Theros si grattava pensosamente la barba, mentre cercava di capire se ciò che aveva trovato affisso al muro fosse qualcosa di importante o meno. Egli infatti aveva notato appena un luccichio, poco distante il manichino di legno che continuava a catalizzare l’attenzione di tutti. Incuriosito, andò a controllare e lì rinvenne una targa in oro, con sopra incisi dei segni assai strani, ma che trovò molto simili a quelli scovati nel tempio sommerso nella città di Baleph.
Richiamò quindi a sé l’intero gruppo, ma in particolare il vecchio nano, che era certo avrebbe saputo leggere quel linguaggio antico e dimenticato. Infatti Flint, che accorse immediatamente, rimase subito parecchio colpito da quella targa, poiché tra le altre cose riportava un sibillino messaggio, scolpito in parole runiche che per fortuna lui ben comprendeva. L’eroe di Solace non era sicuro che quelle parole naniche impresse nell’oro fossero rune di potere, ma era invece certo che il suo amico fabbro aveva infine trovato “la profezia dei nani”, che l’intera compagnia stava cercando ormai da ore! Flint si schiarì la voce dunque e iniziò a riportare ai suoi amici quanto quella targa diceva.
“Dodici sono i rintocchi attorno al mondo, ma solo uno l’occhio che li vede. Cinquantanove i guerrieri son arrivati, ma solo il più piccolo resta a mostrare la giusta via. Il primo giorno di primavera troverai ciò che cerchi, tenendo a sud l’oscurità.”
Il nano non era certissimo di aver tradotto in maniera assolutamente fedele quella filastrocca, ma era moderatamente convinto di averne perlomeno riportato una versione abbastanza appropriata.
I cinque amici iniziarono a guardarsi perplessi, mentre Baleph li seguiva sempre da presso, in silenzio. In attesa.
Dunque quello era il famoso rompicapo dei nani di cui parlava Sir Balinor!
Kail non si stupì che nessuno fosse riuscito a venirne a capo: apparentemente non aveva senso e soprattutto il suo scopo, la sua vera funzione, continuava a rimanere velata agli occhi. Perlomeno ai suoi. Il mezzelfo fu quasi tentato di chiedere a Stuard di utilizzare la sua domanda per farsi dare questa risposta dal genio, ma poi ci ripensò, preferendo prima ragionarci meglio e verificare una mezza, stramba idea, che gli era venuta in testa.
Estellen invece associò subito i “dodici rintocchi” a un riferimento di tipo temporale. Ma quale poteva essere? Dodici mesi? Dodici ore? In effetti, i rintocchi facevano pensare più allo scandire delle ore che dei giorni.
Invece, “l’occhio che li vede” poteva essere il sole, secondo Kail.
Presumibilmente dunque, la profezia parlava di qualcosa di misurabile a livello temporale e riscontrabile all’interno delle dodici ore diurne.
Come introdurre adesso in questo schema le cinquantanove statue?
A Stuard vennero in mente i minuti. Le statue erano cinquantanove, era vero, ma diventavano sessanta con quella del nano, ancora in frantumi in cortile. Tra l’altro, essa, che rappresentava “il più piccolo”, mostrava la giusta via. Quindi il cavaliere suggerì di tornare fuori e provare a ricollocare al loro posto i pezzi della statua, almeno per capire se il ricostruito nano di pietra potesse offrire qualche indicazione precisa sulla soluzione dell’enigma.
Tuttavia, prima di andare, Estellen fece notare a tutti che, anche ricostruendo la statua, non avrebbero comunque compreso cosa volesse far intendere la profezia, esattamente come non l’avevano capito più recentemente i cavalieri della spada. Prima infatti, avrebbero dovuto afferrare il perché i nani avevano lasciato appositamente ai futuri paladini, tornati finalmente a casa, quella targa dorata.
Theros annuì e anche il resto del gruppo approvò l’osservazione della giovane portavoce di Paladine.
Dunque Flint commentò che certamente quella targa era stata scritta dagli antichi nani della città di Baleph e che un dettaglio importante della profezia parlava di “cinquantanove guerrieri “arrivati” lì da qualche altra parte del continente. Probabilmente, si parlava di Vinas Solamnus ed i suoi guerrieri, quasi certamente in una forma allegorica riguardo il loro numero, ma che lasciava ben intendere che erano stati i nani ad ospitare i cavalieri e non viceversa! Quindi, i nani avevano accolto questo gruppo di umani nella loro comunità e li avevano presi sotto la loro ala protettiva, scolpendo, edificando e forgiando per essi. Come fossero stati i propri figli.
Ma da dove era nato questo interesse per loro?
Certo, probabilmente erano uomini valorosi e virtuosi, ma i nani non erano certo conosciuti per la loro spiccata socialità e propensione alla mutua collaborazione. In qualche modo, per tutti inspiegabile in quel momento, i neonati cavalieri di Solamnia si erano guadagnati la loro approvazione con delle azioni sicuramente parecchio apprezzate dalla “gente bassa sotto la montagna”.
In ogni caso erano passati millenni e a meno di voler soddisfare quella curiosità chiedendolo all’elementale, sprecando così la famosa “domanda di Stuard”, la vera ragione che spinse questi due popoli così diversi a vivere in armonia rimaneva per adesso un mistero la cui soluzione appariva appena ipotizzabile. Quello che sembrava certo però, era che gli stessi cavalieri o forse era meglio definirli “paladini”, ad un certo punto lasciarono Baleph, per rimanere definitivamente all’interno delle loro terre natali.
Stuard sapeva molto bene che i “Cavalieri di Solamnia”, dalla loro nascita fino al giorno d’oggi, avevano vissuto e prosperato per l’appunto quasi esclusivamente nella vasta terra che aveva dato loro il nome: lo dicevano i documenti storici, che riportavano fedelmente la tradizione dell’ordine dei cavalieri. Ecco perché Theros pensava più ad una frangia di guerrieri di Solamnia, non ancora né cavalieri e né “paladini”, giunti lì per caso o per volere degli dei, capeggiati da Vinas Solamnus, che si erano talmente guadagnati la stima dei nani, che erano stati accolti da loro come fratelli. Oltre a condividere le loro case, essi avevano fatto loro dono di un luogo sacro, nel quale andare quando avessero voluto raccogliersi in preghiera o prendere i voti dei loro dei.
Flint ipotizzò dunque che, alla scomparsa dei cavalieri, i nani abbiano cercato di custodire le reliquie più preziose dei loro figliocci umani: lo scudo e l’armatura di Kiri – Jolith!
Prima che anch’essi fossero evidentemente costretti ad abbandonare questo luogo dunque, avevano evocato il genio, forse attraverso le loro rune di potere, vincolandolo al “Tempio Battesimale” o forse alle reliquie stesse in esso contenute e altrimenti rimaste incustodite. Inoltre, gli avevano affidato un compito preciso: attendere il ritorno dei “paladini” e assicurarsi che “la profezia” fosse da loro adeguatamente compresa e svelata. Sembrava evidente che essa nascondesse un segreto importante, qualcosa per cui valeva la pena evocare un essere potente come Baleph e donargli una missione millenaria. Ovviamente, nessuno poteva giurare quale potesse essere questa missione, ma tutti pensavano, senza dirlo apertamente, che potesse riguardare proprio le sacre vestigia del dio bisonte, donate a Solamnus all’alba dei tempi.
Quando Flint riuscì a ricostruire la statua del nano, speranzoso che essa potesse rivelare qualcosa di importante, si rese conto, a mano a mano che metteva un pezzo dietro l’altro, di andare incontro a molte difficoltà impreviste. Non tanto per il restauro in sé, quanto perché non riusciva a capire la posizione precisa di alcune parti del corpo del nano. Per esempio le sue braccia. Quello destro impugnava un piccolo martello, ma non era chiaro se fosse tenuto da lui in basso o in alto: mancavano troppi pezzi per affermarlo con sicurezza. Il sinistro invece, sembrava proteso davanti, con l’indice che puntava l’orizzonte.
A quel punto Kail scosse la testa, realizzando che se le statue erano state spostate, non c’era modo di ricostruire la loro posizione originale. Compresa quella del nano ovviamente, che era forse la più importante di tutte. Il mezzelfo infatti rammentò che, all’interno del “Tempio di Baleph”, aveva notato su quasi tutta la pavimentazione dei solchi evidenti. Segno inequivocabile che le statue erano state trascinate via casualmente e tanto bastava come controprova che non c’era assolutamente modo di ripristinare la posizione originale di ogni singola statua.
A tale proposito, Flint aveva un’idea di ordine generale riguardo quella dei cinquantanove cavalieri, ma gli sarebbe comunque rimasta oscura quella del nano. I cavalieri della spada infatti avevano fatto l’errore di lasciarla fuori, in cortile, soggetta alle intemperie. Essi non potevano infatti capirne l’importanza capitale, anzi era sicuro che avevano dovuto pensare fosse stata messa nel “Tempio Battesimale” per sbaglio.
A causa della condizione di estrema sottomissione in cui vertevano le altre razze durante quei tempi, considerate inferiori e schiavizzate fino all’avvento del "Cataclisma", i cavalieri della spada non avrebbero mai potuto ritenere centrali i nani al fine di ritrovare le sacre reliquie di Kiri - Jolith. Ecco perché avevano brancolato nel buio per secoli!
Insomma, il rompicapo della “profezia dei nani” sembrava ancora ben lontano dall’essere risolto.
La profezia dei nani.
- Dettagli
- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
- Visite: 116