Estellen lasciò scivolare via tutte le preoccupazioni che tratteneva nel cuore, quando Stuard entrò di gran carriera nella sala della preghiera di Mishakal. La dama bianca gli saltò al collo come quando erano ragazzini e lei soleva aggrapparsi all’amico quando stavano per fare qualcosa di molto stupido e/o molto pericoloso. Non erano mai stati tanto divisi e con così tanto rischio di perdersi del tutto come quel giorno: la fine era vicina per Istar e lei davvero aveva temuto di lasciarsi indietro il suo migliore amico per sempre. Si fecero dunque un breve riassunto delle reciproche esperienze, ed Estellen ringraziò mentalmente Vanya per aver aiutato Stuard come aveva promesso. Poi scortò il giovane cavaliere innanzi alle ampie finestre ove le sacerdotesse erano ancora in adorante trepidazione. Gli mostrò il Gran Sacerdote intento a salire la lunga scalinata che lo avrebbe condotto nel punto più alto del “Tempio di Paladine”. Lì lui avrebbe pronunciato il discorso che nei suoi piani lo avrebbe portato a diventare un dio, ma che in realtà avrebbe causato la fine del mondo. O perlomeno del suo mondo e dei suoi proseliti. Il cavaliere notò che era a metà del cammino e che quindi avevano pochi minuti, forse una mezzora per andar via di lì. Ma dove diavolo erano finiti Theros, Kail e Flint? Conoscendo il mezzelfo, sapeva benissimo che avrebbe fatto l’impossibile per portare i suoi compagni laddove Theros avrebbe dovuto ricevere la sua benedizione. Perché tardava dunque? Forse erano stati fatti prigionieri o peggio feriti e resi impossibilitati a muoversi. In quel caso sarebbe stata una vera tragedia, perché non solo non avrebbero ottenuto la benedizione di Mishakal, ma lui, Estellen e Gnosh, sarebbero stati costretti a lasciarli morire durante un evento davvero apocalittico. Proprio quando lo sconforto sembrava aver abbracciato tutti e tre i compagni, Theros fece irruzione nel tempio, provocando una reazione di gioia senza freni nella giovane portavoce di Paladine: la loro sacra missione era ancora salva con il fabbro di nuovo con loro! Tuttavia dove erano finiti gli altri? Il gigantesco fabbro raccontò la loro recente disavventura con le guardie cittadine, evidenziando il coraggio di Kail nel tornare indietro per salvare il nano. Tuttavia non poteva essere davvero certo che entrambi se la fossero cavata. Il cavaliere si sistemò meglio la spada e affermò con determinazione che sarebbe uscito per andare a riprendersi i suoi amici, ma proprio in quell’istante, Flint apparve sull’uscio. Stanco, affaticato, ma vivo. Estellen corse subito da lui per sincerarsi sulla sua salute, ma il burbero nano liquidò subito la cosa dicendole che stava bene e che non era tipo da smancerie come quelle. Sorridendo, la dama bianca tornò quindi da Stuard e Theros, che stavano discutendo se fosse il caso andare a prendere Kail oppure no. I tempi si erano accorciati sensibilmente ormai e la scalata del Gran Sacerdote verso la sua ascensione era quasi giunta al termine. Si rischiava seriamente di morire tutti se avessero provato a salvarlo. Tuttavia il cavaliere affermò che se questo doveva essere il suo destino, lo avrebbe accettato con gioia. Aggiunse anche che sarebbe andato da solo, perché sia Estellen che Theros erano troppo importanti per la missione. Flint si offrì di andare con lui, ma poi il vecchio nano si lasciò convincere a rimanere: lui non aveva meno importanza di Theros nel forgiare la Dragonlance, poiché senza un valido assistente, grande conoscitore della forgia, lui da solo non ce l’avrebbe mai fatta. Tristemente Flint grugnì qualcosa e andò verso i dischi di Mishakal, che, aggrottando le sopracciglia, affermò con certezza di aver già visto prima. A Pax – Tharkas, per l’esattezza, qualche settimana prima. Lui e gli eroi di Solace le avevano rinvenute sotto le miniere e ora Goldmoon ed Elistan avrebbero cercato di tradurle. Flint sosteneva che seconda la sua amica Goldmoon, Elistan era un vero chierico di Paladine! Estellen rimase a bocca aperta per quella rivelazione, ma proprio quando Stuard, rompendo gli indugi, salutò tutti e si diresse verso l’uscita, un trafelato mezzelfo fece finalmente capolino dentro il tempio. Finalmente adesso erano di nuovo tutti insieme! Dopo un comprensibile momento di euforia, che coinvolse un po’ tutti, il gruppo si radunò attorno ad Estellen, in attesa che lei facesse l’ennesimo miracolo, che trasformasse quella flebile fiammella azzurrina, in una benedizione di Mishakal per Theros. La dama bianca provò con tutta sé stessa a pregare Paladine affinché le desse la forza di svolgere un compito così difficile ed importante, ma forse era troppo tardi. Il Gran Sacerdote stava ultimando il suo discorso e forse gli dei avevano già girato la schiena a quell’isola maledetta, che seguiva pedissequamente un pazzo con manie di grandezza. Forse Paladine aveva abbandonato anche lei. Disperata, Estellen continuava a fissare quel barlume azzurrino, come un assetato guardava una caraffa stracolma d’acqua. Tuttavia, malgrado provasse e riprovasse, essa non pareva reagire alle sue implorazioni. “Cosa c’è che vi turba, mia signora?” La voce calda e dolce di Vanya ruppe il silenzio che era sceso attorno alla dama bianca e ai suoi amici. La giovane sacerdotessa di Paladine confidò i suoi dubbi a quella di Mishakal, la quale rispose pacatamente: “La dea se ne sta andando via, così come Istar, ma tu sembri sapere che un giorno tornerà, non è vero?” Estellen guardò Vanya in modo strano, perplesso, dopo la sua ultima esternazione. Poi capì e sgranò gli occhi per l’estrema sorpresa e soggezione. ”Davvero non ti ricordi Lindaara? Eppure hai servito la dea, alcuni secoli fa. Chiudi gli occhi, dammi la mano e rammenta insieme a me…” Estellen fece come le era stato detto e subito venne invasa dai ricordi come un fiume in piena. Rammentò di una grande guerra che coinvolse elfi silvani ed ergothiani, quando ancora il regno di Qualinesti non era stato formato. Rievocò alla mente molto bene che il suo sacro compito, come servitrice della dea, fu quello di portare a Solanthus, che al tempo era poco più che un villaggio più o meno ben organizzato, qualcosa di davvero importante per lei e per la futura città nascente, ma i dettagli si facevano confusi a questo punto. Ricordava bene però che fu lì, a Solanthus, che terminò il suo mandato. Stuard, che stava assistendo al dialogo tra le due sacerdotesse, intervenne in punta di piedi nella conversazione, suggerendo all’amica che a Solanthus sorgeva il più grande tempio dedicato a Mishakal dell’intero continente di Ansalon. Aggiunse che forse lei non aveva portato lì un oggetto materiale, ma qualcosa di spirituale, qualcosa che rappresentava il suo sacro compito e che, col passare del tempo, sarebbe riuscito a convincere la gente del posto a realizzare quel tempio, che divenne con il passare dei secoli la più importante casa della dea e un rifugio sicuro per migliaia di persone. Fu a quel punto che Estellen vide sé stessa depositare al centro del villaggio il fuoco azzurro di Mishakal! Vide chiaramente fuoriuscire dalle sue mani la “Fiamma Blu”, che divenne successivamente il “fuoco” di Solanthus e promuovere il verbo della dea, che, attraverso la sua voce, divenne in pochi anni la protettrice della città. Estellen aprì gli occhi ed incontrò quelli azzurri e sereni di Vanya. O di Mishakal. “Tu hai già custodito la “Fiamma Blu”, Lindaara, non devi far altro che prenderla. La dea ti benedice. La “Fiamma Blu” in questo luogo si è quasi spenta, ma grazie a te, se questo sarà il tuo destino, si riaccenderà da un’altra parte, nella sua antica casa magari, per un nuovo inizio, quando gli dei di nuovo torneranno su Krynn. Ti sei guadagnata il mio favore, figlia mia. Un giorno ti servirà. Grazie.” Vanya benedisse Estellen, poi si voltò, incamminandosi verso l’uscita e sparendo letteralmente da davanti gli occhi sbigottiti di Stuard e degli altri. A Estellen scesero le lacrime. “Va bene, va bene… non abbiamo più tempo per queste cose: il fuoco comincia a cadere dal cielo e presto questo posto verrà cancellato. Qualunque cosa tu voglia fare, mia cara, fallo subito.” Commentò Gnosh, mostrando che dal cielo rosso sangue stava iniziando a piovere fuoco. Estellen sospirò, mise le mani a conca e prelevò la debole fiammella azzurra che ancora vibrava nel braciere. La dama bianca si concentrò e lasciò che la luce di Mishakal, sebbene ridotta ad un piccolo e tiepido bagliore, entrasse nel suo corpo. Un sorriso di gioia pervase il suo corpo, anche se l’intero tempio stava tremando, prossimo alla distruzione. Poi afferrò il braccio d’argento di Theros e lo benedisse, rappresentando in quel momento la volontà della dea. Una leggera scarica di energia azzurrina prese a sfrigolare sull’arto argentino del grosso fabbro, che assistette sconcertato a quel miracolo. Theros provò a muoverlo e constatò che non era cambiato niente dal punto di vista della mobilità o delle capacità dell’arto, eppure sapeva che attraverso la benedizione della dea, le sue creazioni sarebbero state molto più potenti. Divine. “Bene, bene. Dove vogliamo andare adesso? Io pensavo al “Montenonimporta” così magari potremmo…” Disse lo gnomo, nella sua inconsueta cadenza, molto più lenta del solito. “No, andremo ad Arnisson… è un piccolo villaggio di pescatori, ma ci sono navi mercantili frequenti che vanno e che vengono, portando i prodotti che servono all’isola di Sancrist per sopravvivere. Lì forse potremmo trovare una piccola nave che potrebbe portarci a Cristyne. Che ne dite?” Notando che il tetto del tempio stava per crollare e che dalla luce, dai boati e dalle urla spaventose che si alternavano tutto intorno a loro, non avevano molto tempo per discutere, tutti accettarono la soluzione proposta dal fabbro. Così, Gnosh attivò nuovamente il congegno del tempo e una forte luce abbagliò di nuovo i nostri eroi, lasciandoli storditi e confusi. Quando i iniziarono a riprendersi, scoprirono intanto che la fine del mondo non li aveva per fortuna investiti poiché si trovavano nei pressi di un bosco e gli uccelli sembravano ancora cinguettare inconsapevoli. Poi realizzarono che Gnosh non era più con loro, ma il suo congegno per il viaggio nel tempo invece si: giaceva in terra smontato come la prima volta. Infine che si trovavano davvero poco distante Arnisson, poiché riconobbero di esser giunti di nuovo sull’isola di Sancrist, a poche centinaia di metri dal mare. Estellen si abbassò e recuperò con tristezza i pezzi del congegno, mettendoli al sicuro nello zaino. Poi si concesse un profondo momento di dolore per il destino toccato all’eccentrico gnomo, che così tanto li aveva aiutati in questa prima tappa della loro sacra missione. Infine arrivò a comprendere il perché Gnosh parlasse più lentamente del solito. Berigthor “il Magnifico” aveva preso il controllo su di lui! Quando la sacerdotessa di Paladine aveva appreso da Kail i dettagli del loro incontro con Fistandantilus/Raistlin all’interno della Torre Nera e di come Flint si fosse presentato come Berigthor e avesse trasmesso parte della coscienza del “Cromatico” nel “Globo dei Draghi”, aveva capito che Egli aveva potuto prevedere la possibilità che il potente artefatto sarebbe potuto essere infranto da qualcuno che avrebbe potuto intuire i suoi piani. Così aveva pensato ad un “piano b”. Che fine poi avesse fatto lo gnomo o in che modo egli poteva esser stato “utilizzato” da Berigthor, lei lo ignorava. Tuttavia sarebbe potuto esser sufficiente controllare se il corpo del dragone ancora giaceva laggiù, nel cuore della montagna per capirlo. La dama bianca condivise i suoi pensieri con i suoi amici, ma nessuno fu disposto a tornare al “Montenonimporta” per compiere questa verifica: troppo distante e troppo tempo da investire su questo compito, che sì era importante, ma che li avrebbe distolti troppo dalla loro missione principale. Dovevano affidarsi a Paladine o a un vero colpo di fortuna, come qualcuno che avrebbe potuto recarsi ospite dagli gnomi ed ottenere un permesso speciale per visitare le loro miniere. Insomma, loro avrebbero dovuto concentrarsi su altro adesso: il destino dello gnomo era nelle mani degli dei. Era l’imbrunire e già stavano un passo avanti: l’ultima volta che avevano alzato gli occhi al cielo, l’avevano visto rosso e completamente in fiamme. Arnisson era una piccolissima cittadina sul mare, ma un punto di snodo importante dal punto di vista commerciale. Kail fece notare un paio di navi ancorate al porto, ed indicò una piccola taverna per organizzarsi e prepararsi a lasciare l’isola e dirigersi su Cristyne. La taverna era piccola ma pulita. Non c’erano molti avventori, ma l’oste, paffuto e cordiale, portò subito cibo, acqua e birra per il nano. I cinque amici si sederono accanto al fuoco e iniziarono a discutere le prossime mosse da fare. La seconda parte della profezia avrebbe portato Theros a scegliere tra il “battesimo” e la “magia”. Nessuno ovviamente poteva sapere cosa intendesse davvero Fizban con queste parole, ma istintivamente a tutti sembrò più consono optare per la soluzione “battesimo”. Quindi l’indomani avrebbero cercato una nave diretta verso l’ergoth e avrebbero chiesto di fare scalo a Cristyne. Giunti sull’isola avrebbero raggiunto “Christening Spring”, un luogo sacro evidentemente, ma di cui nessuno di loro sapeva assolutamente niente. “Ottimo, un altro salto nel buio!”, pensò Kail tra sé. Il mezzelfo portava con sé ancora le ferite dell’arena e aveva estremo bisogno di riposare, ma quella notte purtroppo non dormì affatto sonni tranquilli.