Estellen era piuttosto incerta su come procedere.
Da una parte avrebbe voluto aiutare il suo amico Stuard, provando a intercedere per lui con Habbakuk e Kiri – Jolith, dall’altra l’idea di entrare in questioni divine ormai un po’ troppe volte iniziava a metterla a disagio. Lei era la Portavoce di Paladine, solo di Paladine: questo era il suo compito, il suo destino.
Oppure no?
Mishakal le aveva affidato la “Fiamma Blu” addirittura in un altro tempo e lei non aveva avuto scelta se non accettare la sua custodia, affardellandosi di un altro compito gravoso sulle sue spalle: depositare quel sacro alito divino nel braciere di Solanthus, oggi, in questo tempo. L’incarico che le aveva affidato la dea era per lei un deja vu tra le altre cose, perché quando era stata sua portavoce, molti secoli prima, aveva avuto un compito molto simile, quando Solanthus ancora non era stata edificata. Era stato grazie a lei che quella città sarebbe diventata in seguito “la città di Mishakal”!
La verità era che non se la sentiva davvero di avere ulteriori contatti divini che la allontanassero ancor di più dalla sua umanità. Non era certa che volesse abbandonare questa vita mortale, quando i suoi servigi non fossero stati più necessari a Paladine e più si fosse calata nei panni di Lindaara, più avrebbe preso coscienza della sua natura divina.
Estellen aveva dunque levato le braccia verso l’alto, ma poi, mestamente, le aveva abbassate, scuotendo la testa, affranta.
I suoi amici più stretti erano rimasti lì con lei, mentre Theros e Flint erano usciti dal tempio per andare a ispezionare meglio i dintorni. Kail provò a spronare la sua giovane compagna di viaggio, cercando di farla uscire dalla sua empasse, ma invano. Dunque si allontanò, lasciandola a meditare su quanto tutto ora dipendesse da lei, dalla sua determinazione. Il mezzelfo attese sull’uscio la decisione di Estellen: se non avesse svolto il suo compito, sarebbe stato meglio muoversi per raggiungere la nave e non perdere tempo prezioso.
Stuard stava invece esaminando l’alcova, scoprendo che sarebbe stata una prova ancor più dura rimanere 36 ore, immobile, su quell’inginocchiatoio, poiché non c’erano più imbottiture e le sue gambe avrebbero subito danni forse irreparabili dopo che la prova fosse finita. Due piccole icone raffiguranti i due fratelli divini spiccavano evidenti innanzi all’alcova, come due santini che avrebbero guidato e giudicato il suo operato durante l’iniziazione e l’estasi.
Estellen lo osservò.
Osservò la sua ostinazione, la sua dedizione.
Con un sospiro affranto si rese conto che non poteva deludere le sue aspettative. Stuard non era solo un cavaliere, era un cavaliere della spada. Almeno secondo quello che sembrava avessero deciso su di lui Lord Gunthar e il consiglio dei cavalieri. Ma anche se non fosse stato così, egli rimaneva un uomo retto, sospinto e guidato esclusivamente da ciò che andava fatto per il bene di tutti. Quella prova rappresentava il suo destino. Ciò che lo avrebbe caratterizzato per tutto il resto della sua vita. E lei non poteva e non voleva certo opporsi al fato del suo più caro amico. Alla sua realizzazione, come uomo e come cavaliere. Chiudendo gli occhi in un attimo di raccoglimento, levò di nuovo le braccia verso il cielo e lasciò che la luce di Lindaara prendesse il sopravvento su di lei.
Kail ebbe un sussulto per lo stupore e fece alcuni passi avanti verso l’amica, ma rimase comunque distante, in attesa.
Poi, con voce diversa dalla sua, Estellen pronunciò le sacre parole dei sacerdoti dei fratelli divini:
“Non crucciarti cavaliere, se penserai di esser andato a destra mentre avresti potuto andare a sinistra. Questa prova non ha lo scopo di renderti un guerriero migliore o peggiore. Più giusto o meno giusto. Ricorda che tu sei già stato giudicato degno di essere un cavaliere e nessuna di queste tre prove potrà portarti via questa verità. Questa iniziazione vuole stabilire solo quali affinità tu abbia con Kiri Jolith e Habbakukk. Affinché loro possano sceglierti come loro discepolo, senza margini d’errore. Quindi rallegrati cavaliere, questo è un gran giorno per te! Sii forte e determinato e alla fine rinascerai come un paladino degli dei del bene.”
La voce di Lindaara scosse le pareti del tempio, lasciando i suoi amici a bocca aperta: era chiaro che conoscesse perfettamente la procedura in questione. Poi, con un largo sorriso, la portavoce di Paladine invitò Stuard a spogliarsi di spada, scudo ed armatura e di seguirla nei pressi dell’alcova. Qui lo fece inginocchiare e pronunciò alcune parole in una lingua antica e sconosciuta. Gli domandò se fosse pronto e quando il cavaliere chiuse gli occhi raccogliendosi in preghiera, lo toccò delicatamente sulla fronte, elargendogli una benedizione divina beneaugurante.
Così, Stuard iniziò la sua ordalia per ricevere la grazia di Kiri Jolith o Habbakuk e per i suoi amici, un duro periodo di veglia per assisterlo, cosa che risultò più difficile di quanto si fossero aspettati. Stuard venne avvolto da un fumo nero, che gli ottenebrò la vista e gli intorpidì la mente.
Tuttavia, dopo qualche secondo di panico, qualcosa cominciò a cambiare: il fumo iniziò a dissiparsi, la mente a schiarirsi e il cavaliere ebbe come la sensazione di trovarsi all’aperto, con la luce del sole che gli batteva sulla faccia. Non solo, ma percepiva perfettamente i suoni e gli odori attorno a sé. Odori di erba, di sudore e di cavallo. Inoltre c’era un chiacchierio allarmato e allarmante e quando finalmente i sui occhi gli permisero di vedere cosa stava accadendo, ebbe un sussulto di terrore.
Egli si trovava con un esercito al suo comando sopra un crinale. Sotto di lui, un’orda di non morti stava assediando un piccolo villaggio. Oltre il villaggio, a nord, sorgeva una grande città, i cui cancelli per fortuna erano chiusi. Un sacerdote di Paladine stava contenendo l’avanzata dei non morti ad est, ma a sud e a ovest, uno sciame di scheletri e ghoul stava abbattendo facilmente le misere resistenze della milizia locale.
Il cavallo, bardato con finimenti di guerra, fremeva per scendere a valle e combattere quell’esercito immondo e lui stava faticando per tenerlo a freno. I due suoi generali, che assomigliavano terribilmente a Kail e ad Estellen, lo affiancarono per consigliarlo sul da farsi. Dal loro consulto emersero due strategie possibili: caricare il lato est del villaggio, salvare il chierico di Paladine e liberare quella sezione per ripiegare poi con i sopravvissuti dentro la città. Oppure attaccare frontalmente e ad ovest, ripulendo quasi per intero il villaggio in quei punti e quindi salvare più abitanti, ma abbandonare in questo modo al suo destino il chierico di Paladine.
Stuard era cosciente di non essere lì per davvero, ma sembrava talmente realistica quella situazione, che cancellò dalla mente quasi immediatamente qualunque resistenza a prendere sul serio il contesto.
Il giovane cavaliere serrò i ranghi e ordinò ai suoi 150 cavalieri di prepararsi alla carica. Avrebbero salvato più persone possibili, anche a costo di sacrificare la loro arma migliore: il chierico di Paladine!
Stuard si sistemò meglio l’elmo e poi guidò l’assalto.
Un mare di cavalieri calò dalla collina, facendo a pezzi la maggior parte dei non morti, calpestandoli e distruggendoli con le loro armi benedette. Le perdite furono ingenti anche tra le loro fila, ma alla fine, lui e i suoi generali, riuscirono a mettere in salvo nella città adiacente i tre quarti della popolazione locale. Purtroppo il prezzo fu molto alto, poiché come era stato previsto, il chierico alla fine fu costretto a soccombere sotto l’urto numerico dell’orda di guerrieri non morti. Senza l’aiuto divino, la parte est del villaggio fu completamente spazzata via e i morti andarono a rimpinzare le fila dell’esercito nemico. Rintanati dentro la città, Stuard e i suoi uomini difesero strenuamente la gente della città e quelli del villaggio, ma non riuscirono a contrastarne l’avanzata definitiva: alla fine essi abbatterono le porte della città e fecero a pezzi ogni cosa sul loro cammino.
Nessuno rimase vivo, nemmeno lui e i suoi amici.
Forse avrebbe fatto meglio a salvare il chierico, ma come avrebbe potuto condannare a una morte orribile la gran parte del villaggio? Inoltre chi poteva garantire che, anche con il chierico, l’orda dei non morti non fosse stata abbastanza forte da spazzarli via ugualmente?
Sommerso da questi interrogativi debilitanti, il fumo lo invase nuovamente, accecandolo e questa volta riportandolo da una voce che per sua fortuna riuscì a riconoscere subito. Si trattava di Estellen che cercava di scuoterlo, di aiutarlo a riprendere almeno in parte conoscenza: era chiaro che qualcosa non andava.
Quando si rese conto del dolore alle gambe, che lo avvolse quasi a farlo impazzire, solo per miracolo non svenne tra le braccia della sua amica.
Le tre prove di Kiri Jolith e Habbakuk.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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