Nonostante la situazione fosse piuttosto sicura, Kail stabilì ugualmente dei turni di guardia per quella sera. Ad eccezione di Estellen, che approfittò di quel poco tempo, prima di crollare per la stanchezza, per pregare e ringraziare Paladine del suo instancabile supporto. Theros fu l’ultimo a montare di guardia e fu dunque quello che si preoccupò di portare da mangiare ai suoi compagni appena svegli.
Dopo aver sparso con lo stivale la cenere del campo sul manto erboso, Kail si consultò con Stuard circa la strada che avrebbero dovuto fare per dirigersi al “Tempio Battesimale” e il cavaliere, da sempre devoto a Kiri - Jolith, confidò di voler ripercorrere lo stesso sentiero fatto all’andata. Se infatti avevano trovato l’effige del dio bisonte su quel lato, lui lo avrebbe nuovamente percorso fino alla loro mèta, che avevano appreso dall’Elementale si trovava a Baleph.
Scesero dunque il costone della montagna e approdarono nuovamente sul sentiero artificiale che collegava la montagna alla foresta.
Mentre arrivavano a destinazione, Kail ebbe un piccolo rammarico per non aver esplorato meglio il maniero soprastante. Intanto per cercare conferma che il secondo percorso conducesse in effetti all’altro sentiero dedicato ad Habbakuk (magari scoprendo che esisteva un’altra entrata nascosta dall’altra parte dell’edificio). Poi per capire se, oltre l’altopiano, esisteva un passo che portasse attraverso i picchi di Baleph, senza dover necessariamente attraversarli per la via più difficile, cioè inerpicandosi sulle montagne.
Era anche vero che il tempo scarseggiava e Kail era seriamente preoccupato di non riuscire a fare tutto in tempo. Tuttavia, Stuard non si lasciò scoraggiare dalle riflessioni vagamente angustiate dell’amico, imboccando con sicurezza la via dentro la foresta.
In pochi minuti i nostri eroi tornarono all’effige di Kiri Jolith che Estellen aveva trovato il giorno prima.
Stuard utilizzò la sua spada incantata per cercare la direzione migliore da prendere, ma la scia cremisi disegnava una linea retta che avrebbe di nuovo trascinato i nostri eroi in mezzo alla selva più fitta. Perfino Estellen scrollò le spalle, non sapendo proprio come aiutare l’amico in questa occasione. Quindi il cavaliere iniziò a pregare il dio bisonte e, quasi con gli occhi chiusi, guidò i suoi amici attraverso un percorso che evidentemente riusciva a vedere solo lui. Sembrava trovasse sempre i varchi più agevoli quando si spostava.
Ben presto rinvenne un’altra area decisamente più rada, con un alto e robusto albero che ospitava sulla propria corteccia una “listella” sottile con un corno inciso sopra. Dopo qualche minuto di contemplazione, il cavaliere ripartì, seguendo il suo invisibile percorso, che lo portò dopo appena qualche ora a rivelare tutte e tredici le icone sacre di Kiri - Jolith, tra lo stupore più assoluto dei suoi amici!
Era ormai primo pomeriggio quando Stuard dichiarò che quella che aveva trovato era l’ultima tappa del cammino, ma ancora la macchia ricopriva ogni cosa e i nostri eroi erano immersi in una selva fittissima. Pertanto il giovane solamnico ordinò a tutti di riposare qualche minuto, poiché da adesso in poi avrebbero dovuto farsi strada con la forza attraverso i grovigli di cespugli, rovi e liane, che ricoprivano l’intera foresta. La direzione era quella giusta, se si dava fiducia alla spada, ma dall’albero con l’ultima effige in poi era tutto bosco e sottobosco incontaminato.
Kail e gli altri faticarono non poco per crearsi un varco percorribile e alla fine iniziarono a riscontrare i primi segni di civiltà. Alcuni sassi e pietre cominciavano finalmente a notarsi sull’erboso terreno!
Tuttavia questi ritrovamenti archeologici non furono affatto simili a quelli che si erano aspettati.
Stuard infatti rinvenne perfino un cimitero che doveva avere non più di 300 o 400 anni, mentre poco vicino Kail scovò delle pire funerarie risalenti almeno a 1000 o 1500 anni prima! Come se due civiltà diverse, appartenenti ad epoche differenti, si fossero intervallate in due momenti storici distinti, per poi esser spazzate vie entrambe dalla triste mano epuratrice del Cataclisma. Infatti, la consuetudine di seppellire i guerrieri anziché cremarli, fu un usanza sopraggiunta molto dopo la formazione dei cavalieri di Solamnia. Inoltre, man manco che avanzavano, si resero conto che ciò che restava di quella antica città, le sue fondamenta, almeno a detta di Flint, avevano profonde similitudini con i metodi di costruzione di tipo nanico! Mentre il maniero che avevano visto sui picchi era stato edificato molto più di recente, rispecchiando il classico e poco elaborato stile umano. Le rocce levigate e le rifinite pietre che spuntavano qua e la dal terreno ricoperto di selva invece, benché logore e consumate dai millenni, erano di tutt’altra fattezza.
Più si avvicinavano al centro dell’antica città, più il vecchio nano sembrava confermare questa ipotesi.
Non solo.
Sembrava quasi che chi fosse giunto qui, in quel famoso “secondo momento”, non avesse fatto altro che montare una sorta di avamposto mobile attorno agli edifici principali della città: perlomeno osservando alcuni oggetti metallici che servivano per chiudere tende particolarmente ampie o sostenerne il tremendo peso.
Sotto una navata quasi interamente ricoperta di liane e muschi ma ancora intatta, c’era poi un passaggio che conduceva finalmente alla loro mèta: un vero e proprio tempio, la cui sola vista fece quasi scendere le lacrime al vecchio nano. Quell’intera struttura infatti era certamente frutto del genio ingegneristico dei nani, che senza dubbio avevano fatto dono di quell’edificio ai cavalieri. Non bisognava dimenticare infatti che un tempo quell’isola era attaccata al continente e poteva dunque essere plausibile che questa collaborazione tra nani e cavalieri potesse essersi concretizzata.
Comunque, il tempio aveva un’ampia tettoia di pietra scura che aveva protetto la struttura dall’essere seppellita interamente dalla foresta. Tre gradini portavano ad una specie di piccolo cortile interno, sul quale erano incise un’interminabile sequela di simboli incomprensibili. Ci volle il talento di Estellen, che, come Lindaara, aveva appreso la lingua antica molti millenni prima.
Tuttavia la traduzione della giovane sacerdotessa di Paladine sembrava non aver molto senso.
Alla fine, arrivarono a capire che non si trattava di un linguaggio che esprimeva la storia di qualcosa, dell’edificio per esempio, ma un elenco di nomi altisonanti! Il primo infatti rispondeva al nome di Vinas Solamnus (!), il capostipite e fondatore del cavalierato stesso! Il secondo, Gabriel di Caela, Stuard lo conosceva per essere stato il capostipite della famiglia medesima, ed una delle dodici più longeve e famose di tutte. Di molto antecedenti al Cataclisma. C’era perfino un Wotan Uth Wistan nella lista.
Trovarono anche un Benedict Uth Breannar: antico avo della famiglia del giovane cavaliere, di cui però la sua famiglia aveva sempre parlato poco e male. Poteva essere per lui uno spunto per fare qualche domanda su questo suo avo, una volta tornato al maniero? In fondo doveva esser stato un guerriero valoroso, per essere qui in mezzo a tanti personaggi importanti.
Un altro dettaglio che mostrava chiaramente quanto l’edificio fosse molto più antico rispetto all’avvento del Cataclisma, fu che il “solamnico arcaico” era stato usato per elencare nomi fino ad un certo punto temporale. Da quello in poi era stato usato il “solamnico moderno”: per questo motivo Stuard aveva letto da solo della presenza della sua famiglia e di quella di Gunthar.
Così, sfruttando le poche ore di sole ancora rimaste, i nostri eroi entrarono finalmente nel “Tempio Battesimale”, per scoprire che era un edificio ancor più straordinario di quello che si erano aspettati. Sulle pareti infatti era pieno di affreschi che illustravano in maniera un po’ arcaica ma efficace, il senso e le modalità di quella iniziazione cavalleresca.
In pratica, il cavaliere si adagiava su un apposito inginocchiatoio e vegliava lì per trentasei ore, finché Habbakuk o Kiri - Jolith, non lo avesse benedetto col proprio tocco divino. Tuttavia, il cammino dell’iniziato non era così facile come poteva sembrare, poiché egli doveva superare prima tre prove per poi esser ritenuto degno da uno dei due fratelli. Assistito da un sacerdote, egli doveva rimanere in preghiera per un giorno e mezzo, senza mangiare, né bere, né dormire.
Una prova molto dura. In molti infatti rinunciavano per riprovare l’anno seguente, poiché il processo di comunione con il proprio dio era davvero debilitante.
Theros indicò alcune alcove in un angolo del tempio, che avevano l’aspetto proprio degli inginocchiatoi rappresentati nei disegni sulle pareti, con Stuard che annuiva al velato sottendimento dell’ergothiano. L’ara battesimale spiccava poi ancora in buono stato al centro della struttura e proprio lì, in quel punto preciso, Estellen parlò ancora una volta con voce non sua. “Qui, nelle rovine di Baleph è custodito un segreto antico. Un segreto che solo un cavaliere di Solamnia può riportare alla luce. L’antica e ormai perduta usanza di quando erano gli dei a scegliere i propri seguaci e non il contrario. Quando tutti i cavalieri erano baciati dal favore degli dei!” Queste criptiche parole furono le ultime pronunciate da Estellen, prima che tutti gli occhi dei presenti si posassero su di lei, visto che era di certo l’unica sacerdotessa su quell’isola e una delle pochissime sull’intero pianeta. Cosa si doveva fare dunque?