendini, muscoli, ed ossa non fossero mai stati recisi.
Kail rimase a bocca aperta. Come si poteva sperare di sconfiggere un nemico immortale?
Nel frattempo Estellen, che si era fermata ad aspettare Stuard e Kail, vedendo che solo il suo amico cavaliere era tornato indietro, propose di raggiungere il mezzelfo ed andare tosto ad aiutarlo. Stuard era morso dal dubbio: il suo primo dovere era nei confronti di Estellen, ma come poteva condannare un suo compagno a morte certa? Pertanto sfoderò la spada di famiglia, che rimandò bagliori smeraldini in ogni dove, ed ordinò a Flint e a Theros di condurre Estellen in salvo. Lui sarebbe andato a prendere Kail e poi insieme li avrebbero raggiunti.
Tuttavia Estellen non si lasciò convincere dalle parole concitate dell’amico: lei non era un guerriero e questo fatto era incontrovertibilmente vero, ma era l’unica ad avere a disposizione aiuti soprannaturali e questo poteva fare la differenza con avversari sconosciuti e pericolosi come quelli. Quindi, dapprima lasciò che il cavaliere si allontanasse di qualche passo per evitare inutili discussioni con lui, poi spronò Theros e Flint a tornare indietro con lei. Con riluttanza, il vecchio nano e l’eburneo ergothiano, si convinsero alfine ad accompagnarla. L’alternativa sarebbe stata lasciarla andare da sola: Estellen era piuttosto cocciuta quando prendeva una decisione.
Nel frattempo Stuard era tornato indietro giusto in tempo per notare la macabra “rinascita” della creatura e credendo che essa potesse essere un non morto, un dannato figlio dell’oscurità, pregò il suo dio di bandire per sempre quel mostro immondo dalla faccia della terra. Tuttavia la sua invocazione non sortì effetto, poiché il cavaliere scoprì amaramente che quel mostro non era affatto un non morto, ma una creatura viva, viva come lo era lui. Solo che era immortale! Afferando lo scudo da dietro la schiena, affiancò così l’arrabbiatissimo amico mezzelfo, infastidito oltre misura dal fatto che il cavaliere fosse tornato indietro per aiutarlo, vanificando il suo piano da “Orazi e Curiazi”.
Quando poi Kail notò che anche gli altri erano giunti in suo soccorso, allargò le braccia sconsolato e pregò Paladine che quel troll non li facesse a pezzi tutti quanti.