Il gruppo approdò nel piccolo golfo, nella parte nord ovest dell’isola, solamente nel tardo pomeriggio, con Flint che era a dir poco felice di poter mettere finalmente i piedi sulla terra ferma.
Nonostante il tempo stringesse, il mezzelfo optò per accamparsi lì vicino per la notte: il legname per accendere un fuoco di certo non mancava e loro avrebbero potuto riscaldarsi e mangiare qualcosa prima di rimettersi in viaggio alle prime luci dell’alba. Aveva infatti il sospetto che non sarebbe stato affatto facile muoversi attraverso l’ormai incontaminata foresta di Fey, nonostante il tratto di strada da percorrere fino ai picchi di Baleph non fosse poi molto lungo. Ad occhio e croce, infatti, il bosco pareva composto da una fitta selva intricata, sebbene l’esperto scout non potesse ovviamente esserne ancora certo. Sarebbe stato meglio dunque iniziare a camminare lì dentro ben riposati.
Con l’occasione, dopo aver messo qualcosa sotto i denti, il gruppo si radunò attorno al falò e ne approfittò per discutere una linea d’azione. Il piano che uscì dal loro confronto fu semplice: procedere in linea retta verso sud est, fino ad uscire dalla foresta. Esattamente davanti quel punto di sfogo, almeno secondo la mappa, avrebbero potuto scorgere questo antico luogo sacro, chiamato: “Christening Spring”.
Inoltre la spada di Stuard non rimandava alcun bagliore smeraldino: non c’erano dunque creature malvagie su quell’isola, almeno non del tipo a cui erano abituati loro. Solamente la gemma rossa rifulgeva di un chiaro riverbero cremisi, puntando con decisione in due direzioni distinte: verso sud est e verso sud. Quindi, verso la loro mèta, ai “Picchi di Baleph”, ma anche alle rovine della perduta città, che un tempo aveva portato lo stesso fiero nome della catena montagnosa.
Nonostante questo fatto assai curioso (non era mai capitato che la spada incantata di Stuard segnalasse contemporaneamente due presenze divine della stessa natura), il gruppo si addormentò e all’alba si animò di rinnovate energie entrando con fermezza nella foresta.
Kail fu il primo a farsi largo tra rovi e cespugli, tentando di aprire una via sicura per i suoi amici. Una volta dentro il bosco, il mezzelfo percepì quasi immediatamente tutto intorno a lui un’aura mistica, profondamente sacra, che si rivolgeva con forza alla sua metà elfica, comunicandole sensazioni che riuscirono a scuoterlo nel profondo. L’intera macchia era pregna di questo profumo di solenne consacrazione: una specie di patina di sublime devozione agli dei, che era impossibile da ignorare. Tuttavia la sua parte umana, quella che indossava il medaglione oscuro della dea dalle cinque teste di drago, non stava vivendo quella stessa esperienza nel medesimo, appagante modo. Anzi. Si sentiva a disagio, assolutamente fuori posto e questa tensione che iniziò a salire nella sua anima lacerata, risultò sfiancante per il mezzelfo.
Anche gli altri ovviamente percepirono lo stesso tocco divino, soprattutto il cavaliere, che rimase quasi stordito da quanta possanza sacra sentiva aleggiare invisibile tra quegli alberi. Stuard fu l’unico inoltre a dare dei volti e delle identità precise a quelle percezioni così intimamente ascetiche: si trattava infatti della presenza divina e contemporanea di Kiri - Jolith e Habbakuk! I due fratelli, figli di Paladine e Mishakal, erano entrambi curiosamente onnipresenti in quella boscosa area.
Tutti si voltarono dunque verso Estellen, che manteneva sulle labbra un caldo sorriso per la piacevole ed inaspettata sorpresa. Tuttavia, la portavoce di Paladine non aggiunse molto altro al commento rivelatore che aveva esternato il cavaliere in prima battuta. Disse solo, a titolo personale, che le pareva assai strano che i due divini fratelli potessero essersi manifestati fisicamente in questa selva, all’alba dei tempi. Credeva piuttosto che, almeno secondo quanto aveva raccontato Gascon sulla relazione tra i cavalieri di Solamnia e quest’isola, nel corso dei secoli questa foresta doveva aver ospitato innumerevoli iniziazioni. Talmente tante, che forse questi rituali, attraverso le potenti parole delle invocazioni dei sacerdoti, si erano fuse con l’ambiente circostante, divenendo un tutt’uno con gli alberi, la terra e il vento stesso e sopravvivendo perfino al cataclisma.
Stuard annuì a quella spiegazione dell’amica, riconoscendosi nella sagacia delle sue argomentazioni. Inoltre lui era l’unico che poteva quasi sentire i loro ultraterreni sussurri nelle orecchie, pertanto non c’erano dubbi che quella fitta macchia rappresentasse un tempo una tappa del cammino iniziatico dei cavalieri. Tuttavia, perché non esistevano libri che parlavano di questo luogo? Un posto sacro così importante per il cavalierato e l’unico riferimento su di esso era una “ics” su una mappa kender, tra l’altro assai approssimativa? Forse gli dei lo stavano portando lì per un motivo. Forse in un momento così stantio per l’Ordine e per il “Codice e la Misura”, quel luogo poteva rappresentare un’ancora di salvezza: un modo per tornare agli antichi e fulgidi albori, quando Vinas Solamnus fondò il cavalierato, ricoprendolo di grandezza.
Lo sguardo di Stuard si fece fiero e determinato: solo lui coglieva la profondità di questa scoperta e in qualche modo intuiva che quello che avrebbe vissuto su quell’isola, qualsiasi impervia difficoltà avrebbe comportato per lui e per i suoi amici, sarebbe stata comunque fondamentale per il suo futuro.
Assorti nei loro pensieri, i nostri eroi passarono diverse ore a farsi largo nella foresta, trovando assai strano che non vi fossero sentieri praticati e già battuti per giungere fuori dal bosco. Finchè Estellen sembrò notare poco distante qualcosa di strano, inciso sulla corteccia di un grosso albero. Nonostante Kail avesse ordinato a tutti di rimanere compatti, la dama bianca non riuscì a resistere alla tentazione di allontanarsi di qualche metro per andare a controllare.
Le sembrò di notare un rozzo disegno sul tronco dell’albero, come un piccolo quadro affisso o forse una lastra di metallo sottile, incisa e incastonata all’interno dello stesso. Estellen si avvicinò ancor di più, ma quando si trovò sotto la poderosa pianta, scoprì che non era stata la sua vista a portarla lì, ma una delle sue visioni. Spaurita, si guardò a destra e a sinistra, nel tentativo di capire cosa fosse successo: aveva sognato ad occhi aperti! Subito trovò conforto nella presenza del suo amico cavaliere, che l’aveva seguita, raccontandogli ciò che le sembrava di aver visto. Si trattava di un corno spezzato, probabilmente di un bisonte, inciso forse all’interno di una listella di metallo che sporgeva dal fusto dell’albero. Stuard controllò meglio la corteccia, in cerca di un indizio che potesse confermare le parole dell’amica, ma non trovò nulla di rilevante.
Quindi misero al corrente il resto dei loro amici e ripresero tosto il cammino. Tuttavia, il cavaliere ben sapeva che il corno di bisonte rappresentava l’effige sacra di Kiri – Jolith e questo dettaglio non poteva essere casuale nella visione di Estellen.
Il gruppo era stanco e affaticato, ma non demordeva e dopo diverse ore di faticoso cammino attraverso rovi, cespugli e sterpi di ogni forma e dimensione, giunsero a poche centinaia di metri dall’uscita. Per non perdersi, Kail aveva tirato dritto, seguendo una linea retta. Forse non era stata la decisione più valida dal punto di vista logistico, ma era stata certamente quella più utile per evitare di perdersi in quel bosco incontaminato e troppo uguale a sé stesso.
Estellen era la più provata dalla traversata: il suo fisico esile e la sua costituzione non certo come quella dei suoi amici stavano cedendo e la sua proverbiale tenacia stava lentamente dissolvendosi in una languida stanchezza. La dama bianca rallentò di qualche passo per riprendere fiato e quando alzò gli occhi cerchiati di nero, ebbe come un deja vu. Infatti notò, poco distante alla sua destra, un albero molto simile a quello che aveva visto nella sua visione. Sospirando affranta e sperando che la stanchezza non si stesse prendendo gioco di lei, si avvicinò, entrando in un’area molto più rada rispetto all’ispido e difficile percorso che stavano compiendo con Kail. Accorgendosi immediatamente che questa volta non si trattava della sua immaginazione, Estellen richiamò tosto i suoi amici, mostrando loro l’effige incollata al fusto dell’albero. Come aveva precedentemente visto con gli occhi della sua mente, si trattava di un corno di bisonte, solo che esso era integro e non spezzato come ricordava di averlo notato.
Il gruppo si riunì attorno a lei e, notando quanto quell’area fosse meno incontaminata, si convinsero che quello non poteva essere un particolare casuale. Quel simbolo rappresentava senza dubbio Kiri – Jolith, dio patrono del cavalierato e Stuard avrebbe giurato che, nascosta da qualche parte nel fitto della foresta, anche l’effige di Habbakuk, la fenice blu, era presente allo stesso modo. Il bosco rappresentava un vero cammino iniziatico! Un luogo sacro di ascesi e contemplazione, ove il cavaliere poteva entrare in comunione con il proprio dio. Sia esso Kiri - Jolith o Habbakuk.
Theros domandò come mai Habbakuk era stato accostato al fratello come dio patrono del cavalierato e Stuard rispose prontamente citando un verso della Misura in cui anticamente i due fratelli divini guidavano entrambi i nobili cuori e le valorose lame dei cavalieri. Era dunque più che probabile che questo antico bosco, così permeato di misticismo, ancora esprimesse la possibilità di prendere i voti per entrambi gli dei. Indifferentemente.
Estellen suggerì di esplorare meglio il bosco, di capire qualcosa in più su questa iniziazione cavalleresca, ma il mezzelfo fece notare che avevano un’ora, forse due di luce. Poi si sarebbero trovati nel buio più fitto della foresta e ben poco avrebbero potuto esplorare.
Pertanto Stuard ordinò di procedere all’esterno e dare un’occhiata a questo luogo sacro sui “Picchi di Baleph”. Poi avrebbero deciso come procedere. Infatti, la domanda che i nostri eroi iniziavano a porsi era: se quel bosco era un luogo che aveva ospitato un cammino iniziatico, quale era il punto di partenza e quale il punto di arrivo?
Kail sapeva bene che il tempo non giocava a loro favore e che una settimana non era molto, considerata la poca affidabilità del capitano Gascon. Una scelta sbagliata e avrebbero perso il loro passaggio per l’Ergoth del sud e Castle Eastwatch. La decisione da prendere si faceva dunque piuttosto difficile.
Nel bosco sacro.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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