Risalire la china fu ancor più difficile che discenderla, visto quanto fosse scivoloso il passaggio di pietra liscia e bagnata che conduceva fuori. Tuttavia, alla fine i nostri eroi si riaffacciarono all’aria aperta e si apprestarono a seguire Theros nei pressi della foresta.
Qui infatti, l’eburneo gigante, aveva rinvenuto due massicci pezzi di pietra bianca lavorata conficcati nel terreno, che aveva tentato di pulire meglio che aveva potuto. Inoltre si era anche sforzato di liberare l’area antistante le due pietre da erbacce e sterpaglie, mettendo in risalto sul terreno alcuni dettagli davvero molto interessanti. Infatti, per come erano stati posizionati, sembrava che ciascuno di questi due strani sassi fosse un punto di partenza che iniziava un circuito preciso indipendente dall’altro. A delimitarne i contorni erano due grossi fori nel terreno, uno a destra e uno a sinistra rispetto all’immaginario percorso da compiere, distanti circa tredici metri dalla coppia successiva.
Theros ovviamente non aveva potuto bonificare l’intera zona per questioni di tempo e quindi non poteva confermarlo, ma tutti scommettevano che quei due fori si sarebbero susseguiti progressivamente ogni tredici metri sul terreno fino all’ultima delle icone sacre, segretamente nascoste nella foresta. Ad un controllo più attento, Flint aggiunse che secondo lui anticamente in quei fori erano stati conficcati degli stendardi o delle bandiere, proprio per rendere ancor più chiaro e sicuro il cammino dell’iniziato. Probabilmente perché di notte la visibilità era assai scarsa nella foresta, ed avere dei punti di riferimento diventava quasi essenziale per poter sperare di arrivare a destinazione.
Esaminando poi le pietre miliari, notarono chiaramente che sulla loro superficie erano stati scolpiti alcuni disegni, non tutti molto distinguibili. Quello più chiaro riproduceva un uomo inginocchiato in preghiera accanto alla pietra, mentre un sacerdote, con le braccia levate al cielo, sembrava invocare la presenza degli dei sul posto.
Un altro tratto evidente che spiccava su questo masso squadrato, che non a caso Stuard aveva d’istinto trovato a lui affine, era il simbolo del corno di bisonte di Kiri – Jolith. Per avere una riprova, Kail andò ad ispezionare l’altro qualche metro più in la e scoprì che il disegno del cavaliere e del sacerdote era identico a quello del suo gemello, tuttavia cambiava il simbolo riprodotto, che sembrava piuttosto un rapace o comunque una creatura alata, che egli associò immediatamente alla fenice di Habbakuk.
Era tardo pomeriggio e malgrado Stuard non si sentisse ancora al top della forma, manifestò chiaramente l’intenzione di cominciare subito il suo cammino iniziatico. Il gruppo ne discusse ascoltando il parere di tutti, ed approfittò di quella breve pausa per mangiare e per riprendere fiato qualche minuto. Poi tutti si voltarono verso Estellen che, sospirando, si tirò su, ed iniziò a prepararsi spiritualmente a questa nuova e dura prova, per lei, per Stuard e per i suoi amici.
Il cavaliere invece si inginocchiò a fatica, ed iniziò a pregare intensamente Kiri – Jolith di indicargli il sentiero da compiere in questo nuovo e ultimo percorso verso di lui. Quindi Estellen levò le mani al cielo, ed invocò nuovamente la presenza divina di Lindaara, silenziosa dentro di lei. D’improvviso, una brezza leggera di vento le scombinò i capelli, mentre una luce azzurra le illuminò gli occhi. La giovane sembrò levitare quando cominciò a parlare sommessamente in una lingua sconosciuta ma al contempo armoniosa. Poi si voltò verso est e attese.
Stuard aveva gli occhi semi chiusi, quando percepì una potente presenza provenire dalla sua destra. Alzò leggermente la fronte dunque, aprendo di poco gli occhi, curioso, ma Estellen si affrettò a tenergli basso il capo. Non era saggio per i mortali scrutare gli dei!
Ciò che si avvicinò Stuard, egli non riuscì a descriverlo in maniera chiara, quando i suoi amici gli domandarono come fosse fatto nel dettaglio l’enorme guerriero in armatura splendente che lo aveva benedetto. Riuscì solo a notare per un breve istante che indossava un maestoso elmo dalle corna ricurve e non si stupì affatto che alcuni minotauri lo venerassero, poiché tale era la sua possanza, da sembrare davvero un gigantesco uomo toro. Invece quell’apparizione sembrava avere tratti umani molto chiari, anche se era enorme e completamente bardata in un’armatura dorata.
“Egli” si fermò a parlare con Estellen e la sua voce era potente e profonda tanto da rassicurarlo e terrorizzarlo allo stesso tempo. Quando i due finirono di discutere, la presenza eterea si voltò e iniziò a camminare, passando esattamente in mezzo ai due fori equidistanti sul terreno, confermando così le argute deduzioni del nano.
Estellen a quel punto tirò suo il volto di Stuard, gli sorrise con gentilezza e gli domandò se si sentisse pronto.
Non era affatto una domanda retorica.
Il cammino sarebbe stato davvero spossante e lo avrebbe fiaccato forse ancor più della sua veglia appena conclusa. Non era dunque una decisione da poco: molti cavalieri in passato erano caduti stremati sul terreno durante l’itinerario, senza riuscire ad ultimare la loro ordalia. Alcuni di loro erano perfino morti per l’enorme stanchezza, ma fortunatamente erano stati casi molto rari.
Tuttavia Stuard non aveva affatto intenzione di mollare dopo aver fatto tutta quella fatica. Si tirò su, rifiutando l’aiuto dei suoi compagni e fieramente annuì.
I suoi amici dietro di lui, che naturalmente non avevano visto l’apparizione divina, increduli, avevano provato ad immaginare cosa stesse succedendo al cavaliere, dai suoi atteggiamenti e da quelli di Estellen. La giovane annuì a sua volta, poi fece alcuni passi lungo il sentiero, come se volesse seguire la figura scintillante che pian piano si allontanava, inoltrandosi nel bosco. Poi si voltò e disse:
“Ora ti verrà rivelato il mantra del paladino, fissalo nella mente e nel cuore poiché esso non ti verrà ripetuto.”
Stuard non fu sicuro di capire ciò che Estellen stava cercando di dirgli con le sue criptiche parole e quando la giovane pronunciò il suo monologo, senza alcun indugio, fu preso un po’ alla sprovvista e faticò non poco a concentrarsi nel modo giusto.
“Il cuore del “Paladino del dio bisonte” è assolutamente puro. Egli non cerca mai l’equilibrio, egli persegue solo il giusto a ogni costo. Il suo braccio è forte e virtuoso. Il suo sguardo, fiero e determinato. La sua anima è un fuoco freddo. Misericordioso solo con i redenti, egli è calmo ma sempre ardimentoso. Non è mai armato di spada, ma solo di fede. Non si difende mai con lo scudo, ma con il verbo divino. La sua casata non è più il suo blasone, ma il sacro corno del dio bisonte.”
Quando Estellen smise di parlare, il cavaliere non era dunque certo di aver fissato ogni sua parola nella mente e si augurava vivamente di non dover riportare quel mantra fedelmente a qualcuno, perché era certo che non ci sarebbe riuscito.
Così Estellen prese a seguire la figura eterea e lui a seguire lei. Il resto del gruppo veniva dietro, non immaginando minimamente quanto sarebbe diventato arduo, con il passare delle ore, quell’impervio percorso in mezzo alla foresta.
Il percorso del dio bisonte.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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