Kail, Theros e Flint scesero cautamente i 700 scalini della Torre nera, stando ben attenti a non cadere vittime di qualche sussurrante sortilegio, che potesse attirarli in un buio e pericoloso anfratto di quel luogo ormai maledetto da decenni. Giunti non senza difficoltà all’aria aperta, notarono subito il cielo cremisi, segno inequivocabile che il “Cataclisma” era alle porte. Dunque si infilarono tosto nel boschetto e, grazie all’esperienza del mezzelfo come scout e guardaboschi, guadagnarono l’uscita dopo appena qualche minuto di grande tensione. Il dubbio che ebbero tutti infatti, durante la traversata, fu quanto potesse essere pericolosa la selva quando veniva percorsa per uscire dalla torre nera. Fortunatamente, le osservazioni di Kail riguardo l’inutilità di far dimenticare le cose una volta che gli ospiti avevano incontrato il signore della torre risultarono corrette e i tre amici finalmente uscirono da quell’incubo di magia nefasta ed oscurità. Tutti insieme puntarono dunque il centro della città, ove sorgeva il grande “Tempio di Paladine”. Da lì, arrivare a quello di Mishakal non sarebbe stato difficile. Purtroppo però non avevano considerato che quello era il giorno “dell’ascensione”! Il Gran Sacerdote sarebbe salito sulla sacra scalinata e avrebbe implorato Paladine di farlo assurgere a suo pari. Una follia vera e propria: la classica goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso e scatenare l’ira degli dei su di lui e su quell’isola ormai diventata blasfema!Ora però, Kail e i suoi amici avevano problemi più impellenti da risolvere che la fine del mondo: c’era infatti un fiume di persone che stava convogliando alla scalinata per assistere all’evento. Tutta Istar si era mobilitata per partecipare “all’ascensione” e per loro, da una parte sarebbe stato più semplice passare inosservati anche se vestiti da schiavi gladiatori, dall’altra però sarebbero stati più esposti a sguardi indiscreti e alle ronde delle guardie cittadine, certamente molto più numerose del solito. Theros, che era più alto dei suoi amici, affermò che esistevano due soluzioni: aggirare il flusso e buttarsi dentro i vicoli, oppure tagliare la processione e dirigersi direttamente al tempio della dea. Kail ci pensò su un attimo, poi decise che sarebbe stato meglio non perdere altro tempo prezioso e indicò di attraversare il corteo, arrivando così dall’altra parte del vicolo in pochi minuti. Furono fortunati, perché come il mezzelfo aveva previsto, le migliaia di persone che seguivano il flusso pregavano Paladine o cantavano lodi al Gran Sacerdote e non prestarono alcun attenzione ai loro abiti e alle loro condizioni igieniche (erano passati per le fogne!). Tuttavia, quando raggiunsero il versante opposto, la fortuna li abbandonò di colpo, poiché una pattuglia di guardie li notò chiaramente mentre si stavano riorganizzando e decidendo il da farsi. Subito intimarono l’alt, ma né Kail, né i suoi amici avevano alcuna intenzione di obbedire, ed iniziarono a correre a perdifiato verso il “Tempio di Mishakal”. Le guardie li inseguirono da presso, ma non ce l’avrebbero mai fatta a raggiungere il mezzelfo in tempo. Purtroppo però, le corte gambe di Flint non erano veloci come quelle dell’amico e quando Theros varcò il cancello del tempio, il vecchio nano stava per essere agguantato dagli inseguitori. Kail alzò gli occhi al cielo sconsolato, ma si precipitò lo stesso verso il nano: lo afferrò per la collottola e lo trascinò più velocemente che poteva dentro il tempio. Tuttavia non riuscì ad evitare che una delle tre grosse guardie, in armatura di maglia, riuscì a bloccarlo per una spalla. Con una rapida torsione del corpo, Kail riuscì a svicolare, ma le lunghe lance degli armigeri lo avrebbero infilzato se avesse provato a correre via. Quindi optò per catapultarsi anch’egli dentro il tempio, ed affrontare i tre soldati in uno spazio aperto: almeno avrebbe dato sufficiente tempo ai suoi due amici per raggiungere Estellen. Ammesso che la sua giovane amica si trovasse qui in questo momento, ovviamente. Kail sguainò la corta daga, sapendo benissimo che non avrebbe avuto speranza contro le lunghe armi dei suoi avversari. Le guardie intimarono al mezzelfo di arrendersi, aggiungendo che non valeva la pena morire in quel modo e lordando il sacro terreno di un tempio così caro a Paladine. Tuttavia il mezzelfo non demordeva, gli parve solo strano che dentro il cortile non ci fosse nessuno e che i suoi amici, soprattutto Flint, avesse raggiunto l’entrata del tempio interno in così poco tempo. Stringendo di più la daga, valutò la possibilità di indossare la maschera che aveva trovato nella torre nera: il suo medaglione vibrava al solo pensarci e in un angolo della sua anima, l’oscurità che vi era addensata, in attesa paziente di essere liberata, fremeva per il desiderio di sangue. Tuttavia, Kail riuscì a controllarsi. Sarebbe morto sì, ma non avrebbe contaminato quel luogo sacro con i postumi della sua infame maledizione. Le guardie si stavano preparando all’affondo decisivo, quando una voce femminile, ferma e imperiosa, squarciò quel silenzio che precedeva un ampio spargimento di sangue: “Fermi. Questo è un luogo di gioia e di preghiera. Abbassate immediatamente le armi. Subito!”. Le guardie esitarono, peraltro confuse dall’apparizione inaspettata di quella che era certamente una sacerdotessa di alto rango del “Tempio di Mishakal”. Una di esse provò a spiegarle che quel mezzelfo che stavano minacciando era un pericoloso fuggitivo, probabilmente uno di quelli fuggiti dall’arena sfruttando il trambusto causato da uno dei terremoti che recentemente si erano abbattuti sulla città. Tuttavia, la giovane sacerdotessa non tardò a replicare a tono.“Tutti sono bene accetti al tempio della dea, anche i ricercati o i sospettati. Anzi, soprattutto loro, poiché ancor più bisognosi della grazia di Mishakal. Le anime perse e sofferenti sono quelle che più hanno bisogno del suo aiuto e del suo consiglio. Vi proibisco dunque di usare la violenza in questo luogo sacro.” Le guardie sembravano confuse: l’autorità delle sacerdotesse veniva sempre prima di qualunque altro ordine ricevuto, ma arrestare un gladiatore fuggitivo, poteva rappresentare per loro una promozione immediata: chissà quale ricco mercante li avrebbe lautamente ricompensati per averglielo riportato vivo! La sacerdotessa, intuendo i loro pensieri, sospirò affranta. Poi aggiunse: “Siete qui per pregare?” Ovviamente le guardie ammisero che non si trovavano certo al tempio per onorare la dea quel giorno. Quindi la sacerdotessa con bieco cipiglio concluse, non ammettendo repliche: “Allora dovrete attendere fuori.” Le guardie si guardarono tra di loro e finalmente abbassarono le armi. “Tu sei qui per pregare?” Domandò poi la donna a Kail. Il mezzelfo annuì, aggiungendo che stava cercando una donna in particolare e un cavaliere. La sacerdotessa sorrise e disse: “Prendi quella via: ti porterà alla “Fiamma Blu”. Lì potrai pregare e trovare le persone che cerchi.” Kail annuì e ringraziò la giovane adepta, che gli sorrise e lo benedì. “Ma il tempio è lì, state forse cercando di aiutarli a scappare?” Commentò uno dei gendarmi, arso dalla rabbia nel vedere il loro prigioniero inoltrarsi nel tempio. La sacerdotessa si voltò minacciosa e sentenziò: ”Io non aiuto gli uomini su questioni terrene, ma solo su quelle che riguardano la dea. Attento a pronunciare false accuse nella mia casa!” Lo sguardo torvo della donna spinse le guardie a ritirarsi: avrebbero aspettato i fuggitivi fuori dall’edificio: prima o poi sarebbero dovuti uscire. No?   
Stuard galoppava veloce lungo le campagne della periferia di Istar. Temeva certamente per il Cataclisma, pertanto aveva fretta di arrivare al “Tempio di Mishakal” da Estellen, ma nel suo cuore e nella sua mente conservava anche un altro tipo di angoscia. Un’angoscia terribile e spaventosa che aveva un nome preciso: Lord Soth! Il cavaliere della rosa, ormai trasformatosi in un abominio non morto dalla terribile maledizione di Isolde, continuava a muoversi come un’eco bisbigliante nella sua mente, come un’ombra oscura e terribile, che non riusciva a scacciare malgrado tutti i suoi sforzi e le sue preghiere. Il giovane cavaliere non vedeva l’ora di lasciare quel posto, più per Lord Soth che per l’incombente Cataclisma! Appena arrivò nei pressi della città fulgida, notò che c’era un vero e proprio assembramento alle porte. I contadini e i braccianti cercavano anch’essi di accodarsi al resto dei cittadini di Istar per assistere “all’ascensione” del loro Gran Sacerdote. Quello stesso Gran Sacerdote che li aveva ridotti alla fame e alla schiavitù. Pertanto fu costretto a lasciare il cavallo e procedere a piedi. Non fu facile entrare in città e Stuard si vergognò più di una volta per aver usato la sua stazza fisica per farsi largo tra la calca e trovare una via di sfogo che gli permettesse di aggirare la processione. Il suo scopo era quello di utilizzare i vicoli interni piuttosto che la strada principale, altrimenti ci avrebbe messo due ore prima di arrivare a destinazione. Mentre correva a perdifiato, passando da una stradina ad un’altra, il nodo alla gola che gli stringeva la trachea da qualche ora iniziò a togliergli il respiro e a farlo annaspare come qualcuno che fosse stato sott’acqua per troppo tempo. Stuard cercò di inarcare la schiena, di fare ampi respiri, ma quella sensazione di pericolo e angoscia non volevano proprio lasciarlo in pace. Poi una voce potente esplose nella sua testa: “Non puoi nasconderti da me, Sir Stuard Uth Breannar! Io ti troverò. Ti troverò e ti ucciderò con le mie mani. Non ci sarà posto ad Istar dove ti potrai rintanare, maledetto traditore!”. Il giovane cavaliere barcollò: Lord Soth stava venendo a prenderlo e non c’era niente e nessuno che avrebbe potuto fermarlo dal mettere in pratica le sue minacce! Stuard mandò una silenziosa preghiera a Kiri Jolith di benedirlo e di guidarlo nell’oscurità dove era piombato e in cui non voleva trascinare anche Deneva, mettendo a rischio anche la sua vita. Appoggiandosi alla parete, avanzò dunque titubante verso il “Tempio di Mishakal”. Fu davvero un miracolo che il giovane cavaliere riuscì a varcare il cancello, ma quando notò che il cortile era vuoto e che nessuno avrebbe potuto aiutarlo a raggiungere Estellen, il panico si impadronì tosto di lui. Egli sapeva che sarebbe stato sufficiente raggiungerla per chiederle aiuto, per domandarle ausilio da quel senso di oppressione che avvertiva sul petto, ma ora stentava addirittura a credere che sarebbe stato possibile perfino riuscire a reggersi in piedi. Il cielo cremisi cominciò a vorticargli intorno e un senso di profonda vertigine a farlo barcollare e sarebbe finito certamente a terra se qualcuno dalla presa salda e forte non lo avesse rimesso in piedi prima che crollasse al suolo. Si trattava di una sacerdotessa di Mishakal a giudicare dal simbolo dell’infinito che aveva disegnato sulla fronte. “Cosa c’è che non va cavaliere?” Stuard sentiva quelle parole ovattate, come se provenissero da lontano e non da davanti a lui. Riuscì a malapena a spiegare alla donna che cercava una sua amica, una sacerdotessa di Paladine che probabilmente lo stava aspettando. La giovane adepta gli sorrise e gli indicò la strada. Stuard cercò di ricomporsi, di assumere un atteggiamento più decoroso e più adatto ad un cavaliere. Poi fece un lieve inchino, salutò la servitrice della dea e fece per dirigersi verso la strada interna del tempio che conduceva alla “Fiamma Blu”. Tuttavia, la donna lo richiamò e disse: “Sento che un grande male scorre nelle tue vene, cavaliere. Un male ultraterreno, che però non meriti di patire. Desideri che chieda alla dea di aiutarti? Di lenire le tue sofferenze?”Stuard guardò il tempio, poi di nuovo la sorridente fanciulla. Con un sospiro affranto ammise che in effetti il suo aiuto sarebbe stato più che benvenuto. Allorché la sacerdotessa si avvicinò a lui, alzò le mani al cielo e prese ad invocare l’aiuto di Mishakal. Il cavaliere notò che in quel momento quella giovane vestale assomigliava in maniera davvero impressionante alla statua della dea che vedeva al centro del cortile. “Mia signora Mishakal, invoco il tuo aiuto e la tua protezione: un oscuro maleficio è stato scagliato impunemente su uno dei tuoi figli. Egli è un innocente e un puro di cuore e non merita questa punizione. Ti imploro affinché tu, nella tua infinita bontà e saggezza, possa lenire le sue sofferenze e schermarlo da questa onta che affligge il suo cuore e adombra la sua anima.” La prima sensazione che Stuard provò fu come se gli fosse stato risucchiato via un malanno, come quando spesso accade la sera, dopo esser caduti preda di una brutta febbre, di svegliarsi invece al mattino completamente freschi e riposati, senza più bruciori o stanchezza alcuna. La seconda sensazione fu che non avvertiva più quel senso di oppressione gravare sulla sua anima come un macigno, come se la mano di un gigante gliel’avesse preso e scagliato via lontano. La terza ed ultima infine, fu che Lord Soth non era più nella sua testa a terrorizzarlo. Era stato scacciato. Il cavaliere ringraziò la sacerdotessa con le lacrime agli occhi, chiedendole il suo nome, così che potesse ricordarlo nelle sue preghiere nei giorni a venire. “Vanya. Mi chiamo Vanya, cavaliere… e ora va, la tua amica ti sta aspettando alla “Fiamma Blu””. Stuard fece un ampio inchino e si allontanò a grandi passi dal cortile. Nel suo cuore c’era di nuovo la speranza.
Estellen aveva percepito che qualcosa non andava nel sacro braciere. Non si intendeva molto di cose relative alle chiesa: in pochi erano esperti sull’argomento, visto che nel suo tempo gli dei se n’erano andati da secoli, ma ebbe subito la sensazione che in quel tempio le cose non andassero come avrebbero dovuto. Cautamente, con un groppo alla gola per le mille preoccupazioni relative al loro futuro e alla loro missione, la giovane portavoce di Paladine iniziò ad avvicinarsi allo spazio sacro. Tuttavia, i suoi crucci si attenuarono parecchio quando, su uno scalino poco distante dal braciere, uno gnomo, spaesato ma dall’occhio vispo e attento, stava guardando nella sua direzione. Si trattava proprio di Gnosh, che quando incrociò lo sguardo della dama bianca si alzò e le fece segno con gli occhi di raggiungerlo immediatamente. In mano teneva il congegno del viaggio nel tempo, all’apparenza rimontato ancora una volta perfettamente. Estellen stentò a nascondere l’emozione nel vederlo sano e salvo, ma lo gnomo la riportò subito a questioni più pratiche, che necessitavano la sua attenzione. “Non sapendo dove avrei dovuto aspettarvi, mia signora, ho pensato che la soluzione più logica fosse venire qui. Sembra che gli gnomi godano di una grande rispettabilità a Istar: pensate che esiste un intero laboratorio, gestito da gnomi, che sviluppa invenzioni all’avanguardia, commissionate dal Gran Sacerdote in persona. Venite Estellen, ho fatto un giro per il tempio e non credo di potervi dare buone notizie. La “Fiamma Blu” è quasi del tutto spenta: Mishakal sta lasciando i mortali al loro destino e noi non abbiamo più molto tempo.” La dama bianca notò subito un dettaglio assai strano: lo gnomo parlava sempre con arguzia e assai veloce, ma non così veloce come era suo solito fare. Forse dipendeva dal viaggio nel tempo? Forse in quest’epoca gli gnomi parlavano più lentamente e questo aveva influito retroattivamente su di lui? Chi poteva dirlo? Tuttavia, non ci fu alcun dubbio che questo fu un particolare che colpì fortemente l’attenzione di Estellen. Annuendo gravemente, la fanciulla si volse verso il braciere e si avvicinò ad esso. Gnosh aveva ragione: della fervida fiamma blu baldanzosa, che le era stato descritto zampillare allegra e copiosa all’interno del sacro braciere da innumerevoli libri di storia, era ora rimasta una flebile fiammella, un rivolo azzurrino che tendeva ad assopirsi sempre più. Estellen, sbigottita, provò a scambiare un veloce sguardo d’intesa con lo gnomo, che però non ricambiò, più preoccupato per altre questioni più impellenti, tipo per esempio come organizzare al meglio la loro sopravvivenza. Mentre stava riflettendo sul da farsi, la portavoce di Paladine notò degli strani dischi d’oro appesi sul muro. Essi avevano tutti delle strane incisioni, probabilmente in una lingua molto antica, poiché non riuscì a riconoscerla. Curiosa, chiese ad una sacerdotessa poco distante, intenta ad accendere alcuni bracieri purificatori, che cosa fossero mai quei dischi e in che lingua fossero stati incisi e la ragazza rispose candida che quelli erano i “Dischi di Mishakal” e che la lingua in cui erano stati compilati era quella degli Irda. Estellen annuì. Aveva già incontrato un esponente di quell’antica razza durante i suoi viaggi e non faticava a credere che degli esseri così antichi e potenti potessero dedicarsi anche agli scritti sugli dei e in particolare a quelli sulla dea della guarigione. Quando la giovane adepta però le spiegò di cosa parlavano nello specifico quelle scritture, Estellen trasalì: si trattava della storia degli dei, di tutti gli dei. Le loro preghiere, i loro culti, la loro storia sacra. Si sarebbe potuto riedificare la chiesa con quei dischi nel suo tempo: sarebbe bastato un cifrario, tanta pazienza e soprattutto tanta fede negli antichi dei. Persa nei suoi pensieri, Estellen notò solo qualche secondo dopo che qualcosa di davvero importante stava accadendo fuori dal tempio della dea. Uno squillo di tromba infatti, ridusse ogni suono esterno allo zero assoluto. Le sacerdotesse si erano tutte assembrate innanzi alle enormi finestre che guardavano al “Tempio di Paladine” e alla scalinata sacra. La dama bianca si avvicinò, ben sapendo che cosa stesse succedendo fuori: il Gran Sacerdote stava per salire la scalinata sacra. Pochi attimi dopo e ci sarebbe stata la fine del mondo. Si unì dunque al resto delle sacerdotesse in trepidante attesa, notando come stessero tutte con le mani congiunte in adorazione, in preghiera. Quando notò il Gran Sacerdote che scendeva da una magnifica carrozza, rifinita in oro e argento, ostentando la sua arrogante tracotanza, abbigliato con abiti preziosi oltre ogni misura e ricoperto da gioielli dalla testa ai piedi, scosse il capo disgustata. Quello era l’uomo che aveva le maggiori responsabilità nell’aver causato l’ira degli dei e il conseguente Cataclisma e tutti lo stavano acclamando come fosse un dio! Forse era vero che i mortali non avevano speranza. Forse aveva ragione Ailin, quando sosteneva che fosse inutile tentare di salvarli. Abbassando tristemente la testa, Estellen si girò verso Gnosh, ancora intento a traccheggiare con il suo congegno temporale. In quel momento si sentiva drammaticamente vicina alla disperazione, sola e piena di dubbi, a prendere decisioni che avrebbero condizionato il mondo intero, proprio lì, al confine con l’apocalisse. Una singola e calda lacrima le scese spontanea, sottolineando quanto la speranza si fosse assottigliata in lei: esattamente come la “Fiamma Blu” poco distante. Poi però Stuard arrivò di corsa dentro la grande sala, la vide e le sorrise e per la dama bianca fu un chiaro segno che Paladine non l’aveva ancora abbandonata!