La prima cosa che Kail pensò, quando aprì gli occhi all’alba del nuovo giorno, fu che quella era stata la notte peggiore della sua vita. Lui e gli altri avevano comunque fatto dei turni di guardia per sicurezza: alla fine, quella era una nave di un ex pirata e la prudenza non era mai troppa. Fortunatamente, a parte alcuni rumori che Stuard aveva udito durante il suo turno, nello specifico quelli di Gascon che tornava ubriaco dalla taverna, tutto era filato liscio come l’olio. Tranne, per l’appunto, che per il mezzelfo, il cui olfatto finissimo era stato davvero messo a dura prova dall’olezzo nauseabondo della stiva della “Corallo Blu”. Infatti, appena aveva sentito il capitano sbraitare e dare ordini ai suoi marinai, Kail si era precipitato di sopra, felice finalmente di respirare aria pulita. Era talmente nauseato quando aveva superato l'ultimo gradino che portava sottocoperta, che solo per miracolo non aveva vomitato oltre il parapetto. Anche i suoi compagni lo seguirono dappresso, contenti anche loro di annusare la fresca e salubre aria mattutina. Il capitano si era messo al timone, mentre sia Clyde che Dann armeggiavano con le vele: purtroppo c’era poco vento e il viaggio non si annunciava affatto come una passeggiata di salute. Probabilmente, secondo l'autorevole parere di Gascon, la traversata sarebbe durata ben più di due giorni, forse addirittura quattro o cinque, se la sfortuna si fosse particolarmente accanita contro di loro. Sia Stuard che Kail si voltarono dunque verso la loro amica, suggerendole silenziosamente che quello sarebbe stato un ritardo che non si sarebbero potuti permettere. I loro occhi eloquenti fecero sospirare il “verbo di Paladine”, che avrebbe volentieri evitato di scomodare il suo dio con la sua preghiera, viste la morte e la disperazione che la guerra aveva portato nel mondo, soltanto per mettere il vento in poppa alla loro nave. Eppure si rendeva conto anche lei di quanto il tempo giocasse un ruolo importante per la loro missione. Il cavaliere, suo intimo amico, annuì intuendo i suoi pensieri. Poi le suggerì di avere un approccio più moderato possibile per non destare troppo nell’occhio e dunque Estellen provò a ispirare i venti, chiudendo gli occhi e interiorizzando in questo modo la sua invocazione al drago di platino. Una folata di vento rispose subito al suo silenzioso richiamo, ma ci voleva ben altro per trascinare la “Corallo Blu” sul pelo dell’acqua velocemente e per più di cento miglia. Dopo qualche minuto quindi, la dama bianca fu costretta a riaprire gli occhi e, facendo alcuni passi avanti, affrontò la prua della nave questa volta con le mani rivolte verso il cielo terso. Il suo volto, a dire il vero un po' contrariato, era il ritratto della concentrazione e le sue parole, scandite con potenza e precisione, ebbero tutt’altro placido effetto rispetto a prima: una vera e propria raffica di feroce buriana scivolò oltre la sua esile figura e catturò in un baleno le bianche vele della nave, gonfiandole a dismisura. La “Corallo Blu” iniziò dunque a muoversi da sola in direzione sud ovest. All’inizio Gascon non aveva fatto caso a quello che era successo sul ponte della sua nave, ma dopo che ebbe udito la cadenzata e imperiosa nenia che Estellen aveva cantilenato e soprattutto dopo che aveva osservato strabiliato gli effetti della sua invocazione, lasciò immediatamente il timone e andò preoccupato incontro alla dama bianca, che stava ancora con gli occhi chiusi assaporando il vento sferzante sulle proprie guance. “Chi.. chi siete voi? Un'incantatrice forse? Mi dispiace dirvelo milady, ma i maghi non sono ben visti sulla mia nave: è risaputo che portino sfortuna!” Esclamò trafelato il capitano Altair, sopraffatto dal nervosismo. Stuard roteò gli occhi estenuato. Sia lui che Kail provarono a far ragionare il vecchio lupo di mare, ma quello era un punto su cui nessun marinaio avrebbe mai sorvolato. Theros infatti spiegò che chi viveva su una nave aveva poche regole, ma una di queste, data la grande superstizione che esisteva tra i marinai, era appunto quella di non prendere mai, in nessun caso, uno stregone a bordo, poiché farlo avrebbe maledetto l’imbarcazione con la sfortuna. Era talmente radicata questa convinzione, che Gascon dichiarò addirittura che se la dama bianca non avesse chiarito quel punto, lui avrebbe ammainato le vele e il viaggio sarebbe finito in quel preciso momento. Estellen provò a spiegargli che lei non era una strega e che i suoi talenti non avevano davvero nulla a che fare con la magia, ma la cocciutaggine di quell’uomo era a dir poco fastidiosa. “E allora chi siete mia signora? Voi che parlate al vento, ed egli che vi risponde? Voglio la verità o vi restituirò il vostro pugnale e il nostro accordo si concluderà qui!” Esclamò Gascon, incrociando le braccia e con le labbra secche e gli occhi cerchiati di nero. Sembrava chiaro che il vecchio marinaio era terrorizzato dalla piega che stava prendendo quella situazione. Estellen sospirò, ma più per calmare sé stessa che per cercare di convincere il capitano a cambiare idea sul viaggio e sul pugnale. Era davvero tentata di richiedere l’aiuto di Paladine per sollevare quell’uomo così testardo e buttarlo in mare. Fortunatamente però ci ripensò e decise per un approccio più diplomatico. Stuard si era intanto fatto ridare il pugnale per precauzione, ma poco prima che Gascon desse l’ordine di girare la nave e tornare indietro, la dama bianca tentò il tutto per tutto. Sapeva che non poteva rivelare dettagli importanti a quell’uomo troppo pericoloso, ma se non gli avesse spiegato chi lei fosse veramente, se lui avesse continuato a pensare che era solo una mera incantatrice, l’intera missione sarebbe stata messa seriamente a rischio. Chi altri infatti avrebbero trovato ad Arnisson, disposti ad aiutarli come stava facendo Gascon? Avrebbero corso un rischio troppo grande. Estellen provò a spiegare cosa fosse “il verbo di Paladine”, ma il vecchio lupo di mare sembrava cadere dalle nuvole quando la giovane provò a definirsi in questo modo. Esasperata, provò allora a disegnarsi come una specie di chierico degli antichi dei e a quel punto Gascon rispose così: “Un chierico degli antichi dei, eh? Provatelo allora!” Lo sguardo di Estellen si indurì e l’impulso di scagliare quell’uomo così insolente in acqua fu davvero forte da resistere questa volta. Tuttavia, ancora una volta preferì soprassedere. Tirò invece fuori il suo medaglione e lo mostrò al capitano. La reazione che ebbe il vecchio lupo di mare non fu però quello che la dama bianca aveva pensato. Non si comportò come qualcuno a cui era stata sventolata sul naso una cianfrusaglia qualunque. Anzi: egli si avvicinò ad esso e, spalancando gli occhi per l’incredulità, bisbigliò colpito: “Quello è un medaglione di Paladine autentico! So riconoscerne uno quando lo vedo. Voglio assistere in prima persona al vostro miracolo, mia signora… se davvero si tratta di un miracolo. Avete nulla in contrario?” Estellen annuì, affranta dal modo di fare strafottente di quell’uomo. Tuttavia egli le aveva offerto diversi spunti di riflessione con il suo comportamento. Secondo le sue parole e la sua reazione infatti, sembrava davvero avesse riconosciuto l’autenticità del suo simbolo sacro, cosa non da poco, visto che nemmeno i cercatori che aveva incontrato a Langtree lo avevano fatto. Dunque Gascon era più di quello che sembrava. Non era affatto uno zotico marinaio, cresciuto di porto in porto e di scorribanda in scorribanda, ma qualcuno che aveva studiato, che sapeva che gli dei non c’erano più e che però un giorno sarebbero tornati e che sapeva riconoscere un vero medaglione clericale quando gli passava davanti. Dunque si affidò al suo istinto e quando egli diede l’ordine di dispiegare le vele, Estellen invocò di nuovo il nome di Paladine, tenendo questa volta alto il suo amuleto divino. Un vento poderoso sembrò nuovamente destarsi da nord e sospingere la nave da tergo, gonfiando le vele e facendo correre veloce l’imbarcazione sul pelo dell’acqua. Quando Estellen si voltò ed incrociò lo sguardo di Altair, lesse dentro di esso certamente ammirazione e grande stupore per lei, ma anche uno strano cipiglio: una punta di malanimo che riuscì a metterla in agitazione. Gascon si fece restituire da Stuard il pugnale e si ritirò nelle sue stanze, adducendo la scusa che erano molte le cose su cui bisognava che lui riflettesse quel giorno. Tuttavia la dama bianca non era certo tipo da mollare l’osso facilmente e, dopo qualche minuto, lo raggiunse nella sua cabina. Il capitano la fece entrare ovviamente, ma Estellen non mancò di notare che egli stava scrivendo qualcosa, forse su di un diario, che però si apprestò a chiudere prontamente con il suo arrivo. La portavoce di Paladine decise di non approfondire quell'argomento e di andare subito al punto, domandando a Gascon il perché del suo sguardo accigliato di poco prima. Il capitano rispose un po’ evasivamente, evidenziando quante stupidaggini si compivano spesso nella vita, pensando di fare la cosa giusta per sé stessi. La dama bianca cercò di seguire il flusso dei pensieri e delle riflessioni di quell’eccentrico uomo, ma alla fine non riuscì a tirargli fuori altro se non il fatto che probabilmente si stava rammaricando per una scelta che aveva fatto, ma che evidentemente avrebbe fatto meglio a non fare. Quando un freddo gelido cominciò a filtrare da sotto la porta della cabina e la voce squillante di Cyde, che era di vedetta, iniziò a richiamare l’attenzione di tutti, Gascon ed Estellen decisero che la loro conversazione poteva ritenersi conclusa per il momento. Si alzarono dunque e andarono a controllare che diavolo stava succedendo fuori dalla cabina. Nel frattempo Stuard, Kail e Theros, si stavano godendo la fresca brezza invernale sul ponte della nave, mentre Flint era rimasto cocciutamente sottocoperta, poiché il nano non gradiva affatto la vista dell’oceano. Ad un certo punto, una fitta nebbia e un freddo innaturale cominciarono a salire dalla superficie dell’acqua. Il mezzelfo ebbe una brutta sensazione, soprattutto quando il suo medaglione oscuro iniziò a vibrare quasi incontrollatamente. Stuard sguainò di riflesso la spada e notò con sgomento assoluto che tutte e tre le gemme, incastonate sulla sua lama incantata, erano attive e splendenti. C’era qualcosa di estremamente pericoloso, potente e dalla natura divina, che sembrava aleggiare intorno a loro. Il marinaio di vedetta, quasi contemporaneamente, urlò a tutti che c’era qualcosa davanti a loro, a meno di cento metri dalla loro posizione. Qualcosa di enorme. Quando un boccheggiante Gascon arrivò in tutta fretta sul ponte della nave, Clyde esclamò: “E’ molto strano, capitano, ma sembra sia emersa una piccola isola a meno di cento metri da qui! Dovremmo rallentare, altrimenti ci finiremo contro!” Kail, Theros e Stuard, si guardarono intensamente. Un vago e angosciante sospetto aveva afferrato i loro cuori, quando Clyde aveva parlato di un grosso affioramento roccioso emerso dal nulla da sotto l’oceano. Sospetto che divenne certezza quando Estellen richiamò i venti e fece fermare la nave. Un’immensa, giallastra pupilla fessurata li stava infatti fissando a meno di cinquanta metri da loro e un terrore feroce li assalì tutti, costringendoli ad indietreggiare e a raccomandarsi l’anima al proprio dio.