Soddisfatti per aver decifrato la profezia dei nani, i nostri eroi decisero di rimanersene tranquilli un paio d’ore per conto proprio.
Estellen, davvero stanchissima, ne approfittò per schiacciare un pisolino, Flint e Theros per affilare le proprie lame, un po’ trascurate ultimamente per via dell’inattività e Stuard per meditare su come risolvere il problema dell’armatura consacrata. Kail invece preferì dare un’occhiata intorno al maniero e ai sentieri che portavano alle montagne circostanti, per capire se esisteva un passaggio tra gli alti picchi di Balephi in grado di far evitare al gruppo ulteriori, sanguinose, perdite di tempo. Dopo un paio d’ore di escursione, il mezzelfo trovò effettivamente qualcosa, ma lo stretto e angusto passaggio che si insinuava come una biscia tra le svettanti e taglienti pareti di roccia, non gli sucitò affatto sensazioni positive. Perplesso, tornò al maniero giusto in tempo per la cena e per assistere ad una curiosa discussione tra Estellen e l’elementale dell’aria.
Dalla ricostruzione che Kail fece della loro chiacchierata, Stuard doveva aver domandato al genio se la sua amica avrebbe potuto, in qualità di portavoce degli dei, consacrare con il “Battesimo di Kiri – Jolith” l’armatura che indossava. Poco gli interessava se essa era malandata e poco bella da vedere. La cosa importante era il risultato finale. Diventare un paladino, il primo di questa nuova generazione, era già motivo di orgoglio infinito: non era certo il caso di mettersi a fare il difficile per questioni estetiche. Quindi Estellen si era fatta generosamente avanti, impugnando immediatamente la causa dell’amico di sempre e, con la sua caratteristica voce che sembrava provenire da ogni angolo del cortile, l’eterea creatura le aveva risposto così:
“Lindaara, non ti è concesso consacrare l’armatura per questo guerriero sacro. Essa deve essere benedetta dallo stesso Kiri – Jolith, oppure egli può trovarne una già santificata dal dio bisonte. E’ questo lo scopo di diventare un paladino di un dio: poterlo rappresentare sulla terra e gioire ogni momento del suo tocco divino, ma anche subirne il giudizio implacabile e impietoso, senza intermediazioni di qualunque genere.”
Estellen guardava Stuard contrita, con il volto dai lineamenti normalmente perfetti distorti dalla pena. Tutti gli sforzi dell’amico, le sue sofferenze, erano stati vani. Inoltre questo impedimento non solo aveva interrotto il suo percorso spirituale, ma anche quello della missione stessa. Senza ricevere il “Battesimo”, vincere la guerra sarebbe stato infatti molto più difficile. Non demordendo o cedendo allo sconforto, la portavoce di Paladine domandò se esistevano delle alternative a rinunciare definitivamentealla consacrazione di Stuard e per fortuna questa volta Baleph venne in suo soccorso.
“Molto raramente, al nuovo paladino è stato invero concesso di procrastinare la sua investitura per ragioni di salute o per altro impedimento imprevisto. Tuttavia, durante la mia esistenza millenaria, ho assistito solo a tre casi di questo tipo.”
Una tiepida speranza riaccese il cuore abbattuto del cavaliere, che rialzò gli occhi mesti da terra, puntandoli sull’elementale.
Estellen incalzò il genio, chiedendo dunque come avrebbero potuto ottenere questa sospensione momentanea del“Battesimo” e se esisteva una procedura precisa per far si che questa opportunità diventasse concreta.
“E’ possibile infondere in un altro oggetto, ma solo temporaneamente, la benedizione del dio. Il paladino può scegliere liberamente tale oggetto, ma ti avverto che non tutti sono adatti a contenere i divini favori del dio bisonte.”
Stuard assottigliò lo sguardo. Che voleva dire che non tutti gli oggetti erano funzionali a contenere la benedizione del dio? O più precisamente, quali non lo erano? Estellen appoggiò una mano sulla spalla del cavaliere, tentando di tranquillizzarlo. Poi domandò a Baleph quali fossero gli oggetti che erano stati proposti e ritenuti validi, secondo la sua testimonianza, nelle tre volte in cui si trovò ad assistere a situazioni simili a questa. Ancora una volta, il genio rispose repentinamente.
“Invero, sono stati suggeriti tre oggetti diversi, ma solo uno è stato ritenuto degno. Posso rivelarti quali fossero questi oggetti, ma non quale è stato l’unico dei tre a ricevere le grazie del dio bisonte. Pertanto scegli con cura il tuo, se deciderai di intraprendere questa strada.”
Estellen rimase un paio di secondi a riflettere su quelle cavernose parole, poi annuì. Di nuovo, la voce potente e composta da miriadi di echi diversi, esplose nel cortile del maniero pronunciando tre singole parole.
“Una spada… uno scudo… un elmo…”.
Nel frattempo Kail aveva affiancato i suoi amici per offrire il suo supporto.
Stuard pensava di proporre la sua antica spada di famiglia come veicolo temporaneo per la sua investitura, ma giustamente Estellen gli rammentò il mantra del paladino. Non era la spada l’arma del paladino, né lo scudo la sua difesa. La fede e la virtù lo erano. Quindi la scelta più saggia sarebbe dovuta ricadere sull’elmo, se Stuard ne avesse avuto uno. Purtroppo il cavaliere lo aveva perduto durante uno dei suoi recenti, traumatici spostamenti e non aveva
avuto modo e tempo di sostituirlo con un altro.
I tre compagni passarono alcuni minuti a discutere sulla questione, su quale oggetto, tra gli innumerevoli possibili, avrebbe potuto essere il più adatto per questo genere di rituale. Poi il mezzelfo mise gli occhi su Flint, ancora intento insieme a Theros a preparare le armi, nell’eventualità che si facessero spiacevoli incontri nel periglioso passo tra i picchi di Baleph. Quindi suggerì che forse un oggetto realizzato da un nano avrebbe potuto ben rappresentare l’antica amicizia tra “la gente bassa sotto la montagna” e i paladini di Vinas Solamnus e dunque meritare la benevolenza di Kiri – Jolith.
Stuard annuì, scoprendo il collo e mostrando il corno di legno, sapientemente scolpito dalle abili mani del vecchio nano. Il cavaliere non sapeva bene perché, ma sentiva che quella del ciondolo sarebbe stata la scelta migliore che avrebbe potuto fare. Senza pensarci su oltre, fece un passo avanti e mostrò al genio l’oggetto in cui avrebbe desiderato trasferire la scintilla del dio bisonte. Quella che sarebbe divenuta “la sua scintilla”. L’elementale vorticò ancor più furiosamente, finché sentenziò:
“La scelta è stata fatta, ed è stata ritenuta valida. Quando vi sentirete pronti, raggiungete “il sacro baciere”, dove Lindaara potrà raccogliere la luce divina e trasferirla nel simulacro. Rammentate che questo processo è temporaneo: non lasciate dunque passare troppo tempo prima dell’investitura definitiva. Procuratevi un’armatura consacrata, oppure sinceratevi di trovarne una da consacrare attraverso il potere della vostra “portavoce”. Che Kiri – Jolith e Habbakuk guidino sempre i vostri passi.”
Il corpo dell’elementale si dissolse letteralmente davanti gli occhi attoniti dei nostri eroi, che raccolsero le forze e si recarono di nuovo “nella sala del sacro braciere”.
Una flebile luce brillava nell’antica, rifinita ciotola di ottone al centro della stanza. Estellen si avvicinò, ed i suoi occhi violetti poterono ammirare di nuovo, dopo millenni, la bianca scintilla divina che apparteneva al dio bisonte. Mettendo le mani a conca, la raccolse, mostrandola a Stuard che subito si inginocchiò. Estellen ordinò all’amico di tenere alto il ciondolo scolpito per lui dal nano e trasferì dunque lì la scintilla luminosa, soffiandola con dolcezza verso il piccolo corno di legno. Come fosse una lucciola, essa prese posto svolazzando all’interno del minuto oggetto, che poi Estellen legò al collo del cavaliere. Nessuno avrebbe potuto strapparglielo dal petto: quel corno ormai faceva parte di lui, come una seconda pelle! Quindi invitò Stuard ad alzarsi e ad essere degno, da quel giorno in avanti, del grande privilegio che gli era stato concesso, rispettando sempre il mantra del paladino. Un grande onore gli era stato accordato e lui avrebbe dovuto dimostrare di esserne all’altezza per tutto il resto della vita.
Poche parole solenni, che però rendevano perfettamente l’idea. Poi gli sorrise e lo abbracciò. Tutti i suoi amici si complimentarono con lui, soprattutto Kail e Flint.
Quel giorno il cavaliere comprese che la grandezza di qualcosa, qualunque cosa, non doveva essere misurata dal suo potere o dalle sue dimensioni, ma dalla sua funzione e dalla sua utilità all’interno di un contesto più grande.
La più grande ruota del più grande carro non poteva funzionare senza il piccolo perno che la faceva girare. Così come l’incredibile braccio d’argento del fabbro, che oggi era suo compagno e che tutti speravano avrebbe salvato il mondo dall’oscurità: esso non si sarebbe mai mosso, senza il minuscolo disco metallico di cui gli avevano fatto dono.
Dunque, prima di partire, avrebbe dovuto ricordarsi di ringraziare il nano per il dono che gli aveva fatto: segno inequivocabile che l’amicizia era davvero il perno che avrebbe fatto girare prima o poi la guerra a loro favore.
La bianca scintilla di Kiri - Jolith.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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